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Il modello ICF: decostruire per applicare nel lavoro educativo

Processi di apprendimento e modello ICF: potenzialità e rischi Decostruire: osservare per classificare; osservare per comprendere(J.Derrida) Le molte facce del comportamento dell’alunno: complessità, alterità, traiettoria Spiegare non vuol dire comprendere

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Il modello ICF: decostruire per applicare nel lavoro educativo

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Presentation Transcript


  1. Processi di apprendimento e modello ICF: potenzialità e rischi Decostruire: osservare per classificare; osservare per comprendere(J.Derrida) Le molte facce del comportamento dell’alunno: complessità, alterità, traiettoria Spiegare non vuol dire comprendere L’ICF e la scrittura dell’altro(M. de Certeau) Il non so cosa e il quasi nulla: la logica dell’ineffabile(V.Jankelevitch) Rappresentazione, criteriologia e modello interpretativo Non chiudere definendo ma saper aprire dei possibili Approccio delle capacità e diritti di cittadinanza L’approccio del funzionamento delle capacità: A.Sen e M.Nussbaum Approccio delle capacità e diritti di cittadinanza Approccio antropologico, ecosistemico e globalità degli apprendimenti Antropologia del dono, educazione della comunità e legame sociale(A.Caillé e R.Laporta) Antropologia pedagogica e approccio globale (M.Montessori ,O.Decroly ): conoscere la storia per co-costruire il progetto di vita(le monografie) Approccio interattivo ed ecologico dello sviluppo umano(Bronfennbrenner, Bateson) Una pedagogia delle mediazioni e delle interazioni(L.Vygostky): percorsi indiretti Tre metafore pedagogiche per riflettere su disabilità , resistenza e apprendimenti:il mito di Frankenstein, l’effetto Pigmalione, il paradigma di Gulliver La pedagogia come azione riflessiva: una pedagogia delle condizioni(Ph.Meirieu) Il modello ICF: decostruire per applicare nel lavoro educativo

  2. Processi di apprendimento e modello ICF: potenzialità e rischi • Il modello ICF su funzionamento, disabilità e salute è uno strumento di classificazione con delle codificazione numeriche precise(complicate) che vanno ad attivare dei qualificatori(misure) per definire dei profili • Resta uno strumento con una forte impronta diagnostica anche se viene introdotta una dimensione antropologica dello sviluppo del soggetto disabile • L'impronta medica rimane forte e le funzioni psicologiche vengono incluse dentro le funzioni corporee: da un lato si supera il dualismo cartesiano corpo-mente e dall'altro si tenta di “oggettivare” le funzioni mentali • L'ICF continua tuttavia a riferirsi alla salute ; ad un modello di salute (quindi a qualcosa di normativo) • Vi sono anche difficoltà nel tradurre in pratiche valutative gli items dell’ICF

  3. Per usare l'ICF sul piano pedagogico-educativo occorre decostruirlo • Proviamo di usare l'approccio epistemologico del filosofo Jacques Derrida e di decostruire la struttura concettuale dell'ICF per comprenderne gli elementi innovativi ma anche i rischi. • Ma cosa significa decostruire un modello classificatorio? E a cosa possa essere utile? • 1) il paradigma metologico ed epistemologico resta quello di “osservare per definire, catalogare e classificare”: preso come strumento totalizzante per l'osservazione pedagogica e psicopedagogica rischia di non cogliere gli aspetti complessi, molteplici, differenziati e processuali delle stoire scolastiche e psico-sociali degli alunni con disabilità, con disturbi degli apprendimenti o con disturbi specifici dell'apprendimento. • 2)osservare per classificare non è la stessa cosa che osservare per comprendere: nella classificazione vi è una volontà di catalogazione e spiegazione che può impedire di vedere gli aspetti processuali dinamici

  4. Decostruire(2) • 3) considerare le molte facce dei comportamenti degli alunni e non stabilire delle gerarchie: si può parlare con Derrida di “disseminazione del senso , delle storie dei comportamenti e dei vissuti”. Nella relazione tentare di comprendere questa struttura complessa e spesso contradditoria agli occhi dei modelli di classificazione e anche di valutazione dello stesso insegnante • 4) critica dell'idea di sistema di classificazione che unifica, che tutto identifica‘ ( riducendo ad una identità unica); che tutto ingloba in sè, che tutto plasma a propria immagine tabulare • 5) riconoscimento della radicale alterità dell'esperienza, della storia e della traiettoria di ogni alunno • 6) lasciare spazio al punto di vista dell'alunno , al suo racconto dell'esperienza educativa nella quale è coinvolto • W.Dilthey affermava che spiegare non è comprendere e che si possono anche spiegare cose che non comprendiamo.

