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ENTI NO PROFIT ADEMPIMENTI CIVILISTICI E PROFILI FISCALI

ENTI NO PROFIT ADEMPIMENTI CIVILISTICI E PROFILI FISCALI. Novara 7 giugno 2014. GLI ENTI-NO PROFIT: QUESTI SCONOSCIUTI

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ENTI NO PROFIT ADEMPIMENTI CIVILISTICI E PROFILI FISCALI

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  1. ENTI NO PROFIT ADEMPIMENTI CIVILISTICI E PROFILI FISCALI Novara 7 giugno 2014

  2. GLI ENTI-NO PROFIT: QUESTI SCONOSCIUTI • Uno dei primi problemi di chi non è un esperto di diritto è quello di capire su che piano si "muovano" le varie definizioni possibili di enti non profit, che da varie parti della legislazione emergono.

  3. Riflessioni Iniziali• Che cosa sono gli Enti Non Profit? • Enti non profit ed Enti non commerciali sono la stessa cosa? • Possiamo considerare identiche le due espressioni?

  4. Sarebbe infatti molto bello se nella legislazione esistesse un unico concetto ad esempio, " l’ente non profit" puro e semplice, magari espresso in una formula italiana. • In realtà a seconda dei vari campi in cui è stabilita una regola - in materia di sicurezza dei posti di lavoro, in materia di agevolazioni fiscali o finanziarie, in materia di tariffe postali o di trasporto o di telefonia o di contributi culturali statali e così via - è quasi sempre stabilita anche una definizione ad hoc di ente non profit che vale per quella e solo per quella situazione.

  5. ENTI NON PROFIT senza scopo di lucro • Si può ritenere di essere in presenza di un «ente non profit», qualora ricorrano, in sintesi, a prescindere dalla forma giuridica assunta dall'ente stesso, le seguenti caratteristiche: • a) il perseguimento di obiettivi e la soddisfazione di esigenze di natura solidaristica, • ideale, culturale e sportiva, senza scopo di lucro; • b) il divieto di distribuzione di utili ai soci e il non svolgimento di attività commerciali se non limitatamente ad azioni meramente strumentali al conseguimento degli scopi sociali. • Il settore del «non profit» è detto anche «terzo settore» che identifica quei soggetti che si collocano in una posizione intermedia tra il settore pubblico e quello privato, commerciale e mercantile. Le organizzazioni che operano nel «terzo settore» occupa- no gli spazi che lo Stato non è più in grado di gestire oppure quelle che il mercato non ha più convenienza a fare proprie. Esse producono quindi beni e servizi a valenza pubblica o collettiva e di utilità sociale, che non sono condizionati dalla produzione e distribuzione di profitti. • Il mondo del «non profit» comprende una vasta gamma di organizzazioni (associa- zioni, fondazioni, comitati, cooperative sociali, organizzazioni di volontariato, ecc.) aventi finalità diverse rispetto a quella tipica (del mondo dell'impresa) della produzio- ne di profitti.

  6. Normativa di riferimento • D.Lgs. 460/1997 (da art.10 e ss. per le ONLUS) • Legge 266/1991: organizzazioni di volontariato • Legge 383/2000: associazioni di promozione sociale • Leggi 398/1991 e 289/2002 (art. 90 modificato dalla L. 128/2004): associazioni sportive dilettantistiche • Legge 398/1991 (per il rinvio ex art.9bis D.L. 417/91): associazioni senza scopo di lucro • D.lgs. n. 356/1990 e D.lgs. n. 153/1999: fondazioni ed associazioni bancarie • Legge n. 845/1978: enti di formazione professionale • Legge n. 804/1997, Legge n. 112/1980, D.P.R. n.1017/1986: istituti di patronato • Legge n. 381/1991: cooperative sociali • Legge n. 222/1985: enti ecclesiastici cattolici • Legge n. 49/1987, art. 28: enti religiosi di altre confessioni, organizzazioni non governative • Legge n. 287/1991, art. 3, comma 6: enti di promozione sociale.

