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Seconda Università di Napoli. Corso di Storia Economica. DOCENTE: M.C. Schisani a.a. 2004-2005. La Rivoluzione industriale in Italia (1800-1913). …i mutamenti nel settore AGRICOLO, INDUSTRIALE, dei TRASPORTI, nella POLITICA DOGANALE, nel SETTORE MONETARIO e BANCARIO.
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Seconda Università di Napoli Corso di Storia Economica DOCENTE: M.C. Schisani a.a. 2004-2005
La Rivoluzione industriale in Italia (1800-1913) …i mutamenti nel settore AGRICOLO, INDUSTRIALE, dei TRASPORTI, nella POLITICA DOGANALE, nel SETTORE MONETARIO e BANCARIO
Il sistema economico italiano (1815-1913) La storia della costituzione del sistema economico italiano è legata ad una cronologia particolare che risente delle vicende politiche relative al progressivo processo di unificazione del Paese cui furono legate le vicende relative al ritardato sviluppo economico e conseguentemente al ritardato sviluppo del sistema bancario… • CRONOLOGIA ECONOMICA • 1861-1893/94 periodo di crescita tormentata dell’economia seguente al processo di unificazione (CRISI del 1866, 1874, 1888-93); nel 1882 viene liberalizzata la costituzione di SpA; • 1894/96-1913 sviluppo economico italiano (CRISI del 1907) • CRONOLOGIA POLITICA • 1860 UNITA’ D’ITALIA; • 1866 LIBERAZIONE DEL VENETO (III guerra d’Indipendenza); • 1870 ANNESSIONE di ROMA (Breccia di Porta Pia); • 1915-18 ANNESSIONE di TRENTO e TRIESTE dopo la I g.m.
Il sistema economico italiano (1815-1913) All’atto dell’unificazione (1860), l’Italia può essere intesa come un paese sottosviluppato rispetto alle realtà economiche e sociali di altri stati europei tanto da essere definita un “late comer” (insieme alla Germania, alla Spagna, al Giappone…) rispetto alle condizioni che storicamente vengono indicate come indici dello sviluppo economico. “Dalla fine del ‘600 […] l’Italia aveva iniziato la sua carriera di Paese sottosviluppato d’Europa” (C.M. Cipolla)… Per dare un indice sommario di quelle che sono le condizioni al 1861, basti pensare che fatto pari a 100 il PIL interno italiano, quello inglese era pari a 230, quello svizzero pari a 200, quello francese pari a 170 e quello tedesco pari a 115 in aggiunta ad un tasso di analfabetizzazione pari al 75% della popolazione di età superiore ai 6 anni. L’unità politica si andò a sovrapporre ad una realtà economica e sociale estremamente frammentata, ad un mosaico di segmenti regionali, spesso in forte contrasto tra loro… (N.B.: differenza con la Germania)
Il sistema economico italiano (1815-1913) Scriveva Francesco Ferrara, economista liberale, nel 1866, “la nazione resta immobile nella nicchia del suo passato, la scintilla del progresso non l’ha toccata; coltiva come già coltivava; esercita i suoi antichi mestieri; non sente il bisogno di grandi imprese e non trova la via di eseguirle; […] la persona del suo governo le è sempre ai fianchi per regolarne le azioni, per concedere il credito. […] ma lo Stato medesimo non ha speranza se ogni anno è costretto a riproporre il problema della sua esistenza, alimentarsi di prestiti, lasciarsi divorare dalle grandi usure”…. Questo ci dà la dimensione dello stato di arretratezza agricola e industriale dell’Italia unita che contava su un’agricoltura ancora non modernizzata e non del tutto sviluppata e su insediamenti industriali che solo nelle regioni – ex stati – del Nord, Piemonte e Lombardia si erano pressoché sviluppate facendo leva sulla sericoltura e beneficiando rispettivamente dell’illuminata politica liberista cavouriana e dell’influenza e del mercato austriaci.
Il sistema economico italiano (1815-1913) • Il Mezzogiorno, viceversa, arrivò all’unificazione politica con un sistema agricolo e industriale arretratissimo soprattutto a causa della politica economica borbonica connotata da: • scarsi investimenti in infrastrutture, che erano generalmente strumentali alle esigenze della corte; • comparto agricolo estremamente eterogeneo – con zone molto produttive (terra di Lavoro e Tavoliere delle Puglie) e zone ancora paludose – e mancanza assoluta di innovazione; • comparto industriale che mancava di iniziativa privata: prevaleva l’industria di Stato, generalmente tessile e siderurgica (ferriere della Mongiana) e lo Stato (la corte, l’esercito) costituiva il maggior mercato di domanda dei prodotti, quindi il regno delle Due Sicilie era un mercato chiuso; • chiuso anche a causa della politica fortemente protezionistica dei Borbone che tesero a proteggere l’industria dalla concorrenza estera.