  5. Spiegare non vuol dire comprendere • In tutti i sistemi di classificazione vi è un rischio di razionalizzazione riduttrice della complessità e della molteplicità • Costruire degli indicatori è utile per il lavoro educativo e pedagogico ma va distinta la razionalità aperta alla comprensione delle tante variabili del comportamento dell'alunno e la razionalizzazione • Importante è saper osservare nella relazione educativa; ascoltare per comprendere la storia e il modo di essere dell'alunno; il suo vissuto, il significato che egli attribuisce alla sua esperienza; le difficoltà che incontra e come le interpreta. In questo L’ICF può fornirci alcuni indicatori per leggere il “profilo pedagogico”(le sue procedure , i suoi metodi per imparare- vedi Antoine de La Garanderie) • Si comprende nell'esperienza della relazione educativa che apre lo spazio, attraverso la mediazione delle attività didattiche e laboratoriali con e dentro il gruppo classe, per l'incontro e il dialogo.

  6. L'ICF e la scrittura dell'altro • Michel de Certeau ragionando sulla scrittura della storia(che definisce come “scrittura dell'altro”) parla dell'invenzione dell'altro' nel documentare il suo profilo • In realtà bisogna “sapere scrivere l'assente” : vi è per de Certeau, e possiamo applicare questo ragionamento all'ICF, una “rapporto di alterazione tra sapere e alterità”: uno scarto tra la rappresentazione che il discorso classificatorio ha di sé e dell’altro (nel nostro caso l'alunno disabile) e l'aspetto complesso dell'esperienza soggettiva • Parlando della “pratica investigatrice” (discorso etnologico, psichiatrico-medico, psicologico e pedagogico) come “scrittura dell’altro” Michel de Certeau parla di “rito di sepoltura o di esorcismo” dell’anomalia e dell'imprevisto. Un tentativo razionalizzante di eliminare il sorprendente e l'atipico • Per de Certeau vi è una dialettica costante tra l'altro e l'operazione che tenta di definirlo; tra un sapere che vuole imporsi e un'alterità che torna costantemente a disarticolare il discorso classificatorio

  7. Il non so cosa e il quasi nulla: la logica dell'ineffabile(V.Jankelevitch) • Possiamo definire l'esperienza della relazione educativa con l'alunno disabile con l'espressione del filosofo francese Vladimir Jankélévitch :”Fare l'esperienza della relazione con l'altro è fare l'esperienza dell'ineffabile cioè del non so cosa e del quasi nulla”. • Quando usiamo l'ICF ricordiamoci di queste indicazioni di Jankélévitch: 1) “vi sono delle cose ineffabili che non possiamo spiegare” 2) “il divenire è l'emergenza continua del'essere” 3) “si può dire che il divenire permette all'ipseità di realizzarsi sviluppandosi nell'esperienza di relazione” 4) “l'espereinza di relazione è un circolo infinito , il centro è ovunque e la circonferenza da nessuna parte” 5) “il logos ha i suoi limiti” 6) “non si smette mai di comprendere cogliendo il complesso ed equivoco del divenire umano”

