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CHE COSA E’ L’AUTISMO?

Definizione, Epidemiologia, Eziopatogenesi, Prognosi, Interventi, Falsi interventi, Integrazione scolastica. CHE COSA E’ L’AUTISMO?. A cura del Dott. Mauro Li Vigni. Programma della giornata. PRIMA PARTE Aspetti teorici Definizione e caratteristiche dell’autismo;

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CHE COSA E’ L’AUTISMO?

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Presentation Transcript


  1. Definizione, Epidemiologia, Eziopatogenesi, Prognosi, Interventi, Falsi interventi, Integrazione scolastica. CHE COSA E’ L’AUTISMO? A cura del Dott. Mauro Li Vigni

  2. Programma della giornata • PRIMA PARTE • Aspetti teorici • Definizione e caratteristiche dell’autismo; • Intereventi possibili e interventi inefficaci. • PARTE SECONDA • L’autismo a scuola • L’integrazione del soggetto autistico; • I comportamenti problematici; • Consigli utili per costruire il rapporto con l’alunno A.

  3. FonteMinistero della Salute Linee guida per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti.

  4. PRIMA PARTEAspetti teorici

  5. Definizione del fenomeno

  6. Che cos’è? L’autismo è una sindrome comportamentale causata da un disordine dello sviluppo, biologicamente determinato, con esordio nei primi 3 anni di vita.

  7. Caratteristiche Compromissioni qualitative del linguaggio Incapacità o difficoltàasviluppare reciprocità emotiva (Cecità sociale) Interessi ristretti Comportamenti stereotipi e ripetitivi.

  8. Epidemiologia Prevalenza di tutte le forme dello spettro 40-50 casi per 10.000 Prevalenza della forma classica 10-13 casi per 10.000 Prevalenza di sesso 3, 4 volte superiore nei maschi

  9. Eziopatogenesi Le cause dell’autismo sono a tutt’oggi sconosciute. L’autismo è una patologia con un elevato tasso di ereditabilità e con una significativa concordanza nei gemelli monozigoti. Il rischio di avere un altro bambino con autismo è 20 volte più elevato rispetto alla popolazione generale se si è già avuto un figlio affetto.

  10. Prognosi II bambino con diagnosi certa di autismo cresce con il suo disturbo, anche se nuove competenze sono acquisite con il tempo. La particolare pervasività sintomatologica e l’andamento cronico del quadro patologico determinano condizioni di disabilità, con gravi limitazioni nelle autonomie e nella vita sociale che persistono anche nell'età adulta.

  11. INTERVENTI POSSIBILI

  12. Interventi non farmacologici Mediati dai genitori Comunicativi Per la comunicazione sociale e l’interazione Programmi educativi Comportamentali e psicologici strutturati Terapia cognitivo comportamentale

  13. Interventi mediati dai genitori Sono interventi sistematici e modalità di comunicazione organizzati secondo specifiche sequenze, che il genitore, previa formazione specifica, eroga al figlio con obiettivi precisi e sotto la supervisione degli specialisti che lo affiancano.

  14. I programmi di intervento mediati dai genitori sono raccomandati poiché possono: Migliorare la comunicazione sociale e i comportamenti problema Aiutare le famiglie a interagire con i loro figli Promuovere lo sviluppo e l’incremento della soddisfazione dei genitori, del loro empowerment e benessere emotivo.

  15. Comunicazione aumentativa alternativa (CAA) Definizioni Interventi che possono facilitare e migliorare la comunicazione di tutte le persone che hanno difficoltà ad utilizzare i più comuni canali comunicativi. Si definisce aumentativa perché non sostituisce ma incrementa le possibilità comunicative naturali della persona.  Si definisce alternativa perché utilizza modalità di comunicazione alternative e diverse da quelle tradizionali.

  16. Raccomandazione L’utilizzo di interventi a supporto della comunicazione nei soggetti con disturbi dello spettro autistico, come quelli che utilizzano un supporto visivo alla comunicazione, è indicato.

