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Il ruolo pedagogico e l'azione professionale dell ‘ allenatore sportivo nel contesto educativo:

Il ruolo pedagogico e l'azione professionale dell ‘ allenatore sportivo nel contesto educativo:. analisi e studi approfonditi del rapporto con i propri atleti. Prof. Francesco Perrotta Prof. Angelo Pannelli.

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Il ruolo pedagogico e l'azione professionale dell ‘ allenatore sportivo nel contesto educativo:

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  1. Ilruolopedagogicoel'azioneprofessionaledell‘allenatoresportivonelcontestoeducativo:Ilruolopedagogicoel'azioneprofessionaledell‘allenatoresportivonelcontestoeducativo: analisi e studi approfonditi del rapporto con i propri atleti Prof. Francesco Perrotta Prof. Angelo Pannelli

  2. abstracts di Francesco Perrotta*, Angelo Pannelli** *Universita’ degli Studi di Bolzano Facolta’ di Scienze dell Formazione **docente di scienze motorie specializzato SSIS, allenatore-giocatore FIP • Ilruolopedagogicoel'azioneprofessionaledell‘allenatoresportivonelcontestoeducativo: analisi e studi approfonditi del rapporto con i propri atleti “Per promozione della salute si intende il processo che consente alla gente di esercitare un maggiore controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per conseguire uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, l’individuo o il gruppo deve poter individuare e realizzare le proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni e modificare l’ambiente o adattarvisi. La salute è, pertanto, vista come una risorsa per la vita quotidiana […].” ( Carta di Ottawa, 1986) • L’importanza dell’avviamento alla pratica sportiva e’ un fattore fondamentale al miglioramento dello sviluppo psicofisico del giovane,pertanto l’attivita’sportiva nel praticarla sviluppa azioni positive incentrate sulla consapevolezza delle proprie capacita’, migliorarando progressivamente la propria autonomia e autostima e predispone il giovane nello spirito di collaborare con il gruppo-squadra con la possibilita’ durante la performaces sportiva di andare incontro alle difficoltà affrontandole e superandole con successo.

  3. Da qui la necessita’ di un’educazione nel praticare un’attività sportiva gia’ nel periodo infantile e nell’eta’ scolare principalmente; la pratica sportiva predispone in modo efficace lo sviluppo di competenze motorie agevolando in modo profiguo il suo sviluppo intellettivo-motorio. “Promuovere la salute significa “ mettere la persona al centro” e questo può essere raggiunto mediante un approccio centrato sulla persona”. (Zucconi & Howell, 2003) Non solo allenatore, quindi, ma educatore e “life coach” o allenatore di vita. Si tratta di una figura di riferimento capace di rispondere ai bisogni cognitivi e affettivi/emotivi, rispetto alla quale l’atleta sviluppa in termini bolwbyani ( 1989) un “attaccamento”. • il life coach dà spazio agli atleti per riflettere sugli eventi ed attribuire ad essi valore e significati. Fonagy (2005) parla di “capacità metacognitiva” fondamentale per la salute mentale. L’educatore sportivo deve comunicare efficacemente utilizzando parole che non mirino a squalificare il giovane ma favoriscono l’aprirsi di un dialogo. un giudizio tecnico o una valutazione sul piano agonistico, Quest’ultimo, infatti, può essere favorito attraverso l’utilizzo dell’“ascolto attivo” in cui l’empatia in quanto “agente educativo: rilassa, dà conferma e riporta in una dimensione umana anche la persona più spaventata, bloccata e confusa.” ( T. Gordon, 1991) • “Un buon allenatore,), senza dubbio avere la giusta preparazione tecnica ma in primis una sua autonomia acquisita dall’esperienza su campo che si matura nel tempo che l’orienta nel programmare l’ allenamento prima sulle esigenze che vengono fuori dai suoi allievi e poi al raggiungimento della vittoria in gara.

  4. Introduzione al lavoro (premessa) Durante queste due ultime decadi, analisi dello addestratore-sportivo di rapporto destato in ricercatori derivando da una diversità sorprendente delle discipline scientifiche un interesse costante. È primo di tutti un il disegno di Taylor del rapporto di azionamento che ha guidato i ricercatori nella loro operazione. L'addestratore è stato compreso come quello che immagina, progetta ed esenta l'azionamento. Lo sportivo è stato considerato come il realizzatore semplice dei programmi di azionamento e delle prestazioni con il corso concorsi. La tendenza corrente gradirebbe piuttosto che lo sportivo è considerare come l'artigiano principale del suo successo (o del relativo guasto). In questo lavoro, si proporrà un terzo disegno del rapporto di azionamento, che riposerà sull'idea di una distribuzione bilaterale della capacità dell’addestratore nei confronti dello sportivo, come elemento bivalente. Proveremo a sostenere questo disegno usando i modelli ideali suggeriti dalla sociologia delle organizzazioni, per cominciare con l'analisi strategica (Crozier & Friedberg, 1977). Le domande che si porranno toccheranno così con la natura dei pali che animano gli attori (gli sportivi presi in considerazione), alle risorse ed ai beni di cui presentano rispettivamente sia con le strategie e sia con lo strumento per per soddisfare i loro propri interessi.

