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PERCHE’ E COME SI REALIZZA UN PIANO DI COMUNICAZIONE COMUNICAZIONE PUBBLICA SIENA, FEBBRAIO 2008

Università degli Studi di Siena. PERCHE’ E COME SI REALIZZA UN PIANO DI COMUNICAZIONE COMUNICAZIONE PUBBLICA SIENA, FEBBRAIO 2008. Alessandro Lovari lovari2@unisi.it. Legge 150/2000 DPR 422 del 21 Settembre 2001

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PERCHE’ E COME SI REALIZZA UN PIANO DI COMUNICAZIONE COMUNICAZIONE PUBBLICA SIENA, FEBBRAIO 2008

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Presentation Transcript


  1. Università degli Studi di Siena PERCHE’ E COME SI REALIZZA UN PIANO DI COMUNICAZIONE COMUNICAZIONE PUBBLICA SIENA, FEBBRAIO 2008 Alessandro Lovari lovari2@unisi.it

  2. Legge 150/2000 DPR 422 del 21 Settembre 2001 Norme per l’individuazione dei titoli professionali del personale da utilizzare presso le PA per le attività di informazione e comunicazione e disciplina degli interventi formativi Formazione e requisiti DIRETTIVA 7 Febbraio 2002 Dipartimento della Funzione Pubblica “Attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni” Obiettivi, indirizzi, coordinamento, il piano di comunicazione

  3. IL PIANO DI COMUNICAZIONE STRATEGICA INTEGRATA Il piano di comunicazione è un programma d’azione atto a stabilire gli obiettivi e i mezzi idonei a realizzare la strategia di sviluppo della comunicazione e dell’immagine identificata da un’organizzazione durante la fase di riflessione strategica. Strategica Integrata Partecipata

  4. PERCHE’ E’ IMPORTANTE IL PIANO DI COMUNICAZIONE Il piano di comunicazione è uno strumento in grado di coniugare le strategie, gli obiettivi, le azioni, gli strumenti di comunicazione secondo un disegno organico e razionale. Sotto il profilo organizzativo è una leva verso l’innovazione delle PA sia riguardo all’efficacia e all’efficienza della comunicazione, sia in senso più generale per migliorare le relazioni e il dialogo dentro e fuori l’organizzazione Coinvolge diversi attori, comporta nuove pratiche di lavoro, genera relazioni e produce insegnamenti e valori.

  5. PERCHE’ IL PIANO DI COMUNICAZIONE Il piano aiuta il governo della comunicazione perché ne consente la finalizzazione (perché comunico), ne individua gli attori (chi comunica e a quali destinatari), identifica i prodotti e artefatti comunicativi (cosa realizzare), con quali strumenti e risorse vengono le variabili correlate logicamente tra di loro mettendo l’organizzazione nelle condizioni di avere una visione complessiva della propria comunicazione. Il piano aumenta la possibilità di controllare le azioni di comunicazione dell’organizzazione ma occorre tenere presente che una comunicazione dell’organizzazione e dell’organizzazione sfuggirà comunque al controllo (passaparola e comunicazione eteroprodotta) .

  6. IL PIANO TRA METODOLOGIA E CREATIVITA’ Il piano di comunicazione è caratterizzato da una metodologia universalmente valida. Fissa uno schema la cui generalizzazione lo può far diventare uno strumento fondamentale del kit di tecniche del comunicatore pubblico. Occorre quindi flessibilità, spingersi verso un certo livello di dettaglio, attenti sempre a saper gestire necessità e imprevisti, identificando le possibili fonti di rischio e di crisi. I contenuti invece sono validi di volta in volta. Sono difficilmente replicabili, variano a seconda del contesto e del momento in cui si sviluppano.

