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Una relazione in tre parti

Le violenze giovanili nelle banlieues popolari francesi: dalla stigmatizzazione alla responsabilizzazione Manuel Boucher. Una relazione in tre parti. 1 – Ritorno sugli scontri del novembre 2005 : le ragioni della rabbia 2 – L’esperienza del ghetto 3 – verso una ricomposizione

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Presentation Transcript


  1. Le violenze giovanili nelle banlieues popolari francesi: dalla stigmatizzazione alla responsabilizzazione Manuel Boucher

  2. Una relazione in tre parti 1 – Ritorno sugli scontri del novembre 2005 : le ragioni della rabbia 2 – L’esperienza del ghetto3 – verso una ricomposizione delle politiche urbane ?

  3. 1 – Ritorno sugli scontri del novembre 2005 : • Elementi descrittivi • Dal 27 ottobre al 17 novembre, la Francia conosce i più importanti scontri urbani della sua storia contemporanea. • - morte di due giovani di Clichy-sous-Bois elettrizzati dopo un inseguimento con la polizia • - 21 notti di scontri • Un fenomeno di propagazione: all’inizio nella regione parigina poi in tutta la Francia, incidenti segnalati in circa 300 comuni • - Mobilitazione di 11500 poliziotti e gendarmi al giorno; 7 elicotteri impiegati • - 30 000 bidoni della spazzatura bruciati ; 10000 auto incendiate; • - Centinaia di edifici pubblici, negozi, bus devastati o bruciati ; • - Più di 5000 interpellanze ; 600 incarcerazioni, per la maggior parte con rito abbreviato ; • - Panico mediatico e politico; « coprifuoco » decretato l’8 novembre 2005 e prolungato fino al 4 gennaio 2006. • - Gli scontri sono scoppiati nelle « zone urbane sensibili » (751 nel 2005 rappresentanti circa 4,7 milioni di persone).

  4. Ritorno sugli scontri del 2005 :La propagazione degli scontri : la mediatizzazione di false idee

  5. 1 – Il modello esplicativo delle rivolte giovanili Le interpretazioni britanniche (Danièle Joly, 2007) • Gli « approcci marxisti » : le cause della rivolta sono strutturali, la rivolta è l’espressione radicalizzata della lotta di classe in un contesto di privatizzazione e destrutturazione dello Stato Sociale. I rivoltosi rappresentano il ritorno delle “classi pericolose” (alienazione, frustazione, marginalizzazione politica e sociiale). Le violenze sono considerate come un mezzo legittimo di protesta per ottenere una parte delle risorse e del potere. • Gli approcci dell’ « ingiustizia sociale e del razzismo » : la rivoltà è legata all’aumento dell’ingiustizia sociale aggravata dal razzismo e dalle discriminazioni, in un contesto di de-industrializzazione, di disoccupazione di massa (più intensa tra le minoranze etniche), di razzsimo endemico della polizia. • Gli approcci « funzionalisti »  : le rivolte sono considerate anzitutto come dei fenomeni di delinquenza. E’ una spiegazione che si fonda sul concetto di “marmaglia” (estremisti, trafficanti di droga, istigatori, trublions). Gli scontri corrispondo ad una strategia orchestrata dalla sub-cultura malavitosa che domina nei quartieri cosiddetti “sensibili”. Le sommosse non sono in alcun caso considerate come una richiesta di aiuto ma piuttosto un appello al saccheggio e alla distruzione. Lo scoppiare degli scontri è legato al deficit di socializzazione familiare e alla distrutturazione delle agenzie di socializzazione tradizionali (scuola e famiglia). In questa prospettiva la polizia è considerata l’ultimo baluardo contro i disordini.

  6. 2 Il modello esplicativo delle rivolte giovanili Le interpretazioni francesi(Frédéric Ocqueteau, 2007) Quattro approcci principali Le sommosse sono delle « rivolte protopolitiche» : si tratta di analisi di ispirazione marxista. Le sommosse sono delle « rivolte di protesta » da parte delle vittime del processo di ghettizzazione avviato da circa 20 anni nelle banlieues popolari francesi : si tratta di spiegazioni basate sui temi dell’« ingiustizia sociale e del razzismo ». Le sommosse sono l’espressione di « razionalità collettive » di due tipi : - In un caso, la sommossa è considerata come un’azione collettiva per fronteggiare l’umiliazione e le discriminazioni: la violenza delle rivolte dei “giovani di quartiere” incalzate quotidianamente dalla polizia costituisce una rivolta contro « le forze di oppressione». - nell’altro caso, le rivolte sono confuse con le « violenze urbane » gratuite prodotte da “casseurs” delinquenti (rioteux) pronti a distruggere per puro piacere. Essi cercano delle sensazioni forti, del « frisson » (Roché, 2006) ma allo stesso tempo calcolano il rapporto di forze che ingaggiano con la polizia.

