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Vanni Codeluppi

Presentazione del volume di Vanni Codeluppi: Ipermondo. Dieci chiavi per capire il presente, Roma-Bari, Laterza, 2012. Vanni Codeluppi.

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Presentation Transcript


  1. Presentazione del volume di Vanni Codeluppi:Ipermondo.Dieci chiavi per capire il presente,Roma-Bari, Laterza, 2012.

  2. Vanni Codeluppi Sociologo, si occupa principalmente di consumi, media e cultura di massa. È docente presso la Facoltà di Scienze della comunicazione e dell’economia dell’Università di Modena e Reggio Emilia, dopo aver insegnato nelle Università di Urbino, Palermo e IULM di Milano. Tra le sue numerose pubblicazioni: Consumo e comunicazione (Franco Angeli 1989); Il potere della marca (Bollati Boringhieri 2001); Che cos’è la moda (Carocci 2002); La vetrinizzazione sociale (Bollati Boringhieri 2007); Il biocapitalismo (Bollati Boringhieri 2008); Tutti divi. Vivere in vetrina (Laterza 2009); Il ritorno del medium (Franco Angeli 2011); Stanno uccidendo la tv (Bollati Boringhieri 2011).

  3. Premessa:Definire la nostra epoca

  4. Definire la nostra epoca Provare a descrivere l’epoca in cui stiamo vivendo non è un’operazione semplice. Appare difficile infatti anche solo individuare un termine per definirla. Come è noto, le epoche storiche sono solitamente denominate secondo una tradizionale, quanto convenzionale, linea del tempo:

  5. II I I II III IV V VI VII VIII IX X XI XII XIII XIV XV XVI XVII XVIII XIX XX XXI La convenzionale linea del tempo Nascita di Cristo 476 1492 1815 Oggi a.C. d.C. Etàmoderna Età antica Etàcontemporanea Medioevo Alto Basso

  6. Definire la nostra epoca Siamo soliti dunque definire genericamente la nostra epoca “età contemporanea”. Appare però evidente che un periodo storico che copre circa due secoli e attraversa profonde trasformazioni sociali non può essere definito sotto un’unica ‘etichetta’. Per questo motivo storici, filosofi e sociologi da alcuni anni a questa parte hanno coniato nuovi termini per cercare di definire e descrivere i tratti caratteristici del presente.

  7. Definire la nostra epoca Tra le numerose definizioni adottate, ricordiamo le seguenti: • Società postmoderna (Lyotard, 1979) • Seconda modernità (Beck, 1986) • Modernità riflessiva (Giddens, 1991) • Surmodernità (Augé, 1992) • Modernità liquida (Bauman, 2000)

  8. Lyotard Jean-François Lyotard (1924 – 1998) La Condition postmoderne: rapport sur le savoir (1979); tr. it.: La condizione postmoderna: rapporto sul sapere, Milano, Feltrinelli, 1981. Lyotard ritiene che alla modernità sia subentrata un’epoca definita “postmoderna”.

  9. La modernità • Economia di mercato e capitalistica. • Accentuata urbanizzazione. • Stato nazione. • Razionalizzazione. • Secolarizzazione.

  10. La modernità • Credenza nelle visioni onnicomprensive e legittimanti (grandi narrazioni). • Culto del nuovo (uso della categoria del superamento). • Dominio della natura ed esaltazione della scienza. • Uso della categoria di unità e totalità.

  11. Postmodernità • Relativismo etico. • Esaltazione del soggettivismo. • Flessibilità e frammentazione socioculturale. • Condizione di perenne dinamismo e cambiamento sociale.

  12. Postmodernità • Sfiducia nelle grandi narrazioni (illuminismo, idealismo, marxismo). • Rifiuto dell’enfasi del nuovo. • Abbandono dell’idea di progresso necessario. • Rifiuto della mentalità scientista. • Ricorso al paradigma della molteplicità. • Pratiche incentrate sulla differenza e sulla frammentazione.