Il sistema economico italiano (1815-1913) POLITICA DOGANALE Dalla caduta di Napoleone (1815) alla metà dell’800, in quasi tutti gli stati preunitari fu adotta una politica doganale protezionistica. Dopo il 1850, l’orientamento doganale di alcuni stati mutò in base alle condizioni dell’economia e alla volontà di maggiore o minore apertura delle relazioni con l’estero. Alla vigilia dell’Unità, il Piemonte e la Toscana avevano ridotto notevolmente le proprie tariffe daziarie, a differenza dell’alto protezionismo adottato dallo Stato Pontificio e dal Regno delle Due Sicilie. Nel 1861, la tariffa doganale piemontese, informata ai principi liberistici cavouriani, fu estesa al nuovo regno d’Italia. Nel primo decennio dell’Unità la politica liberistica fu rafforzata dai trattati di commercio stipulati tra i vari paesi europei, in particolare con Francia, Inghilterra e Austria. Tale politica fu fatale alle già fragili strutture industriali del Mezzogiorno che furono travolte dalla concorrenza straniera. Ma in generale, il liberismo del primo decennio unitario, non agevolò lo sviluppo economico del paese, per cui dal 1870 in poi cominciò ad affermarsi un orientamento favorevole al protezionismo fortemente sostenuto dai primi industriali.
Il sistema economico italiano (1815-1913) POLITICA DOGANALE L’orientamento si rafforzò a partire dal 1874 (fino al 1896), quando si aprì il periodo della “depressione dei prezzi”. Il primo passo verso il protezionismo fu fatto con la tariffa doganale approvata nel 1878 che elevò molti dazi del 10-20%. Una maggiore protezione derivò anche dalla sostituzione dei dazi “ad valorem” con i “dazi specifici”. L’obiettivo della tariffa protezionista era anche quello di incrementare le entrate statali ma in tal senso i risultati furono deludenti. Furono deludenti anche rispetto alla difesa del mercato interno dato che il continuo ribasso dei prezzi internazionali non riuscì ad impedire la concorrenza estera. Per tale motivo si arrivò ad un inasprimento del protezionismo con una nuova tariffa nel 1887 che elevò alcuni dazi anche in misura del 200-300% superiore alla tariffa del ’78. La nuova tariffa doganale diede avvio a quel periodo conosciuto come “guerra commerciale” con la Francia che danneggiò fortemente l’economia dei due paesi e in particolare l’agricoltura italiana. Tuttavia, la nuova tariffa doganale aprì la strada al decollo dell’economia italiana e incoraggiò gli investimenti nel settore industriale con il rinnovamento tecnico delle aziende già avviate e con la formazione di nuove industrie (elettricità e chimica). Dalla metà degli anni ’90, con l’avvio del vero e proprio take off, l’Italia condusse una politica orientata al liberismo attraverso la stipula di convenzioni commerciali con i singoli stati.
Il sistema economico italiano (1815-1913) TRASPORTI Lo sviluppo delle ferrovie italiane fu altrettanto ritardato. Prima dell’unificazione ogni stato aveva provveduto alla costruzione di proprie linee ferroviarie molto limitate. Dopo l’Unità, fino al 1865, lo Stato si occupò direttamente della costruzione delle ferrovie investendo ingenti capitali. Ma poi, a causa della crescita vertiginosa del debito pubblico, cedette la rete a 4 società private con apporti di capitale italiano e straniero: la Compagnia delle ferrovie dell’Alta Italia, la Compagnia delle Strade Ferrate Romane, la Società delle Ferrovie Meridionali e la Società anonima Vittorio Emanuele, che si trovarono subito in difficoltà. Per cui, nuovamente, tra il 1868 e il 1882, lo Stato rilevò tutta la rete ferroviaria. Nel 1884, un nuovo piano, previde il passaggio della gestione delle ferrovie ai privati a condizioni particolari: lo Stato rimaneva proprietario degli impianti fissi e le società private – attraverso una convenzione ventennale – fornivano il materiale mobile e in cambio di tale impegno ricevano una proporzione nella divisione degli utili molto elevata. Il fallimento di tali convenzioni allo scadere dei 20 anni fu dovuto alla scarsa remunerazione che le compagnie private ottenevano, per cui l’intera rete ferroviaria tornò in gestione allo Stato ai primi del ‘900.
Il sistema economico italiano (1815-1913) INDUSTRIA • L’Italia arrivò dunque all’Unità con un già evidente “dualismo” economico, tra Nord (più sviluppato) e Sud (arretrato). Proprio questo fenomeno di eterogeneità economica rese lunga e tormentata la “via allo sviluppo”, per l’intero paese. Il periodo compreso tra l’Unità e il 1913, ai fini dell’industrializzazione italiana va diviso in due parti: • 1861-94 – caratterizzata da un’organizzazione ancora prevalentemente artigianale, da una produzione destinata quasi totalmente al consumo e alla preparazione dello sviluppo futuro; • 1894/96 -1913(take off italiano) – caratterizzata da un’organizzazione industriale moderna e dall’accelerazione produttiva. Tale sviluppo fu favorito essenzialmente dai finanziamenti delle banche (nascita della BANCA MISTA), dalla disponibilità di energia elettrica e dalla politica doganale fortemente protezionistica a difesa delle industrie interne. Le industrie traenti furono essenzialmente tessili e siderurgiche (Terni, Elba, Ilva). Queste ultime, in particolare, beneficiarono delle commesse statali e della nascente industria meccanica e automobilistica. Fu del 1899, infatti, la creazione della Fiat ad opera di Giovanni Agnelli.