  5. Questo punto sarà concretizzato sotto forma di una griglia di nuova lettura dello rapporto tra l’addestratore e lo sportivo. Applicheremo questo metodo in tre studi finalizzati distinti, che considereranno rispettivamente: il settore dello svago di sport mezzo del dilettante di sport il mondo della concorrenza ad alto livello. • Vengono prese in considerazione la maggior parte delle categorie di sport per determinare le situazioni che costituiscono tipologia di Parlebas (1999)e in effetti: • situazioni di sociomotricità determinate dallo scontro-comunicazione (arti marziali), • situazioni psicomotorie isolate da esso (atletismo) e • situazioni di sociomotricità con atleti che messi alla prova contro degli avversari (pallacanestro). Questo lavoro infine consisterà di due grandi parti: (1) nel primo, teorico, trasporteremo l'occhiata più esauriente e più critica possibile sulle varie sfaccettature dello addestratore-sportivo di rapporto, prima della prova di sviluppare il metodo più integrated di questo oggetto particolare della ricerca. (2) nel secondo, empirico, proporremo un calcestruzzo di tre studi finalizzati, progettato per fornire i fondamenti di una teoria che riposa su una distribuzione bilaterale della capienza degli attori dello addestratore-sportivo di rapporto.

  6. Indice: le caratteristiche dell'allenatore L’allenatore: le caratteristiche degli sportivi le variabili di contesto la modificazione dei comportamenti Lo stile del “leadership” Il modello multimediale del leadrship nello sport La “leadrship Scale” nello sport La percezione dello sportivo. le caratteristiche degli sportivi le preferenze degli sportivi L’autopercezione dell’allenatore La modifica dello stile della leadership dell’allenatore La presa di decisione dell’allenatore Pensieri dettati dalla teoria Pensieri dettati dalla pratica La coordinazione delle strategie degli attori Una distribuzione bilaterale della capacità

  7. Riscontro dell’analisi teorica I tre momenti: Il primo momento Un attore capace di una strategia Il secondo momento La capacità come mezzo di scambio Il terzo momento Stati dell'esercitazione della capienza Chiarimenti sul dispotismo Mediazione delle rappresentazioni Uno studio particolare L' interazione Conclusioni L'uomo razionale della teoria classica: I limiti cognitivi Limiti culturali Limiti ideologici Limiti affettivi Razionalità procedurale Un attore capace di una strategia La teoria della regolazione sociale La griglia di lettura

  8. In questi ultimi anni ha preso una certa importanza la figura dell’addestratore sportivo Chiamato Allenatore sportivo Lo sportivo è stato considerato come il realizzatore semplice dei programmi di azionamento e delle prestazioni durante i concorsi. L'addestratore è stato compreso come quello che immagina, progetta ed esenta l'azionamento di uno o più sportivi. Rispetto a pochi anni fa è stata messa in luce la comunicazione in maniera bilaterale cioè si tiene conto degli input dati sia dall’allenatore che dallo sportivo

  9. Gli statuti ed i ruoli degli allenatori e degli sportivi nell'addestramento sono stati inizialmente studiati in modo distinto. In questa prospettiva (di taylor) i ricercatori si sono soprattutto messi a fuoco sull'allenatore. Il polo d'attenzione dei ricercatori si è in seguito gradualmente mosso in direzione del secondo membro dell'elemento bivalente, lo sportivo, in una prospettiva più umanista. Secondo Saury e Durand (1995), l'adozione del passo tipico dell'analisi della distribuzione del lavoro seguita nei primi studi americani in psicologia dal lavoro avrebbe probabilmente indotto i pionieri della ricerca sull'addestramento a considerare l'allenatore e il progettista dell'addestramento e l'atleta e l'esecutore. Spesso utilizzata nella letteratura francofona, l'espressione “relazione allenatore-trascinato„ evoca del resto implicitamente questa divisione.

  10. Esamineremo i principali risultati degli studi descrittivi che riguardano gli oggetti di ricerca seguenti: i comportamenti ed interventi dell'allenatore; la pianificazione; lo stile di leadership; la presa di decisione dell'allenatore. In pedagogia dello sport, la ricerca centrata sulla relazione d'addestramento si è inizialmente ispirata all'approccio che mira ad analizzare il processo d'insegnamento a partire dai dati direttamente accessibili, cioè coloro che si possono temere con tecniche d'osservazione.

  11. L'osservazione dell'allenatore famoso di basketball del UCLA (Université di California Los Angeles) John Wooden diretta con l'attività: le istruzioni (33%) il feed-back (30%) altri comportamenti (4%) l'organizzazione (18%) Gli allenatori passavano il 15% del tempo restante in comportamenti di reazione alla indiscipline o alla disattenzione, da organizzazione e da comunicazione generale. Avendo preso atto della raccomandazione di Trudel e parte (1994) di privilegiare un sistema di codifica per intervallo che include la categoria di comportamento “osserva in silenzio”, Bernard (1996) ha elaborato tale sistema d'osservazione per analizzare i comportamenti di allenatori di giovani in hockey su ghiaccio.