  13. Beck Ulrich Beck (1944) Risikogesellschaft (1986); tr. it.: La società del rischio, Roma, Carocci, 2000. Beck distingue una prima e una seconda modernità. Prima modernità dalla nascita del capitalismo industriale fino alla seconda guerra mondiale. Seconda modernità  dagli anni Cinquanta ad oggi.

  14. Prima modernità • Espansione economica. • Scoperte scientifiche. • Innovazioni tecnologiche. • Nascita di una nuova classe sociale: la classe operaria. • Organizzazione sociale e orizzonte di credenze religiose di carattere premoderno (sostanziale conservazione di tradizionali appartenenze culturali, identità di genere e strutture familiari).

  15. Seconda modernità • Crisi delle antiche certezze. • Confronto con le conseguenze dell’esaurimento delle risorse esterne e interne. • Presenza sempre più ingestibile di effetti collaterali dell’industrialismo (scorie radioattive, rifiuti tossici etc.). • Necessità di rimediare agli effetti collaterali che la razionalità economica può produrre e necessità di valutare prima le possibili conseguenze negative di scelte da fare.

  16. Giddens Anthony Giddens (1938) Modernity and Self-Identity. Self and Society in the Late Modern Age (1991); tr. it.: Identità e società moderna, Napoli, Ipermedium, 1999. Giddens parla di “modernità radicalizzata” e/o “modernità riflessiva” per descrivere la tendenza delle società odierne a estremizzare tendenze già in atto fin dalla prima fase della modernità.

  17. Modernità riflessiva Dinamismo della società in virtù dell’azione di quattro attori collettivi: • Movimenti sindacali contro il capitalismo. • Movimenti per la libertà di parola contro la sorveglianza (controllo dell’informazione e supervisione sociale). • Movimenti pacifisti contro il potere militare. • Movimenti ecologisti contro l’industrialismo.

  18. Modernità riflessiva • Democratizzazione. • Individualizzazione e autonomia dell’individuo. • Necessità di una “riflessività” sia a livello individuale che a livello istituzionale (capacità di districarsi nei contraddittori processi del moderno).

  19. Augé Marc Augé (1935) Non-lieux. Introduction à une anthropologie de la surmodernité (1992); tr. it. di Dominique Rolland: Non luoghi. Introduzione a una antropologia della surmodernità, Milano, Elèuthera, 1993. L’antropologo Augé per definire la nostra epoca ha coniato il termine surmodernité (surmodernità o supermodernismo).

  20. Surmodernità • Accelerazione del tempo (sovrabbondanza di avvenimenti del mondo contemporaneo). • Trasformazione dello spazio (restringimento del pianeta grazie allo sviluppo dei mezzi di trasporto rapido. In questa dimensione nascono e si moltiplicano i non-luoghi). • Eccesso di ego (l’individuo si considera un mondo a sé. Tutto ruota attorno alle proprie esigenze).

  21. Bauman Zygmunt Bauman (1925) Modernity and the Holocaust (1989); tr. it.: Modernità e olocausto, Bologna, Il Mulino, 1992; Liquid Modernity (2000); tr. it.: Modernità liquida, Roma-Bari, Laterza, 2002. Dopo aver utilizzato nei primi anni Novanta il termine “postmodernità”, Bauman ha introdotto a cavallo tra il vecchio e il nuovo secolo una delle definizioni della nostra epoca (“Modernità liquida”) che ha avuto maggiore diffusione tra i mass media, non senza numerosi fraintendimenti. Il sociologo di origine polacca, alla fine degli anni Ottanta, aveva inoltre offerto una lettura originale della cosiddetta “modernità”.

  22. Modernità La modernità per Bauman è un modo di interpretare il mondo come un campo governabile con azioni razionali. È caratterizzata da una fede nella conoscenza scientifica e da una profonda fiducia nel diritto e in una morale fondati sulla ragione. Ma la razionalità che sta a fondamento della modernità è una razionalità ‘utilitaristica’, caratterizzata da quello spirito calcolistico ben descritto da Weber. La ricerca della massima efficienza coincide con uno strumento di dominio.