...prima del 1861 • Banche di emissione: molte banche di emissione tra cui le più importanti sono: Banca Nazionale degli Stati Sardi, Banca Nazionale Toscana, Banca dello Stato Pontificio (ex Banca Romana), Banca Pontificia delle Quattro Legazioni, Banco Regio dei Reali Domini al di qua del Faro e Banco Regio dei Reali Domini al di là del Faro… • Casse di risparmio
Il sistema bancario italiano prima del 1861... LE BANCHE DI EMISSIONE Prima dell’unificazione esistevano molti istituti di circolazione variamente abilitati alla emissione di carta moneta ma spesso con circolazione limitata agli stati di appartenenza. Di questa moltitudine di istituti, molti scomparvero immediatamente subito dopo l’Unità, ma quelli di quattro stati preunitari, in particolare, sono importanti per la successiva storia dell’emissione dell’Italia unita: Piemonte, Toscana, Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie. Nella fattispecie, sul finire degli anni ’40 del XIX sec., il Piemonte e il Granducato di Toscana avevano scelto la banca unica, il cui modello preconizza i futuri sviluppi dell’organizzazione creditizia del trentennio successivo all’Unità. Non a caso tale scelta avvenne nei due Stati economicamente più avanzati che avevano optato per il liberismo commerciale…
Il sistema bancario italiano prima del 1861... In PIEMONTE nel 1844 e nel 1847 furono fondate, a Genova e a Torino 2 banche commerciali, S.p.A. con privilegio di emissione. La BANCA DI SCONTO, DEPOSITI E CONTI CORRENTI DI GENOVA (o BANCA DI GENOVA) istituita nel 1844 da Carlo Alberto, fu autorizzata allo sconto di effetti e all’emissione pagabili a vista al portatore di 500 e 1000 £, senza corso legale e coperti da una riserva di 1/3. Andò in crisi a causa dei finanziamenti allo stato per la prima guerra di indipendenza (1848). Nel 1847, venne istituita una seconda banca con privilegio di emissione, la BANCA DI TORINO, con forma sociale, capitale e statuto simili a quelli della Banca di Genova. Fra i promotori vi era il Conte di Cavour. Questa Banca iniziò ad operare due anni più tardi, quando, però, in realtà già ne era stata decretato l’assorbimento da parte della Banca di Genova. La fusione dei due istituti avvenne nel 1849-50 e la nuova banca assunse il nome di BANCA NAZIONALE SARDA.
Il sistema bancario italiano prima del 1861... In TOSCANA c’era il sistema creditizio più moderno d’Italia. Tra il 1816 e il 1850 erano state costituite 6 banche sotto forma di S.p.A. che potevano fare sconto di cambiali ed emettere biglietti a corso fiduciario convertibili a vista, con circolazione limitata al raggio di azione della banca stessa. Alla fine1857 (ma fu operativa dal 1859), le banche di sconto di Firenze e Livorno si fusero dando origine alla BANCA NAZIONALE TOSCANA autorizzata ad emettere biglietti fino ad un massimo del triplo del proprio capitale sociale e coperti da riserve metalliche pari ad 1/3 della circolazione. Nel 1860, i rimanenti 4 istituti (Arezzo, Lucca, Pisa e Siena) si fusero con la Banca Nazionale Toscana e così il Granducato entrò nell’Italia Unita con un unico istituto di emissione. Nello stesso anno dell’Unità, il governo provvisorio, promosse la costituzione della BANCA TOSCANA DI CREDITO PER LE INDUSTRIE E IL COMMERCIO società anonima che ottenne l’autorizzazione ad emettere BUONI DI CASSA PAGABILI A VISTA AL PORTATORE privilegio che in realtà la rendeva una vera e propria banca di emissione.
Il sistema bancario italiano prima del 1861... Nello STATO PONTIFICIO operavano due banche di emissione una a Roma e l’altra a Bologna. Nel 1833, il governo papale autorizzò il parigino Maurice Rubichon a fondare una banca di sconto. La BANCA ROMANA sotto forma di S.p.A. ottenne la facoltà di emettere biglietti per il triplo delle riserve metalliche ma fu male amministrata dai dirigenti. Per cui, già nel 1848, la Banca Romana andò in crisi e fu assorbita dalla BANCA DELLO STATO PONTIFICIO, una nuova banca costituita dal Governo papale. Questa banca, con l’annessione di Roma all’Italia, nel 1870, riprese il nome di BANCA ROMANA. L’altro istituto di emissione dello Stato Pontificio era la BANCA PONTIFICIA PER LE QUATTRO LEGAZIONI (Bologna, Ferrara, Ravenna e Forlì) costituita a Bologna nel 1855. Ebbe vita molto breve e nel 1861, alla data dell’unificazione italiana, essa fu assorbita dalla Banca Nazionale Sarda.