  7. “I PIANI DI COMUNICAZIONE CHE NON CI SONO: CARENZA DELL’AMMINISTRAZIONE O DEBOLEZZA DELLA PROFESSIONE” La ricerca è stata avviata dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione sotto l’impulso Di Stefano Sepe, presentata al FORUMPA: La ricerca sui Piani di comunicazione, condotta su un universo rappresentativo di amministrazioni pubbliche di grandi dimensioni, ha cercato di analizzarne l'attuazione pratica, la condivisione e la valutazione all’interno delle PA. Stefano Sepe ha sottolineato che la legge 150/2000 e la direttiva Frattini del 2002 sulle attività di comunicazione, hanno tentato di indurre le PA alla programmazione e alla pianificazione. Ma non basta programmare: è necessario saper mettere in pratica il progettato e valutare l’efficacia delle azioni stabilite. L’inettitudine alla pianificazione da parte dalla Pubblica Amministrazione, riscontrata con la ricerca, è il sintomo della scarsa consapevolezza dell’importanza degli strumenti di programmazione ed ha origine nella mancata convergenza tra l’attività di programmazione economica e le grandi riforme della PA. In sintesi, lo studio dimostra che la pianificazione non è ancora un processo consolidato nelle PA. E neppure condiviso con tutti i settori dell’amministrazione. Questi errori “di processo” rischiano di ridurre l'adozione del piano di comunicazione a un mero esercizio teorico di enunciazione d'intenti.

  8. VIZI E VIRTU’ DEI PIANI DELLA PA • Dalla ricerca sui Piani di comunicazione sono emersi quattro vizi di base: • COMUNICAZIONE POLITICA SPACCIATA PER COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE; • STRUTTURE DI COMUNICAZIONE ESCLUSE DALL’ELABORAZIONE DEL PIANO; • FOGLIETTI VOLANTI CONSIDERATI PIANI DI COMUNICAZIONE; • ASSENZA TOTALE DEI CONCETTI DI VALUTAZIONE E MONITORAGGIO. • Ed ecco trevirtù: • appello ai PRINCIPI DI PARTECIPAZIONE, SEMPLIFICAZIONE, ACCESSO, trasparenza amministrativa, diritto d'informazione; • investimento in comunicazione con creazione della rete dei referenti; comunicazione integrata; • STRUTTURE DI COMUNICAZIONE IN POSIZIONE DI STAFF DI VERTICE; adozione d'indicatori di valutazione. In generale: i Piani di comunicazione più interessanti non sono lodevoli sotto il profilo del modello adottato, ma del contesto (interno ed esterno all’ente) in cui il processo di pianificazione è, di volta in volta, inserito.

  9. Secondo NUNZIA BONIFATI dall’analisi dei Piani si possono individuare cinque diverse tipologie realizzative Piano strategico– pianificazione naturale: prima di fare si progetta, mettendo nero su bianco. È uno strumento che mira all’essenziale: per realizzare azioni ed eventi; per verificarne la buona riuscita ed usare eventuali correttivi in caso di errore. Esamina lo scenario in modo sommario: principi; obiettivi; strategie; azioni; criteri di valutazione e monitoraggio. Piano calendario - calendario delle attività in programma:costituito da schede per evento/azione, con la tempistica, il nome del referente, il budget, ecc. Questo genere di documento non è un vero e proprio Piano di comunicazione ma risulta essere molto utile. Piano manifesto della comunicazione - una dichiarazione di intenti: ben scritto, con riferimenti normativi ineccepibili, questo documento è un vero e proprio manifesto della cultura della comunicazione pubblica in Italia. Di pianificazione c’è n’è poca. Piano proclama - Patinato, ineccepibile sotto il profilo metodologico, denso di dati e riferimenti ma scarsamente utile perchè autocelebrativo. I piani di questo tipo citano dati statistici in favore dell’ente con lo scopo di dimostrare il successo nel raggiungimento degli obbiettivi. Questi documenti di programmazione sono fini a se stessi. O meglio sono funzionali agli interessi particolari. Piano comunicazione interna - Piccolo, ma dignitoso piano di comunicazione interna. La cosa non è ortodossa. Ma poco conta, quando è funzionale alle necessità organizzative dell’istituzione.