  8. Rappresentazione, criteriologia e modello interpretativo • “la malattia cessa di essere una entità nosologica definibile e diventa evasiva, più o meno somatica, più o meno psichica” • Salute e malattia possono essere interpretate in modo contradditorio • Ogni modello etiologico si trova confrontato alle connessioni complesse , alle interdipendenze del processo di divenire e sviluppo della persona • Già Pascal metteva in discussione ogni criteriologia e parlava di ”spirito di finezza”; Jankelevitch riprende la terminologia di Bergson parlando d'intuizione che permette di accogliere “l'indicibile”. Cosa che accade a tanti educatori nel loro lavoro con soggetti disabili • La malattia è una rappresentazione, anche la salute e la disabilità: occorre spostare l'attenzione sulla persona disabile e sulla globalità dei suoi vissuti • Verso una comprensione delle condotte e delle tendenze: Pierre Janet affermava che bisogna sapere cogliere le tendenze nel processo di sviluppo della personalità; i tratti del carattere e i sentimenti che regolano le azioni dell’individuo perchè legati alla sua storia

  9. Non chiudere definendo ma saper aprire dei possibili ascoltando • Nell'azione educativa si rischia sempre di voler classificare i bambini attraverso delle categorie precostituite e definitive. Meglio parlare d'indicatori che possono funzionare come griglia di lettura dello sviluppo delle potenzialità nel processo di apprendimento • Parlando di bambini con bisogni educativi speciali: con disabilità, con disturbi dell'apprendimento e disturbi specifici dell'apprendimento. Parlare di bisogni speciali non significa che questi bambini non abbiano gli stessi bisogni degli altri bambini ma che presentano delle particolarità (disabilità e disturbi) che vanno presi in considerazione nell'azione pedagogica e didattica. Ci vogliono delle risposte specifiche per garantire a questi bambini l'eguaglianza dell'accesso all'istruzione, alla socialità e alla vita. Sante De Sanctis e Maria Montessori parlavano di una “pedagogia emendativa” cioè di una pedagogia parte integrante della pedagogia generale ma con degli emendamenti specifici sul piano metodologico per dare risposte ai modi specifici e atipici di apprendere dei bambini con disabilità e disturbi.

  10. Funzionamento e capacità • L'ICF parla di funzionamento e capacità: il funzionamento delle capacità è fondamentale per garantire l'accesso del soggetto disabile ad una vita sociale dignitosa • La scuola di Amartya Sen e Martha Nussbaum sul funzionamento delle capacità:l'economista indiano Amartya Sen sostiene che la causa del sotto-sviluppo è lo stato di dipendenza e di essere assistito che disattiva la possibilità di fare funzionare le proprie capacità e sviluppare così le proprie competenze. Nel suo libro “La diseguaglianza” sostiene che il maggior fattore di diseguaglianza è il non funzionamento delle capacità della persona. Funzionamento che garantisce un minimo di vita autonoma e di libertà; quest'ultima è vista in modo negativo e in modo positivo. La libertà da: dipendenza, alienazione e assistenzialismo e la libertà di: fare, costruire, partecipare e decidere. • L'approccio delle capacità di Sen è stato ripresa dalla filosofa statunitensa Martha Nussbaum nel suo ultimo libro “Le nuove frontiere della giustizia”. Confrontandosi con “la teoria della giustizia” del contrattualista John Rawls che vede la giustizia come equità e vantaggio reciproco. La Nussbaum critica l'impostazione di Rawls che tiene fuori dal suo ragionamento le persone disabili e con ritardo mentale. Per lei i bisogni di cura, di assistenza e di accompagnamento devono rientrare nei diritti fondamentali.

  11. L’approccio delle capacità e i diritti di cittadinanza dei soggetti disabili • Scrive Martha Nussbaum:”Bambini e adulti con menomazioni mentali sono cittadini. Ogni società decente deve dedicarsi ai loro bisogni di cura, di istruzione, di rispetto di sè, di attività e di amicizia”. • “Una teoria soddisfacente della giustizia umana richiede di riconoscere l'eguale cittadinanza delle persone con menomazioni, incluse le menomazioni mentali, e di supportare adequatamente il compito e di istruire queste persone, in un modo che si rivolga alle loro disabilità”. • Per M.Nussbaum solo tenendo conto ed accogliendo le differenze si potrà favorire lo sviluppo delle potenzialità e il funzionamento di tutte le capacità necessarie ad una “vita dignitosa” • L'approccio delle capacità propone la “nozione di dignità umana e di vita umanamente dignitosa” come centrale • Martha Nussbaum mette in discussione la concezione individualistica-produttiva del contrattualismo :”Non è necessario essere produttivi per ottenere il rispetto degli altri: abbiamo diritto