  12. 51% del tempo della partita osservando in silenzio informazioni, feed-back ed istruzione Le osservazioni hanno messo in luce che in media, gli allenatori passavano: 27% da dirigerli ordini o dei consigli ai giocatori mentre sono in azione 7% a motivarli 15% ad organizzare i propri giocatori Confrontando i risultati di un allenatore con l'altro, quest'autori hanno potuto constatare che il profilo dei comportamenti variava non soltanto da un allenatore ad un altro, ma anche di un incontro ad un altro ad uno stesso argomento. RISULTATI:

  13. Quindi, gli studi fatti non hanno rivelato un metodo comune per spiegare l'efficacia degli allenatori, al di là della messa in evidenza di tendenze molto generali, come ad esempio l'importanza dei comportamenti detti istruttivi. le caratteristiche dell'allenatore I comportamenti ed interventi degli allenatori osservati sono stati individuati con tre tipi di variabili indipendenti: le caratteristiche degli sportivi le variabili di contesto

  14. le caratteristiche dell'allenatore Sin dall’inizio, gli allenatori di successo hanno suscitato l'interesse dei ricercatori I quali hanno allora tentato di identificare i comportamenti che distinguevano gli allenatori di successo dei loro omologhi meno efficienti Si è visto che iI raffronto degli allenatori secondo il loro tasso di successo ha rivelato una sola differenza significativa: gli allenatori che riuscivano maggiormente interrogavano due volte più i loro giocatori dei loro omologhi che riuscivano meno Però, considerata come una strategia d'insegnamento adeguata, l'adozione dell'interrogazione non aveva ancora dimostrato la sua efficacia nel contesto dell'addestramento In ogni caso, occorre sottolineare che il raffronto di allenatori in funzione dei loro successi senza tenere conto del livello dei loro sportivi non è affatto suscettibile di arricchire le nostre conoscenze sulla relazione allenatore-sportivo

  15. Il raffronto dei comportamenti verbali di allenatori di volley ball nel corso del gioco, realizzato da Cloes e Al (1993) che prendendo in considerazione questo parametro, risalta che gli allenatori dei gruppi vittoriosi emettevano più interventi degli omologhi perdenti. Sono stati riscontrati due casi : I risultati ottenuti da Madden (1995) con allenatori di calcio australiano segnalano al contrario che gli allenatori dei gruppi perdenti emettevano il 25% di unità di comunicazione più soltanto nei loro omologhi vittoriosi. L'autore attribuiva tuttavia questo fenomeno alla frustrazione degli allenatori che, che si sentono incapaci di controllare o cambiare la situazione, si insorgevano contro i loro giocatori. Inoltre, i risultati sottolineano anche che gli allenatori dei gruppi vittoriosi indirizzavano ulteriori elogi ai loro giocatori e si mostravano più positivi. Quest'osservazione sembra a priori logica. Ricordiamo che Model (1983) e Claxton (1988) avevano sollevato nei comportamenti degli allenatori che erano caratterizzati da una percentuale di vittorie inferiore al 50% una proporzione di elogi due volte superiore a quella osservata presso gli allenatori che si distinguono con una percentuale di vittorie superiore al 70%. back

  16. le caratteristiche degli sportivi A tale riguardo, i comportamenti dell'allenatore sono stati in particolare comparati in funzione dello statuto, del livello di prestazione e come gli sportivi. In basketball, Piéron e Bozzi (1988) hanno così verificato l'esistenza di una relazione d'addestramento diversa in funzione dello statuto dei giocatori interessati: gli elogi erano destinati soprattutto ai giocatori americani. Per ilo terzo quarto, i rimproveri erano indirizzati ai giocatori di secondo piano. Colomberotto Piéron e Salesse (1987) hanno rilevato una differenza simile in ginnastica dove la relazione dell'allenatore con le migliori ginnaste prendeva un carattere nettamente più profondo con quello del colloquio verso le meno buone.

  17. I risultati hanno indicato che le caratteristiche delle risposte emesse dagli allenatori che riuscivano bene erano differenti da quelle degli interventi forniti dalle loro controparti che riuscivano meno: 1) Modo: più risposte verbali. 2) Periodo di emissione: più risposte immediate. 3)Tipo di messaggio: più assenza di risposte e misure correttive. 4) Struttura di riferimento generale: allo stesso tempo più totale e specifico di risposte. un'più alta frequenza degli interventi verbali ed audiovisivi. 1) Modo: Le differenze importanti inoltre sono comparse fra i giocatori ed i riservisti titolari. Le risposte ricevute dalle prime sono state caratterizzate da: una più alta frequenza delle reazioni immediate. 2) Periodo di emissione: 4) Struttura di riferimento generale: più totale e specifica di risposte. back

