1 / 129

Storia del pensiero economico a.a. 2007-2008 Prof. Massimo Fornasari

Storia del pensiero economico a.a. 2007-2008 Prof. Massimo Fornasari. Programma d’esame. I parte - Nascita e consolidamento di una disciplina: dalla scolastica ai classici L'oggetto ed i metodi della scienza economica Il pensiero economico pre-classico:

kalani
Download Presentation

Storia del pensiero economico a.a. 2007-2008 Prof. Massimo Fornasari

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. Storia del pensiero economicoa.a. 2007-2008Prof. Massimo Fornasari

  2. Programma d’esame I parte - Nascita e consolidamento di una disciplina: dalla scolastica ai classici L'oggetto ed i metodi della scienza economica Il pensiero economico pre-classico: Valore ed etica dello scambio nel pensiero medievale: la prima scolastica; Economia politica e formazione dello Stato-nazione in età moderna: bullionismo; mercantilismo baconiano e mercantilismo evoluto Nuovi contributi al concetto di valore tra Seicento e Settecento: da Petty a Cantillon Il Cameralismo Alle origini del pensiero economico italiano Economia politica e riforme: la scuola fisiocratica. L'economia politica classica: Adam Smith: dalla teoria dei sentimenti morali alla “Ricchezza delle nazioni” Dopo Smith: Malthus, Say, Sismondi; David Ricardo: valore-lavoro, distribuzione della ricchezza, teoria dei vantaggi comparati. Karl Marx: la critica all'economia politica.

  3. Programma d’esame • II parte - Lo sviluppo del pensiero economico dall'Ottocento al Novecento • I precursori del marginalismo e la sintesi milliana • La “rivoluzione marginalista” • W.S. Jevons; Léon Walras; Karl Menger; • L'ortodossia neoclassica: A. Marshall; C. Pigou; i marginalisti italiani • Tra le due guerre: da J. Schumpeter alla rivoluzione keynesiana • Gli sviluppi del pensiero economico dopo Keynes. • Il pensiero economico eterodosso: J. Galbraith; K. Polanyi; A. Hirschman; A. Sen.

  4. L'oggetto ed i metodi della scienza economica

  5. Tre aspetti relativi alla SPE l’oggetto della SPE I diversi approcci alla SPE I rapporti tra la SPE e le altre discipline

  6. a) L’oggetto della storia del pensiero economico J. Schumpeter: “La storia di tutte le opinioni e desideri concernenti questioni economiche e specialmente di politica economica, che in una certa età e in un certo tempo fluttuano nella coscienza pubblica” A. Macchioro: “La storia degli strumenti di pensiero come tali e di scelte di pensiero, cioè di decisioni etico-civili … interessanti la sfera politica e sociale”

  7. b) I diversi approcci alla storia del pensiero economico • Cumulativo-incrementalista • Rivoluzionista-catastrofista • Relativista-mesologico

  8. Storia economica e storia del pensiero

  9. Storia economica e storia del pensiero

  10. c) La Storia del pensiero e le altre discipline 1) Storia del pensiero e storia economica • Evoluzione sul lungo periodo della riflessione economica (storicamente determinata): influenza del contesto storico-economico • Individuazione delle fasi dello sviluppo economico europeo

  11. 1) Storia del pensiero e storia economica J. A. Schumpeter (dall’introduzione alla Storia dell’analisi economica) • Di tali campi fondamentali, la storia economica, che sbocca nei fatti dei nostri giorni e li comprende, è di gran lunga quello più importante. Desidero chiarire che se dovessi cominciare ora il mio lavoro nell’economia e avessi la possibilità di studiare a mia scelta soltanto uno di questi campi, la mia scelta andrebbe alla storia economica. E ciò per tre motivi • Il primo è che l’oggetto dell’economica è essenzialmente un processo unitario nel tempo storico. Non si può sperare di comprendere i fenomeni economici di una qualsiasi età, compresa quella presente, senza una adeguata padronanza dei fatti storici e una adeguata misura di senso storico o di quella che può esser chiamata “esperienza storica” • Il secondo motivo è che l’esposizione storica non può essere puramente economica, ma riflette inevitabilmente anche fatti istituzionali che non sono puramente economici: perciò lo studio della storia costituisce il metodo migliore per comprendere come i fatti economici e non economici sono in relazione gli uni con gli altri e come le varie scienze sociali debbono essere messe in relazione tra loro • Il terzo motivo è il fatto che la massima parte degli errori fondamentali comunemente commessi nell’analisi economica è dovuta alla mancanza di esperienza storica, più che a qualsiasi altra deficienza nel corredo scientifico dell’economista.

