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METACOGNIZIONE: EDUCARE ALLE EMOZIONI

benjamin
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METACOGNIZIONE: EDUCARE ALLE EMOZIONI

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Presentation Transcript


    1. Modulo di formazione docenti Lucia Sorce Dirigente Scolastico Scuola Primaria Statale “M.Amari” di Palermo

    3. La didattica laboratoriale La metacognizione e apprendimento scolastico: la via della personalizzazione Strategie: cooperative learning

    4. Simulate a tema Giochi didattici di gruppo

    5. Innovazione sistematica delle metodologie didattiche nel processo di insegnamento Costruzione di un archivio didattico consultabile anche attraverso il sito web

    6.

    7. Per realizzare una comunicazione educativa efficace, mediante cui sviluppare processi metacognitivi, i docenti devono superare il proprio analfabetismo emozionale così da dare spazio al sentire degli alunni.

    8. Per lo sviluppo complessivo della personalità dei bambini è necessaria una educazione alle emozioni, superando il “paradigma della disgiunzione” tra il conoscere e il sentire, tra la sfera cognitiva e quella emozionale.

    9. Per “ragionare” bene occorre una testa “calda” e non fredda. Il conoscere è influenzato dagli “occhiali” con cui guardiamo noi stessi, gli altri, il mondo: dalla nostra storia, dalla nostra soggettività, dai giudizi-pregiudizi che abbiamo appreso nella nostra cultura di riferimento e dai contesti relazionali a cui interno abbiamo sviluppato i nostri repertori affettivi e comunicativi, soprattutto da piccoli.

    10. Il conoscere si presenta sempre come “valutativo”: nel momento stesso in cui conosciamo valutiamo l’evento, il soggetto, la situazione in termini di “mi piace, non mi piace”, “mi interessa, mi annoia, ecc”. Il conoscere comprende ed esprime al suo interno l’elemento emozionale.

    11. Le emozioni risultano “costituite e determinate” dai processi cognitivi: è a causa di certe aspettative (cognitive) che si provano certe emozioni (l’aspettativa-previsione di un insuccesso scatena la paura); sono certi giudizi e pregiudizi che inibiscono, alimentano, dilatano, esasperano certe emozioni (il pregiudizio razzista può impedire di amare, alimentare l’aggressività, esasperare il timore di pericolosità …).

    12. Un docente, oltre ad acquisire per tutta la vita saperi specifici e generali e una pluralità di competenze metodologiche e didattiche, deve superare il proprio analfabetismo emozionale (cecità nei confronti di errori, illusioni e pregiudizi del proprio conoscere).

    13. Riconoscere e superare il rischio di una scarsa considerazione (se non di una negazione) del mondo emozionale dei bambini proprio da parte di chi (familiari e docenti) ha responsabilità educative nei loro confronti.

    14. I piccoli imparino ad “anestetizzare” le loro emozioni (il maschietto non deve piangere, i genitori “comprano” emozioni problematiche come l’aggressività…), sviluppando il “falso sé” di cui diceva Winnicott: una progressiva incapacità di rapportarsi al proprio mondo affettivo, di guardare in faccia le emozioni che si provano (e non quelle che si mettono in scena secondo copione).

    15. Decisivo è l’intervento degli insegnanti, specie nella scuola primaria: per ridurre possibili danni, per affiancare -a esperienze carenti o negative- occasioni di crescita, sollecitazioni adeguate e promozionali nei confronti della personalità complessiva dei soggetti.

    16. Promuovere un “apprendimento emozionale” attraverso: la lettura di storie e la visione di film: in entrambi i casi le emozioni sono narrate in modo da suscitare immedesimazione, empatia; i bambini imparano a conoscerle e a sperimentarle “come se” fossero le loro, mentre il “come se” li protegge da impatti troppo impegnativi ma li prepara per quando si presenteranno nella vita reale.

    17. Realizzare momenti di gruppo in cui sono gli alunni a raccontare e raccontarsi, a chiamare per nome le emozioni, ad accogliere quelle degli altri, a scoprire quanto possono somigliare e differenziarsi le proprie e le altrui e come tutte abbiano diritto di espressione e di ascolto.

    18. Educare al conflitto, ovvero accettare che una comunicazione ricca di pensieri e di emozioni deve prevedere la possibilità che si confligga (che si pensi, si senta, si desideri in modi diversi e divergenti) senza che questo comporti violenza, oppressione, inimicizia.

    19. L’arte di ascoltare è quella di quel giudice saggio di fronte al quale furono portati i due litiganti: Il giudice ascolta il primo litigante con grande concentrazione e attenzione e “Hai ragione”, gli dice. Poi ascolta il secondo e “Hai ragione”, dice anche a lui. Si alza uno del pubblico: “ Eccellenza, non possono avere ragione entrambi!”. Il giudice ci pensa sopra e risponde: “Hai ragione anche tu!”

    20. Qualsiasi semplificazione che porti a ignorare la possibile alterità dell’altro (le sue premesse implicite diverse da quelle che noi diamo per scontate) porta a una crisi nelle dinamiche dell’accoglienza e reciproca convivenza.