  7. 1 – I modelli esplicativi delle rivolte giovanili Le interpretazioni francesi I primi tre approcci sottolineano che gli scontri devono essere pensati: • politicamente : si tratta di un rapporto tra la società dominante e le classi popolari, di solito quelle derivanti dall’immigrazione, disprezzate • razionalmente: si tratta di un’azione collettiva razionale, una sorta di reazione di fronte ad ingiustizie diventate insopportabili, • L’ultimo approccio (ricerca di sensazioni forti a carattere ludico per la co-produzione della violenza, dei giovani e della polizia) si inscrive in maniera più diretta nella prospettiva “criminologica” e funzionalista.

  8. 2 – L’esperienza del ghetto Le immagini del disordine Giovani “ribelli” « bande » di quartiere - estetica della violenza Predominanza del rapporto di forza – esacerbazione del rapporto noi/loro

  9. 2 – L’esperienza del ghetto • una dimensione quotidiana dominata dalla « galère » : • inedia, delusione, disincanto, attesa, sentimento di inutilità, • sentimento di ingiustizia, fatalismo • interiorizzazione della relegazione, della stigmatizzazione e • dell’etnicizzazione del quartiere • un’esperienza sopportabile perchè vissuta in gruppo •  l’esterno è uno « spazio freddo » ed escludente • il quartiere è uno « spazio caldo »: • rassicurante, socievole, conviviale, « le mura parlano » • « Le fait d’être dans un même endroit, de côtoyer les mêmes gens à force cela crée des liens. Que ce soit positif ou négatif cela crée toujours des liens. A force d’être dans le même lieu, même si des gars vont décider de faire des trucs dans le vice, ils vont être unis quand même, il y a un certain type de solidarité même si c’est dans la connerie. » • Un jeune “rebelle” rappeur

  10. 2 – l’esperienza del ghetto • I gruppi nel quotidiano : • Condividono l’esperienza individuale e collettiva, • il sentimento di appartenenza, « communauté de quartier », • l’importanza della temporalità : • Attività notturna, territorio occupato/militarizzato, • Terra di missione per i “promotori della moralità” • alcuni giovani percepiscono il quartiere come uno spazio di reclusione: • « Je ne critique pas les gens du quartier mais je trouve qu’ils ne sont pas assez ouverts. La plupart des gens du quartier ne sont pas assez curieux, ils sont dans un engrenage. Depuis que je suis parti d’ici (la Cité), je me suis dit : plus jamais les quartiers ! Au quartier, ils laissent pourrir les gens ! Même si par rapport à moi, il y a beaucoup de jalousie, j’ai saisi l’opportunité de quitter le quartier. » • Un jeune « débrouillard »

  11. 2 – L’esperienza del ghetto • l’interiorizzazione di codici singolari : • Inadattamento rispetto a nuove situazioni, conformismo delle condizioni, • Conformismo deviante, strategie di contro-stigmatizzazione • « Quand je suis sorti du quartier j’ai dû faire un effort pour apprendre un certain langage pour passer des diplômes. J’ai dû apprendre un langage que je n’avais jamais entendu. Quand je suis arrivé à Paris on me parlait, je disais : quoi ? quoi ? Tu peux répéter ? Les mecs ils me disaient, quoi tu comprends pas… Par contre, quand je leur parlais, ils ne me comprenaient pas non plus parce que moi je leur parlais mode ghetto et eux ils ne parlaient pas mode ghetto ! Quand ils me parlaient d’un truc que je ne comprenais pas, j’allais chercher la définition et je la gardais pour moi. Maintenant, lorsque j’utilise ces mots dans certaines de mes phrases, des personnes qui ne comprennent pas me disent : arrête de faire ton baratin, de te prendre pour un professeur, un scientifique. » • « A certains entretiens d’embauche, des mecs de quartier ne savent pas s’adapter. Certains se pointent avec une casquette alors que c’est considéré comme une manque de respect. » • Un jeune « débrouillard »