  12. c) La Storia del pensiero e le altre discipline 2) Storia del pensiero e scienza economica • La scienza economica è una scienza relativamente giovane • Il consolidarsi dell'economia di mercato ha reso possibile lo sviluppo di una scienza autonoma, che studia le forze di mercato e le loro relazioni • esse rispondono a una logica e a principi in gran parte differenti da quelli che governano, per esempio, l'organizzazione politica o l’organizzazione giuridica della medesima società.

  13. La scienza economica: contenuto e metodi • La scienza economica si è dibattuta, tra due tipi di approccio dominanti: a) classico (ECONOMIA COME SCIENZA SOCIALE: impostazione MACRO) b) marginalista (ECONOMIA COME SCIENZA ASSIOMATICA, RIVELATRICE DEL COMPORTAMENTO RAZIONALE: impostazione MICRO)

  14. K. Pribram • In Pribram questa contrapposizione viene espressa come antitesi tra il nominalismo e il realismo concettuali Nominalismo =col quale P. intendeva il metodo induttivo, sperimentale Realismo =col quale P. intendeva il metodo deduttivo, assiomatico

  15. Valore ed etica dello scambio nel pensiero medievale: la prima scolastica

  16. Il pensiero economico pre-classico 3 principali filoni • la scolastica • il mercantilismo a) bullionismo; b) mercantilismo baconiano; c) mercantilismo evoluto 3) il pensiero cameralista

  17. 1) La scolastica • Nel medioevo la filosofia scolastica attua una grandiosa opera di assimilazione dell’aristotelismo alla tradizione cristiano-romana • Protagonisti di tale operazione intellettuale furono Alberto Magno e il suo allievo Tommaso d’Aquino (1225-1274) • giusto prezzo e valore dei beni (valore intrinseco e valore impositus) • valore della moneta • l’uso del denaro (condanna del prestito ad interesse)

  18. La cattedrale di Chartres in Francia La Torre di sinistra è caratterizzata dal campanile nuovo, costruito tra il 1145 ed il 1165, nelle nuove forme dell’arte gotica

  19. 1) La scolastica Etica ed economia nel pensiero medievale Nella visione aristotelico-scolastica: • L’Economia è “governo della casa” e riguarda la sfera dei comportamenti individuali (Etica) e non quelli collettivi (Politica) • Nell’ambito delle speculazioni sul comportamento individuale, le questioni economiche vengono sollevate allorché riguardano valutazioni etico-morali • Pertanto l’economia non viene trattata come disciplina indipendente, ma solamente nell’ambito dell’Etica

  20. 1) La scolastica l’etica economica nel pensiero medievale • Secondo la visione tomistica, l’intelligenza umana può raggiungere la verità attraverso il metodo speculativo, indirizzandosi a scoprire le tre grandi verità • la legge divina, • il diritto naturale, • il diritto positivo, risultante dalle scelte e dalle convenzioni umane, comune a tutti i popoli (jus gentium) o specifico dei singoli Stati (jus civilis) • Le questioni economiche sono trattate in gran parte nell’ambito dello jus gentium e in qualche caso nello jus naturalis

  21. 1) La scolastica Giusto prezzo e valore dei beni La tematica aristotelica del giusto prezzo dei beni viene risolta nella communis aestimatio, una sorta di valore ordinario di stima dei beni, ottenuta in assenza di monopolio: “… quel prezzo che prevale in un momento dato, secondo la stima del mercato, cioè il prezzo corrente al quale si vendono i beni in un luogo specifico” (S.Bernardino da Siena, 1431)

  22. 1) La scolastica Giusto prezzo e valore dei beni • Il giusto prezzo è dunque il prezzo di mercato fissato in assenza di posizioni dominanti • Il giusto prezzo è una proprietà intrinseca dei beni (bonitas intrinseca), che garantisce la giustizia commutativa, cioè lo scambio equivalente dei beni • Il giusto prezzo è collegato al principio della giustizia distributiva, in base alla quale al termine dello scambio nessun individuo o ceto sociale si arricchisce o si impoverisce

  23. 1) La scolastica Giusto prezzo e valore dei beni • La tesi del giusto prezzo si estende a quella del “giusto salario”, che è il salario che secondo la communis aestimatio garantisce al lavoratore un livello di vita adeguato al suo status • Nella stessa ottica si ammette un profitto “equo” per i commercianti, quale compenso del servizio da loro prestato • Da tutto ciò, è stato dedotto erroneamente l’abbozzo di una teoria che riconduce il valore dei beni al loro costo di produzione sulla base del principio dello scambio equivalente • In realtà gli scolastici vedevano il valore dei beni correlato a tre principali caratteristiche (Piero di Giovanni Olivi, 1248-1298): • utilità oggettiva o valore d’uso oggettivo (virtuositas) • rarità o scarsità (raritas) • utilità soggettiva del consumatore (complacibilitas)