  12. Un approccio antropologico: tra ecosistema e globalità degli apprendimenti • L’ICF non ci fornisce dei criteri di valutazione sugli apprendimenti, non dice cosa e come fare per favorirli ; ci offre degli indicatori per l’osservazione del funzionamento delle capacità del bambino disabile che possono aiutarci a comprendere come agire sul piano pedagogico e didattico. Va ad integrare e arricchire altri strumenti già in possesso degli insegnanti come il profilo dinamico funzionale • Può aiutarci ad utilizzare un approccio antropologico che fa dell’ecosistema socio- culturale e ambientale un insieme di fattori importanti per comprendere la storia dello sviluppo dell’alunno e le sue caratteristiche • L’antropologia del dono: MAUSS(A.Caillé): il soggetto non è solo una risorsa per la comunità ma un dono. Perché? Come? Una occasione per ricostruire il legame sociale.

  13. Antropologia pedagogica, approccio globale e apprendimenti • La personalità dell’alunno come essere bio-psico-sociale(Maria Montessori) • Il bambino è inserito in un ecosistema relazionale fatto di mediazioni affettive, sociali e culturali • L’approccio del globalismo pedagogico di Decroly: • Il bambino apprende globalmente: apprende in modo analogico e sincretico • Il bambino con disabilità fisica e/o psichica presenta una eterogeneità e irregolarità nel processo di sviluppo dei suoi apprendimenti. Ha dei ritmi , dei tempi e delle modalità differenziate • La sfera affettiva è al centro delle motivazioni che stimolano gli apprendimenti • Cogliere le tendenze globali del bambino disabile significa saper individuare i suoi “centri d’interesse” per creare le motivazioni necessarie allo sviluppo dell’acquisizione di conoscenze e alla strutturazione di competenze

  14. Conoscere la storia per co-costruire un progetto di vita Decroly propone l’uso delle Monografie di bambini che comprendono diverse parti: • La storia familiare • La storia biologica e sanitaria • La storia socio-culturale • La storia psico-sociale e psico-affettiva • La storia formativa e scolastica L’ICF può fornire alcuni indicatori utili.

  15. Un approccio integrato, transazionale ed ecologico dello sviluppo umano • Le diverse parti della monografia sono compilate dalle diverse figure che accompagnano il bambino disabile nel suo percorso: medici, insegnanti, educatori, famiglia e l’alunno stesso attraverso dei lavori personali. L’integrazione dei punti di vista è fondamentale nonché il coinvolgimento del bambino nella costruzione del proprio progetto. • Il processo d’insegnamento/apprendimento è una processo di negoziazione continuo dove avviene uno scambio tra il docente, l’educatore, l’alunno e l’educando. L’approccio pedagogico transazionale (vedi John Dewey) concepisce lo spazio dell’esperienza educativa come uno spazio interattivo dove avvengono degli scambi, delle transazioni tra insegnante e alunni, tra alunni(pari), tra insegnante curriculare e e insegnante specializzato, tra questi e la altre figure professionali che possono intervenire come l’assistente o l’educatore. Questo spazio è fatto di mediazioni e mediatori, crea un clima relazionale e uno sfondo affettivo che può favorire o ostacolare gli apprendimenti. • Lo spazio educativo è inserito in un ecosistema(comunità scolastica, comunità locale e territorio); è l’interazione tra questi diversi livelli della vita dell’alunno che crea interesse e motivazioni(quindi anche lo sforzo per imparare) • Il gruppo classe e la comunità scolastica funziona come un luogo di osservazione privilegiato - Le interconnessioni tra contesti, ruoli e situazioni

  16. Una pedagogia delle mediazioni e delle interazioni (L.Vygotskij) “Il concetto di norma fa parte delle idee scientifiche più complesse e vaghe. Nella realtà non esiste nessuna norma, ma si incontra una quantità infinita di molteplici variazioni, di deviazioni da essa e spesso è molto difficile stabilire dove esse superino i limiti oltre i quali inizia già il campo dell’anormale. Questi confini non esistono da nessuna parte e in questo senso la norma rappresenta il concetto strettamente astratto di una grandezza media dei casi più frequenti e, effettivamente, non si incontra mai nel suo aspetto puro, bensì è sempre unita a certe forme anormali. Per questo non esiste confine preciso fra il comportamento normale e anormale. “(Fondamenti di difettologia)