  17. INTERVENTI PER LA COMUNICAZIONE SOCIALE E L’INTERAZIONE Storie sociali Vengono utilizzate con lo scopo di sviluppare le abilità da utilizzare nelle relazioni sociali attraverso il miglioramento della comprensione delle regole sottintese e presenti in ogni tipo di rapporto tra esseri umani.

  18. Esempio 1/2

  19. Esempio 2/2

  20. Raccomandazione Gli interventi a supporto della comunicazione sociale vanno presi in considerazione per i bambini e gli adolescenti con disturbi dello spettro autistico.

  21. Programmi educativi PROGRAMMA TEACCH (Treatment and educationofautistic and relatedcommunicationhandicappedchildren) Con il termine si intende indicare l’organizzazione dei servizi per persone autistiche realizzato nella Carolina del Nord, che prevede una presa in carico globale in senso sia "orizzontale" che "verticale", cioè in ogni momento della giornata, in ogni periodo dell’anno e della vita e per tutto l’arco dell’esistenza, insomma un intervento “pervasivo" per un disturbo pervasivo.

  22. Presupposti del TEACCH I genitori sono considerati la fonte più attendibile di informazioni sul proprio bambino, e vengono coinvolti nel programma di trattamento con il ruolo di partner dei professionisti.

  23. Raccomandazione Il programma TEACCH ha mostrato di produrre miglioramenti sulle abilità motorie, le performance cognitive, il funzionamento sociale e la comunicazione, per cui è possibile ipotizzare un profilo di efficacia a favore di tale intervento.

  24. Interventi comportamentali e psicologici strutturati Si basano sui principi della modificazione comportamentale basati sulle tecniche dell’ A.B.A.Analisi comportamentale Applicata (AppliedBehaviorAnalysis)

  25. Raccomandazione L’ABA risulta efficace nel migliorare le abilità intellettive (QI), il linguaggio e i comportamenti adattativi nei bambini con disturbi dello spettro autistico. Dai pochi studi finora disponibili emerge comunque un trend di efficacia a favore anche di altri programmi intensivi altrettanto strutturati

  26. TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE Richiede un certo livello di sviluppo cognitivo e verbale, come un minimo di QI verbale pari a 69, quindi è rivolta al sottogruppo di soggetti con autismo ad alto funzionamento o sindrome di Asperger.

  27. I falsi interventi MUSICOTERAPIA COMUNICAZIONE FACILITATA DIETE DI ELIMINAZIONE DI CASEINA E/O GLUTINE INTEGRATORI ALIMENTARI (vitamina B6 e magnesio, e omega-3) MELATONINA TERAPIA CON OSSIGENO IPERBARICO EQUITAZIONE ASSISTITA

  28. SECONDA PARTEL’autismo a scuola

  29. L’autismo a scuola Quattro parole chiave PROGETTAZIONE ORGANIZZAZIONE DIDATTICA SPECIALE COMPAGNI

  30. PROGETTAZIONE INSEGNANTI DI SOSTEGNO DOCENTI CURRICULARI PROGRAMMAZIONE DIDATTICA SERVIZI SPECIALISTICI ENTI LOCALI FAMIGLIA AUSILIARI DIRIGENTE SCOLASTICO COMPAGNI DI CLASSE

  31. PROGETTAZIONE Il rapporto scuola - famiglia La famiglia fa due tipi di richieste: • Che la scuola si organizzi al meglio per accogliere il proprio figlio e il suo disagio; • Che la scuola affronti il problema del figlio con tecniche e metodi adeguati.

  32. PROGETTAZIONE Il rapporto scuola - famiglia La scuola può rispondere in due modi: • In chiave normativa: prevalgono le istanze burocratiche con richiesta di spazi, attrezzature, personale per far fronte al problema; • In chiave progettuale: considerare l’alunno con disagio un elemento naturale e strutturale della popolazione scolastica.

  33. PROGETTAZIONE Cosa deve fare la scuola Documentarsi preliminarmente ed assumere tutte le informazioni necessarie per poter essere preparata e credibile nelle interazioni con la famiglia e con i servizi specialistici.

  34. PROGETTAZIONE Una domanda classica del docente Il mio alunno autistico deve restare sempre all’interno della classe oppure è meglio che svolga le sue attività nella stanza di sostegno?

