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Le leggi della maldicenza La parola del Rabbino Capo Regola 4 A. Torniamo ora all’argomento iniziale. Da ciò che abbiamo scritto all’inizio della Regola, apprendiamo che è vietato dire del male e raccontare i difetti del prossimo. Per esempio, che si è visto qualcuno riempirsi di orgoglio, o infuriarsi a torto, o altri vizi, ché questa è senz’altro una critica bella e buona. E anche se corrisponde al vero, chi sa se non abbia già fatto ammenda, e il suo cuore non sia amareggiato per via di questi spregevoli difetti? E perfino se si vede che è abituato a questi brutti difetti, e non se ne dispiace, malgrado ciò è vietato deriderlo, perché forse non è al corrente della gravità del divieto. La ragione è che possiamo davvero osservare molte persone, tra cui anche alcune devote alla Torà, che non considerano quegli spregevoli difetti come un divieto così importante, come invece si presentano veramente a chi li studia nei testi e nei discorsi dei nostri Maestri, ma soltanto come una cosa impropria; e forse anche questo trasgressore la pensa così, e se conoscesse la gravità dei divieti come (la conoscono) loro (cioè i suoi critici), può darsi che farebbe il massimo sforzo per non trasgredirli, come è scritto nel Talmùd Bavlì (Shabbàth 69°) “Se si è commesso inavvertitamente un (peccato punibile con il) karèt, e si è trasgredito di proposito soltanto un precetto negativo (cioè un peccato semplice), il risultato (delle due componenti di questa azione) è (soltanto) un peccato involontario”. Al contrario, quando si vede qualcuno abituato ai brutti difetti di cui sopra, bisogna rimproverarlo e informarlo della gravità dei divieti corrispondenti, e in questo modo adempierà al precetto positivo “Rimprovera il prossimo”, e forse questi ammetterà di essere nel torto. Ma per ora, egli crede di essere nel giusto, come è scritto: “All’uomo, ogni via pare dritta”. Perciò è vietato ritenerlo un malvagio (in base) alle sue azioni e andare e raccontarle. (Liberamente tratto da “Le leggi della maldicenza” del Chafètz Chaìm, 2007) • ‘Éqev La Torà ci promette che quando daremo ascolto ai comandi divini, seguiremo la strada da Lui indicata, Ha-Qadòsh Barùkh Hu’, con un atto di amore, ci benedirà, ci darà abbondanza numerica ed economica, eccetera. Questa promessa, però, contiene alla sua stessa base un problema: noi sappiamo che, come ammoniscono i Maestri, non si deve compiere il proprio dovere allo scopo di ottenere una ricompensa, tanto più che, come è detto nella Ghemarà’ in Qiddushìn 39b, “la ricompensa delle mitzwòth non è in questo mondo”. Ma allora, perché la Torà ci promette la ricompensa della nostra osservanza? La possibile soluzione sta nel fatto che probabilmente qui non si parla affatto di una ricompensa, si parla di un atto d’amore divino: “Egli ti ama, ti benedirà, ti moltiplicherà ….”. Quando si ama, si ha il piacere di regalare qualcosa al di là di ogni motivazione. Tutta questa benedizione, quest’abbondanza che ci viene promessa, è solo un regalo “gratuito”. La ricompensa (che non è di questo mondo) sarà ben altra cosa! Rav Elia Richetti
בס"ד תורת היום settimanale no. 223 I MAESTRI DELL'EBRAISMO ITALIANO 18 Av 5769 8 Agosto 2009 • Rav Avrahàm Provenzal • Visse a Mantova nel sedicesimo secolo e fu il maestro di ‘Azaryà De’Rossi e di Avrahàm Portaleone; quest’ultimo, nei suoi scritti, ne elogia la scienza sia in ambito di Torà e Talmud, sia in Latino, filosofia e medicina. Laureato in filosofia e medicina nel 1563, fu presto rinomato per le sue capacità mediche. Fu Rabbino anche a Ferrara ed in altre città, e tentò, insieme a suo padre, di aprire un’università di facoltà scientifiche ed ebraiche, nella quale le scienze fossero funzionali alla promozione delle scienze ebraiche. La Torà del Giorno A cura dell’Ufficio Rabbinico di Venezia La Parashà della settimana: ‘Èqev Acc. lumi ore: 20.12 Uscita ore: 21.19 AVVENIMENTI DELLA SETTIMANA Mercoledì: ואכלת ושבעת וברכת Mazal Tov benedizione del pasto