  7. L’insieme di: Enti, Fondazioni, Enti di tipo Cooperativo o Associativo,Enti di Diritto Ecclesiastico Che non operano secondo una logica diProfitto Utile che si ricava da un’attività economica (commerciale, finanziaria o produttiva)

  8. Gli ENP si classificano secondo La Categoria Civilistica Fondazioni Comitati Associazioni Lo Scopo che perseguono Assistenziali, Solidaristici Mutualistici

  9. ASSOCIAZIONI RICONOSCIUTE La disciplina delle associazioni riconosciute viene dettata dagli articoli da 14 a 35 c.c. Le associazioni riconosciute sono quelle che hanno chiesto ed ottenuto il riconoscimento giuridico. ASSOCIAZIONI NON RICONOSCIUTE La disciplina delle associazioni non riconosciute viene dettata dagli articoli da 36 a 42 c.c. A tali associazioni si applicano le disposizioni relative alle associazioni riconosciute, purché non siano incompatibili con la natura delle associa- zioni non riconosciute.

  10. FONDAZIONI La fondazione è uno strumento giuridico che una persona, un gruppo di persone o anche un'impresa, un ente pubblico possono utilizzare per perseguire uno scopo socialmente utile. I fondatori decidono di destinare un patrimonio per il perseguimento di uno scopo ritenuto socialmente utile. La fondazione usa le proprie risorse finanziarie per perseguire scopi di rilevanza sociale, culturale, religiosa e comunque in assenza di intento speculativo.

  11. COMITATI Il Codice civile non fornisce in dettaglio la nozione di comitato. Il comitato può essere definito come un ente non commerciale formato da più persone che si propongono una raccolta di fondi allo scopo di promuovere iniziative di carattere altruistico, morale, sociale, culturale, ecc. IMPRESA SOCIALE Il D.Lgs. 24.3.2006, n. 155, in attuazione della legge delega 13.6.2005, n. 118 è stata introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento l'impresa sociale. Il provvedimento pubblicato nella G.U. n. 97 del 21.4.2006 è entrato in vigore il 12.5.2006.

  12. ISTITUZIONI PUBBLICHE di ASSISTENZA e di BENEFICENZA (IPAB) RIFORMA del SISTEMA delle IPAB: le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (Ipab) sono state considerate enti aventi personalità giuridica pubblica. Le Ipab hanno sempre mantenuto un proprio autonomo ruolo, qualificandosi come uno dei principali soggetti erogativi di servizi socio-assistenziali. La Corte Costituzionale alla fine degli anni '80 ha riconosciuto in più occasioni la caratteristica privatistica delle Ipab, revocando la vecchia Legge Crispi del 1980 che le assoggettava ad un regime pubblicistico e riconosceva la possibilità per quelle organizzazioni espressive di autonomia privata di acquisire la personalità giuridica di diritto privato.

  13. COOPERATIVE SOCIALI Le cooperative sociali, benché siano dotate di forma societaria, sono annoverate fra gli «enti non profit» per lo scopo che esse perseguono, cioè l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini. Le cooperative sociali sono, quindi, soggetti privati ma volti al perseguimento di interessi pubblici, non a fine di lucro ma operanti attraverso strumenti di tipo imprenditoriale. Le cooperative sociali sono state introdotte nel nostro ordinamento dalla L. 8.11.1991, n. 381 «Disciplina delle cooperative sociali». Il panorama normativo va integrato dalle disposizioni relative alle cooperative in generale, tra cui la L. 52/1992 alle quali si aggiungono le leggi regionali e diverse circolari del Ministero del Lavoro e dell'Inps.

  14. ORGANIZZAZIONI NON GOVERNATIVE NORMATIVA: la L. 16 dicembre 1987, n. 49 dispone la disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo. Tale norma individua la figura di istituzioni private definite organizzazioni non governative le quali possono ottenere il riconosci- mento di idoneità da parte del Ministero degli affari esteri se vengono rispettate determinate condizioni (si veda a pag. 29).

