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RIFIUTI (parte generale)

RIFIUTI (parte generale). avv. Federico Peres Professore a contratto di Diritto dell’ambiente Università di Padova – Facoltà di Ingegneria, Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente B&P Avvocati Milano – Verona www.buttiandpartners.com federico.peres@buttiandpartners.com.

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  1. RIFIUTI(parte generale) avv. Federico Peres Professore a contratto di Diritto dell’ambiente Università di Padova – Facoltà di Ingegneria, Dipartimento di Ingegneria dell’Ambiente B&P Avvocati Milano – Verona www.buttiandpartners.com federico.peres@buttiandpartners.com

  2. DIRETTIVA 2008/98/CE e recepimento in Italia

  3. RIFIUTI (PARTE GENERALE) DIRETTIVA 2008/98/CE «relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive» Pubblicata in G.U. Unione Europea 22.11.08 L 312/3: con effetto dal 12.12.2010 ha abrogato le Direttive 75/439/CEE (concernente l'eliminazione degli oli usati), 91/689/CEE (relativa ai rifiuti pericolosi) e 2006/12/CEDirettive (relativa ai rifiuti). Destinatari del provvedimento sono solo gli Stati membri. Considerando (8): «È pertanto necessario procedere a una revisione della direttiva 2006/12/CE per precisare alcuni concetti basilari come le definizioni di rifiuto, recupero e smaltimento, per rafforzare le misure da adottareper la prevenzione dei rifiuti, per introdurre un approccio che tenga conto dell’intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali, non soltanto della fase in cui diventano rifiuti, e per concentrare l’attenzione sulla riduzione degli impatti ambientali connessi alla produzione e alla gestione dei rifiuti, rafforzando in tal modo il valore economico di questi ultimi. Inoltre, si dovrebbe favorire il recuperodei rifiuti e l’utilizzazione dei materiali di recupero per preservare le risorse naturali … »

  4. RIFIUTI (PARTE GENERALE) DIRETTIVA 2008/98/CE Principali novità rispetto al quadro normativo comunitario previgente: nozione di RIFIUTO: «qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi»; viene eliminato l’ulteriore requisito previsto in precedenza («che rientri nelle categorie riportate nell'allegato I» della Direttiva 2006/12/CE); introduzione delle nozioni di SOTTOPRODOTTO (art. 5) e di END OF WASTE (art. 6) che sanciscono l’abbandono dell’approccio comunitario secondo cui «tutto è rifiuto»; Introduzione della c.d. GERARCHIA DEI RIFIUTI (art. 4) che individua l’ordine di priorità con cui devono intervenire le normative e le politiche nazionali in materia di prevenzione e gestione dei rifiuti;

  5. RIFIUTI (PARTE GENERALE) DIRETTIVA 2008/98/CE Introduzione della c.d. RESPONSABILITA’ ESTESA DEL PRODUTTORE del bene (art. 8) con la quale si rafforza il principio secondo cui il produttore del bene deve partecipare ai costi di gestione del successivo rifiuto La Direttiva 2008/98/CE è stata recepita in ITALIA dal d.lg. n. 205/2010 che ha modificato il d.lg. n. 152/2006 (TESTO UNICO AMBIENTALE: «la parte quarta del presente decreto disciplina la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati, anche in attuazione delle direttive comunitarie, in particolare della direttiva 2008/98/CE, … » ).

  6. PRINCIPI DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI

  7. RIFIUTI (PARTE GENERALE) PRINCIPI DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI ART. 178 d.lg. n. 152/2006 come modificato dal d.lg. n. 205/2010 «La gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di sostenibilità, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell’utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nonché del principio chi inquina paga. A tale fine la gestione dei rifiuti è effettuata secondo criteri di efficacia, efficienza, economicità, trasparenza, fattibilità tecnica ed economica, nonché nel rispetto delle norme vigenti in materia di partecipazione e di accesso alle informazioni ambientali». Si tratta di principi di derivazione comunitaria richiamati anche dalla Direttiva 2008/98/CE.