  23. Modernità La ricerca dell’ordine si accompagna anche alla volontà di chiusura e di esclusione nei confronti di chi si sottrae alla presa della razionalità strumentale, che dell’ordine moderno è la base. La natura disciplinare del potere moderno passa attraverso il controllo dei corpi e la sorveglianza. Mentre una parte della popolazione viene ritenuta idonea ad agire in conformità all’ordine sociale, l’altra, quella degli ‘imperfetti’, viene presa in carico da autorità esperte – guardie carcerarie, medici, insegnanti… – che si occuperanno di far loro ‘generare’ le condotte desiderate. Carmen Leccardi, Zygmunt Bauman: sociologia critica e impegno etico nell’epoca della globalizzazione, in Ghisleni Maurizio – Walter Privitera, Sociologie contemporanee, Torino, UTET, 2009.

  24. Modernità La modernità non è solo una civiltà costruita sulla razionalità, il dinamismo e la conoscenza scientifica. Essa è anche una società coscientemente diseguale. Rovesciando le interpretazioni ricorrenti della Shoah, che hanno sempre sostenuto l’unicità e la specificità tedesca del fenomeno parlando di ‘fallimento’ della modernità, Bauman ritiene invece che “la Germania fece quello che fece a causa di ciò che condivide con noi”, non a causa di ciò che la differenzia. La Shoah è dunque il prodotto della modernità. Leccardi, Zygmunt Bauman: sociologia critica e impegno etico nell’epoca della globalizzazione, cit.

  25. Modernità Auschwitz è l’estrema conseguenza del perverso intreccio tra ingegneria sociale e razionalità strumentale (Bauman parla di “fordismo assassino”). Nella modernità, il genocidio si configura come elemento di ingegneria sociale consonante con il progetto di una società che si batte per eliminare ‘sporco’ e ‘disordine’. Per costruire armonia e ordine, l’isolamento, l’allontanamento o, come misura estrema, lo sterminio delle categorie di persone “per le quali lo schema ordinativo non prevede un posto” può essere contemplato. In questo senso l’Olocausto appare come un aspetto ‘interno’ alla modernità piuttosto che come sua terribile anomalia. Leccardi, Zygmunt Bauman: sociologia critica e impegno etico nell’epoca della globalizzazione, cit.

  26. Modernità liquida Bauman trae la metafora della “liquidità” dal Manifesto del Partito comunista. Marx ed Engels utilizzano l’espressione “fusione dei corpi solidi” per alludere al potere del capitalismo moderno di minare alle fondamenta ogni tradizione, di dissolvere nell’aria le spoglie del passato. Ma l’azione del capitalismo, secondo Marx ed Engels, prelude alla creazione di nuovi corpi solidi e nuove fondamenta. Leccardi, Zygmunt Bauman: sociologia critica e impegno etico nell’epoca della globalizzazione, cit.

  27. Modernità liquida Nella “modernità liquida”, invece, alla fase della liquefazione non fa seguito alcuna nuova fusione. Il vecchio ordine non è sostituito da un ordine alternativo, ma da un’incertezza che pervade mondo sociale e vite individuali insieme, generando un’ansia diffusa. Leccardi, Zygmunt Bauman: sociologia critica e impegno etico nell’epoca della globalizzazione, cit.

  28. Modernità liquida • Liquefazione dei legami sociali. • Impossibilità di trasformare le scelte dei singoli in azioni e progetti collettivi. • Assenza di punti di riferimento sociali. • Società “individualizzata”. • Rifiuto di responsabilità personali. • Neoliberismo. • Perdita della stabilità lavorativa. • Trasformazione del cittadino in consumatore.

  29. Definire la nostra epoca Vanni Codeluppi, Ipermondo. Dieci chiavi per capire il presente, Roma-Bari, Laterza, 2012. Vanni Codeluppi propone di utilizzare il termine “ipermodernità” perché ritiene che l’attuale società sia ancora chiaramente moderna. Parlare di “post-modernità” significherebbe infatti indicare una realtà totalmente diversa. Con “ipermodernità” si intende una modernità portata all’eccesso.