    21. … di Marianella Sclavi

    22. L’unico modo per risalire al sistema di premesse in base a cui l’organismo opera è metterlo in condizione di sbagliare e osservare come corregge le proprie azioni e i propri sistemi di autocorrezione. Gregory Bateson

    23. Il problema non è se si sa o no la soluzione, è riflettere -al rallentatore- sul percorso emozionale e logico che si compie nel trovare la soluzione.

    24. Disegnate sopra un foglio, per almeno 3 volte, 9 punti disposti come nella figura:

    26. Tentativi: agire come se fosse insensato o proibito o irrazionale “uscire dal quadrato”- (premessa implicita). Questione: come strutturavo inconsciamente il campo perché questi comportamenti mi sono apparsi ovvi, scontati, logici?

    27. C1

    28. Cambiamenti1: entro un campo, entro una cornice. Cambiamenti 2: di campo, di cornice. Questo tipo di cambiamento non opera a livello logico del Cambiamento 1, è un cambiamento delle premesse implicite che regolavano i cambiamenti di ordine inferiore. Chi ha risolto il problema non si è limitato a cambiare percorso, ha cambiato le premesse.

    29. Questo vale per qualsiasi processo conoscitivo e di apprendimento. Possiamo imparare “nuove cose”, acquisire nuove informazioni, avere diversi punti di vista dentro un più generale modo di inquadrare le cose (entro una certa cornice) oppure possiamo cambiare quel modo di inquadrarle e realizzare un processo metacognitivo.

    30. Muoversi dentro una “cornice” o cambiare la cornice sono due processi assolutamente differenti, comportano due diversi modi di rapportarsi a se stessi e al mondo. Imparare l’arte di ascoltare/osservare (A/O) vuol dire impratichirsi, familiarizzare con questi due diversi modi di rapportarsi con cosa succede quando si passa dal Cambiamento1 al Cambiamento2.

    31. D)Secondo voi questi punti sono o non sono un quadrato? R) Possono essere visti come un quadrato. R) Possono essere visti anche come … una freccia, un aquilone …

    32. Un consiglio: eliminare il verbo essere Il predicato “è” esclude, irrigidisce. Invece “Adesso lo vedo così, ma …” ci induce a essere leggeri, flessibili, disponibili all’esplorazione di altri mondi possibili. (Il senso è attribuito dall’osservatore).

    33. Immaginiamo un paese esotico, una popolazione della Micronesia nella cui vita sociale abbia molta importanza un simbolo religioso come questo: La X è il luogo dell’altare e i due tratti sono i confini del villaggio. Per loro vedere un quadrato non sarà “spontaneo”. Forse per loro verrebbe più semplice trovare la soluzione collegando fra loro le linee già presenti. (Ognuno di noi è parte di una cultura: disponibilità a conoscere altro).

    34. E’utile mettere al centro dell’attenzione qualcosa che ci appare fastidioso in quanto, se vi rivolgiamo l’attenzione, ci costringerebbe a mettere in discussione la struttura del campo nella quale ci sentiamo così sicuri, così ben assestati.

    35. Per imparare a comunicare fra culture diverse (es. adulti, bambini) bisogna al contempo imparare a mettere in dialogo una nostra parte conscia con l’inconscio sociale. Bisogna identificare le emozioni che in quella situazione emergono e usarle per risalire a modi di agire e vedere condivisi che davamo per scontati.

    36. Quando una cornice sbatte contro l’altra, le emozioni non vanno interpretate come “giudizi privi di interesse” ma come giudizi costruiti socialmente che ci permettono di risalire alle premesse implicite della nostra cultura (o sottocultura) di appartenenza.

    37. Il problema è associare questi sentimenti invece che con un atteggiamento difensivo-offensivo (come talvolta/spesso avviene in classe)con un atteggiamento esplorativo, di osservazione sperimentale.

    38. Le emozioni parlano un linguaggio non verbale, analogico; ci danno informazioni non su cosa vediamo ma su come guardiamo. Ci dicono qualcosa sulle cornici sociali e culturali che usiamo per interpretare il mondo.

    39. Osserviamo una figura … Cosa vedete?

    41. … il contesto in cui ci muoviamo e di cui siamo parte è semplice oppure complesso? Provando e sbagliando Provando e sbagliando Provando e sbagliando Quando proviamo e sbagliamo ripetutamente ci dovrebbe venire il dubbio: forse devo adottare l’altra attitudine di pensiero, quella adatta al rispetto della complessità: è lo strumento principale per la comprensione reciproca, per costruire dei ponti.

    42. Risalire alle cornici non implica necessariamente condividerle, ma capirle meglio, più adeguatamente e profondamente. Allacciarsi una scarpa è per noi adulti un comportamento semplicissimo ma per un bambino che sta imparando o per un oligofrenico è in comportamento estremamente complesso.

    43. Gli eschimesi hanno una sola parola per indicare: ghiaccio, neve e l’aggettivo “freddo”… Le parole “leardership” e “leader” non sono traducibili da una lingua all’altra senza alterarne il significato (es. in italiano “capo”, “comandante”, dirigente”).