  8. RIFIUTI (PARTE GENERALE) P. DI PRECAUZIONE: si applica quando il rischio che si vuole evitare non è scientificamente provato ma risulta comunque probabile («bettersafethansorry»); P. DI PREVENZIONE: si applica quando il rischio che si vuole evitare è scientificamente provato. P. DI PROPORZIONALITA’: «Il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa impone un’indagine c.d. “trifasica”, che passa attraverso l’accertamento della necessità della misura, della sua idoneità allo scopo da raggiungere e della stretta proporzionalità della misura applicata con il fine da raggiungere; per cui in applicazione di tale principio deve essere preferita “la misura più mite” che consenta di raggiungere lo scopo perseguito dalla norma. … (cfr. sul punto, da ultimo, Cons. St., sez. IV, 4 aprile 2012, n. 1993)” (TAR Abruzzo, 3 ottobre 2012, n. 403)

  9. RIFIUTI (PARTE GENERALE) PRINCIPI DELLA GESTIONE DEI RIFIUTI ART. 182 bis d.lg. n. 152/2006 Inserito dal d.lg. n. 205/2010 Principi di autosufficienza e prossimità Lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati sono attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di: a) realizzare l’autosufficienzanello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali; b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti; c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica. …

  10. LA GERARCHIA DEI RIFIUTI

  11. RIFIUTI (PARTE GENERALE) LA GERARCHIA DEI RIFIUTI ART. 179 d.lg. n. 152/2006 come modificato dal d.lg. n. 205/2010 «La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento. La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto degli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica». [cfr. art. 4 della Direttiva]

  12. RIFIUTI (PARTE GENERALE) PREVENZIONE: misure che intervengono sui prodotti; non è attività di trattamento rifiuti; PREPARAZIONE PER IL RIUTILIZZO: operazioni di controllo, pulizia, smontaggio, riparazione attraverso cui prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento; RICICLAGGIO: operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini; NON include il recupero di energia; ALTRE FORME DI RECUPERO: ad es. la produzione di energia; SMALTIMENTO

  13. RIFIUTI (PARTE GENERALE)

  14. RIFIUTO , SOTTOPRODOTTO, END OF WASTE

  15. RIFIUTI (PARTE GENERALE) RIFIUTO ART. 183 d.lg. n. 152/2006 «a) “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi; … » Nozione che, sin dall’inizio, ha dato luogo a notevoli problemi interpretativi anche a causa del succedersi di orientamenti giurisprudenziali (in primis comunitari e poi anche nazionali) talvolta estremamente rigorosi («tutto è rifiuto»), altre volte maggiormente favorevoli a circoscrivere la casistica di ciò che è rifiuto. In ITALIA, nozione introdotta per la prima volta dal d.lg. n. 22/1997 sulla quale, pochi mesi dopo, interviene la Circolare 28.06.1998 del Ministero dell’Ambiente (chiarimenti interpretativi in materia di definizione di rifiuto) a mente della quale:

  16. RIFIUTI (PARTE GENERALE) «Per qualificare "rifiuto" una sostanza, un materiale o, più in generale, un bene risulta determinante il comportamento che il soggetto tiene o è obbligato a tenere o intende tenere. Rileva, cioè, che il soggetto "detentore" «si disfi» o «abbia intenzione di disfarsi» oppure sia «obbligato», in forza di una disposizione di legge o di un provvedimento dell’autorità amministrativa, «a disfarsi» di qualche cosa. In secondo luogo, con il termine «disfarsi» il legislatore comunitario intende qualificare la destinazione, potenziale o in atto o obbligata, di un materiale, di una sostanza o di un oggetto alle operazioni di smaltimento o di recupero indicate negli allegati B e C al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Si tratta, peraltro, di una elencazione puramente esemplificativa: le operazioni di smaltimento e di recupero sono individuate così come avvengono nella pratica, come categorie generiche di attività che comprendono, rispettivamente, tutte le operazioni finalizzate all’eliminazione definitiva di un rifiuto e tutte le operazioni di trattamento necessarie per ottenere una materia prima seconda, una materia prima o un prodotto, nonché quelle a esse preliminari. Ciò premesso, sul concreto piano operativo l’accertamento del fatto, dell’obbligo o dell’intenzione di disfarsi si configura nei modi seguenti: a) un soggetto «si disfa» di qualche cosa quando è in atto o è stata effettuata un’attività di smaltimento o di recupero. In tal caso, la qualificazione di un materiale, di una sostanza o di un oggetto come rifiuto emerge dal fatto stesso dell’effettuazione, in atto o passata, di un’operazione di recupero o di smaltimento;

