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Lo stoicismo

Lo stoicismo. L’antica stoà di Zenone, Cleante e Crisippo. Zenone di Cizio (333/2-264/3) Cleante di Asso (304-232) Crisippo di Soli (281/77-208/4).

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Lo stoicismo

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Presentation Transcript


  1. Lo stoicismo L’antica stoà di Zenone, Cleante e Crisippo

  2. Zenone di Cizio (333/2-264/3)Cleante di Asso (304-232)Crisippo di Soli (281/77-208/4) • Sono i fondatori della scuola filosofica che prende il nome dal Portico (Stoà in greco) dove si riuniva Zenone con i suoi seguaci per approfondire i temi più esistenzialmente importanti della filosofia. • I tre iniziatori dello stoicismo daranno vita ad una delle più feconde scuole filosofiche della tarda antichità, che si estenderà ben oltre la fine del periodo ellenistico e caratterizzerà anche una cospicua parte della riflessione romana.

  3. Antica, media e nuova Stoà • La vitalità nel tempo della scuola stoica ci permette di costruire la seguente periodizzazione. • Antica Stoà: Zenone, Cleante e Crisippo; sono gli iniziatori della corrente filosofica, scrivono in greco, anche se gran parte della loro opera è andata perduta (le principali testimonianze del loro pensiero ci sono date da Crisippo); • Media Stoà: Panezio (Rodi, ca 185 a.C. – ca 109 a.C.), Posidonio (Apamea, 135 a.C. circa – Roma, 50 a.C.) ; scrivono in greco, attingendo anche da fonti filosofiche estranee allo stoicismo allo scopo di mitigarne alcune asperità; aggiungono alla tradizionale sapienza stoica importanti e cospicui approfondimenti scientifici e storico-geografici; • Nuova Stoà: Seneca (Cordoba, 21 maggio 4 a.C. – Roma, 65) , Epitteto (Ierapoli, 50 – Nicopoli d'Epiro, 120) , Marco Aurelio (Roma, 26 aprile 121 – Vindobona, 17 marzo 180) ; è la recezione dello stoicismo in Roma da parte di filosofi che, pur non brillando per originalità, ci offrono esempi di come la filosofia stoica si prestasse ad essere vissuta all’interno dell’ethos romano, e ce ne danno anche interessanti e acute interpretazioni. • In questa fase ci occupiamo principalmente delle teorie fondative dello stoicismo, elaborate dall’antica stoà.

  4. Lo stoicismo come filosofia ellenistica • Lo stoicismo condivide con le altre filosofie dell’ellenismo ed in particolare con l’epicureismo • Il primato dell’etica e la concezione della filosofia come esercizio spirituale finalizzato a curare l’anima; • Il rifiuto della trascendenza (materialismo); • La partizione della filosofia in logica, fisica ed etica Rispetto all’epicureismo, gli stoici non concordano con l’identificazione di bene e piacere e con l’atomismo fisico.

  5. La partizione della filosofia • Gli stoici adottano per spiegare come vada in generale concepita la ricerca filosofica, la seguente immagine: La filosofia è come un giardino cintato in cui a) le mura di cinta corrispondono alla logica, infatti la logica permette di difendere l’argomentazione filosofica, mediante discorsi più forti e convincenti dal punto di vista razionale; b) gli alberi sono la fisica, la ricerca sulla realtà è ciò che può crescere rigogliosamente dentro il giardino del ragionamento corretto e produrre frutti sani; c) i frutti sono l’etica, come infatti l’opera dell’albero è quella di fornire frutti commestibili e godibili dall’uomo, allo stesso modo l’etica è il fine della produzione filosofica, che è orientata a indicare all’uomo la strada per vivere degnamente in questa vita, comportandosi secondo giustizia. Dunque, come anche nella riflessione epicurea, le parti più teoretiche della filosofia sono concepite come introduzioni e sostegni alla sua dimensione più autentica e importante, quella etico-pratica.