  15. ORGANIZZAZIONI di VOLONTARIATO Le associazioni di volontariato sono disciplinate dalla legge-quadro sul volontariato (L. 11.8.1991, n. 266) che appositamente si occupa di questa materia. Si tratta di una legge-quadro che disciplina in senso ampio la materia del volontariato e rinvia alle leggi regionali le ulteriori specificazioni. Ad oggi, seppure con un certo ritardo, tutte le Regioni italiane si sono dotate di una legge regionale sul volontariato. L'art. 2, L. 266/1991 definisce il volontariato come attività prestata in modo personale, spontaneo, gratuito tramite un'organizzazione che non persegua scopi di lucro anche indiretto, ma sia diretta verso finalità di solidarietà. L'ente deve avvalersi in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti.

  16. ASSOCIAZIONI di PROMOZIONE SOCIALE La L. 7.12.2000, n. 383 dispone la disciplina delle associazioni di promozione sociale dettando i principi fondamentali e le norme per la valorizzazione dell’associazionismo di promozione sociale. La C.M. 12.5.1998, n. 124 definisce associazioni di promozione sociale quelle che promuovono la solidarietà e il volontariato nonché l’aggregazione sociale attraverso lo svolgimento di attività culturali o sportive al fine di innalzare la qualità della vita.

  17. ENTI ECCLESIASTICI Gli enti ecclesiastici costituiscono una vasta categoria, propria dell'ordinamento statale e non canonico, in cui rientrano una serie di istituti religiosi variamente denominati, che rappresentano l'espressione del vasto fenomeno associativo costituzionalmente riconosciuto e disciplinato dagli artt. 18 e segg. della Costituzione. In particolare l'art. 19 riconosce la libertà di professare la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitare in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume. All'inquadramento nella tipologia degli enti ecclesiastici contribuisce l'art. 2, L. 20.5.1985, n. 222, in base al quale sono considerati aventi fine di religione o di culto gli enti che fanno parte della costituzione gerarchica della Chiesa, gli istituti religiosi e i seminari. Per altre persone giuridiche canoniche, per le fondazioni e in genere per gli enti ecclesiastici che non abbiano personalità giuridica nell'ordinamento della Chiesa, il fine di religione o di culto è accertato di volta in volta, in conformità alle disposizioni dell'art. 16 della citata legge. L'accertamento è diretto a verificare che il fine di religione o di culto sia costitutivo ed essenziale dell'ente, anche se connesso a finalità di carattere caritativo previste dal diritto canonico.

  18. CIRCOLI AZIENDALI (CRAL) l’art. 11, L. 20.5.1970, n. 300 (statuto dei lavoratori) stabilisce la possibilità di promuovere all’interno delle aziende attività culturali, ricreative ed assistenziali gestite da organismi formati a maggioranza da rappresentanti dei lavoratori. Nella maggioranza dei casi tali organismi assumono la veste dell’associazione riconosciuta o non riconosciuta che prende spesso il nome di Cral – circolo ricreativo aziendale lavoratori. SCOPO del CRAL: scopo principale del Cral è quello di promozione, organizzazione e coordinamento di iniziative culturali, ricreative ed assistenziali di vario genere, dirette al soddisfacimento degli associati. In genere il Cral sottoscrive convenzioni con eser- cizi commerciali od enti locali per ottenere condizioni di favore per servizi turistici, assicurativi, bancari, finanziari, ricreativi, sportivi, culturali e dello spettacolo.

  19. ORGANIZZAZIONI NON LUCRATIVE di UTILITÀ SOCIALE (ONLUS) La sigla ONLUS (organizzazione non lucrativa di utilità sociale) indica una categoria tributaria che gli artt. 10 e seguenti, D.Lgs. 4.12.1997, n. 460 [CFF ➋ 5658], prevedono possa essere assunta da associazioni, comitati, fondazioni, società cooperative e altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, i cui statuti o atti costitutivi, redatti nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, prevedano espressamente una serie di requisiti. Tale qualifica attribuisce la possibilità di godere di agevolazioni fiscali. Pertanto, le Onlus sono una categoria autonoma di enti che rileva solo ai fini fiscali.