  17. RIFIUTI (PARTE GENERALE) «b) ricorre, invece, l’obbligodi disfarsi quando la destinazione di un materiale, di una sostanza o di un oggetto allo smaltimento o al recupero, nel senso sopra precisato, è imposta direttamente dalla legge (si pensi ad esempio agli oli usati e alle batterie esauste) o da un provvedimento dell’autorità (ad esempio una ordinanza con la quale la P.A. impone a un determinato soggetto l’obbligo di smaltire determinate sostanze o materiali) o deriva dalla stessa natura del materiale considerato, che non è idoneo alla sua funzione originaria e può, eventualmente, essere impiegato in un ciclo produttivo previo trattamento; c) più delicato è invece accertare se un soggetto abbia intenzione di disfarsi di qualche cosa. In questo caso, infatti, vengono in questione tutti i materiali, le sostanze o gli oggetti che sono ancora idonei alla loro funzione originaria o possono essere utilizzati direttamente in altri cicli di produzione o di consumo senza dover essere sottoposti ad alcun trattamento e diventano rifiuti per una precisa scelta del detentore. In altri termini, è il detentore che decide di avviare allo smaltimento un bene anziché continuare a utilizzarlo per la sua funzione originaria oppure che decide di avviare a smaltimento o recupero una sostanza che potrebbe, invece, essere utilizzata direttamente come materia prima senza alcun previo trattamento. L’intenzione di destinare un materiale, una sostanza o un oggetto ad attività di smaltimento o di recupero … dovrà trovare espressione in fatti oggettivi. È, pertanto, richiesta una ragionevole valutazione caso per caso in applicazione della generale disciplina dei rifiuti e dei principi indicati dalle sentenze della Corte di giustizia, comunque vincolanti per l’ordinamento italiano. … ».

  18. RIFIUTI (PARTE GENERALE) Successivamente, è intervenuto l’art. 14 del d.l. 8 luglio 2002, n. 138 (convertito con modifiche dalla l.n. 178/2002, poi abrogato dal d.lg. n. 152/2006): «Le parole: "si disfi", "abbia deciso" o "abbia l'obbligo di disfarsi" di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, di seguito denominato: "decreto legislativo n. 22", si interpretano come segue: a) "si disfi": qualsiasi comportamento attraverso il quale in modo diretto o indiretto una sostanza, un materiale o un bene sono avviati o sottoposti ad attività di smaltimento o di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo n. 22; b) "abbia deciso": la volontà di destinare ad operazioni di smaltimento e di recupero, secondo gli allegati B e C del decreto legislativo n. 22, sostanze, materiali o beni; c) "abbia l'obbligo di disfarsi": l'obbligo di avviare un materiale, una sostanza o un bene ad operazioni di recupero o di smaltimento, stabilito da una disposizione di legge o da un provvedimento delle pubbliche autorità o imposto dalla natura stessa del materiale, della sostanza e del bene o dal fatto che i medesimi siano compresi nell'elenco dei rifiuti pericolosi di cui all'allegato D del decreto legislativo n. 22.

  19. RIFIUTI (PARTE GENERALE) «Non ricorrono le fattispecie di cui alle lettere b) e c) del comma 1, per beni o sostanze e materiali residuali di produzione o di consumo ove sussista una delle seguenti condizioni: a) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio all'ambiente; b) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle individuate nell'allegato C del decreto legislativo n. 22».