    44. Bisogna fare grande attenzione alle diverse premesse implicite dei vari attori e il terreno condiviso si sposta a un livello di astrazione più alto, riguarda i modi di gestire queste differenze; la comunicazione stessa diviene polifonica o cacofonica.

    45. Sempre più con il diversificarsi della nostra società, l’altra modalità di pensiero diventa una competenza di base, indispensabile anche nella vita quotidiana.

    46. (che a questo punto dovreste essere in grado di risolvere con facilità) Non è possibile capirle solo facendone parte e guardandole dal di dentro. Non è possibile capirle solo da outsider, guardandole dal di fuori. E’ possibile comprenderle solo avventurandoci ai loro confini e riuscendo a guardarle contemporaneamente dal di dentro e dal di fuori, in una sorta di visione binoculare. Che cosa sono?

    47. “La terra sta morendo” (gioco del riempimento)

    48. Esperienza di “spiazzamento” Per riflettere su cosa facciamo quando produciamo degli stereotipi e quando li usiamo per interpretare il mondo che ci circonda. Bisociazioni di matrici percettivo-valutative parzialmente sovrapposte

    49. Il gioco vi ha costretto: A operare a partire da “astrazioni indeterminate”, cioè sulla base di informazioni insufficienti a orientare la produzione di immagini concrete. Ma voi queste immagini concrete le avete prodotte automaticamente e senza rendervene conto, perché altrimenti non potevate prendere le decisioni che il gioco richiedeva. A operare in termini di “urgenza classificatoria”. A non tener conto dei “casi particolari”.

    50. Se abbiamo una concezione “rigida” dell’identità e ci basiamo unicamente sull’abitudine di pensiero adatta ai sistemi semplici, stupore e spiazzamento di solito si risolvono in un fastidioso smarrimento e un’incapacità di giudizio senza sbocchi. Ma dobbiamo abituarci a pensare che i casi particolari sono degli strumenti che ci aiutano a uscire dalle cornici che diamo per scontate e alle quali ci affidiamo e podssono essere utilizzati come delle occasioni fondamentali per l’ascolto attivo.

    51. Le sette regole dell’arte di ascoltare Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca. Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva. Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi. Il loro codice è relazionale e analogico. Un buon ascoltare è un esploratore di mondi possibili. I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti, perché incongruenti con le proprie certezze. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione. Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti. Per divenire esperto nell’arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai imparato ad ascoltare, l’umorismo viene da sé.

    52. Metacognizione: favorire la ricerca fenomenologica Mamma: è un tavolo da pranzo e non può essere usato diversamente Bambini: è la nostra capanna e non può essere usata diversamente

    53. Padre: può essere visto e usato sia come tavolo che come capanna Non dobbiamo guardare e descrivere come le cose funzionano “normalmente” ma come viene gestita la possibilità di un cambiamento

    54. Deuteroapprendimento: rapporto giocoso delle dinamiche emozionali/ cognitive Quando un bambino impara la propria lingua materna gioca e gli adulti giocano con lui.Se il bimbo indica gli occhiali e dice “mela” la madre di solito non dirà “sbagli”, “sei uno stupido” ma “guarda come è intelligente, ha associato la forma rotonda della mela alle lenti” e trasformerà questo “errore” in un gioco dentro il quale il bimbo impara a chiamare “occhiali” gli occhiali ma anche lei ha giocato con ciò che prima dava per scontato. Questo è un esempio di ascolto attivo, è già apprendere ad apprendere.

    55. Una bambina che sta cominciando a fare le addizioni , sta lavorando e pensando sul problema: 8+5. Dopo un po’ arriva la risposta: 8+5=14. Se l’insegnante dice “No, mi dispiace hai sbagliato”, rovina la possibilità che per il bambino la matematica sia una attività piacevole e creativa, qualcosa che nasce dalla sua esperienza e dalla sua testa. Distrugge la motivazione a esplorare e imparare di più (…)

    56. Invece se il docente si limita a chiedere: “Ah! Come hai fatto?” vi garantisco che in 8 casi su 10, rifacendo questa addizione il bambino non arriva più a 14; può anche darsi che non arrivi al risultato giusto, però può vedere che 14 non va e questa percezione delle operazioni che fa è la cosa più importante che deve imparare (…). Ernest von Glasersfeld

    57. Un bravo docente lo sa. Sa che le opportunità di riflettere sul processo sono molto più importanti dei risultati immediati, perché il sentimento di affidarsi a se stesso per sapere se la soluzione va o non va apre la strada a tutta una carriera di esperienze nuove, di esplorazioni e di motivazioni a imparare di più e meglio. (”consapevolezza operativa, Silvio Ceccato “astrazione riflessiva” Piaget)

    58. Consigli di G.Rodari Uso trasgressivo dei rapporti logici Esplorare la realtà e il linguaggio (trasparenza, leggerezza …) Legittimare la fantasia: offrire modelli Sviluppare il pensiero divergente contro il tram tram quotidiano che uccide il pensiero Legittimare l’errore creativo

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