  6. LOGICA • Oggetto della logica sono i DISCORSI (logoi), scopo è determinare i criteri di verità di ciò che noi diciamo attorno alla realtà rispondendo alla seguente domanda: QUANDO POSSIAMO ESSERE CERTI CHE IL NOSTRO DISCORSO ATTORNO A QUALSIASI OGGETTO REALE SIA VERO?

  7. Innanzitutto serve una DOTTRINA DELLA CONOSCENZA • La prima parte della logica è dedicata alla dottrina della conoscenza che cerca di spiegare come in generale noi veniamo a conoscenza di qualche oggetto della realtà (successivamente ci si dedicherà ad analizzare le condizioni del ragionamento corretto attorno agli oggetti in questione).

  8. SENSAZIONE • Ogni conoscenza nasce dalla sensazione cioè dai dati che attorno agli oggetti ci forniscono i nostri cinque sensi. • Questi dati noi possiamo raccoglierli grazie al fatto che gli oggetti esterni COLPENDO i nostri sensi producono delle IMPRESSIONI. • Attraverso il corpo, esse vengono TRASMESSE alla nostra mente o anima.

  9. RAPPRESENTAZIONE • Così l’anima elabora delle immagini o rappresentazioni dei corpi che hanno colpito e impressionato i sensi. A seconda della maggiore o minore EVIDENZA della rappresentazione l’anima darà o negherà il suo assenso alla rappresentazione, accettandola come vera o rifiutandola come falsa.

  10. CLIC!rappresentazione CATALETTICA • Dobbiamo pensare all’uomo che conosce un oggetto come ad una sorta di macchina fotografica in cui l’obiettivo sono i sensi, i quali vengono impressionati dalla luce, e la fotografia è l’immagine o rappresentazione della mente. Se la fotografia è venuta bene, la mente dà il suo assenso (dice: “Ok, ciò che vedo è vero!”), altrimenti, se la fotografia, per esempio è sfocata lo nega. • La rappresentazione accolta diventa rappresentazione CATALETTICA o comprendente, cioè conoscenza certa.

  11. Prolessi • L’accumularsi delle rappresentazioni genera le PROLESSI. Essi sono concetti in base ai quali ANTICIPIAMO una realtà prima di averla effettivamente conosciuta, proprio grazie al fatto che abbiamo potuto precedentemente conoscere l’oggetto. • P.es.: io vedo Tizio una, due, tre volte, dunque lo conosco e me ne faccio un concetto, un’immagine mentale. Quando Caio mi parla di Tizio io posso rappresentarmelo senza che Tizio sia lì presente e poi riconoscerlo quando egli effettivamente giunge in mia presenza.

  12. La logica • Con la prolessi abbiamo visto la formazione dei concetti, ora cerchiamo di vedere come i concetti vadano “gestiti” nel ragionamento. Per gli stoici l’unità minima del discorso, dotata di significato, non è il termine, ma il giudizio, ossia la proposizione. Infatti il lékton, ossia il significato, ciò che è espresso, appare completo solo in una proposizione “completa” di soggetto e predicato (per es. non “cammina”, ma “Socrate cammina”). Tra le proposizioni, quelle che interessano alla logica sono solo quelle dichiarative, cioè quelle che possono essere dette vere o false.

  13. Il lékton incorporeo • Il lékton incorporeo, cioè il significato, è una realtà intermedia tra due “corpi”, le parole pronunciate, e gli oggetti indicati. • Il significato si trova ad essere in qualche modo indipendente, in quanto collocato nel pensiero, sia dalla parola pronunciata o scritta (infatti esistono varie lingue), sia dagli oggetti esterni, infatti le parole mantengono il loro significato a prescindere dall’esistenza degli oggetti che nominano. • Dunque a differenza da ciò che pensavano Platone e Aristotele, il significato non dipende da un éidos o da un essenza realmente esistente al di fuori del pensiero umano.