  18. le variabili di contesto Fra le variabili del contesto che sono state considerate compare soprattutto il tipo d'istruzione di situazione, il posto della riunione nella progettazione ed il risultato delle riunioni. Crévoisier (1995) ha approfittato dell'organizzazione di una sessione di formazione seguita da 23 allenatori professionali per analizzare le loro strategie d'intervento L'originalità di questa ricerca risiedeva nel fatto che gli allenatori avevano il ruolo d'osservatore quando non facevano parte dei due animatori della seduta. . La griglia d'osservazione riguardava allo stesso tempo i comportamenti verbali degli allenatori (interventi, numero, natura), l'efficacia della seduta che dispensavano : quantitativa: orario di lavoro effettivo, tempo dedicato all'attività, in relazione con la consegna di partenza, o tempo dedicato al compito; qualitativa: livello di realizzazione degli esercizi proposti) Il contenuto evolutivo delle sedute implicava interventi più numerosi nella prima o seconda parte a motivo dominante tecnico o tecnico-tattico, mentre il terzo era dedicato ad esercizi d'applicazione e giochi a temi, dove occorre lasciare la libertà di scelta ai giocatori, e di limitare il numero dei suoi interventi.

  19. Il contenuto evolutivo delle sedute implicava interventi più numerosi nella prima o seconda parte a motivo dominante tecnico o tecnico-tattico, mentre il terzo era dedicato ad esercizi d'applicazione e giochi a temi, dove occorre lasciare la libertà di scelta ai giocatori, e di limitare il numero dei suoi interventi. Lacy e Darst (1985) hanno tentato di verificare se i comportamenti di 10 allenatori di calcio americano a successo (high school) in occasione di sedute d'addestramento erano inclini a variazione a seconda che l'osservazione si svolgesse prima della stagione (della dal 23 agosto al 3 settembre), all'inizio di stagione (della dal 13 settembre al 4 ottobre) o più tardi tra la stagione (della dal 18 ottobre al 10 novembre) (1) il riscaldamento Hanno anche stabilito una distinzione tra le quattro grandi parti che costituiscono una seduta d'addestramento: (2) il lavoro per gruppi (3) il lavoro collettivo (4) il condizionamento fisico

  20. 1) la frequenza dei comportamenti manifestati dagli allenatori era superiore durante la prima fase rispetto alle due seguenti 2) gli allenatori manifestavano ulteriori comportamenti classificati in categorie elogio, rimprovero, istruzione e dimostrazione correttadurante la prima fase rispetto alle due seguenti Questi Autori hanno potuto mettere in evidenza che: 4) gli allenatori si manifestavano meno spesso durante il riscaldamento e condizionamento fisico che durante il lavoro per gruppi e collettivo 3) il lavoroper gruppi era più frequente prima della stagione, mentre il lavoro collettivo prevaleva una volta la stagione iniziata back

  21. la modificazione dei comportamenti L'espressione modifica del comportamento è stata promossa dai vari autori per indicare l'esecuzione delle risorse della psicologia attiva per modificare i comportamenti, che sono normali o patologici (Van Rillaer, 1992). Questa fase riposa su un disegno del néo-comportamentista di comportamento, secondo cui questo ultimo indica direttamente tutta la forma di attività direttamente o indirettamente osservabile. Il comportamento è considerato come un fenomeno più o meno complesso, che contiene tre funzioni essenziali: Componente cognitiva Un controllo non può tuttavia essere spiegato senza riferimento alla sequenza temporale delle relative interazioni con l'ambiente. Componente affettiva Componente motoria

  22. Altre due variabili conseguentemente sembrano essenziali: Infine, è inoltre importante tenere conto della condizione dell'organizzazione per capire il fenomeno in tutta la relativa complessità. stimoli agli eventi conseguenti al comportamento stimoli precedenti al comportamento Le sei variabili che sono state distinte appena possono riunirsi in uno schema multidimensionale che esprime inoltre il loro rapporto di determinismo reciproco: Questa equazione del comportamento (Kanfer & Philips, 1970) indica che è possibile comportarsi modificando una di queste variabili.

  23. Questo metodo multimoda della strategia di cambiamento del comportamento deve aderire a determinate regole. Van Rillaer (1992) in particolare le ha proposte principi seguenti: selezione degli obiettivi chiave la formulazione degli obiettivi del comportamento istituzione dei contratti introduzione delle procedure di risposte (feedback)

  24. In uno studio nella pallavolo, si è cercato di modificare le risposte emesse dagli addestratori delle squadre di giovani e di dilettanti (Cloes, Lenzen & Piéron, 1995). Lo schema sperimentale, ha contenuto sette fasi successive: 1. Somministrando test sull'abilità motorie ed analizzare la differente tecnica dalla pallavolo e le funzioni tattiche di gioco 3 contro 3. 2. fase che consta di tre intervalli di dieci minuti l’una, dove è stata filmata una situazione di gioco 3 contro 3 3. primo intervento designato sullla tecnica della pallavolo. 4. prima fase di intervento che punta osservando gli effetti dell'intervento sulle variabili dipendenti. 5. secondo intervento designato su altri tipi tecnica. 6. seconda fase di intervento che punta osservando gli effetti del secondo intervento. (del punto 5) 7. Post-test simile alla prova preliminare, ad uno scopo di controllare l'effetto del programma sul processo di analisi della prestazione. Il video con l'analisi della prestazione e l'emissione di feedback ha permesso nella maggior parte dei sette addestratori di migliorare pure le funzioni quantitative come qualitativo le loro risposte.