Il sistema bancario italiano prima del 1861... Nel REGNO DI NAPOLI, dopo la caduta dei francesi nel 1815, il governo restaurato dei Borbone riconobbe il BANCO DELLE DUE SICILIE creato da Murat sotto forma di Banco pubblico, strumento della finanza statale diviso in due rami: la CASSA DEI PRIVATI che riceveva depositi dai privati e faceva anticipazioni su pegno di metalli, tele e stoffe; e la CASSA DI CORTE incaricata del servizio di Tesoreria pubblica. Il Banco di Sicilia fu una filiazione del Banco delle Due Sicilie. Nel 1843 il Banco delle Due Sicilie estese la sua attività alla Sicilia istituendo due Casse di Corte succursali a Palermo e a Messina. La rivoluzione del 1848, e in seguito la riforma che separava l’amministrazione della Sicilia da quella di Napoli, si posero alla base della costituzione del Banco Regio dei Reali Domini al di qua e del Banco Regio dei Reali Domini al di là del Faro. Quest’ultimo, incorporò le filiali di Messina e Palermo e successivamente assumerà la denominazione di Banco di Sicilia.
...altre istituzioni bancarie prima del 1861
Il sistema bancario italiano prima del 1861... Le CASSE DI RISPARMIO si erano diffuse già agli inizi del XIX secolo. Le prime furono fondate in Veneto, nel 1822, sotto la spinta del governo austriaco generalmente per iniziativa dei locali monti di pietà. Esse si diffusero essenzialmente al Nord e alla vigilia dell’Unità, 4 di esse – Milano, Firenze, Roma e Bologna – detenevano il 78% della raccolta dei depositi di tutte le casse italiane. Quella che in particolare assunse maggiore importanza per operazioni e dimensione fu la CASSA DI RISPARMIO DI MILANO poi denominata CASSA DELLE PROVINCE LOMBARDE (CARIPLO), all’Unità essa amministrava il 55% dei risparmi di tutte le casse italiane impiegati essenzialmente in titoli pubblici.
...tra il 1861 e il 1893 • Credito cooperativo • Casse Postali • Banche di emissione: • - Al 1861 sono 2, Banca Nazionale Sarda e Banca Nazionale Toscana; • - Al 1866 sono 5, si aggiungono cioè i due Banchi meridionali (Napoli e Sicilia) e la Banca Toscana di Credito e la Banca Nazionale Sarda cambia nome in Banca Nazionale nel Regno d’Italia; • - Al 1870 sono 6, si aggiunge cioè la Banca Romana dopo l’annessione di Roma all’Italia. • - Dall’agosto 1893 sono 3, Banca d’Italia, Banco di Napoli e Banco di Sicilia. • Banche di credito mobiliare
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... BANCHE POPOLARI Sull’esempio delle banche cooperative tedesche anche in Italia cominciarono a diffondersi le BANCHE POPOLARI soprattutto ad opera di LUIGI LUZZATTI. La prima banca di questo tipo fu fondata a LODI, nel 1864, e a distanza di un anno iniziarono a diffondersi nelle principali città del centro-nord. Nel 1871, veniva fondata la BANCA POPOLARE DI NOVARA divenuta ai giorni nostri la più grande del settore. Ebbero una diffusione assai rapida passando, tra il 1870 e il 1913, da appena 50 a 800, e la loro distribuzione territoriale fu assai omogenea. Esse sorsero sotto forma di società anonime a responsabilità limitata. Inizialmente i soci potevano accedere a prestiti di valore non superiore al doppio dell’ammontare delle azioni sottoscritte. In seguito, il credito da esse erogato iniziò ad estendersi anche ai non soci. Esse modificarono profondamente anche gli impieghi che si orientarono maggiormente allo sconto di cambiali, anticipazioni e prestiti a lungo termine.
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... CASSE RURALI Le CASSE RURALI, sul modello di quelle di Raiffeisen, si svilupparono una ventina di anni più tardi. Nel 1883, Leone Wollemborg fondò la prima cassa in provincia di Padova con il sostegno di 30 soci e del parroco del paese. Si diffusero inizialmente solo in Veneto. Dopo la pubblicazione dell’enciclica Rerum Novarum di Leone XIII iniziarono a sorgere molte casse di ispirazione cattolica e si iniziò a fare una distinzione tra casse rurali NEUTRE e CATTOLICHE. Queste ultime si diffusero molto più delle neutre. In genere le casse rurali non si diffusero nel Mezzogiorno d’Italia ma restarono concentrate nelle regioni del Nord. I soci avevano RESPONSABILITA’ SOLIDALE E ILLIMITATA e i prestiti erano riservati ai soli soci, i quali, tra l’altro, non percepivano alcun dividendo per il capitale versato.
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... CASSE POSTALI Le CASSE DI RISPARMIO POSTALI, istituite nel 1875, cominciarono a funzionare nel gennaio dell’anno successivo ed ebbero uno sviluppo inatteso. La loro organizzazione capillare consentì la raccolta di ingenti somme soprattutto nel Mezzogiorno dove esse si diffusero maggiormente e dove a partire dalla fine del secolo i depositi crebbero grazie alle cospicue rimesse degli emigranti. Le somme raccolte venivano trasferite alla CASSA DEPOSITI E PRESTITI, in attività dal 1863, che le impiegava in titoli pubblici, in prestiti a comuni, province e altri enti previsti dalla legge.