  14. Teoria del significato e validità conoscitiva della logica • Se il significato ha un’esistenza propria nel pensiero a prescindere da ciò che esso nomina e dallo strumento della sua espressione, la logica appare poco legata con la realtà e il suo valore conoscitivo inevitabilmente diminuisce. • Ciò è vero anche se poi gli stoici nell’analisi dei ragionamenti intendono istituire delle condizioni di verità dei giudizi, attraverso la loro corrispondenza a rappresentazioni catalettiche.

  15. I giudizi veri e la forma del vero ragionamento La logica stoica parte dai elementi primi del discorso significativo, cioè i lékta completi ossia le proposizioni, stabilendo alcune regole per la loro connessione in modo che essa risulti valida, cioè corretta dal punto di vista formale. Gli stoici si concentrarono sulla connessione ipotetica e disgiuntiva delle proposizioni, indicandola come la forma più universale di inferenza su cui poter esprimere una valutazione di validità e di verità.

  16. I 5 anapodittici • Vi sono 5 modelli di ragionamento vero, cioè di sillogismo valido, che sono tali in modo intuitivamente evidente Sill. Ip.: 1)Modus ponens: Sa A allora B, ma A allora B 2)Modus tollens: Se A allora B, ma non B allora non A 3)A e B non sono veri nello stesso tempo, ma A allora non B Sill disg.: 1) O A o B, ma A allora non B 2) O A o B, ma non B allora A Questi schemi ci riferiscono la forma dell’inferenza valida, ossia ci danno il criterio di validità dei sillogismi, mentre la proposizione che segue “ma” (che noi diciamo premessa minore), ci restituisce, se corrispondente ad una rappresentazione catalettica, il loro criterio di verità.

  17. La fisica • Dopo avere indicato le modalità di conoscenza della realtà e le forme corrette di ragionamento, gli stoici procedettero ad una ricerca sulle questioni ontologiche più importanti e sulle caratteristiche fondamentali del reale. Questi temi sono oggetto della fisica.

  18. Essere • Per gli stoici ESSERE è “tutto ciò che ha capacità di agire o patire” (PLATONE). • Ma tale capacità compete solo ai corpi. • Dunque l’essere è corpo.

  19. I corpi • Nei corpi è presente un principio PASSIVO corrispondente ad una sorta di materia inerte; • ed un principio ATTIVO che è causa della conformazione che di volta in volta il corpo prende e della sua struttura ordinata e complessa.

  20. Immanenza del principio attivo • Il principio attivo è un essere corporeo chiamato FUOCO ARTEFICE o PNEUMA e penetra all’interno della materia costituendone un principio immanente di ordine e razionalità (i corpi sono divisibili all’infinito e reciprocamente penetrabili).

  21. Rationes seminales • Il fuoco artefice o pneuma è una sorta di seme fondamentale da cui nascono tutte le cose. • Tale seme esplica la sua forza generativa, manifestandosi in una miriade di singole forze generative che sono i semi di tutte le singole cose, cioè delle specie di idee platoniche ma aventi caratteri corporei.

  22. Materialismo, finalismo, panteismo • Questa insistenza sul carattere corporeo della realtà fa dello stoicismo una filosofia materialista. • I corpi tuttavia sono posti in una relazione finalistica, cioè pensata secondo l’ordine maggiormente razionale in cui ogni singola parte è finalizzata allo sviluppo e all’armonia dell’intero. • Il fatto che la materia dei corpi sia penetrata da un principio attivo, vivificante e razionale (logos-pneuma-fuoco) e che tale principio sia chiamato dagli stoici con il nome di “Dio”, conferisce alla loro impostazione un carattere panteistico.

  23. Ordine cosmico… • Il fuoco artefice o pneuma o logos è ciò che, penetrando la materia, le conferisce un ordine e una struttura razionale. • Tutto lo spazio occupato da corpi nel nostro universo è dunque uno spazio ordinato e organizzato.

  24. …e destino • Ma, grazie al logos onnipresente, un ordine esiste non solo nella STRUTTURA SPAZIALE del cosmo, ma anche nel suo SVILUPPO TEMPORALE. • Tale ordine temporale prende il nome di DESTINO, in forza del quale tutti gli eventi sono DETERMINATI.