  30. Ipermodernità

  31. Ipermodernità Codeluppi, Ipermondo, cit. La società attuale appare essere fondata su beni sempre più astratti. “A prima vista sembrerebbe che siano state le tecnologie digitali e biologiche comparse negli ultimi decenni a rendere sempre più astratta la società.” “Tali tecnologie però non hanno fatto altro che accelerare un processo di ‘spiritualizzazione’ della materia che è in corso da diversi secoli, cioè da quando è nato il modello capitalistico di produzione.”

  32. Ipermodernità Codeluppi, Ipermondo, cit. Il processo di astrazione riguarda in primo luogo il capitale stesso. “Il capitale infatti, come è stato efficacemente spiegato sia da Karl Marx che da Georg Simmel, possiede una natura quantitativa e impersonale che gli attribuisce la capacità di assumere qualsiasi forma e di propagarsi nel mondo qualitativo del valore d’uso e dei bisogni degli esseri umani.” Nel corso del tempo la ricchezza economica “è diventata sempre più mobile e leggera, assumendo ad esempio le forme del credito, della finanza e della moneta elettronica che circola nelle reti informatiche.”

  33. Ipermodernità Codeluppi, Ipermondo, cit. “Nel corso dei secoli, anche la materia fisica ha vissuto un processo di astrazione in conseguenza dell’analogo processo subito dal capitale. I beni hanno progressivamente arricchito la loro capacità di produrre significati, sviluppando le componenti comunicative e immateriali a scapito di quelle puramente materiali.” I progressi dell’elettronica hanno poi reso particolarmente evidente il processo di smaterializzazione degli oggetti.

  34. Ipermodernità Codeluppi, Ipermondo, cit. Il sistema capitalistico ha inoltre cercato “di creare un unico grande mercato in grado di consentire la libera circolazione e di migliorare progressivamente la sua resa produttiva accelerando tale circolazione e quindi il lavoro richiesto agli esseri umani, che sono i protagonisti attivi dei flussi economici e circolatori della società” “Di conseguenza, nelle società ipermoderne la cultura sociale, anche grazie alle possibilità offerte dalle nuove tecnologie del trasporto e della comunicazione, accelera progressivamente la sua velocità.”

  35. Ipermodernità Codeluppi, Ipermondo, cit. “Le ricerche ci dicono che nel mondo occidentale, dall’inizio del Novecento a oggi, gli individui hanno perso mediamente 90 minuti di sonno per inseguire tali ritmi.” L’alterazione dei cicli naturali dell’organismo determina anche l’insonnia che oggi colpisce una persona su tre.

  36. Ipermodernità Codeluppi, Ipermondo, cit. Nell’epoca dell’ipermodernità assistiamo alla: • Mercificazione della cultura. • Culturalizzazione della merce. “Mercificazione della cultura perché quest’ultima si è fatta mercato, dunque abnorme offerta di informazioni, immagini, suoni, prodotti e marche da consumare. Culturalizzazione della merce perché quest’ultima ha progressivamente arricchito la sua capacità di creare significati e valori e di farli circolare nella società.”

  37. Ipermodernità Codeluppi, Ipermondo, cit. “Sull’industria culturale è celebre l’analisi critica condotta dai filosofi francofortesi Max Horkheimer e Theodor W. Adorno nel volume Dialettica dell’Illuminismo.” Max Horkheiner – Theodor W. Adorno, Dialektik der Aufklärung. Philosophische Fragmente (1947); tr. it. di Renato Solmi: Dialettica dell’Illuminismo, introduzione di Carlo Galli, 4a ed., Torino, Einaudi, 1997 (1a ed. 1966).