  35. PROGETTAZIONE La risposta alla domanda classica del docente Bisogna chiedersi: C’è almeno un’attività tra le tante previste per tutta la classe che può essere svolta anche dall’alunno con Piano educativo Individualizzato? C’è almeno un’attività tra quelle dell’alunno in difficoltà che può essere proposta anche agli altri compagni di classe?

  36. PROGETTAZIONE Dall’apprendere un compito a partecipare al compito Bisogna passare da … “… è necessario che si realizzi l’apprendimento del compito previsto dall’obiettivo” A … “… quando non è possibile l’apprendimento di compiti uguali a quelli dei compagni è comunque utile fare partecipare i bambini autistici ad alcuni momenti delle attività in un ottica di partecipazione nel compito”

  37. PROGETTAZIONE La cultura della partecipazione al compito Per svilupparla occorre LA CREAZIONE DI UNA POSTAZIONE ALL’INTERNO DELLA CLASSE PER IL LAVORO AUTONOMO DEL BAMBINO AUTISTICO.

  38. ORGANIZZAZIONE L’AMBIENTE SI DEVE ADATTARE ALLE ESIGENZE DEL BAMBINO E NON VICEVERSA.

  39. ORGANIZZAZIONE Domande guida Dove si svolgono le attività? Che cosa facciamo questa mattina? Quando finisce questo compito? Che tipo di attività devo fare?

  40. ORGANIZZAZIONE Strategie di risposta Organizzare gli spazi dove svolgere le attività. Scegliere un aula ampia; Ridurre gli stimoli distraenti nella classe; Predisporre una postazione di lavoro individuale.

  41. ORGANIZZAZIONE Strategie di risposta Usare schemi visivi per chiarire la sequenza delle attività previste.

  42. ORGANIZZAZIONE Strategie di risposta Precisare la durata dell’attività con l’uso di orologi appositi.

  43. DIDATTICA SPECIALE Valutare punti di forza e di debolezza del bambino. Strumenti possibili PEP3 (Psycho-EducationalProfile) Checklist Osservazione descrittiva e sistematica (diari, resoconti)

  44. DIDATTICA SPECIALE Intervenire con programmi specifici per l’autismo Interventi possibili Analisi Comportamentale Applicata (ABA) Programma Teacch Modello Denver (Prescolastico basato sul gioco e l’interazione)

  45. UN COMPAGNO PER AMICO Non basta far parte della stessa classe ma bisogna promuovere nei bambini atteggiamenti assertivi prosociali, in altre parole, da amico.

  46. UN COMPAGNO PER AMICO Creare un clima inclusivo Strategie Abbassare i livelli di competitività; Stimolare il senso di appartenenza al gruppo; Creare occasioni di vicinanza e di lavoro comune; Lavorare sulla valorizzazione positiva degli altri.

  47. I COMPORTAMENTI PROBLEMATICI Le ragioni di un CP - La metafora dell’Iceberg Crisi Si autolede Aggredisce Distrugge i giochi Urla Comportamenti problematici Deficit di tipo sociale Problemi comunicativi Disturbi sensoriali Forte bisogno di stabilità Aumenti dell’ansia Deficit sottostanti

  48. I COMPORTAMENTI PROBLEMATICI Linee guida per l’intervento educativo Definire e cercare e cause del CP • descrivere i CP con linguaggio senza confusioni e fraintendimenti; • osservazione sistematica dei CP per valutare gli aspetti quantitativi; • verifica della distribuzione temporale dei comportamenti nell’arco della giornata; • cercare possibile dipendenza da fattori ambientali.

  49. I COMPORTAMENTI PROBLEMATICI Linee guida per l’intervento educativo Gestire le crisi Non esistono “ricette” ma solo procedure basate sul buon senso.

  50. I COMPORTAMENTI PROBLEMATICI Linee guida per l’intervento educativo Quando possibile, ignorare il CP; Proteggere l’allievo e gli altri presenti dalle conseguenze fisiche del CP; Bloccare l’allievo, anche solo verbalmente con il comando “STOP”, durante gli episodi; Introdurre stimoli per facilitare comportamenti alternativi non problematici.

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