  25. Il grande anno o EONE • Lo sviluppo del cosmo avviene secondo tappe prestabilite in un grande ciclo vitale che gli stoici chiamano grande anno o eone. • Le tappe del grande anno sono le seguenti: • L’inizio del ciclo e la nascita del cosmo; • La sua vita; • La sua conflagrazione finale o ekpyrosis in cui tutto si consuma in un gigantesco fuoco purificatore; • La sua nuova nascita o palingenesis in cui tutto rinasce; • La sua ricostituzione o apocatastasis secondo il medesimo ordine di tutti i precedenti cicli.

  26. Una visione ciclica della storia • La storia è vista dagli stoici come un ripetersi continuo e necessario, cioè destinale, di eventi. Tali eventi non possono discostarsi dal piano del logos, cioè sono necessariamente concatenati come lo è un ragionamento logico, dunque sono destinati sempre a ripetersi nella medesima maniera. Ogni accadimento è destinato a tornare infinite volte perché infiniti sono i cicli in cui l’universo nasce, vive e muore. • La storia non è una linea che va da un inizio ad una fine • Ma un cerchio • In cui tutto ritorna su se stesso. α ω

  27. L’uomo • Come si inserisce l’uomo in questo contesto? • Egli è quella parte del cosmo in cui, in modo più completo, si manifesta il logos divino. • Quindi il cosmo intero è finalizzato a… e centrato sull’uomo: ANTROPOCENTRISMO.

  28. L’anima • L’anima umana è un frammento dell’anima cosmica. • Così come il fuoco-pneuma-logos penetra ogni oggetto del cosmo, • allo stesso modo l’anima umana pervade ogni fibra dell’organismo.

  29. Le otto parti dell’anima • L’anima si suddivide in otto parti con differenti funzioni: • le prime cinque parti sono corrispondenti ai cinque sensi, • vi è una parte dell’anima deputata al linguaggio, • una alla generazione … …e infine L’EGEMONICO Che riguarda la ragione e le funzioni superiori cioè 1)l’assentire - rappresentazione 2)l’appetire - volontà 3)il ragionare – intelletto.

  30. L’anima sopravvive al corpo? • Alcuni stoici affermano che l’anima degli stolti sopravvive al corpo solo per breve tempo, mentre quella dei saggi fino alla successiva conflagrazione; altri sostengono che tutte le anime sono destinate ad una breve sopravvivenza.

  31. L’uomo è libero? • Se vi è un dovere, l’uomo deve essere libero. La causa perfetta del suo volere, dice Crisippo, è la sua volontà, mentre le cause esterne sono semplicemente condizioni. Per es. Quando un cilindro rotola, la condizione che lo fa rotolare è che qualcuno o qualcosa l’abbia spinto, mentre la causa perfetta del suo rotolare è la sua natura cilindrica. Ciò vale anche per l’agire umano, la cui causa perfetta va ritrovata appunto nella volontà, che dunque appare essere autonoma rispetto alle catene causali del cosmo.

  32. Preservare la libertà • Questo tentativo di preservare la libertà, attribuendo alla volontà la vera ragione dell’agire umano, che così si sottrarrebbe alla rigida connessione delle condizioni esterne (cioè del fato-destino), è destinata a spostare solamente il problema. • Infatti anche la volontà, in quanto parte dell’anima e sua facoltà, se è reale, deve essere inserita nella concatenazione delle cause che costituisce tutta la realtà.

  33. L’unica libertà • In realtà l’unica libertà che gli stoici concedono all’uomo è quella di conformarsi al destino: Ducunt volentem fata nolentem trahunt (Seneca che liberamente traduce Cleante, Ep. 107,10) anche se, a rigore, per conformarsi al destino, bisogna mantenere una certa libertà e autonomia del volere (infatti il dovere di conformarsi al destino, comporta anche la possibilità di non farlo). Insomma per gli stoici, che in ogni momento ribadiscono l’universale cogenza della NECESSITÀ, mantenere una possibilità di decisione, seppur limitata all’anima umana e alla sua ragione e seppur limitata alla possibilità di assenso ad un destino già deciso, appare comunque fonte di contraddizione.