  24. 1) La scolastica valore della moneta e uso del denaro • La moneta, invece, non ha un valore intrinseco, ma solo un valore convenzionale imposto dal principe (impositus): • la moneta non è considerata un bene capitale durevole quindi non può dar luogo a diritti d’uso (pecunia pecuniam non parit): da ciò la condanna dell’usura

  25. La crisi della scolastica • Con lo sviluppo dei commerci, nel basso medioevo i sistemi di pagamento e di concessione dei prestiti si fecero più complessi, tanto da rendere sempre meno chiara o meno individuabile la situazione di prestito a interesse • Inoltre, con la crescita delle attività economiche, il prestito divenne non solo prestito al consumo ma anche prestito alla produzione

  26. La crisi della scolastica • La Chiesa Romana e gli scolastici iniziarono a giustificare forme di prestito ad interesse, sviluppando una complessa casistica di particolari situazioni ammissibili: 1) Damnum emergens: l’interesse come compenso per una perdita accertata (ad es. in in caso di mora del mutuatario) 2) Periculum sortis: l’interesse come compenso del rischio derivante dall’esercizio di attività produttive e commerciali (la moneta investita in capitali produttivi può generare un profitto e al mutuante si concede di rivendicare un interesse per eventuali perdite che ritiene di aver subito per aver concesso un prestito (S.Antonino da Firenze-XV Sec.) 3) Lucrum cessans: l’interesse come compensodel mancato guadagno derivante da possibili investimenti alternativi (costo opportunità) C. Dumoulin-XVI Sec.)

  27. La crisi della scolastica e l’emergere del nominalismo • La discussione sugli universali: • secondo i realisti (= gli scolastici) gli universali sono i principi essenziali che definiscono la natura di tutte le cose, essi realmente esistono nella mente di Dio, in quella degli uomini e nelle cose stesse, a fondamento della loro realtà empirica • la conoscenza della realtà si attua attraverso un processo deduttivo, che permette alla ragione umana di rivelare la struttura ontologica del mondo

  28. La crisi della scolastica • i nominalisti:gli universali non esistono nella realtà, essi sono atti (segni, nomi) dell’intelletto umano volti a unificare e classificare le cose, ma solo a posteriori • la conoscenza della realtà si attua pertanto attraverso la conoscenza diretta delle cose, nei loro aspetti individuali, particolari ed empirici (Roger Bacon, 1214-1294; John Duns Scoto, 1266-1308; William Ockham, 1290-1348: sono tutti francescani) • Solo l’esistenza di Dio non è frutto di speculazione, ma puro atto di fede a-razionale:

  29. La crisi della scolastica • La scuola occamista produce alla fine del medioevo riflessioni scientifiche di rilievo sull’economia: • Jean Buridan (1290-1358): tenta di spiegare il valore delle merci non sulla base della loro sostanza, ma in quanto fenomeni relazionali ed espressione dei bisogni umani (il pane vale più per il povero che per il ricco) • Nicolas d’Oresme (1320-1382): si distacca dall’idea di valore convenzionale della moneta, attribuendole un valore reale basato sul suo contenuto in metalli preziosi e arrivando a intuire la cosiddetta “legge di Gresham” secondo cui “la moneta cattiva scaccia quella buona”

  30. La crisi della scolastica • Dopo Occam: • la teologia perde centralità nel sapere: emerge l’Umanesimo; la politica si svincola dalla morale (Machiavelli, 1516); la fede pone in discussione l’autorità costituita (Riforma Protestante, 1517) • la vita culturale rinasce in rinnovate università dove lo Stato subentra alla Chiesa nel controllo dell’attività intellettuale • rifioriscono gli studi filosofici e con essi ebbero grande impulso quelli scientifici • un unico filo unisce l’Umanesimo civile alla rivoluzione scientifica dell’età moderna

  31. La crisi della scolastica • Alla base di tale rivoluzione culturale vi è l’emergere dell’Umanesimo civile: l’uomo il principale oggetto di attenzione culturale/rivalutazione della dimensione terrena e relazionale

  32. La crisi della scolastica • Dopo Machiavelli (Il Principe): l’economia come scienza della acquisizione: alla politica = la parte principale: al tutto, essa non si occupa più solo della famiglia (governo della casa) ma anche dello Stato (Antoyne de Montchrétien, Traité d’Oeconomie Politique, 1615)