...le banche di emissione tra il 1861 e il 1893
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... Nel 1861, un primo passaggio verso l’unificazione fu quello dell’unificazione monetaria. Venne esteso a tutta l’Italia il SISTEMA BIMETALLICO E DECIMALE in uso nello stato piemontese e la lira italiana divenne la moneta ufficiale con il ritiro progressivo dalla circolazione delle monete degli stati preunitari. L’Italia preferì adottare il bimetallismo per allinearsi con la Francia (SISTEMA DEL FRANCO GERMINALE) che era da sempre il referente politico ed economico a livello internazionale. Nel 1865, poi, come abbiamo ricordato a proposito dei sistemi monetari internazionali, l’Italia entrò nell’Unione Monetaria Latina che, dal 1878, decise di sospendere la libera coniazione di monete d’argento e, dunque, nella sostanza aderì al Gold Standard. Oltre alla circolazione metallica, vi era la circolazione cartacea, che però ancora stentava a decollare a causa dell’elevato taglio dei biglietti che non ne permetteva un uso diffuso per le contrattazioni minori.
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... Molto più difficoltoso fu il processo di unificazione dell’Istituto di emissione, progetto caldeggiato dal Conte di Cavour e appoggiato dal direttore della Banca Nazionale Sarda, Carlo Bombrini. Scomparso prematuramente Cavour, proprio nel corso del 1861, il progetto della banca unica di emissione si incagliò in diversi ostacoli di diversa natura, presentandosi subito come progetto difficilmente esportabile dall’esperienza sabauda a quella del regno italiano. Infatti esso naufragò definitivamente nel periodo 1863-66…
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... Al marzo 1861 esistevano nel regno d’Italia solo due istituti di emissione: BANCA NAZIONALE SARDA e la BANCA NAZIONALE TOSCANA, gli altri istituti verranno riconosciuti tali solo dopo. Come si è detto, l’unificazione dell’emissione non poté essere realizzata dal Cavour ma la Banca Nazionale Sarda, favorita dal Governo, condusse una politica di espansione dei propri sportelli su tutto il territorio italiano, ottenendo l’autorizzazione all’apertura degli sportelli al sud solo a partire dal 1863. Il progetto per l’unificazione dell’istituto di emissione fallì nel 1866 quando la Camera dei Deputati non approvò la convenzione per la fusione della Banca Nazionale Sarda con quella Nazionale Toscana il governo cadde e la Banca Sarda assunse la denominazione di BANCA NAZIONALE NEL REGNO D’ITALIA.
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... …il nuovo stato unitario viveva intanto condizioni economiche e finanziarie estremamente precarie, che comportarono un aumento vertiginoso del disavanzo pubblico attraverso un sempre crescente ricorso all’indebitamento estero mediante l’emissione di titoli, collocati per oltre 1/3 su piazze straniere, specie in Francia. L’afflusso di capitali esteri, anche e soprattutto per la costruzione delle ferrovie, permetteva di mantenere elevata la circolazione metallica all’interno del paese. Sulla politica finanziaria di quegli anni, l’Economist, scriveva, che l’Italia appariva come “una mendica che batte a tutte le porte e che può da un’ora all’altra trascinare nella sua rovina chiunque sia stato così incauto da accettare gli impegni”… Quindi il problema fondamentale dell’Italia unita era il disavanzo pubblico…
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... La situazione fu sostenibile fino al 1866, quando lo sforzo finanziario della III guerra d’indipendenza (liberazione del Veneto), che sollecitò nuovi prestiti pubblici, si sovrappose alla recessione internazionale che interessò principalmente le piazze di Londra e Parigi. Quest’ultima indusse gli investitori stranieri, in particolare francesi, a realizzare il proprio portafoglio con il risultato di un forte abbassamento del valore dei titoli della Rendita pubblica Italiana 5%. Tale ribasso rese i titoli italiani oggetto di acquisti speculativi da parte di banchieri, commercianti e finanzieri italiani che, per procurarsi i mezzi finanziari per tali operazioni, vendettero azioni, chiesero ed ottennero anticipazioni su titoli alla Banca Nazionale e ritirarono i loro depositi dalle banche… Questa situazione comportò l’esigenza della dichiarazione del CORSO FORZOSO dei biglietti della Banca Nazionale, il 1 maggio 1866 (decreto 01/05/1866 n. 2873).
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... CORSO FORZOSO (1866) Il provvedimento prevedeva che la Banca Nazionale concedesse un ulteriore prestito al governo di 250 milioni di £ al tasso dell’1,5% e proprio per questo motivo il corso forzoso durò 15 anni dato che lo Stato trovava convenienza nel finanziarsi mediante emissione di biglietti, sui quali pagava un tasso di interesse molto più modesto rispetto a quello da corrispondere sui titoli di rendita pubblica. Il decreto stabilì inoltre che la BANCA NAZIONALE TOSCANA e la BANCA TOSCANA DI CREDITO, il BANCO DI NAPOLI e il BANCO DI SICILIA potevano continuare ad emettere biglietti e fedi di credito convertibili a scelta in MONETA METALLICA o IN BIGLIETTI INCONVERTIBILI DELLA BANCA NAZIONALE NEL REGNO. Dal 1866, quindi, operarono nel Regno d’Italia 5 BANCHE DI EMISSIONE.