  20. RIFIUTI (PARTE GENERALE) A livello comunitario, la CGE inizialmente aveva adottato un orientamento volto a estendere quanto più possibile la nozione di rifiuto al fine di garantire la protezione della salute e dell’ambiente, entrambi beni tutelati dalla normativa comunitaria nel rispetto del principio di precauzione. Era ritenuto irrilevante il fatto che il rifiuto fosse suscettibile di riutilizzo economico. Successivamente inizia a registrarsi una certa apertura da parte del Giudice comunitario dapprima con la sentenza 18 aprile 2002, n. 9: «A tale interpretazione potrebbe essere opposto l'argomento che un bene, un materiale o una materia prima che deriva da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo può costituire non tanto un residuo, quanto un sottoprodotto, del quale l'impresa non ha intenzione di "disfarsi" ai sensi dell'art. 1, lett. a), comma 1, della direttiva 75/442, ma che essa intende sfruttare o commercializzare a condizioni per lei favorevoli, in un processo successivo, senza operare trasformazioni preliminari.

  21. RIFIUTI (PARTE GENERALE) «Un'analisi del genere non contrasterebbe con le finalità della direttiva 75/442. In effetti non vi è alcuna giustificazione per assoggettare alle disposizioni di quest'ultima, che sono destinate a prevedere lo smaltimento o il recupero dei rifiuti, beni, materiali o materie prime che dal punto di vista economico hanno valore di prodotti, indipendentemente da qualsiasi trasformazione, e che, in quanto tali, sono soggetti alla normativa applicabile a tali prodotti».  Ancora, ordinanza 15.01.2004: «il coke da petrolioprodotto volontariamente, o risultante dalla produzione simultanea di altre sostanze combustibili petrolifere, in una raffineria di petrolio ed utilizzato con certezza come combustibile per il fabbisogno di energia della raffineria e di altre industrie non costituisce un rifiuto …».

  22. RIFIUTI (PARTE GENERALE) Sino ad arrivare alla sentenza Niselli 11 novembre 2004, n. 457: «Con la seconda questione, il giudice del rinvio domanda in sostanza se possano essere esclusi dalla nozione di rifiuto ai sensi dell'art. 1, lett. a), primo comma, della direttiva 75/442 i residui di produzione o di consumo che possano essere o siano riutilizzati nel medesimo ciclo produttivo o di consumo, oppure in un ciclo analogo o diverso, senza subire alcun trattamento preventivo e senza recare pregiudizio all'ambiente, oppure dopo aver subito un trattamento preventivo senza che tuttavia si renda necessaria alcuna operazione di recupero tra quelle individuate nell'allegato C del decreto legislativo n. 22/97, che ha testualmente trasposto in diritto interno l'allegato II B della direttiva 75/442. …. Come la Corte ha dichiarato, il fatto che una sostanza utilizzata sia un residuo di produzione costituisce, in via di principio, un indizio dell'esistenza di un'azione, di un'intenzione o di un obbligo di disfarsene ai sensi dell'art. 1, lett. a), della direttiva 75/442. La stessa valutazione si impone per quanto riguarda i residui di consumo.

  23. RIFIUTI (PARTE GENERALE) «Può tuttavia ammettersi un'analisi secondo la quale un bene, un materiale o una materia prima derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo può costituire non un residuo, bensì un sottoprodotto … Tuttavia, tenuto conto dell'obbligo di interpretare in maniera estensiva la nozione di rifiuti, per limitare gli inconvenienti o i danni inerenti alla loro natura, il ricorso a tale argomentazione, relativa ai sottoprodotti, deve essere circoscritto alle situazioni in cui il riutilizzo di un bene, di un materiale o di una materia prima non sia solo eventuale, ma certo, senza previa trasformazione, e avvenga nel corso del processo di produzione. Oltre al criterio derivante dalla natura o meno di residuo di produzione di una sostanza, il grado di probabilità di riutilizzo di tale sostanza, senza operazioni di trasformazione preliminare, costituisce quindi un secondo criterio utile ai fini di valutare se essa sia o meno un rifiuto ai sensi della direttiva 75/442. Se, oltre alla mera possibilità di riutilizzare la sostanza, il detentore consegue un vantaggio economico nel farlo, la probabilità di tale riutilizzo è alta. In un'ipotesi del genere la sostanza in questione non può più essere considerata un ingombro di cui il detentore cerchi di "disfarsi", bensì un autentico prodotto. …