  10. DOVE SI COLLOCA IL PIANO Il piano di comunicazione segue le decisioni strategiche dell’organizzazione già assunte dai vertici e precede la valutazione di impatto delle scelte e delle politiche messe in atto. La comunicazione in quanto strategica e di staff segue tutte le fasi per la sua relazionalità con i pubblici e il contesto_____fase scelta politiche e del consenso, la comunicazione è parte integrante del processo. LA COMUNICAZIONE non è un settore dell’amministrazione ma parte integrante e sostanziale dell’attività amministrativa Ha un senso per raggiungere gli obiettivi dell’organizzazione Dimensioni: Strategia Pianificazione e coordinamento Ascoltare e costruire relazioni

  11. ARTICOLAZIONE DEL PIANO • Il piano si articola in cinque fasi tra loro logicamente correlate: • ANALISI DELLA SITUAZIONE • DETERMINAZIONE DEL TARGET • OBIETTIVI • PIANIFICAZIONE STRATEGICA • VERIFICA • La prima parte del piano è dedicata all’ ANALISI DELLA SITUAZIONE (cosa sta succedendo e perché ) • E’ la fase chiave in quanto permette la raccolta, selezione e organizzazione dei dati.

  12. L’ANALISI DELLA SITUAZIONE si struttura in FORMULAZIONE DEL PROBLEMA DEFINIZIONE DEL QUADRO DI RIFERIMENTO VALUTAZIONE DI BASE (ESTERNA E INTERNA) SWOT ANALYSIS POSIZIONAMENTO PROBLEMA DELLE FONTI E DELLA RACCOLTA DATI

  13. SWOT ANALYSIS è uno strumento analitico di analisi con cui si valutano i punti di forza e di debolezza dell’azienda e le opportunità e minacce provenienti dall’esterno. E’ chiamato SWOT perché principalmente analizza Strenghts (punti di forza), Weaknesses (punti di debolezza), Opportunities (opportunità) e Threats (minacce). Se implementato efficacemente permette all’organizzazione che lo adotta di cogliere opportunità future fronteggiando minacce e problemi utilizzando strategie fondate sulle competenze distintive e sui punti di forza PUNTI DI FORZA • Limiti di accesso alla mostra • Limiti ricettivi della città di Siena rispetto ad un potenziale flusso aggiuntivo di visitatori • Difficoltà a raggiungere Siena rispetto alle maggiori arterie di comunicazione • Ritardo nel lancio e nella definizione della campagna di comunicazione • Il nome della mostra potrebbe connotare la mostra come localistica PUNTI DI FORZA • Prima mostra completa sull’opera di Duccio • Rilevanza artistica di Duccio di Boninsegna • Importanti risultati sul piano teorico e scientifico • Presenza di opere poco accessibili e di diverso tipo (scultura, pittura) • Appeal internazionale di Siena come città turistica e universitaria • Importanza delle istituzioni coinvolte nell’organizzazione OPPORTUNITA’ MINACCE • Ripresa del turismo post 11 settembre • Palio del 16 Agosto dedicato a Duccio • Afflusso aggiuntivo di turisti che si recano a Siena per trascorrere le festività di fine anno • Possibilità di veicolare informazioni sulla mostra durante il periodo dei due Pali • Altre mostre nello stesso periodo • Il trecento non è particolarmente “trendy” nelle dinamiche del consumo culturale contemporaneo • Potenziale danno causato al turismo rispetto ad un’ipotetica Guerra del Golfo PUNTI DI DEBOLEZZA

  14. + Giorgione/ Venezia Duccio/ Siena • • Van Gogh/ Verona Degas/ Ferrara Macchiaioli/ Padova • • • + - IMPORTANZA DELLA MOSTRA Cezanne/ Treviso Canova/Bassano • • Gaudit/ Mestre • - APPEAL DELLA CITTA’ IL POSIZIONAMENTO L’ultimo step dell’analisi della situazione è la valutazione del POSIZIONAMENTO. Il posizionamento è dato dalla collocazione ideale che i pubblici di riferimento attribuiscono all’organizzazione. In esso è racchiusa la personalità dell’organizzazione e pertanto deve essere considerato come un’opportunità da cogliere al meglio perché non si può non avere un posizionamento.