  33. Scienza economica e pensiero moderno • L’Economia si definisce “Politica”, quindi relativa alla sfera pubblica-collettiva-nazionale • L’Economia Politica si distingue dalla Politica propriamente detta: La Politica ora riguarda l’accumulazione e la gestione del potere (perde le finalità etico-morali) L’Economia Politica riguarda l’accumulazione e la gestione della ricchezza

  34. Economia politica e formazione dello Stato-nazione in età moderna: a) bullionismo; b) mercantilismo baconiano c) mercantilismo evoluto

  35. 2) Il mercantilismo Non è mai esistita una scuola di pensiero che si autodefinisse “Mercantilista” • Il termine fu coniato da Victor de Mirabeau (1715-1789) ed utilizzato da Adam Smith per indicare l’insieme delle idee economiche prevalenti nelle corti e negli Stati europei tra il 1500 ed il 1750 • Il mercantilismo è quindi una classificazione a posteriori fatta dai ricercatori, esso non costituisce un “sistema di idee”

  36. 2) Il mercantilismo • Gli scritti definiti “mercantilisti” sono di solito delle trattazioni monotematiche sulle varie problematiche della congiuntura economica dell’epoca nelle diverse nazioni: essi offrono soluzioni a questioni concrete (in genere non-teoriche) di politica economica sono indirizzati ad un pubblico di governanti, funzionari, notabili e gruppi di pressione in genere, spesso con lo scopo di sostenere interessi specifici

  37. 2) Il mercantilismo • … esistono tuttavia degli elementi comuni: • la propensione al protezionismo economico e commerciale ed a politiche monetarie focalizzate sull’accumulo di valuta pregiata (oro e argento) • l’intento di contribuire, indirizzando le scelte di politica economica, a rafforzare il potere dello Stato-nazione sia verso l’interno che verso l’esterno

  38. a) Il bullionismo • Il Bullonismo (da buillon, metallo in barre) ha caratterizzato soprattutto la prima fase del mercantilismo (sec. XVI) • I bullionisti erano in genere mercanti o funzionari della corona e perseguivano l’accumulo di oro come mezzo per consolidare il potere del sovrano

  39. Principali aspetti teorici affrontati dai primi mercantilisti • Teorie e politiche monetarie • Il concetto di bilancia di commercio • Definizione di valore

  40. b) Il mercantilismo baconiano • Francis Bacon (1561- 1626) utilizzo di dati statistici per poter generalizzare giudizi ricavati dall’esperienza • W. Petty (1623-1687) Il primo autore mercantilista che espresse l’intenzione di applicare i metodi baconiani all’analisi dei fatti economici e sociali

  41. WILLIAM PETTY, METODO DELL’ARITMETICA POLITICA E ORIGINE DEL VALORE • Figlio di un modesto mercante di stoffe, dopo varie e avventurose vicende giovanili studia medicina in Europa e a Oxford e diventa un medico famoso • nel 1652 viene inviato da Cromwell in Irlanda con l’incarico di redigere la Down Survey, una grande ricognizione dei fondi passati dai ribelli irlandesi ai veterani e nobili inglesi dopo la rivolta del 1641 • così inizia a occuparsi di tematiche economiche, si arricchisce impadronendosi di alcune delle migliori tenute irlandesi e diventa un personaggio di rilievo nello scenario culturale-scientifico inglese del tempo • Tra le sue opere: Treatise of Taxes and Contributions (1662), Political Arithmetik (1671-76), The Political Anathomy of Ireland (1672)

  42. WILLIAM PETTY, METODO DELL’ARITMETICA POLITICA E ORIGINE DEL VALORE • In Petty si percepisce lo spirito del nuovo razionalismo seicentesco, le sue considerazioni sui concetti di valore, sovrappiù e rendita, ne fanno un precursore dell’Economia Politica Classica (Marx lo considera il primo vero esponente di questa corrente di pensiero) • Il suo metodo si fonda su un approccio quantitativo all’analisi dei fenomeni economici e sociali, egli intende “esprimersi in termini di numeri, pesi e misure, invece di usare soltanto parole comparative e superlative”

  43. WILLIAM PETTY, METODO DELL’ARITMETICA POLITICA E ORIGINE DEL VALORE • L’origine del valore è individuato nel lavoro e nella terra: “… il lavoro è padre e principio attivo della ricchezza, la terra la madre” • Il valore dei beni è quindi dato dalla quantità di terra e di lavoro necessari a produrli, tali quantità ne determinano il “Valore Naturale”, verso cui i prezzi di mercato tendono a collocarsi: • viene così accantonata la teoria soggettiva del valore • prende corpo la teoria del valore dei beni associato al loro costo di produzione (dato essenzialmente dal lavoro)