  25. Lo stile del “leadership” Leadership costituisce una delle variabili più importanti che nell'analisi dal rapporto al lavoratore-sportivo. Questo concetto inizialmente ha fatto la relativa apparenza nel campo militare, gli anni che precedono il secondo guerra mondiale. Lewin ha definito tre specifici ruoli di leadership autocratico lasciar fare democratico Consiste nel spiegare gli obiettivi che si vogliono raggiungere, stimolare il gruppo per un’auto-organizzazione Consiste nel dare specifici ordini ad ogni elemento del gruppo, senza aver dato un’idea del lavoro finale da globale Consiste nel definire l’obiettivo finale e lasciar fare tutto al gruppo, senza intervenire in maniera specifica o generale

  26. Risultato: da ricerche ed esperimenti si evince che il 70% degli osservati, crede che i migliori risultati si ottengono con il metodo democratico che va sfumando verso quello “lasciar fare”. Per quanto riguarda il primo metodo, non risulta “ben accetto”, in quanto non si parla di gruppo e, pur avendo uno stesso fine, si lavora separatamente, senza aver contatti con ngli altri membri. Inoltre, la figura alla quale si deve fare riferimento ha una posizione scomoda ed autoritaria per gli osservati e quindi si lavora sottopressione e male. Per quanto riguarda il secondo metodo, invece, c’è un buon responso, perchè il leader spiega cosa si deve raggiungere, ma, a differenza del primo metodo, da una mano a creare un’autoorganizzazione all’interno del gruppo. Inoltre, la sua figura risulta meno scomoda del primo metodo e più efficace

  27. Il modello multimediale del leadrship nello sport é illustrato nella figura che viene riportata di seguito e concettualizza la leadership come un processo interattivo.

  28. Secondo questo modello, la prestazione del gruppo e la soddisfazione dei relativi membri (scatola 7) dipende da tre tipi di comportamenti di leadership: Comport. necessario (scatola 4) Comport. reali (scatola 5) Comport. preferiti (scatola 6) I precedenti di quest'ultimi sono le caratteristiche della situazione (scatola 1), dell'allenatore (scatola 2) e degli sportivi (scatola 3). Così, l'allenatore si comporta (scatola 4) in accordo con le domande e le costrizioni della situazione (scatola 1). Le preferenze degli sportivi per i comportamenti di leadership determinati (scatola 6) dipendono in gran parte dalle loro caratteristiche individuali (scatola 3). Le caratteristiche della situazione (scatola 1) agiscono anche sulle preferenze degli sportivi tramite la socializzazione di quest'ultimi, che hanno integrato i valori dell'organizzazione

  29. D'altra parte, si ammette che l'allenatore si comporta (scatola 5) innanzitutto in funzione delle sue caratteristiche personali: . esperimento personalità competenze (scatola 2) Inoltre, il comportamento dell‘allenatore è influenzato dalle esigenze della situazione (scatola 4) e le preferenze degli sportivi (scatola 6). Infine, la figura precedentemente disegnata. indica che la prestazione e la soddisfazione (scatola 7) sono congiuntamente interessate dalla congruenza tra i tre tipi di comportamenti di leadership (Chelladurai, 1990), anche se non era così nella versione iniziale del modello (Chelladurai & Carron, 1978).

  30. La “leadership Scale” nello sport istruzione È stata sviluppata da Chelladurai e Saleh (1980), ed ha indotto un certo numero di ricercatori a classificare il comportamento dell'allenatore in funzione del suo stile d'interazione: ricompensa appoggio sociale e del suo stile decisionale: autocratico democratico Serpa Patacos e Santos (1991) hanno così rilevato che gli allenatori dei gruppi di handball che partecipano al campionato del mondo 1988 (gruppo C) erano caratterizzati da una: dimensione istruzione dominante e da una dimensione democratica (meno presenta) Questa costante si trovava allo stesso tempo nelle percezioni degli allenatori e degli sportivi sondati.

  31. Modificando l'inizio degli items, infatti è stato possibile valutare: (1) la percezione da parte degli sportivi dei comportamenti di leadership del loro allenatore (2) le preferenze degli sportivi per comportamenti di leadership determinati (3) la percezione da parte dell'allenatore dei suoi comportamenti di leadership.

  32. La percezione dello sportivo. A partire dalla scala di leadership appena descritta, molte variabili sono state mobilitate per spiegare le varie concezioni che avevano gli sportivi nei confronti del loro allenatore: Robinson e Carron (1982) infatti hanno mostrato che, comparativamente ai titolari, i giocatori (le riserve) di calcio americano consideravano il loro allenatore come più autocratico. addestramento ed istruzione atteggiamento democratico Nello stesso ordine di idee, i risultati ottenuti da Garland e Barry (1988) sottolineavano che, rispetto ai sostituti, i giocatori di calcio americano titolari valutavano in maniera più positiva il livello del loro allenatore. Infatti, la loro sensazione era quella di: gradito appoggio sociale feed-back positivo e non pensavano che fosse autocratico