  24. RIFIUTI (PARTE GENERALE) «Risulta da quanto precede che è ammesso, alla luce degli obiettivi della direttiva 75/442, qualificare un bene, un materiale o una materia prima derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo non come rifiuto, bensì come sottoprodotto di cui il detentore non desidera "disfarsi" ai sensi dell'art. 1, lett. a), primo comma, di tale direttiva, a condizione che il suo riutilizzo sia certo, senza trasformazione preliminare, e nel corso del processo di produzione». La sentenza si pronuncia anche in relazione al contenuto dell’art. 14 d.l. 138/2002, ritenendo che lo stesso riduca gli ambiti operativi della nozione di rifiuto. Il 21 febbraio 2007 la Commissione UE adottava delle Linee Guide specifiche sul tema: il materiale è stato prodotto deliberatamente? Si è un prodotto; no, è un residuo di produzione; il residuo di produzione sarà certamente riutilizzato? No, è un rifiuto; il residuo (che sarà certamente riutilizzato) subirà trasformazioni diverse da quelle che rientrano nel normale processo di produzione?Sì, è un rifiuto; la produzione del materiale è parte integrante del processo di produzione? Sì è un sottoprodotto.

  25. RIFIUTI (PARTE GENERALE) Anche a livello nazionale, si assiste ad una progressiva estensione dei casi in cui un materiale non è rifiuto. Dapprima infatti la Corte di Cassazione Penale aveva adottato una posizione rigorosa (Cass. Penale, sez. III, 10 gennaio 2000, n. 8 - pneumatici usati; Cass. Penale 24 agosto 2000 - materiali di risulta dello scavo di un traforo; Cass. Penale, sez. III, 11 maggio 2001, n. 19125 – scarti di lavorazione) escludendo, in più casi, la possibilità di applicare le norme introdotte dal d.l. n. 138/2002 in quanto contrastanti con i principi comunitari in materia ambientale. Successivamente, le aperture registrate a livello comunitario hanno iniziato ad affermarsi anche a livello nazionale.

  26. RIFIUTI (PARTE GENERALE) SOTTOPRODOTTO ART. 184 bisd.lg. n. 152/2006 «E’ un sottoprodotto e non un rifiuto ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non èla produzione di tale sostanza od oggetto; b) ècerto che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.

  27. RIFIUTI (PARTE GENERALE) SOTTOPRODOTTO Sulla base delle condizioni previste al comma 1, possono essere adottate misure per stabilire criteri qualitativi o quantitativi da soddisfare affinché specifiche tipologie di sostanze o oggetti siano considerati sottoprodotti e non rifiuti. All’adozione di tali criteri si provvede con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, in conformità a quanto previsto dalla disciplina comunitaria». Un esempio di decreto ministeriale: d.m. 161/2012 La nozione di sottoprodotto oggi vigente è stata adottata in recepimento della direttiva comunitaria 2008/98/CE; in precedenza era inserita alla lettera p) dell’art. 183 d.lg. n. 152/2006, poi passata alla lettera n)con le modifiche di cui al decreto correttivo n. 4/2008.

  28. RIFIUTI (PARTE GENERALE) SOTTOPRODOTTO Rispetto alle condizioni individuate nel quadro normativo precedente, si segnalano alcune differenze: ORIGINE DEL SOTTOPRODOTTO: sostanza o bene che non costituisce «scopo primario» del processo di produzione; in precedenza: il riferimento era «non direttamente»; SUCCESSIVO RIUTILIZZO: è stato eliminato il limite al riutilizzo all’interno dello stesso ciclo produttivo; NORMALE PRATICA INDUSTRIALE: in passato era escluso ogni genere di trattamento, ora vengono ammessi tutti i trattamenti che rientrano nella normale pratica industriale; REQUISITI AMBIENTALI: in passato, il riferimento era a impatti diversi; oggi è impatti negativi.

  29. RIFIUTI (PARTE GENERALE) END OF WASTE ART. 184 terd.lg. n. 152/2006 Il d.lg. n. 205/2010 ha abrogato l’art. 181-bisdel d.lg. n. 152/2006 introducendo l’art. 184-ter(“Cessazione della qualifica di rifiuto”): un rifiuto cessa di essere tale: «quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana. L’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri elaborati conformemente alle predette condizioni. […]».