  20. NON PROFIT E TASSAZIONE • STATI UNITI ITALIA • LA NON DISTRIBUIBILITA’ COME ASPETTO DISTINTIVO LE ATTIVITA’ COME ASPETTO DISTINTIVO • TAX EXEMPT ORGANISATION ATTIVITA’ NON TASSATE E ATTIVITA’ TASSATE LA NON DISTRIBUIBILITA’ COME ASPETTO DISTINTIVO TAX EXEMPT ORGANISATION LE ATTIVITA’ COME ASPETTO DISTINTIVO ATTIVITA’ TASSATE E NON TASSATE

  21. ATTIVITÀ SOLIDARISTICHE Attività svolte a favore di soggetti diversi dei Soci Costituite per soddisfare bisogni collettivi Meritori oggettivamente ODV

  22. ATTIVITÀ MUTUALISTICHE Svolte a favore dei Soci (e/o di terzi) Costituite da soggetti che esprimono un bisogno di cui chiedono la soddisfazione Meritorie in funzione dei fini perseguiti APS

  23. Le Associazioni e il Codice Civile Libro I Titolo II - Delle persone giuridiche - Artt. da 11 a 13 – Disposizioni generali Artt. da 14 a 35 – Delle Associazioni e Fondazioni (Riconosciute) Artt. da 36 a 41 – Delle Associazioni non riconosciute e dei Comitati Delle associazioni non riconosciute sioccupano solo gli articoli 36, 37 e 38

  24. Art. 36 Ordinamento e amministrazione delleassociazioni non riconosciute. ********* L'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute come persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati. Le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro ai quali, secondo questi accordi, e conferita la presidenza o la direzione

  25. Art. 37 Fondo comune. ****** I contributi degli associati e i beni acquistati con questi contributi costituiscono il fondo comune dell'associazione. Finché questa dura, i singoli associati non possono chiedere la divisione del fondo comune, né pretendere la quota in caso di recesso.

  26. Art. 38 Obbligazioni. ****** Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l'associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmentee solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione .

  27. ASSOCIAZIONE RICONOSCIUTA ASSOCIAZIONE NON RICONOSCIUTA RESPONSABILITA’

  28. ASSOCIAZIONE RICONOSCIUTA PERSONALITA’ GIURIDICA PRIVATA AUTONOMIA PATRIMONIALE PERFETTA delle obbligazioni assunte per il raggiungimento degli scopi risponde soltanto l’Associazione con il proprio patrimonio.

  29. gli amministratori delle Associazioni dotate di personalità giuridica non rispondono per le obbligazioni contratte in nome e per conto dell’associazione. quindi I terzi che vengono in contatto con l’associazione per far valere i loro crediti potranno agire solo nei confronti dell’associazione e potranno soddisfarsi solo sul suo patrimonio. Non potranno, pertanto, agire sul patrimonio personale degli amministratori.

  30. PROCEDURA DI RICONSOCIMENTO Procedimento Amministrativo di attribuzione della Personalità Giuridica Privata Prefettura o Regione Patrimonio Minimo

  31. ASSOCIAZIONE NON RICONOSCIUTA NON HA PERSONALITA’ GIURIDICA AUTONOMIA PATRIMONIALE IMPERFETTA

  32. - costituisce un autonomo soggetto di diritto con una propria capacità giuridica e di agire completamente autonoma e distinta da quella degli individui che li hanno costituiti - ha un proprio patrimonio (il codice civile, art. 37, usa il termine “fondo comune”), costituito dai contributi dei propri associati, che risulta, comunque, separato da quello dei singoli associati. - l’art. 38 del codice civile stabilisce che “per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l'associazione non riconosciuta i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune”.

  33. - delle stesse obbligazioni rispondono però anche, personalmente e solidalmente, le persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione; ovverosia - gli amministratori degli enti non dotati di riconoscimento nongodono del privilegio dell’irresponsabilità patrimoniale per leobbligazioni contratte in nome e per conto dell’associazione. Coloro che si obbligano in nome e per conto dell’associazione agiscono come fideiussori: i terzi che vogliono far valere i loro crediti potranno agire direttamente e immediatamente sul patrimonio di coloro che hanno agito in nome e per conto dell'associazione (rappresentanti legali o amministratori) senza aver preventivamente escusso il patrimonio dell’associazione.