  33. Il livello di prestazione raggiunto dal gruppo sembra anche agire come mediatore nella percezione degli sportivi. Così, Gordon (1986) ha messo in evidenza che, comparativamente ai gruppi più deboli, i membri di gruppi di calcio più efficienti valutavano in maniera positiva il loro allenatore nelle dimensioni “addestramento ed istruzione„, “autocratique„, “appoggio sociale„ e “feed-back positivo„ rispetto ai compagni che facevano parte delle riserve. Sono state anche rilevate differenze in funzione della disciplina praticata. Infatti, comparativamente agli sportivi che praticano una disciplina individuale, i membri di gruppi di sport collettivo valutavano in maniera più positiva il loro allenatore nelle dimensioni “addestramento ed istruzione„, “autocratique„ e “feed-back positivo„ e meno positivamente nelle dimensioni “democratico„ e “appoggio sociale„ (Chelladurai & Saleh, 1978; Terry, 1984; Terry & Howe, 1984). Questi risultati dovrebbero essere rappresentativi di ciò che avviene realmente sul campo. Serpa (1995) considera, infatti, che una leadership più strutturata sembra opportuna quando i compiti sono multipli e che un'interdipendenza si imponga tra i membri del gruppo, cosa che sembra essere il caso in sport collettivo.

  34. le caratteristiche degli sportivi Tuttavia, non convengono con il raffronto dei comportamenti di direzione auto-valutati dagli allenatori in funzione del tipo di disciplina sportiva che inquadrano. Alexandris Tsormbatzoudis Grouios e Barkoukis (1999) infatti hanno rilevato che gli allenatori di gruppi di sport collettivi si attribuivano un migliore punteggio che i loro omologhi delle discipline individuali nelle dimensioni democratico e feed-back positivo. Quest'autori hanno attribuito questa differenza alle caratteristiche che distinguevano sport collettivi ed individuali, in particolare le abilità tattiche collettive e la differenziazione dei ruoli, cosa che tenderebbe a contraddire le considerazioni di Serpa (1995).

  35. le preferenze degli sportivi Molte ricerche hanno tentato di identificare gli stili d'interazione ed di leadership preferiti degli sportivi. I risultati hanno mostrato che gli allenatori e sportivi preferivano almeno tanto o maggiormente uno stile di leadership autocratico che democratico (Chelladurai & Arnott, 1985; Chelladurai, Haggerty & Baxter, 1989; Gordon 1986). Il raffronto di 95 atleti elite maschili e 65 atleti elite femminili che partecipano alle Universiadi del 1983 hanno lasciato prevedere che gli atleti maschili si adattassero meglio di uno stile di leadership autocratico che le sportive. Quest'ultimi sarebbero dal canto loro più interessati a partecipare alle prese di decisione che le riguardano (Chelladurai & Arnott, 1985; Chelladurai e Al, 1989; Chelladurai & Saleh, 1978). È sembrato che l'età non sembrava dovere modificare la percezione negativa degli sportivi riguardo al loro allenatore.

  36. Un secondo studio che riguarda sportivi più vecchi (16-17 anni) ha confermato quest'insoddisfazione generale dei giovani sportivi, che si traducono con risposte che indicano la loro volontà di beneficiare di un allenatore che dà prova di comportamenti più adeguati (Bortoli, Robazza & Giabardo, 1995). Questa costanza era stata già sottolineata da Terry (1984), che non aveva neppure rilevato differenze secondo la nazionalità degli sportivi. Infine, Erle (1981) ha messo in evidenza che una variabile situazionale come gli scopi organizzativi del gruppo esercitava un effetto significativo sui comportamenti di ledearship preferiti dai membri. Così, comparativamente ai loro omologhi che evolvono nell'ambito di gruppi interni, i membri di gruppi esterni (inter-colegi) di hockey preferivano ulteriori comportamenti di addestramento ed istruzione e appoggio sociale anzichè comportamenti di feed-back positivo e democratici.

  37. L’autopercezione dell’allenatore molti studi hanno tentato di confrontare le percezioni degli allenatori con quelle degli sportivi quanto ai comportamenti di leadership manifestati dai primi. La maggior parte fra esse (Alexandris e Al, 1999; Disturbisce, il 1994) mostra una tendenza dei capi ad attribuirsi dei punteggi d'auto-percezione più elevati e favorevoli di quelli valutati il loro da subordinati. Così, rispetto alle percezioni degli sportivi, gli allenatori interrogati da Horne e Carron (1985) si auto-valutavano più positivamente nelle dimensioni addestramento ed istruzione democratica, appoggio sociale e feed-back positivo ed allo stesso livello nella dimensione autocratica. Fonseca e Rocha (1995) hanno utilizzato una versione singolare della scala di leadership per raccogliere le percezioni di due allenatori di un gruppo nazionale junior di rugby quanto alle preferenze dei 30 giocatori (17-18 anni) che inquadravano. È sembrato che gli allenatori avevano una rappresentazione erronea dei comportamenti preferiti dai loro giocatori, considerando che quest'ultimi preferivano uno stile di leadership autocratico mentre era esattamente il contrario. Secondo Alexandris e Al (1999), il fatto che gli allenatori si ritengono per lo più democratici in modo che gli sportivi li considerano piuttosto autocratici dovrebbe incitare i primi a migliorare il dialogo con i secondi.