  30. RIFIUTI (PARTE GENERALE) END OF WASTE «I criteri di cui al comma 1 sono adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina comunitaria ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto attraverso uno o più decretidel Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente della sostanza o dell’oggetto. Nelle more dell’adozione di uno o più decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e l'art. 9-bis, lett. a) e b), del decreto-legge 6 novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2008, n. 210. La circolare del Ministero dell'ambiente 28 giugno 1999, prot. n 3402/V/MIN si applica fino a sei mesi dall'entrata in vigore della presente disposizione.[…] La disciplina in materia di gestione dei rifiuti si applica fino alla cessazione della qualifica di rifiuto».

  31. RIFIUTI (PARTE GENERALE) CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI art. 184 I rifiuti sono classificati, secondo l’origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi. Sono rifiuti urbani: r. domestici provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; r. non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell'articolo 198, comma 2, lettera g); r. provenienti dallo spazzamento delle strade; … Sono rifiuti speciali: r. da attività agricole e agro-industriali ai sensi e per gli effetti dell'art. 2135 c.c.; r. derivanti dalle attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis; r. da lavorazioni industriali; Sono rifiuti pericolosi quelli che recano le caratteristiche di cui all'allegato I della parte quarta del presente decreto.

  32. RIFIUTI (PARTE GENERALE) CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI art. 184 «L'elenco dei rifiuti di cui all'allegato D alla parte quarta del presente decreto include i rifiuti pericolosi e tiene conto dell'origine e della composizione dei rifiuti e, ove necessario, dei valori limite di concentrazione delle sostanze pericolose. Esso è vincolante per quanto concerne la determinazione dei rifiuti da considerare pericolosi. L’inclusione di una sostanza o di un oggetto nell‘elenco non significa che esso sia un rifiuto in tutti i casi, ferma restando la definizione di cui all’articolo 183. Con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dalla presente disposizione, possono essere emanate specifiche linee guida per agevolare l'applicazione della classificazione dei rifiuti introdotta agli allegati D e I. La declassificazione da rifiuto pericoloso a rifiuto non pericoloso non può essere ottenuta attraverso una diluizione o una miscelazione del rifiuto che comporti una riduzione delle concentrazioni iniziali di sostanze pericolose sotto le soglie che definiscono il carattere pericoloso del rifiuto …».

  33. RIFIUTI (PARTE GENERALE) RESPONSABILITA’ ESTESA DEL PRODUTTORE art. 178 bis «Al fine di rafforzare la prevenzione e facilitare l'utilizzo efficiente delle risorse durante l'intero ciclo di vita, comprese le fasi di riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti, evitando di compromettere la libera circolazione delle merci sul mercato, possono essere adottati, previa consultazione delle parti interessate, con uno o più decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aventi natura regolamentare, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, le modalità e i criteri di introduzione della responsabilità estesa del produttore del prodotto, inteso come qualsiasi persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti, nell'organizzazione del sistema di gestione dei rifiuti, e nell'accettazione dei prodotti restituiti e dei rifiuti che restano dopo il loro utilizzo.

  34. RIFIUTI (PARTE GENERALE) RESPONSABILITA’ ESTESA DEL PRODUTTORE art. 178 bis Ai medesimi fini possono essere adottati con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, le modalità e i criteri: a) di gestione dei rifiuti e della relativa responsabilità finanziaria dei produttori del prodotto. … ; b) di pubblicizzazione delle informazioni relative alla misura in cui il prodotto è riutilizzabile e riciclabile; c) della progettazione dei prodotti volta a ridurre i loro impatti ambientali; d) di progettazione dei prodotti volta a diminuire o eliminare i rifiuti durante la produzione e il successivo utilizzo dei prodotti, assicurando che il recupero e lo smaltimento dei prodotti che sono diventati rifiuti avvengano in conformità ai criteri di cui agli articoli 177 e 179; e) volti a favorire e incoraggiare lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti adatti all'uso multiplo, tecnicamente durevoli, e che, dopo essere diventati rifiuti, sono adatti ad un recupero adeguato e sicuro e a uno smaltimento compatibile con l'ambiente. … ».