  34. L’ETICA stoica • Il tema della libertà ci introduce a quello che rimane l’interesse principale degli stoici, cioè l’etica, disciplina che studia il comportamento umano con il fine di poterne fornire una valutazione in termini di bene o male, di giusto o ingiusto, cercando il fine ultimo della vita umana su questa terra, cioè la sua più completa realizzazione.

  35. Il fine • Fine dell’uomo è il raggiungimento della FELICITÀ in questa vita. Tale fine si raggiunge VIVENDO SECONDO NATURA.

  36. La oikéiosis • Il primo livello, quello diremmo animale, del “vivere secondo natura” è relativo alla oikéiosis (appropriazione). • Si tratta di favorire quello che è una sorta di istinto di autoconservazione che appartiene ad ogni vivente e che induce tutti ad APPROPRIARSI DI CIÒ CHE FAVORISCE IL PROPRIO ESSERE E A FUGGIRE CIÒ CHE LO DANNEGGIA.

  37. Bene e male nell’oikeiosis • Nella logica dell’oikeiosis bene è ciò che ci conserva, male è ciò che ci danneggia. • Già in questa fase si nota una presa di distanza dalle conclusioni epicuree: il piacere è assolutamente ininfluente quale fine e oggetto di valutazione dei comportamenti naturali. I viventi non cercano il piacere (che è appunto accidentale) bensì la conservazione di se stessi.

  38. Etica e umanità • L’uomo però è chiamato a superare la fase dell’oikeiosis, poiché è caratterizzato dal pieno possesso del logos. • Se il logos, e non il semplice essere al mondo, è ciò che va incrementato e supportato in quanto elemento distintivo e costitutivo della dignità dell’umano, BENE sarà ciò che incrementa il logos, MALE ciò che vi si oppone.

  39. Le passioni contro il logos • Le passioni sono propriamente il male e la malattia dell’uomo. • Esse non sono naturali. • Sono dovute ad errori nel giudizio, cioè a cadute dell’anima umana nell’ opinione comune e affrettata e nell’irrazionalità. • Il tutto a causa di “leggerezza”: “I perturbamenti non sono suscitati da alcuna forza della natura e sono tutti opinioni e giudizi di leggerezza” (Cicerone, De finibus, III, 35); “… gli stoici li chiamano malattie, non ingenite per natura, ma prese per opinione perversa” (Lattanzio, Divinae Institutiones, VI, 14).

  40. Bene, logos e virtù • L’estirpazione delle passioni deve essere lo scopo dell’agire morale in vista dell’incremento del logos. • L’ APATIA (assenza di passioni), si ottiene facendo della ragione la regola e misura di ogni appetito, cosa che ci permette di conseguire la virtù. • La virtù fondamentale è eminentemente “logica” cioè si identifica con la sapienza. • Essa viene poi declinata secondo uno schema diventato ormai tradizionale: prudenza, fortezza, giustizia, temperanza (le cosiddette virtù cardinali).

  41. Gli INDIFFERENTI • Di fronte al bene supremo del LOGOS, le cose che giovano al corpo e alla sua natura animale sono “retrocessi” al rango di INDIFFERENTI cioè né bene, né male (morte e vita, salute e malattia, ricchezza e povertà, fama e disonore).

  42. Indifferenti che giovano e no Delle cose indifferenti, alcune gli stoici (in particolare Crisippo) dicono preferibili, altre reiette: preferibili quelle che hanno un valore, cioè possono, se usate bene, concorrere all’armonia della vita (fra le cose spirituali: ingegno, arte; fra quelle corporee: salute, forza etc; fra le esteriori: ricchezza, fama etc.); reiette quelle che rappresentano comunque un disvalore (ottusità o malattia o povertà etc.).