  12. 2 – L ’esperienza del ghetto • giovani che non si vedono come degli esclusi ma come dei “furbi” • « Nous on est des jeunes débrouillards. Même si on a pas de boulot on saura toujours se démerder pour trouver de l’argent. Mais il n’y a pas que le deal. Il y en a qui sortent des lignes de vêtement, d’autres qui vendent des albums de musique. C’est vrai certains vendent des plaquettes de shit mais c’est dans l’espoir de mettre de l’argent de côté pour partir sur un bon projet honnête. » Un jeune « rebelle » • in un contesto di marginalizzazione, i giovani cercano di superare in modo autonomo le loro difficoltà di inserimento: la maggior parte degli operatori sociali sono percepiti come degli impostori, ipocriti, incapaci di aiutarli ad inserirsi • « Les papys c’est des vendus. Ils ne sont pas là pour nous aider, ils sont juste là pour gratter de l’argent ou pour devenir maires. Ils se sont même fait poursuivre par la justice parce qu’ils grattaient l’argent des maisons de quartier.  »Un jeune « rebelle » d'origine africaine • « Ils (les papys) essaient de bien se faire voir. Quand ils font un truc, il y a toujours quelque chose derrière, ce n’est pas pour nous. Pour être honnête, personne fait quelque chose pour nous : c’est toi et ta galère. C’est la débrouille. » Un jeune « rebelle » d'origine africaine

  13. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano ? Una domanda centrale : Dopo gli scontri dell’autunno del 2005, esistono delle forme originali di policing che permettono agli attori sociali in interazione con i “ giovani ribelli” di sviluppare delle pratiche di intervento che favoriscano la regolazione sociale?

  14. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano ?

  15. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano? • Assenza di relazioni tra i giovani « ribelli» e gli attori sociali « istituzionali » • gli operatori sociali «dell’esterno » : • Distanza, paura dei giovani « chauds », priorità dell’assistenza agli adulti • gli operatori sociali « dell’ interno » : • Vivono nei quartieri e/o hanno un forte ancoraggio relazionale nella città • punti in comune con gli operatori sociali <<dell’interno » : • evolvono in strutture associative precarizzate; • in concorrenza gli uni con gli altri; • incapacità di regolare e/o capacità di ridestare le violenze giovanili; • etnicizzati e strumentalizzati politicamente;

  16. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano? • Il campo dell’internvento sociale è particolarmente • influenzato dalla logica etnica della pacificazione sociale • - La professionalizzazione del lavoro sociale è coincisa con un periodo di sviluppo dello stato sociale e di conflittualizzazione dei rapporti sociali; • In un contesto di diluizione dello stato sociale solidale e di ricomposizione del controllo sociale, si assiste ad un processo di complessificazione, precarizzazione, deprofessionalizzazione,ed etnicizzazione dell’azione sociale; • - Sviluppo dell’etnicizzazione, della razzizzazione degli operatori sociali di « origine straniera » in parallelo ad un processo di dualizzazione dell’intervento sociale

  17. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano? Attori sociali “traumatizzati” dalle rivolte Gli attori sociali (operatori sociali, membri delle associazioni, forze dell’ordine) svolgono delle funzioni « latenti » e « manifeste » orientate alla gestione dei disordini urbani In tale contesto non si pone la questione dell’inserimento e dell’inclusione dei giovani « ribelli» ma quella del processo di contenimento delle rivolte giovanili Nei quartieri popolari, lo “spettro delle rivolte” diviene la principale preoccupazione dell’azione pubblica.

  18. Verso una ricomposizione del policing urbano?

  19. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano? Nel filone delle analisi funzionaliste delle violenze urbane, il dibattito attuale sul policing urbano e sullo sviluppo della« polizia delle città » « police des villes », contribuisce a ripensare dei modi di intervento nuovi, più complessi e maggiormente capaci di produrre controllo sociale. Si tratta di adattare gli interventi alle situazioni locali e integrare gli abitanti nella “co-produzione” della sicurezza

  20. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano? In un contesto “ossessionato” dalle rivolte, gli attori sociali si mobilitano, innazitutto, per contenere i disordini urbani L’organizzazione dell’azione pubblica in un quadro politico sociale/sicuritario si traduce nella incorporazione degli attori sociali nella « police des villes » (polizia delle città).