  38. Ipermodernità Nella Dialektik der Aufklärung l’Illuminismo non è inteso come epoca storico-culturale determinata, ma come il complesso degli atteggiamenti tesi a dominare e trasformare la natura. Quella che si critica è la “ratio” strumentale, di derivazione illuministica, che nel mondo occidentale è diventata sinonimo di utilitarismo economico e totalitarismo. L’industria culturale è industria del divertimento che, in epoca capitalistica, costituisce di fatto un prolungamento del lavoro.

  39. Ipermodernità “I prodotti dell’industria culturale possono contare di essere consumati alacremente anche in uno stato di distrazione. Ma ciascuno di essi è un modello del gigantesco meccanismo economico che tiene tutti sotto pressione fin dall’inizio, nel lavoro e nel riposo che gli assomiglia.” Max Horkheiner – Theodor W. Adorno, Dialettica dell’Illuminismo, cit..

  40. Ipermodernità L’industria culturale crea bisogni a cui le masse non riescono a sottrarsi. Per l’industria culturale i fruitori sono soltanto clienti privi di individualità. Nel modo di produzione capitalistico la cultura viene venduta come qualsiasi altra merce.

  41. Ipermodernità • I prodotti culturali, i film, i programmi radiofonici, le riviste testimoniano la stessa razionalità tecnica, lo stesso schema di organizzazione e di pianificazione del management della fabbricazione in serie di automobili e di progetti urbanistici. • I media costituiscono un sistema la cui offerta è solo • apparentemente diversificata. • L’industria culturale si presenta come un sistema compatto e integrato per la produzione di “merci culturali”. • Il valore di sacralità ed unicità dell’oggetto artistico viene sostituito dalla “standardizzazione” e della “ripetizione” (una produzione seriale, sul modello della grande fabbrica “fordista”). Parlano di industriaculturale per distinguerla dalla cultura di Parlano di industriaculturale per distinguerla dalla cultura di massa e per escludere che si tratti di una cultura che massa e per escludere che si tratti di una cultura che scaturisce dalle masse stesse. scaturisce dalle masse stesse. La produzione di prodotti culturali segue la stessa logica di La produzione di prodotti culturali segue la stessa logica di ogni altra produzione industriale. I prodotti culturali, i film, i ogni altra produzione industriale. I prodotti culturali, i film, i programmi radiofonici, le riviste testimoniano la stessa programmi radiofonici, le riviste testimoniano la stessa razionalità tecnica, lo stesso schema di organizzazione e di razionalità tecnica, lo stesso schema di organizzazione e di pianificazione del management della fabbricazione in serie pianificazione del management della fabbricazione in serie di automobili e di progetti urbanistici. di automobili e di progetti urbanistici. I media costituiscono un sistema la cui offerta è solo I media costituiscono un sistema la cui offerta è solo apparentemente diversificata apparentemente diversificata

  42. Ipermodernità Nell’industria culturale i processi comunicativi sono unidirezionali. Il fruitore perde il senso critico. L’industria culturale segna la morte dell’arte. L’industria culturale è quel complesso di strumenti con cui il sistema sociale veicola un determinato insieme di valori e un determinato modello di comportamento. I mass media non sono veicoli imparziali: essi trasmettono ideologia indipendentemente dai contenuti particolari. i processi comunicativi sono unidirezionali; i processi comunicativi sono unidirezionali; i processi comunicativi sono unidirezionali; il fruitore perde il senso critico il fruitore perde il senso critico il fruitore perde il senso critico

  43. Ipermodernità “L’amusementè il prolungamento del lavoro nell’epoca del tardo capitalismo. Esso è cercato da chi aspira a sottrarsi al processo lavorativo meccanizzato per essere poi di nuovo in grado di affrontarlo e di essere alla sua altezza. Ma nello stesso tempo la meccanizzazione ha acquistato un potere così grande sull’uomo che utilizza il suo tempo libero e sulla sua felicità, essa determina in modo così integrale la fabbricazione dei prodotti di svago, che egli non è più in grado di apprendere e di sperimentare altro che le copie e le riproduzioni dello stesso processo lavorativo. Il preteso contenuto e solo un esile pretesto: ciò che si imprime realmente negli animi è una sequenza automatizzata di operazioni prescritte.” Horkheiner – Adorno, Dialettica dell’Illuminismo, cit.