  34. Responsabilità dell’Amministratore L’amministratore che stipula un contratto in nome e per conto dell’associazione si assume personalmente la responsabilità dell’adempimento dell’obbligazione. Tale tipo di responsabilità permane anche dopo che il soggetto che ha agito avrà cessato di essere amministratore in relazione all’attività negoziale posta in essere nel periodo in cui era in carica. Estensione della responsabilità La responsabilità va addebitata all’intero Consiglio direttivo, a meno che non ci sia stato il conferimento di specifiche deleghe e competenze ad un singolo Consigliere o il Consigliere sia stato contrario alla delibera con la quale si è assunta l’obbligazione.

  35. Enti non profit possono assumere sia qualifica di enti commerciali che di enti non commerciali Rientrano nella seconda categoria quando non hanno per oggetto esclusivo o principale l’attività commerciali ( art 73 comma 1 lettc T.U.I.R. ) Rientrano nella prima categoria quando l’oggetto esclusivo o principale è rappresentato dall’esercizio di attività commerciali ( art 73 comma 1 lett b T.U.I.R. ) L’elemento distintivo che produce effetti in ordine all’individuazione delle regole di determinazione della base imponibile – è la commercialità

  36. I criteri per determinare se le attività esercitate sono commerciali o non commerciali Devono essere desunti dall’art 55 del T.u.i.r. che individua infatti le attività produttiva di reddito d’impresa.

  37. Art. 55 • Redditi d'impresa • 1. Sono redditi d'impresa quelli che derivano dall'esercizio di imprese commerciali. Per esercizio di imprese commerciali si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché' non esclusiva, delle attività indicate nell'art. 2195 c.c., e delle attività indicate alle lettere b) e c) del comma 2 dell'art. 32 che eccedono i limiti ivi stabiliti, anche se non organizzate in forma d'impresa. • 2. Sono inoltre considerati redditi d'impresa: • a) i redditi derivanti dall'esercizio di attività organizzate in forma d'impresa dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell'art. 2195 c.c.; • b) i redditi derivanti dall'attività di sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline, laghi, stagni e altre acque interne; • c) i redditi dei terreni, per la parte derivante dall'esercizio delle attività agricole di cui all'articolo 32, pur se nei limiti ivi stabiliti, ove spettino alle società in nome collettivo e in accomandita semplice nonché alle stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti esercenti attività di impresa. • 3. Le disposizioni in materia di imposte sui redditi che fanno riferimento alle attività commerciali si applicano, se non risulta diversamente, a tutte le attività indicate nel presente articolo

  38. Attività commerciale ex art 55 Tuir Un’attività è commerciale se contemporaneamente ricorrono le seguenti condizioni: E’ abituale, cioè continuativa e non occasionale Rientra tra quelle indicate nell’art 2195 C.C. Non rientra tra quelle indicate nell’art 2195 C.C. ma è svolta con adeguata organizzazione I beni e servizi che ne derivano sono destinati al mercato E’ economica

  39. L’individuazione dell’oggetto esclusivo o principale I criteri di individuazione dell’oggetto esclusivo o principale sono indicati dall’art 74 del T.U.I.R. 4. L'oggetto esclusivo o principale dell'ente residente e' determinato in base alla legge, all'atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l'attivita' essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall'atto costitutivo o dallo statuto 5. In mancanza dell'atto costitutivo o dello statuto nelle predette forme, l'oggetto principale dell'ente residente e' determinato in base all’attività effettivamente esercitata nel territorio dello Stato; tale disposizione si applica in ogni caso agli enti non residenti

  40. Monitorare nel tempo il mantenimento della qualifica In base all’art 149, comma 1, del T.u.i.r. Perdita della qualifica di ente non commerciale 1. Indipendentemente dalle previsioni statutarie, l'ente perde la qualifica di ente non commerciale qualora eserciti prevalentemente attività commerciale per un intero periodo d'imposta