  35. RESPONSABILITA’ DEL PRODUTTORE DI RIFIUTI

  36. RIFIUTI (PARTE GENERALE) Art. 183, comma 1, lett. f) d.lg. n. 152/06, così come modificato dal d. lg. 205 del 3 dicembre 2010, il produttore del rifiuto (su cui gravano gli obblighi gestionali previsti dalla legge) è: «il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti [nuovo produttore]». Problematico nel caso di una pluralità di soggetti coinvolti: appalto

  37. RIFIUTI (PARTE GENERALE) Contratto d’appalto, art. 1655 codice civile: «l'appalto è il contratto con il quale una parte assume con l’organizzazione dei mezzi necessari e con la gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro». Esempi: Appalto d’opera: realizzazione di un edificio; Appalto di servizi: manutenzione di cisterne contenenti rifiuti liquidi. Orientamento giurisprudenziale: la Cassazione Penale

  38. RIFIUTI (PARTE GENERALE) Primo orientamento giurisprudenziale: In tema di smantellamento di impianti industriali: «Non può essere considerato produttore di rifiuti propri il soggetto che provvede allo smantellamento di impianti industriali altrui, […]. I rifiuti, infatti, assumono tale carattere fin dal momento in cui vengono dimessi dal titolare dell’impianto predetto, che li conferisce per lo smaltimento. Con riferimento a questi ultimi il soggetto, cui vengono affidati, deve essere qualificato come semplice detentore di residui di terzi, poiché è al momento iniziale della loro origine che bisogna avere riguardo e non a quello successivo della cernita: in tal caso è necessaria l’autorizzazione per l’eliminazione dei suddetti scarti». (Cassazione penale, sez. III, 29 maggio 1997, n. 5006). Produttore è il proprietario

  39. RIFIUTI (PARTE GENERALE) Secondo orientamento giurisprudenziale: In tema di demolizione di edifici il produttore non è solamente: «il soggetto dalla cui attività materiale sia derivata la produzione dei rifiuti, ma anche il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione» (Cassazione penale, sez. III, 21 aprile 2000 n. 4957). Produttore è sia proprietario che appaltatore

  40. RIFIUTI (PARTE GENERALE) Terzo orientamento giurisprudenziale: In tema di errata gestione dei rifiuti e contratto di subappalto: «Il committente di lavori edili non può essere considerato responsabile della mancata osservanza, da parte dell’esecutore di lavori, delle norme in materia di smaltimento rifiuti, non essendo derivabile da alcuna fonte giuridica l’esistenza, in capo al committente, di un dovere di garanzia dell’esatta osservanza delle suindicate norme» (Cassazione penale, sez. III, 21 aprile 2003, n. 15165). «in materia di rifiuti, il committente (nella specie L.) e il direttore dei lavori non possano essere ritenuti responsabili, a titolo di concorso con l'appaltatore, per la raccolta e lo smaltimento abusivi dei rifiuti non pericolosi, connessi alla attività edificatoria: infatti, nessuna fonte legale, nè scaturente da norma extrapenale, nè da contratto, pone in capo a tali soggetti l'obbligo di garanzia in relazione all'interesse tutelato ed il correlatopotere giuridico di impedire che l'appaltatore commetta il reato di abusiva gestione di rifiuti (ex plurimis Cass. 22/9/04, n. 40618)». (Cass. pen., sez. III, 15 giugno 2010, n. 22760). Produttore è l’appaltatore dovere di garanzia: potere di influenzare la gestione