  21. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano? • I dibattiti sul policing urbano • Rinnovamento e complessificazione delle modalità di intervento per produrre controllo sociale • - Integrazione degli abitanti nella co-produzione della sicurezza • Due principali strategie di gestione del rischio : • Territorializzazione delle politiche di sicurezza urbana (agire sulle persone)‏ • - Sviluppo della « prevenzione situazionale » (trattare i luoghi)‏

  22. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano? • L’azione « sulle persone » : • Ricomposizione del controllo sociale « comunitario>> • (Famiglie disgregate, istruzione deficitaria,…) • - Evitare la costituzione di gangs • Coivolgere gli abitanti per ristabilire il controllo sociale contributo alla sicurezza nelle strade

  23. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano? Costruire una «nuova prevenzione » Combinare la dissuasione e l’istruzione per lottare contro l’ insicurezza civile Cooperazione di partners tradizionali della « politique de la ville » (organismi dell’edilizia residenziale pubblica e popolare, polizia, magistratura, municipalità, servizi sociali, associazioni, abitanti)‏ Gli « abitanti» collaborano con i poteri pubblici e gli attori sociali para-pubblici contribuendo alla co-produzione della sicurezza

  24. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano? Sviluppare il capitale sociale Il capitale sociale come « risorsa » : - Dare speranza ai giovani dei quartieri popolari e farli partecipare alla ricchezza della vita urbana come fattore di pacificazione nelle città Il capitale sociale come « fattore di sviluppo » : - Favorire la costruzione di « relazioni orizzontali » orientati verso l’auto-controllo e l’auto-sorveglianza - Costituzione di « comunità locali » che si mobilitano contro l’anonimato, l’inciviltà e l’insicurezza

  25. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano? Il precetto della partecipazione La nostalgia del modello « comunitario classico »: - Si valorizza la creazione di « gruppi di vigilanza » - Si incentiva la denuncia di persone presumibilmente devianti - Ogni sconosciuto o individuo « non-conforme » è percepito come una potenziale minaccia Esempio nel quartiere della Madeleine : Delle madri di famiglia di origine sub-sahariana sono sistematicamente sollecitate dai mediatori sociali che collaborano con la polizia e il potere politico locale a “sorvegliare” i giovani « un pò troppo numerosi» che si riuniscono nella strada Regolarmente considerate come delle figure esemplari per la restaurazione dell’autorità genitoriale, queste madri sono spinte a denunciare i presunti “delinquenti” al fine di evitare la contaminazione degli altri giovani.

  26. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano? Il precetto della partecipazione L’emergere delle « comunità di responsabilità » depoliticizza gli attori sociali rispetto alla produzione strutturale dell’insicurezza : «l’internallizzazione» sposta le spiegazioni e le cause generali (politica, economica, sociale) dei fenomeni di violenza e di insicurezza verso gli individui La « partecipazione » degli abitanti dei quartieri di edilizia popolare nella gestione dei rischio delle rivolte giovanili : - « conscience malheureuse », nuova forma di dominazione - Subordinazione dell’individualità alla collettività normativa - Auto-pacificazione

  27. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano? • Co-produzione della sicurezza o • de-costruzione della solidarietà ? • L’ideologia della «polizia delle città » : • - Depoliticizza il dibattito sulla regolazione sociale • - s’inscrive nell’ambito dell’ideologia liberale-sicuritaria • - Contribuisce ad una classificazione dei « buoni» et dei « cattivi » abitanti • Complessificaizone delle tecniche del controllo • delle classi popolari « pericolose », dei « nemici dall’interno » • Le rivendicazioni degli abitanti, solitamente dei giovani, sono considerate come sediziose e non sono affrontate istituzionalmente o politicamente • - l’importante è militarizzare lo spazio e pacificare gli abitanti

  28. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano? • Co-produzione della sicurezza o de-costruzione della solidarietà ? • L’ideologia della « polizia delle città » : Gli abitanti « partecipativi» sono considerati come dei supplenti per viglilare e mantenere « l’ordine nella strada » Si tratta di pacificare l’insieme delle turbolenze amalgamate ad inciviltà, violenza e delinquenza. • Gli abitanti sono considerati come dei rappresentanti delle « comunità » e di alcune categorie (età, genere, etnia, religione,…). Essi sono sorvegliati e/o strumentalizzati nella produzione del controllo sociale locale (appelli alla denuncia, alla prevenzione dei rischi,…)‏ • Delegittimazione dell’idea cheè possibile combattere in profondità le logiche dell’esclusione, della stigmatizzazione e della discriminazione

  29. 3- Verso una ricomposizione del policing urbano? • Co-produzione della sicurezza o • de-costruzione della solidarietà ? • La co-produzione della sicurezza • non è la co-produzione della solidarietà • La prima considera gli individui definiti « per défaut » • come dei potenziali criminali da controllare e sorvegliare • La seconda considera gli individuicome degli attori-soggetti solidali e interdipendenti che si autonomizzano attraverso la conflittualizzazione dei rapporti sociali • La « polizia delle città » mira a “contenere” i nuovi esclusi • della mondializzazione • La «polizia delle città » si avvantaggia della decomposizione di una organizzaizone sociale basata sulla solidarietà collettiva. • Essa mira alla gestione del rischio rappresentato dalle popolazioni « anomaliques »