  41. LE IMPOSTE DIRETTE E LE ONLUS : STRUTTURA DELLA RELAZIONE LA RELAZIONE TOCCA TRE ARGOMENTI : Le attività istituzionali Le attività direttamente connesse Le erogazioni liberali

  42. 1) LE ATTIVITA’ ISTITUZIONALI DELLE ONLUS 1) LE ATTIVITA’ ISTITUZIONALI DELLE ONLUS • Per attività istituzionali ( 10⁴) si intendono quelle svolte …… • nei seguenti settori ( 10¹) tra i dieci complessivamente individuati ( chiamandolo gruppo β ): • 1) assistenza sociale e socio-sanitaria; • 3) beneficenza; • 7) tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico ; • 8) tutela e valorizzazione della natura e dell'ambiente; • 9) promozione della cultura e dell'arte ( in parte : solo se sostenute economicamente dallo Stato);

  43. 1) LE ATTIVITA’ ISTITUZIONALI DELLE ONLUS • Sono altresì attività istituzionali ( 10⁴) quelle svolte …… • nei restanti settori ( 10¹) tra i dieci complessivamente individuati ( chiamandolo gruppo Ω): • 2) assistenza sanitaria; • 4) istruzione; • 5) formazione; • 6) sport dilettantistico; • 9) promozione della cultura e dell'arte ( solo per la parte non sostenuta economicamente dallo Stato); • 10) tutela dei diritti civili; • Ma solo a condizione che ……..

  44. 1) LE ATTIVITA’ ISTITUZIONALI DELLE ONLUS • …. non siano resa a ( 6ª) : • soci, associati o partecipanti; • fondatori, amministratori e sindaci ; • chiunque operi per l'organizzazione o ne faccia parte; • chi effettua erogazioni liberali a favore dell'organizzazione; • ….anche se si opera tramite parenti, affini o società controllate o collegate.

  45. 1) LE ATTIVITA’ ISTITUZIONALI DELLE ONLUS • …. ma arrechino benefici a : • a) persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari; • b) componenti collettività estere, limitatamente agli aiuti umanitari. • ….è tuttavia consentito (10³) prestare la propria attività a favore dei soci, associati, partecipanti, ecc.. se costoro ricadono sotto la lettera a) e sono quindi svantaggiati.

  46. 1) LE ATTIVITA’ ISTITUZIONALI DELLE ONLUS • Riepilogando, si ha che le attività istituzionali sono : • Quelle del gruppo β, sempre ; • Quelle del gruppo Ω, solo se rivolte a favore di : • soggetti svantaggiati • soggetti esteri destinatari di aiuti umanitari; • soci, associati, partecipanti, ecc . purchè svantaggiati.

  47. 1) LE ATTIVITA’ ISTITUZIONALI DELLE ONLUS • Le attività istituzionali sono decommercializzate ai fini tributari. • Infatti, l’art 12 prevede che: • "Per le ONLUS, a eccezione delle società cooperative, non costituisce esercizio di attività commerciale, lo svolgimento delle attività istituzionali nel perseguimento di esclusive finalità di solidarietà sociale"

  48. 2) LE ATTIVITA’ DELLE ONLUS DIRETTAMENTE CONNESSE • Per attività direttamente connesse (10⁵) si intendono quelle: • del gruppo Ω, quando non ricorrono le condizioni viste in precedenza per considerarle istituzionali; • accessorie per natura a quelle istituzionali in quanto integrative delle stesse ……. ma solo ad alcune condizioni ……

  49. 2) LE ATTIVITA’ DELLE ONLUS DIRETTAMENTE CONNESSE ….. con riferimento a ciascun esercizio e a ciascuno dei 10 settori ammessi è infatti stabilito che ….. a) le attività direttamente connesse non possono essere prevalenti ; b) i relativi proventi non devono superare il 66% delle spese complessivamente della Onlus.

  50. 2) LE ATTIVITA’ DELLE ONLUS DIRETTAMENTE CONNESSE • Le attività direttamente connesse sono considerate commerciali ma producono, ex lege, proventi non imponibili. L’art 12 infatti prevede : • “I proventi derivanti dall'esercizio delle attività direttamente connesse non concorrono alla formazione del reddito imponibile."

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