  41. RIFIUTI (PARTE GENERALE) Dottrina: Prati: «[…] produttore (anche in senso giuridico) dovrebbe quindi sempre essere ritenuto il soggetto che ha mantenuto di fatto, oltre che contrattualmente, il controllo ed il potere di disposizione sui rifiuti prodotti dalla attività oggetto dell’appalto. In questo senso quindi la posizione di garanzia permarrà in capo al committente in tutti quei casi in cui questi abbia mantenuto l’effettivo controllo sulle opere che abbiano generato i rifiutied il relativo potere di disposizione degli stessi, mentre la posizione di garante (e la responsabilità per il corretto smaltimento dei rifiuti) graverà sull’appaltatore qualora, per il modo in cui si è concretamente e contrattualmente strutturato l’appalto di opere o servizi, il controllo ed il potere di disposizione dei rifiuti sia stata in capo all’appaltatore. In questi casi, non è il (solo) contratto a trasferire all’appaltatore la responsabilità per il corretto smaltimento dei rifiuti prodotti, ma l’effettiva persa in carico della fonte di rischio ed il potere di disporre giuridicamente della stessa in modo autonomo e quindi la complessa attività giuridica posta in essere dalla parti». Necessità che esista un valido titolo contrattuale, confermato nella prassi

  42. RIFIUTI (PARTE GENERALE) In buona sostanza: soprattutto in fase di prima applicazione la giurisprudenza era contrastante; si è però col tempo rafforzato l’orientamento che vede nell’appaltatore (non già nel committente) il produttore dei rifiuti generati durante i lavori edili; a questa conclusione era giunta da tempo anche la dottrina, proponendo alcune importanti specificazioni (eterodecisione contrattuale e sostanziale: posizione di garanzia legale, contrattuale, fattuale).

  43. RIFIUTI (PARTE GENERALE) Consigli operativi e Esempio contratto appalto

  44. RIFIUTI (PARTE GENERALE) I contenuti della responsabilità: Art. 188 d.lg. 152/2006: ante Direttiva 2008/98/Ce; come modificato dal d.lg. n. 205/2010. Art. 15 Direttiva 2008/98/Ce «[…] Fatto salvo il regolamento (CE) n. 1013/2006, gli Stati membri possono precisare le condizioni della responsabilità e decidere in quali casi il produttore originario conserva la responsabilità per l’intera catena di trattamento o in quali casi la responsabilità del produttore e del detentore può essere condivisa o delegata tra i diversi soggetti della catena di trattamento».

  45. RIFIUTI (PARTE GENERALE) Responsabilità oggettiva(“dalla culla alla tomba”), che nella disciplina ante decreto Ronchi, era stata riconosciuta dalla Corte di Cassazione con la sentenza 1° settembre 1995, n. 9211: «Il soggetto produttore di rifiuti tossici (nella specie, rifiuti industriali speciali) è, comunque, sottoposto alla responsabilità prevista dagli art. 2043 e 2050 c.c. e non può esimersi da essa sostenendo di aver affidato completamente a terzi lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti stessi, in quanto tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di produzione e smaltimento dei rifiuti tossici - e, in particolare, il produttore - sono ugualmente responsabili e solidalmente tenuti ad adottare le idonee misure di sicurezza, anche nella fase di smaltimento, affinché lo sversamento definitivo e lo stoccaggio dei rifiuti avvenga senza danno a terzi». Responsabilità estesa

  46. RIFIUTI (PARTE GENERALE) d.lg. 205/2010  Art. 16: (Modifica degli articoli 188, 189, 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152) Articolo 16 1. Gli articoli 188, 189, 190 e 193, sono modificati come segue: […] 2. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di cui all'articolo 12, comma 2 del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 17 dicembre 2009, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 9 del 13 gennaio 2010, e successive modificazioni.

  47. RIFIUTI (PARTE GENERALE) Decreto 17 dicembre 2009 Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare “Istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, ai sensi dell'articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 14-bis del decreto-legge n. 78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009”. SISTRI rimandato al 30.06.2013 (forse!)

  48. RIFIUTI (PARTE GENERALE) Art. 188 comma 3 (ante d.lg. 205/2010): “La responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento dei rifiuti è esclusa: a) in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta; b) in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui all'articolo 193 controfirmato e datato in arrivo dal destinatario entro tre mesi dalla data di conferimento dei rifiuti al trasportatore, ovvero alla scadenza del predetto termine abbia provveduto a dare comunicazione alla provincia della mancata ricezione del formulario. Per le spedizioni transfrontaliere di rifiuti tale termine è elevato a sei mesi e la comunicazione è effettuata alla regione”.

  49. RIFIUTI (PARTE GENERALE) FIR:

  50. RIFIUTI (PARTE GENERALE)

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