  44. Ipermodernità “Al processo lavorativo nella fabbrica e nell’ufficio si può sfuggire solo adeguandosi ad esso nell’ozio. Da questo vizio originario è affetto incurabilmente ogni amusement. Il piacere del divertimento si irrigidisce in noia, poiché, per poter restare piacere, non deve costare altri sforzi, e deve quindi muoversi strettamente nei binari delle associazioni consuete. Lo spettatore non deve lavorare di testa propria; il prodotto gli prescrive ogni reazione: non in virtù del suo contesto oggettivo (che si squaglia, appena si rivolge alla facoltà pensante), ma attraverso una successione di segnali. Ogni connessione logica, che richieda per essere afferrata, un certo respiro intellettuale, è scrupolosamente evitata.”

  45. Ipermodernità “Divertirsi significa essere d’accordo. […] Divertirsi significa ogni volta: non doverci pensare, dimenticare la sofferenza anche là dove viene esposta e messa in mostra. Alla base del divertimento c’è un sentimento di impotenza. Esso è, effettivamente, una fuga, ma non già, come pretende di essere, una fuga dalla cattiva realtà, ma dall’ultima velleità di resistenza che essa può avere ancora lasciato sopravvivere negli individui. La liberazione promessa dall’amusement è quella dal pensiero come negazione. L’impudenza della domanda retorica, ‘Ma guarda un po’ che cosa vuole il pubblico!’, consiste nel fatto che ci si appella, come a soggetti pensanti,a quelle stesse persone che l’industria culturale ha il compito specifico di disavvezzare dalla soggettività.”

  46. Ipermodernità Codeluppi, Ipermondo, cit. “In anni recenti, i sociologi inglesi Scott Lash e Celia Lury hanno cercato di aggiornare l’interpretazione di Horkheimer e Adorno attraverso una ricerca che hanno condotto a livello internazionale sulle merci dell’industria culturale (Scott Lash – Celia Lury, Global Culture Industry: The Mediation of Things, Cambridge, Polity Press, 2007). Ne è derivato che merci come i film Trainspotting o Toy Storysono oggi principalmente caratterizzate da un processo non più di omogeneizzazione, ma di differenziazione.”

  47. Ipermodernità Codeluppi, Ipermondo, cit. “Infatti, mentre nell’analisi dei sociologi tedeschi l’industria culturale definiva in maniera rigida le merci culturali, le quali erano ricevute e interpretate passivamente dai loro destinatari, nell’attuale industria culturale globale gli oggetti culturali sono indeterminati, perché si trasformano nel corso dei molteplici processi di circolazione sociale che li riguardano e proprio grazie a questa trasformazione possono acquisire un valore economico.”

  48. Ipermodernità Codeluppi, Ipermondo, cit. “Ciò è possibile perché il funzionamento dell’odierna industria culturale globale si basa, più che sulle singole merci, su oggetti totalmente comunicativi come le marche, le quali si caratterizzano per la loro capacità di dare vita a relazioni sociali e per il loro possesso di una storia e una memoria, grazie alle quali sono in grado di alimentare l’identità dei prodotti.” “Le marche si contraddistinguono soprattutto perché riescono a operare attraverso la differenziazione: ognuna di esse produce infatti valore economico grazie alla sua capacità di essere differente dalle marche concorrenti.”

  49. Ipermodernità Codeluppi, Ipermondo, cit. Oggi “ci troviamo all’interno di un ‘capitalismo cognitivo’ perché sono soggetti comunicativi come le marche a produrre valore, così come nel capitalismo industriale a svolgere lo stesso compito era la fabbrica.” Indubbiamente anche il capitalismo cognitivo cerca di procedere a una forzata acculturazione al modello di consumo proprio dell’occidente. È questo il fenomeno che è stato definito “globalizzazione”.

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