  15. TARGET Dal pubblico ai pubblici Per ogni azione di comunicazione non esiste un pubblico indistinto ma bisogna considerare specifici pubblici di riferimento a cui sono o verranno indirizzati determinati messaggi, iniziative, attività di comunicazione. Segmentare Sulla base dell’analisi della situazione vengono fissati alcuni OBIETTIVI (cosa dovrebbe succedere) che servono ad identificare il risultato atteso dall’organizzazione. Necessità che siano SMART Indicatori del raggiungimento degli obiettivi

  16. La quarta fase è quella della PIANIFICAZIONE STRATEGICA (come dovrebbe succedere e quali sono le attività e le azioni necessari per farlo succedere). In questa sezione vengono definite le STRATEGIE per raggiungere gli obiettivi prefissati, esplicitando un insieme di AZIONI E TATTICHE che potrebbero essere adatte a tale scopo. Nella pianificazione strategica è la determinazione del TIMING e delle RISORSE a disposizione

  17. LA STRATEGIA • Come voglio comunicare? • Strategia rispetto ai PUBBLICI: • indifferenziata? Differenziata? Concentrata? • Relazione: persuasione/agevolazione • Stile e modalità: • - Educativo/informativo/istituzionale • - Intrattenimento/divertimento • Tono e registro

  18. Importante è dopo aver identificato quali azioni possono essere intraprese indicare i soggetti che se ne prenderanno cura, le modalità e il timing (breve/medio o lungo periodo) STRATEGY ACTION PLAN

  19. Chiari Esaustivi Credibili Pertinenti Efficaci Completi Obiettivi CREAZIONE DEL MESSAGGIO DETERMINAZIONE DEL MEZZO Autoprodotta Eteroprodotta Scelta del veicolo Creatività, rapporto con le agenzie, immagine coordinata

  20. MEDIA (CANALI DI COMUNICAZIONE) • Televisione • 3 Poli, Tv tematiche, satellite • Stampa • Quotidiana (nazionale, regionale, locale) • Periodica Specializzata, Maschile e Femminile • Radio • Pubbliche vs Private Nazionali vs Locali • Affissioni • Statiche e Dinamiche • Internet • Siti e Banner Pubblicitari EVENTI SPORTELLI URP STAMPA AZIENDALE

  21. AFFISSIONE Mezzo usato in chiave Statica e Dinamica Formati Pianificazione e quantità di spazi 50 x 70 70 x 100 6m x 3 m I trend: i telonati e l’affissione nell’ ”interiore” L’impatto nella città delle affissioni

  22. DAI CONTENUTI DELLA CAMPAGNA ALLA PIANIFICAZIONE MEDIA Definito il messaggio e il posizionamento che si vuole ottenere è necessario passare alla fase di pianificazione dei media che veicoleranno la campagna Quali sono le variabili critiche in questa fase?

  23. LA PIANIFICAZIONE MEDIA • Crescono accanto ai media tradizionali alcuni alternativi • La Scelta difficile prevede 3 step • Selezione del mezzo più adatto alla campagna • Selezione dei veicoli d’informazione specifici entro ogni mezzo • Programmazione della campagna (arco temporale) • DEFINIZIONE DEL BUDGET

  24. IL DIAGRAMMA DI GANT

  25. Quarta ed ultima fase è la VERIFICA (quali sono i risultati rilevati). • La verifica permette di vedere tramite alcuni strumenti di studio se l’esecuzione è in linea con le attese e se sono stati raggiunti gli obiettivi prefissati. E’ un processo che deve essere effettuato sul progressivo sviluppo del piano di comunicazione. • Gli strumenti della verifica • Questionari • Gli ingressi • La rassegna stampa

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