  30. 3-Verso una ricomposizione del policing urbano? • Rompere con il ritorno • dell’ideologia struttural-funzionalista • Necessità di ripensare il rapporto con gli abitanti dei quartieri popolari • - Riconoscimento degli individui liberi e autonomi, • capaci di conflittualizzare e politicizzare la loro mobilitazione • La spiegazione della violenza attraverso il “vuoto sociale” • non è più soddisfacente La violenza di alcuni giovani è innaznitutto la conseguenza del loro « conformismo deviante » • - Prigionieri di un’immagine svalorizzante (vittime) e stigmatizzante (violenti)‏ • - il problema è l’iper-integrazione in uno spazio ghettizzato • Gli attori sociali devono rompere con le logiche normative • e di stigmatizzazione • - “Fabbricare” il conflitto, privilegiare gli spazi di “conflittualizzazione” • - Soggettivazione e riconoscimento

  31. La « polizia delle città », una soluzione per favore la mobilità sociale dei giovani che vivono l’ esperienza del ghetto? • Dal lato del sistema : • - Intensificazione ecomplessificazione del controllo sociale • nei quartieri popolari Una molteplicità di attori sociali cerca di co-produrre la pacificaizone sociale • (Stato, comuni, dipartimenti, associazioni, organismi degli alloggi popolari, • polizia, organismi parapubblici, abitanti , ecc.) • - Una molteplicità di logiche di azione • (assistenza, socializzazione, repressione, mediazione, etnicizzazione, ecc.) • - Una pluralità di spazi di intervento • (Sociale, culturale, urbano) • Si tratta di neutralizzare le capacità di creare disordine di persone e di determinati gruppi sociali e culturali

  32. La « polizia delle citta », una soluzione per favorire la mobilità sociale dei giovani che vivono l’esperienza del ghetto? Nella riorganizzazione dello Stato sociale/sicuritario, i quartieri popolari giocano un ruolo ben preciso - Produrre il sentimento di insicurezza, il razzismo e la violenza - Legittimare lo sviluppo di una società di tipo liberale/sicuritaria Nei giovani dei quartieri popolari urbani, questa dinamaica produce degli effetti: - Sentimento di ingiustizia, dominazione, riproduzione sociale - Produzione di violenza simbolica, fisica, morale, psicologica,…

  33. Mentre i quartieri popolari costituiscono l’oggetto delle politiche « correttrici » da circa un trentennio, i processi di stigmatizzazione sono diventati routinari Gli abitanti dei quartieri popolari, in particolare i giovani, non sono solo trumentalizzati, ma rischiano di essere reificati e disumanizzati. Essi possono diventare l’oggetto del processo di reificazione : l’oblio del riconscimento degli individui reificati consente c he questi subiscano la violenza.

  34. E’ possibile cancellare la reificazione dei giovani dei quartieri popolari urbani ? • Dal lato degli attori: • Interventi sociali che stabiliscono una intereazione/relazione specifica • - rispetto, riconoscimento reciproco, contro-stigmatizzazione, soggettivazione • - sviluppo dello spirito critico, emancipazione • - rifiuto dell’imposizizone di un rapporto sociale di dominazione • Essi sono costretti a produrre una forma • di « sur-engagement » per « salvare la pelle » • - esaurimento, alienazione, assoggettamento • Gli attori sociali che intervengono devono sollevare delle sfide • - Combattere il processi di « reificazione reciproca » • Ricosruire un progetto politico in materia di solidarietà collettiva • - Sviluppare gli spazi di costruzione di rapporti di riconoscimetno reciproco e soggettivazione • - Sprigionare ambiti di « creatività » personale

  35. La complessificazione del controllo sociale

  36. La ghettizzazione urbana :sintomo o alibi di un trattamento securitario della “questione sociale” ? Ghettizzazione e stigmatizzazione dei quartieri popolari urbani Sviluppo del conformismo deviante e delle pratiche delinquenziali giovanili Legittimazione delle risposte repressive e dell’auto-controllo Rafforzamento delle logiche di reificazione reciproca e co-produzione della violenza (auto-profezia che si avvera)‏ Legittimazione del rafforzamento delle pratiche securitarie negli spazi di ghettizzazione e non solo “Dérapage” capovolgimentodello stato di diritto (Castel, 2003)‏

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