  44. WILLIAM PETTY, MISURA DEL VALOREE SALARIO DI SUSSISTENZA • Definito il valore dei beni come risultante di terra e lavoro necessari a produrli, l’approccio quantitativo spinge Petty a cercare una misura unica per il valore tale da ottenere: • “una parità e un’equazione tra la terra ed il lavoro, in modo da poter esprimere il valore di ogni cosa mediante uno solo dei due” • Il problema è affrontato da Petty stabilendo come unità di misura del valore “il cibo giornaliero di un adulto, in media”, tale termine è al contempo: • indicatore della capacità produttiva della terra • indicatore della quantità di lavoro impiegata

  45. WILLIAM PETTY, MISURA DEL VALOREE SALARIO DI SUSSISTENZA • Lo stesso termine viene adottato da Petty come prezzo naturale del lavoro, si abbozzano così due concetti classico-marxiani: • quello del “salario di sussistenza” • quello del “lavoro socialmente necessario” • Seguendo gli schemi mercantilisti, Petty individua nel salario di sussistenza il punto di pieno impiego della forza lavoro disponibile: con salari più alti i lavoratori si impigriscono e smettono di lavorare

  46. WILLIAM PETTY, SOVRAPPIU’ E RENDITA • Petty sviluppa un concetto di sovrappiù (overplus) che si risolve in rendita, secondo la formula: valore della produzione ottenuta dalla terra con applicazione di lavoro - valore della produzione che si otterrebbe dalla terra senza applicazione di lavoro • valore della produzione necessario a pagare il lavoro = sovrappiù

  47. WILLIAM PETTY, SOVRAPPIU’ E RENDITA Il sovrappiù è tanto più alto quanto minore è il costo di produzione e a ciò contribuisce il miglioramento delle tecniche produttive: • “il prezzo del cibo sarà bassissimo quando il cibo sarà raccolto da un numero minore di braccia che altrove” • Il valore della terra si deduce moltiplicando la rendita annuale per 21 (anni in cui un uomo mediamente vive assieme al proprio padre ed al proprio figlio) • Sul saggio di rendita si allinea il saggio di usura (interesse), in quanto si presta denaro per ottenere un profitto pari almeno pari a quello che si otterrebbe acquistando della terra

  48. WILLIAM PETTY, RENDITA “DIFFERENZIALE” • Petty sviluppa poi una teoria della rendita “differenziale” basata sulla differenza dei costi di trasporto delle derrate dovuta alla diversa distanza delle terre dai mercati: • “se il grano che nutre Londra fosse trasportato da 40 miglia fin qui, il grano che cresce a un miglio da Londra aggiungerà al suo prezzo naturale le spese di trasporto per 39 miglia” • il prezzo naturale è dato dal costo di produzione più la rendita connessa alla fertilità del suolo a questo si aggiunge poi la rendita differenziale connessa ai costi di trasporto

  49. WILLIAM PETTY, LA TASSAZIONE • Le considerazioni di Petty sul valore e la rendita derivano dai suoi studi sulla tassazione • L’idea di base di Petty è che la rendita non faccia parte del costo di produzione dei beni, in quanto deriva da un surplus • Pertanto la tassazione dovrebbe colpire solo la rendita, in modo da non ripercuotersi sui prezzi finali delle merci • Più precisamente andrebbe tassata solo la parte di rendita destinata al consumo, lasciando intoccata quella destinata al risparmio e da questo all’investimento produttivo • Nella pratica Petty suggerisce di tassare determinati beni di consumo che siano particolarmente indicativi della capacità di consumo dei cittadini (quindi della loro capacità di rendita e spesa in beni voluttuari)

  50. W. PETTY E GLI ARITMETICI POLITICI • Petty anticipò gli economisti classici anche con le sue considerazioni sui vantaggi della divisione del lavoro e sulle relazioni di questa con l’ampiezza dei mercati • In generale il suo pensiero, rispetto ai mercantilisti, appare caratterizzato da una maggiore profondità rispetto alle problematiche socio-economiche dello sviluppo (relazioni urbanizzazione-industrializzazione, scolarizzazione e formazione tecnica, fattori culturali dello sviluppo, libertà economiche e libertà individuali) • Rispetto agli Economisti Classici, in Petty manca però l’approccio per classi sociali e la conseguente teoria della distribuzione del reddito

More Related