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... • L’inconvertibilità dei biglietti provocò una perdita di valore reale della carta moneta sulla quale comparve un aggio, nel senso che la stessa veniva spesa sul mercato ad una valore inferiore a quello nominale.Così, la circolazione cartacea iniziò a scacciare dalla circolazione le monete metalliche e si divise in due categorie: • circolazione per CONTO DELLO STATO che scaturiva dai mutui della Banca Nazionale al Tesoro che aumentò vertiginosamente a partire dal 1870 (800 ml di £), quando il Ministro delle Finanze varò la politica di risanamento del bilancio statale contraendo prestiti sempre maggiori con la Banca Nazionale ad un tasso di interesse bassissimo, lo 0,5%; • circolazione per CONTO DEL COMMERCIO o DELLE BANCHE costituita dai biglietti emessi dalle banche per i prestiti ai privati che aumentò anche a seguito dell’annessione della BANCA ROMANA (ex BANCA DELLO STATO PONTIFICIO) che, dopo il 1870, con l’annessione di Roma, era divenuto il SESTO ISTITUTO DI EMISSIONE.
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... • La circolazione cartacea aveva finanziato in maniera facile il sorgere di molte imprese e società bancarie, la cui formazione era stata fortemente accelerata a causa dell’euforia finanziaria derivante: • dall’apertura del Canale di Suez (1869) con le conseguenti proiezioni di futuri incrementi commerciali che si aprivano per il Mediterraneo; • dall’euforia speculativa che arrivava in Italia dalla Germania unificata che – dopo la vittoria della guerra franco-prussiana – viveva il suo slancio industriale. • Il numero delle società per azioni autorizzate all’esercizio del credito ordinario – tra il 1870-1873 – crebbe in Italia da 19 a 143 con una quadruplicazione del capitale nominale e dunque delle azioni in circolazione. • La maggior parte di tali banche fu travolta dalla CRISI economica del 1872-73…
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... LEGGE BANCARIA DEL 1874 Tale crisi indusse anche i più accaniti sostenitori della libera emissione di carta moneta a valutare la necessità di un riordino del sistema di emissione e a maturare un provvedimento diretto al riequilibrio dei rapporti fra gli istituti di emissione e fra questi e lo Stato. Così si arrivò alla LEGGE MINGHETTI-FINALI DEL 1874 (l. 30 aprile 1874 n. 1920). Questa legge stabiliva una netta distinzione tra BIGLIETTI EMESSI PER CONTO DELLO STATO e BIGLIETTI EMESSI PER CONTO DEL COMMERCIO. In particolare, si stabilì che un CONSORZIO DI BANCHE avrebbe emesso biglietti di colore bianco, per un ammontare non superiore a 1 miliardo di £, di taglio variabile tra 50 centesimi e 1000 lire, detti CONSORZIALI (a corso forzoso), come anticipazione allo Stato per le sue necessità finanziarie e non fruttiferi di interesse.
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... LEGGE BANCARIA DEL 1874 • Le altre banche di emissione, compresa la Banca Nazionale: • venivano autorizzate ad emettere biglietti convertibili in metallo o in biglietti consorziali; • i biglietti dovevano essere garantiti da una riserva pari ad 1/3 del loro valore. • In tal modo la legge del 1874 diede un minimo di ordine alla circolazione cartacea. Il predominio della Banca Nazionale rimase immutato. I suoi biglietti avevano una circolazione territorialmente molto estesa, mentre i biglietti delle altre banche di emissione continuavano ad avere circolazione limitata alle zone di appartenenza.
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... Superata la crisi economica del 1873 l’economia italiana iniziò una fase di crescita dovuta essenzialmente alla politica di risanamento portata avanti con successo attraverso un fortissimo aumento delle entrate statali. Indici della ripresa furono l’incremento dei depositi a risparmio presso le banche, l’incremento del commercio con l’estero, il miglioramento della bilancia commerciale e l’aumento delle quotazioni della Rendita Italiana. Si erano dunque verificate condizioni tali da permettere un ritorno alla convertibilità soprattutto perché il pareggio del bilancio statale aveva portato lo Stato a non dipendere più dal finanziamento delle Banche attraverso l’emissione dei biglietti. Era però necessario rimborsare le anticipazioni ricevute al fine di ripristinare le riserve delle banche per permettere loro di tornare alla convertibilità dei biglietti.
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... IL RITORNO ALLA CONVERTIBILITA’ 1881-83 A tal fine il Governo stipulò un ingente prestito attraverso l’emissione di nuove cartelle di Rendita Italiana che furono collocate essenzialmente all’estero tra Londra e Parigi e tra i maggiori sottoscrittori vi furono i Rothschild, gli Hambro, i Baring, etc. La legge MAGLIANI DEL 1881, stabilì che: a) si aboliva il corso forzoso; b) si scioglieva il consorzio di banche; c) si impegnava lo Stato a ritirare dalla circolazione i biglietti consorziali, dando in cambio monete metalliche o biglietti di stato. Tale operazione iniziò a partire dal 1883.