  38. La modifica dello stile della leadership dell’allenatore Missoum (1986) ha suggerito che la raccolta di informazioni da parte di un partecipante esterno dovesse permettere un ritorno (feed-back) sul gruppo. dal modo di leadership instaurata dall'allenatore con i suoi sportivi Tuttavia ha sottolineato che questo ritorno dell'informazione era direttamente dipendente: dalla sua capacità di trattare dell'informazione riguardante (capacità d'autoevaluazione, d'auto-comprensione) dalla sua personalità Quest'informazione potrebbe dunque, in alcune condizioni: favorire una presa di coscienza del tipo di funzionamento dell'allenatore; causare una riorganizzazione relazionale e modificare la forma di direzione istituita.

  39. Certamente, conoscere la rappresentazione o la soddisfazione degli sportivi in relazione ai comportamenti di direzione manifestati dal loro allenatore può presentare un certo interesse, in particolare quando si tratta di contribuire a spiegare il disinteresse o l'abbandono della pratica sportiva da parte di numerosi giovani all'età dell'adolescenza (Hultsman, 1993). (1) l'utilizzo esclusivo del questionario non costituisce necessariamente un impegno di validità dei dati raccolti (Ancelin-Schützenberger, abraham, Alves-Sanchez et Geoffroy, 1978). Si sa tuttavia che esistono molte ragioni che descrivono questo fenomeno e sorgono due principali problemi: (2) una riduzione importante è all'opera negli studi basati sulla teoria della direzione.

  40. Missoum (1983) denuncia un altro inconveniente principale dei questionari affermando che l'approccio per questionario resta troppo frammentario e superficiale ma soprattutto si limita alla valutazione degli aspetti coscienti. I fattori situazionali inoltre sarebbero ignorati, tanto nella teoria delle caratteristiche di direzione che nella teoria dei comportamenti di leadership. D'altra parte, secondo Saury e Durand (1995), isolare, per studiarli, ad esempio, gli stili di leadership, indipendentemente dagli elementi del contesto e dall'attività anche degli attori, appare un'importazione eccessiva e senza adeguamento nel settore dello sport, dei concetti e degli approcci della psicologia sociale, che contribuiscono a semplificare e spiegare modo schematico della relazione allenatore-giocatore.

  41. La presa di decisione dell’allenatore l'informazione diretta (tempo passato, vantaggio/svantaggio digitale, giocatori sul ghiaccio/sul banco) In hockey su ghiaccio, Trudel, Haughian e Gilbert (1996) hanno valutato a più del 70% la parte delle informazioni di terreno nei fattori che rientrano nelle decisioni prese in situazione di concorrenza dall'allenatore disinteressato di un gruppo di giovani. Quest'informazioni di terreno comprendevano due categorie: l'informazione indiretta (prestazione del gruppo di alcuni giocatori, decisioni prese nell'incontro, tempo d'utilizzo dei giocatori)

  42. D'altra parte, le conoscenze preliminari (conoscenza dei suoi giocatori, esperienza, regolamenti del gioco, ecc.) costituivano meno dal terzo fattori di cui l'allenatore teneva conto al momento di prendere le sue decisioni. In uno studio di caso realizzato in basketball, abbiamo tentato di identificare i fattori che inducevano due allenatori a scegliere il loro gruppo di base ed effettuare le sostituzioni (Cloes, Lenzen, Sikora et Piéron, 2001). Le motivazioni di queste decisioni sono anche stato oggetto della nostra interrogazione. Abbiamo constatato che se i due allenatori stabilissero generalmente il 5 di base (o quintetto di partenza), la loro scelta invece fosse influenzata da vari fattori. Così, l'allenatore del gruppo dilettante teneva soprattutto conto della presenza dei giocatori agli addestramenti mentre il suo collega che dirige un gruppo professionale era piuttosto guidato da aspetti psicologici.

  43. I risultati ottenuti nel quadro di questa ricerca hanno confermato la prevalenza delle informazioni di terreno, in particolare informazioni soggettive, nella presa di decisioni relative alle sostituzioni di giocatori. Infine, Cloes, Bavier e Piéron (2001) hanno proposto un modello che illustra le decisioni tattiche degli allenatori di sport collettivi. le decisioni pre-interattive che riguardano tutte le decisioni che l'allenatore è portato a prendere prima della riunione (piano di gioco, selezione del gruppo) Quest'ultimo comporta tre tappe successive: le decisioni interattive che l'allenatore prende nel corso dell'incontro (consegne, sostituzioni, tempi morti) le decisioni post-interattive che riflettono il passo riflessivo operato dall'allenatore al termine della riunione, conducendolo in particolare a portare modifiche al livello del gruppo in previsione delle scadenze seguenti. di verificare, alla fine di un incontro, se un allenatore fosse capace di ricordarsi le decisioni tattiche prese nel corso di quest'ultimo Si prefiggeva identificare i loro obiettivi e fattori incentivi.