  17. La pedagogia delle mediazioni: alcune indicazioni • Non si possono misurare con gli stessi strumenti e gli stessi criteri di valutazione individui con tipi di sviluppo diversi • Il soggetto disabile che apprende è insieme prodotto e produttore dei suoi rapporti sociali • Per comprendere il tipo di sviluppo bisogna tener conto della dimensione storico-culturale: contesto socio-culturale, codici e linguaggio(elementi che fondano la struttura di personalità) • Ogni sviluppo è un processo dialettico che funziona come un meccanismo permanente di cambiamento e anche contraddittorio (continuità/discontinuità,definizione e ri-definizione del sé) • Non è il deficit in sé e per sé che crea l’handicap(“un bambino con deficit non è necessariamente un bambino deficitario”): sono le conseguenze sociali(le interazioni con il contesto socio-culturale) • Il deficit non provoca solo la disabilità ma produce anche uno “sviluppo creativo e originale”; la presenza del deficit attiva spontaneamente dei meccanismi di compensazione(il bambino cieco usa spontaneamente il tatto, il bambino sordo il linguaggio dei gesti)

  18. Percorsi indiretti e mediazioni. le interazioni 1)Il bambino con disabilità ha bisogno di mediazioni (aiuti, sostegni, supporti vari ,ausili) per sviluppare le sue potenzialità ed acquisire delle competenze(conoscenze e capacità) 2)L’insegnante e l’educatore devono usare dei “percorsi indiretti” e dei mediatori- facilitatori per facilitare gli apprendimenti dell’alunno disabile e favorire il suo coinvolgimento alle diverse attività: esiste una “zona di sviluppo prossimale” che corrisponde allo scarto che vi è tra le competenze acquisite ‘naturalmente” e quelle acquisite con diverse mediazioni(il processo d’insegnamento/apprendimento) è un insieme di mediazioni. 3)Il bambino disabile è una risorsa per tutti perché educa a pensare la varietà e l’eguaglianza nella sua relazione con la differenza. E’ una risorsa per l’insegnante che innovando sul piano dei metodi e della didattica può trasferire questa esperienza al lavoro con tutti i bambini

  19. Tre racconti , tre metafore pedagogiche • Frankenstein pedagogo: (il romanzo di Mary Shelley) il mito dell’educazione come fabbricazione.Frankenstein fabbrica un essere vivente poi lo abbandona. Questa creatura si educa da solo e diventa un mostro. La metafora di Frankenstein ci permette di mettere in guardia gli operatori dell’educazione: il volere fabbricare l’altro e poi abbandonarlo. Frankenstein è l’educatore o l’insegnante alle prese con l’arrivo dell’altro; nel nostro caso il bambino con bisogni speciali. • L’effetto Pigmalione (Ovidio,G.B.Shaw) volere scolpire il volto dell’altro; trasformare e plasmare una persona secondo quello che abbiamo in testa(Rosenthal e Jacobson: Pigmalione a scuola) 3) Il paradigma educativo di Gulliver(J.Swift): il viaggio nella varietà ed imparare dalla pluralità delle espressioni e deimodi di essere

  20. La pedagogia come prassi riflessiva “La pedagogia è prassi. Significa che deve lavorare costantemente sulle condizioni dello sviluppo delle persone e limitare nello stesso tempo il proprio potere per lasciare all’altro di la possibilità di prendere il proprio posto”(Philippe Meirieu) Come passare da una pedagogia delle cause ad una pedagogia delle condizioni? Le categorie di attività e partecipazione che permettono di creare le mediazioni e di usare i mediatori che favoriscono gli apprendimenti sono una parte utile dell’approccio ICF La scrittura dell’esperienza educativa e pedagogica: l’osservazione, la documentazione, la valutazione, la progettazione e la programmazione

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