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... SPECULAZIONE EDILIZIA E CRISI DEL 1888-89 L’abolizione del corso forzoso restituendo pieno potere di acquisto alla carta moneta, aveva riportato i capitali stranieri in Italia con un conseguente clima di euforia negli affari. Si accese una fortissima speculazione edilizia che coinvolse molte banche nel finanziamento delle costruzioni, in particolare a Napoli e a Roma, e ben presto, alla fine degli anni ’80, scoppiò una fortissima crisi dovuta ad una sovrabbondante offerta di abitazionie la Banca Nazionale dovette intervenire più volte anche dietro sollecitazione del governo Crispi per sostenere o salvare le banche coinvolte nel crack…
Il sistema bancario italiano tra il 1861 e il 1893... SPECULAZIONE EDILIZIA E CRISI DEL 1888-89 • La crisi edilizia e bancaria iniziata nel 1888-89 si innestava su una crisi generale dell’economia del paese che risentiva di vari fattori: • la crisi agraria apertasi con la sottoproduzione del 1884; • la crisi commerciale dovuta alla “guerra doganale” con la Francia e apertasi con la tariffa del 1887; • la ricomparsa dell’aggio sulla carta moneta che rendeva conveniente il cambio dei biglietti in moneta metallica dato che le banche di emissione erano tenute a cambiarli alla pari. Per tale motivo le riserve di queste ultime furono sottoposte a fortissime tensioni di liquidità...
...la crisi del 1893-94: il fallimento delle banche di credito mobiliare e la crisi e il riordino degli istituti emissione
Crisi del 1893-94... LE BANCHE DI CREDITO MOBILIARE Il settore delle società ordinarie di credito divenne il maggiore del sistema bancario italiano a partire dagli anni ’70 del XIX sec. Fra queste, le banche di credito mobiliare, sull’esempio del Credit Mobilier francese, si impegnarono in investimenti a medio e lungo termine. Le due più importanti furono il CREDITO MOBILIARE e la BANCA GENERALE (ma c’erano anche il Banco di Sconto e Sete, la Banca Tiberina). Il CREDITO MOBILIARE nacque dalla trasformazione della Cassa del commercio e dell’industria sorta a Torino nel 1852. Per impulso del Cavour quest’ultima si era indirizzata verso operazioni di credito mobiliare grazie anche all’intervento dei Rothschild. E nel 1863 essa fu trasformata nella Società Generale di Credito Mobiliare Italiana grazie anche all’intervento dei Fratelli Pereire. La BANCA GENERALE venne fondata a Roma nel 1871 con un capitale di 30 milioni ¼ del quale fu sottoscritto dall’Union Bank Austriaca e il resto da banchieri e capitalisti italiani.
Crisi del 1893-94... LE BANCHE DI CREDITO MOBILIARE Lo sviluppo dei due istituti fu abbastanza lento dato che la loro limitata espansione territoriale influì negativamente sulle risorse di cui erano in grado di disporre. Le somme raccolte venivano impiegate a lungo termine mediante l’acquisto di titoli molto differenziati: ferroviari, tranviari, alimentari, siderurgici, assicurativi, ma soprattutto titoli immobiliari e di imprese impegnate nella costruzione delle opere pubbliche. Proprio questi cospicui investimenti furono la causa del fallimento di queste due importanti istituzioni bancarie, coinvolte nella crisi generale del 1892-94. Già nel 1892 il CREDITO MOBILIARE per cattivi investimenti di carattere immobiliare aveva perso buona parte dei suoi capitali. La Banca Nazionale intervenne inizialmente per il salvataggio delle più importanti società di credito mobiliare, ma la crisi non ne permise la ripresa.
Crisi del 1893-94... LE BANCHE DI CREDITO MOBILIARE Nel 1893, sulle azioni del CREDITO MOBILIARE iniziò una speculazione al ribasso che comportò il ritiro dei depositi e il ritiro dei fidi delle banche estere. L’immobilizzo del portafoglio titoli della banca rendeva impossibile realizzare a breve la liquidità necessaria per far fronte alle richieste del mercato interno ed estero e così, alla fine del 1893, il Credito Mobiliare chiudeva i propri sportelli. E poco più tardi, la Banca Generale, che era ritenuta più solida, sotto la pressione dei ritiri dei depositanti dovette chiudere nel gennaio del 1894. Fallivano così le due istituzioni bancarie più prestigiose d’Italia.
Crisi del 1893-94... Per far fronte alle crescenti esigenze dell’economia e soprattutto della speculazione edilizia, con finanziamenti a breve (sconti e anticipazioni), intanto, gli istituti di emissione erano ricorsi in larga misura ad emissioni di biglietti eccedenti i limiti di copertura. Tale condizione di irregolarità divenne particolarmente evidente nel momento in cui la convenienza al cambio delle banconote – di cui si è precedentemente – accelerò la corsa agli sportelli delle banche di emissione per la conversione… Cosi nel 1889, il Ministro dell’Agricoltura, Luigi Miceli, ordinò un’inchiesta amministrativa sulle banche di emissione, sotto la guida del senatore Alvisi, che portò alla luce gravi irregolarità,
Crisi del 1893-94... INCHIESTA ALVISI (1889) SUGLI ISTITUTI DI EMISSIONE In particolare le irregolarità della Banca Romana erano le più gravi dato il forte coinvolgimento dell’istituto nella speculazione edilizia, che aveva alimentato con emissioni crescenti di cartamoneta non coperta da riserva, per un totale di circa 9 milioni di £. L’emissione era inoltre servita a coprire un pesante vuoto di cassa dovuto anche ai continui prestiti a uomini politici molto in vista dell’epoca, tra cui Crispi (presidente del Consiglio) e Giolitti (Ministro del Tesoro). Questi ultimi segretarono i risultati dell’inchiesta e addirittura Giolitti, divenuto successivamente presidente del Consiglio, nel 1892, nominò senatore Bernardo Tanlongo, direttore della Banca Romana.