  43. Azioni convenienti o doverose Se un individuo persegue gli indifferenti che giovano, le sue azioni possono essere definite CONVENIENTI o DOVEROSE. Esse sono, tra i preferibili, quegli atti che appaiono essere più conformi a natura (onorare i genitori i fratelli, la patria, perseguire l’amicizia etc.). La dottrina delle azioni convenienti o doverose nasce con il fine di elaborare una morale per i più, per i non saggi, che di per sé non possono compiere nulla di veramente buono e le cui azioni tuttavia vanno discriminate.

  44. Le azioni del saggio • Le azioni del saggio saranno invece le azioni rette che perseguono il bene e la virtù (prudenza, giustizia etc.). Esse non sono esternamente diverse dalle azioni convenienti ma se ne differenziano per lo spirito con cui sono compiute, uno spirito di consapevole adesione al logos universale. La perfezione morale non sta dunque in quello che si fa ma in COME lo si fa. • La morale stoica si caratterizza quindi per essere una morale dell’intenzione e dell’interiorità consapevole.

  45. Il fine delle azioni rispetto al logos • L’errore e l’irrazionalità delle azioni sbagliate sta nell’isolamento del fine particolare, perseguito dal soggetto agente, dall’universale, “mentre il saggio deve guardar sempre le cose non nella particolarità loro, ma nell’ordine e nell’armonia dell’universo” (R. Mondolfo, Il pensiero stoico ed epicureo, NuovaItalia, firenze, 1957, p. 42).

  46. Il suicidio stoico • Quando le circostanze impediscono l’esercizio della virtù, il saggio può decidere di rinunciare a quell’indifferente che è la vita suicidandosi.

  47. LA POLITICA • L’uomo è per natura un essere sociale: “Poiché nessuno vuole condurre la vita nella più deserta solitudine, neppure con infinita abbondanza di piaceri, è facile intendere che noi siamo nati per la congiunzione ed associazione degli uomini e per la naturale comunità” (Cicerone, De finibus, 20, 65-67).

  48. cosmopolitismo • L’ oikéiosis si estende oltre l’individuo fino a coinvolgere, la famiglia, la comunità, lo Stato e l’intero genere umano. Ciò fa della politica stoica una politica a carattere cosmopolitico in cui l’ordine della società umana deve rispecchiare la razionalità del cosmo intero: “L’uomo che si conforma alla legge è francamente cittadino del mondo (cosmopolita) e dirige le azioni secondo il volere della natura, conformemente alla quale tutto quanto il mondo si governa” (Filone, De opificio mundi, III).

  49. Legge naturale • L’ordine della società va fondato sulla legge naturale che è di per sé superiore alla legge positiva. • Cioè vi è una legge cosmica un logos universale che è criterio e punto di riferimento di ogni legge creata dagli uomini per dare un ordine alle loro comunità.

  50. L’ideale del saggio • Il saggio stoico è il perno del mondo, è l’interprete presso gli uomini del logos universale e divino, sul quale ogni legge umana va commisurata. Egli è impassibile e imperturbabile, è insensibile alle lusinghe del piacere e alle preghiere degli altri, non si piega di fronte a nessun evento esterno e obbedisce solo alla legge interiore del logos che è la sua dimensione propriamente divina. Pur acquisendo in questo modo un carattere freddo e forse disumano, egli è lì a sottolineare l’esigenza di razionalità connessa ad ogni etica che voglia essere stabile e non dipendere da sentimenti ed emozioni effimere. Egli vuole così essere artefice di un’umanità rocciosa e virile, anche se nasconde in fondo a tale voglia di granitica serenità uno sfondo di vuoto, un sorta di disperazione del senso ultimo delle cose, che non può ritrovarsi in un cosmo in cui tutto ha il suo posto, ma la cui ragione di fondo non può essere espressa da una razionalità che divinizza il finito, la materia e l’immanenza.

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