  44. È stato rilevato anche che un elemento essenziale è stato riscontrato nei vari studi: la parte preponderante delle informazioni di terreno nella presa di decisione degli allenatori in occasione di concorrenze QUESTA CONSTATAZIONE SUSCITA MOLTE RIFLESSIONI Inizialmente, tende a confermare che sono maggiormente le circostanze sociali e materiali dei passi precedenti di pianificazione (o decisioni pre-interattive) che orientano l'azione dell'allenatore. Ciò è tanto più vero in situazione di concorrenza, dove il grado d'incertezza si rivela particolarmente elevato. Tuttavia non possiamo impedirsi di chiederci se i fattori incentivi citati dagli argomenti in occasione delle interviste di richiamo stimolato sono veramente quelli stessi che li hanno guidati nel loro processo di presa di decisione. Certamente, la tecnica del richiamo stimolato si basa sul postulato di un quasi-isomorfismo tra il verbalisations causate ed i processi mentali studiati

  45. Molte ricerche sono state condotte per aiutare gli allenatori nel loro processo decisionale. Spalanzini e Martel (1995) hanno utilizzato quattro tecniche di prelievo per raccogliere informazioni atte ad aiutare un allenatore di hockey su ghiaccio a formulare aspettative realistiche verso i suoi giocatori ed a comprendere meglio le relazioni interpersonali verso i giocatori. prestazione generale in hockey un questionario che mira a determinare le sue attese verso i giocatori del gruppo, espresse in termini di: di relazione con i compagni di squadra Si trattava di: di comportamenti sociali e di atteggiamenti durante l'addestramento di sforzi fatti durante gli addestramenti e gli incontri ,,,, di capacità di ragionare e comprendere le spiegazioni un questionario sociometrico (sociogramma), completato dai giocatori, per precisare la natura delle relazioni sviluppate nell'ambito del gruppo un questionario, diretto ai giocatori, riguardante le loro attese rispetto ad essi stessi e la loro percezione delle attese avere un colloquio dall'allenatore a loro riguardo

  46. Questa raccolta di dati abbastanza esauriente si accompagnava ad una strategia di controllo pedagogico che mira a presentare all'allenatore i diversi strumenti utilizzati, analizzare con lui le informazioni raccolte e sfruttarle a profitto del miglioramento della cornice offerta ai giocatori. La ricerca-azione è condotta da un attore (allenatore) su una pratica alla quale è mescolato, o alla quale si mescola. produzione di conoscenze Troppo spesso criticata per la sua non scientificità, questo passo persegue congiuntamente due obiettivi: cambiamento della realtà con l'azione

  47. - Alcuni giocatori desideravano una migliore comunicazione e degli incoraggiamenti più frequenti ed un trattamento più equo Questa tecnica permise all’allenatore di capire che: - il gruppo era composto da due gruppi completamente distinti, più tre giocatori isolati - l'imposizione del capitano nei confronti dei giocatori isolati - La figura dell'allenatore che era mal percepita dai giocatori isolati giocatori

  48. A seguito di questa constatazione, molti piani di azioni sono stati proposti, fra i quali appaiono: l'installazione di attività sociali con il gruppo l'organizzazione di una riunione dell'allenatore con il gruppo per ricordare i suo obiettivi e precisare le sue attese per la stagione l'instaurazione di riunioni individuali tra l'allenatore ed i giocatori per scambiare le loro idee a proposito delle loro attese reciproche e dei loro ruoli rispettivi come membri del gruppo la pianificazione di riunioni individuali con alcuni giocatori per comunicare loro un feed-back

  49. Pensieri dettati dalla teoria Molti universitari hanno sottolineato l'interesse di applicare i principi della psicologia umanista a chi vuole un'alternativa allo stile di coaching tradizionalmente dedicato al miglioramento delle prestazioni ed all'accumulo di vittorie e di trofei. Secondo Lombardo (1987), lo sport ha un ruolo di socializzazione a giocare. Affinché prepari al massimo gli individui da affrontare le esperienze della vita corrente, lo sport deve sviluppare il lato humaniste della personalità (creatività, immaginazione, pianificazione, iniziativa) anziché favorire i comportamenti come risposta meccanica, conformismo, obbedienza, ecc.

  50. Pensieri dettati dalla pratica In una relazione che prevedeva le relazioni nell'ambito dell'istituzione sportiva, l'allenatore di calcio Fernandez (1986) denunciava il fatto che quando un conflitto si creava tra agli allenatori o ai dirigenti, gli sportivi avevano soltanto due possibilità: sottoporsi o andare via. Raccomandava di conseguenza di aumentare la rappresentatività degli sportivi nell'ambito degli organi decisionali delle associazioni sportive. Lo specialista tedesco di 400 m Karl Honz (1984) rivendicava da parte sua il diritto degli atleti alla decisione, anche se risulta a volte in errori dovuti alla mancanza d'esperienza. Secondo questo vecchio campione, l'autonomia di che pratica costituisce il pilastro degli sport individuali. Spetta all'atleta decidere in ultima analisi, affinché possa assumere interamente il suo successo o il suo fallimento.

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