Crisi del 1893-94... INCHIESTA FINALI (1893) SUGLI ISTITUTI DI EMISSIONE La nomina di Tanlongo non fu approvata e così – i risultati dell’inchiesta Alvisi – vennero resi noti dal deputato radicale Napoleone Colajanni, portando alla luce quello che sarà il più grave scandalo bancario del XIX secolo. Fu infatti ordinata una nuova indagine nel 1893. L’indagine svolta di Gaspare Finali portò alla luce che la Banca Romana aveva ecceduto il proprio limite di emissione di quasi il doppio, che aveva tentato di immettere sul mercato biglietti con serie duplicata e che aveva falsificato i bilanci per più di 20 anni. L’inchiesta rivelò irregolarità anche nella emissione del Banco di Napoli e di Sicilia e della Banca Nazionale. Le uniche ad essere relativamente in ordine erano le banche toscane.
Crisi del 1893-94... LA CREAZIONE DELLA BANCA D’ITALIA (1893) …era evidentemente giunto il momento di un riordino del sistema di emissione e così, la BANCA NAZIONALE TOSCANA, LA BANCA TOSCANA PER IL CREDITO E L’INDUTRIA E LA BANCA NAZIONALE NEL REGNO diedero luogo ad una convenzione per fondersi e dare vita ad un unico istituto la BANCA D’ITALIA, e tale convenzione fu inclusa nel progetto di legge che prevedeva anche la liquidazione della Banca Romana e la concessione del privilegio di emissione per 20 anni alla Banca d’Italia e ai due banchi meridionali. La legge fu varata il 10 agosto 1893 n. 449 ma suscitò malcontento dato che non era riuscita a portare il sistema di emissione al monopolio, lasciando una situazione di triopolio.Con le disposizioni sull’emissione, però, la Banca d’Italia si configurava come un “primus inter pares”, tra i tre istituti superstiti, posizione che fu consolidata, nel 1895 (r.d. 15.01.95 n. 16) che le affidava il SERVIZIO DI TESORERIA DELLO STATO.
Crisi del 1893-94... LA LEGGE 10 AGOSTO 1893 La BANCA D’ITALIA nacque come SpA con un capitale di 300 milioni di £ e iniziò ad operare il primo gennaio del 1894, con il compito di provvedere alla liquidazione della Banca Romana. • La legge fissava inoltre il LIMITE MASSIMO DI EMISSIONE che: • doveva essere pari a 1097 milioni di £ (di cui 800 dovevano essere emessi dalla Banca d’Italia, 242 dal Banco di Napoli e 55 dal Banco di Sicilia); • doveva essere, nel giro di 10 anni, progressivamente e proporzionalmente ridotto ad un totale di 864 milioni di £; • se si voleva eccedere il limite di emissione, c’era bisogno di una copertura metallica del 100% pena una tassazione pari al doppio del tasso di sconto.
Crisi del 1893-94... CRISI BANCARIA E CORSO FORZOZO (1894) La legge del 1893 non ebbe effetti immediati rispetto alla ripresa dell’economia che viveva una profonda crisi generale, sociale e finanziaria. Nel 1894, come si è detto, fallirono le due istituzioni bancarie più prestigiose d’Italia, il CREDITO MOBILIARE e la BANCA GENERALE. La crisi investì anche le casse di risparmio e le banche popolari e la Banca d’Italia dovette intervenire immediatamente per evitare il crollo dell’intero sistema bancario sollecitando l’autorizzazione del governo ad un aumento straordinario della circolazione di carta moneta dato che le banche di emissione avevano già raggiunto il limite massimo previsto dalla legge del 1893. Un decreto del 23 gennaio 1894 del ministro delle finanze Sidney Sonnino autorizzò una temporanea emissione straordinaria di biglietti per consentire anticipazioni alle casse di risparmio e alle altre banche in difficoltà. Sonnino, sempre nel 1894, decretò il CORSO FORZOSO dei biglietti di banca mai più sostanzialmente revocato da allora.
...tra il 1894 e il 1914 • LA BANCA MISTA: • BANCO DI ROMA (1880 e 1905-06) • COMIT (1894) • CREDIT (1895) • SOCIETA’ BANCARIA ITALIANA (SBI) (1898)
...dalla nascita della banca mista alla I g.m. Superata la crisi del 1893-94, con il risanamento anche delle banche di emissione, il settore bancario italiano vide la nascita di nuove grandi banche ispirate alle grandi banche miste di tipo tedesco. Si trattava della BANCA COMMERCIALE ITALIANA (1894); del CREDITO ITALIANO (1895); della SOCIETA’ BANCARIA ITALIANA (1896); del BANCO DI ROMA (1880/1905-06). Le due ultime si connotano come gli anelli deboli delle banche miste. In Italia, come in Germania, questo tipo di banche andava a supplire ad un prerequisito mancante, cioè un capitalismo privato in grado di addossarsi il rischio dell’investimento industriale. La banca mista si poneva dunque come “fattore sostitutivo”, come canale di raccolta del risparmio diffuso per convogliarlo verso investimenti industriali. Queste 4 banche arrivarono a rappresentare il 57% dell’attivo di bilancio di tutte le società ordinarie di credito, nel 1906.