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25.00. Santa Caterina da Siena. A frate Raimondo da Capua . dei predicatori in Genova. Lettera 344. Con desiderio di vedere in voi il lume della santissima fede: il quale lume ci mostra la via della verità. Al nome . d i Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
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A frate Raimondo da Capua dei predicatori in Genova Lettera 344
Con desiderio di vedere in voi il lume della santissima fede: il quale lume ci mostra la via della verità
Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce
Carissimo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere in voi il lume della santissima fede: il quale lume ci mostra la via della verità; e senza questo lume veruno nostro esercizio né veruno desiderio o operazione non verrebbe a frutto; né a quel fine per il quale cominciassimo ad operare; ma ogni cosa verrebbe imperfetta, lenti saremmo nella carità di Dio e del prossimo.
La ragione è questa; che pare che tanto sia l'amore, quanta è la fede, e tanta la fede, quanto l'amore. Chi ama, è sempre fedele a colui che egli ama; e fedelmente lo serve fino alla morte. A questo mi avvedo io che in verità io non amo Dio né le creature per Dio; che se in verità io l'amassi, io sarei fedele per siffatto modo, che io mi metterei alla morte mille volte il dì, se fosse bisogno e possibile, per gloria e lode del nome suo, e non mi mancherebbe fede; perché per amore di Dio e della virtù e della santa Chiesa mi metterei a sostenere.
Onde io crederei che Dio fosse il mio adiutorio e il mio difensore, siccome egli era di quei gloriosi martiri che con allegrezza andavano al luogo del martirio. Se io fossi fedele, non temerei; ma terrei di fermo, che quel Dio è per me che è per loro; e non è infermata la potenza sua a potere, sapere e voler provvedere alla mia necessità.
Ma perché io non amo, non mi confido in lui in verità; ma in me il timore sensitivo mi dimostra che tiepido sia l'amore, e offuscato il lume della fede con la infedeltà verso il mio Creatore, e col fidarmi di me. Confesso, e non lo nego, che questa radice ancora non è dibarbicata dall'anima mia; e però sono impedite l'operazioni che Dio mi vuole fare o mettere nelle mani, che non giungono a quel fine lucido e fruttuoso per il quale Dio le fa cominciare.
Oimè, oimè, Signor mio; guai a me misera! E mi troverò io in ogni tempo, in ogni luogo e in ogni stato così? Chiuderò io sempre con la mia infedeltà la via alla provvidenza tua? Sì bene; se già tu per la tua misericordia non mi disfai e rifai di nuovo. Adunque, Signore, disfammi, e rompi la durezza del cuore mio, acciocché io non sia strumento che guasti le tue operazioni.
E prego voi, carissimo padre, che ne preghiate strettamente, acciocché io insieme con voi ci anneghiamo nel sangue dell'umile Agnello, il quale ci farà forti e fedeli. Sentiremo il fuoco della divina carità: saremo facitori con la Grazia sua, e non disfacitori né guastatori. Così mostreremo d'essere fedeli a Dio, e confidarci nell'adiutorio suo, e non in nostro sapere, né in quello degli uomini.
Con questa medesima fede ameremo la creatura; perché come la carità del prossimo procede dalla carità di Dio, così la fede in comune e in particolare, cioè dell'amore che generalmente dobbiamo avere ad ogni creatura, è una fede generale, così è una fede particolare di quelli che più strettamente s'amano insieme: come questo, che, oltre all'amore comune, ha posto tra noi un amore stretto particolare, il quale amore dimostra la fede.
E tanta ne mostra, che non può credere né immaginare che egli voglia altro che il suo bene; e con sollecitudine crede, che lo cerchi con grandissima istanza nel cospetto di Dio e delle creature, cercando in lui sempre la gloria del nome di Dio e utilità dell'anima sua; stringendo l'adiutorio divino, che come egli aggiunge i pesi, così aggiunga fortezza e lunga perseveranza.
Questa fede porta colui che ama; e per nessuna cosa la diminuisce mai, né per detto di creatura, né per illusione del dimonio, né per mutazione di luogo. E chi fa altrimenti, segno è che ama Dio e il prossimo suo imperfettamente. Mi pare, secondo ch'io intesi per la vostra lettera, che molte diverse battaglie vi vennero, e cogitazioni, per inganno del dimonio e per la propria passione sensitiva; parendovi che vi fosse posto maggior peso che voi non potete portare.
E non vi pareva essere da tanto, ch'io vi misurassi con la misura mia: e per questo stavate in dubbio, che in me non fosse diminuito l'affetto e la carità verso voi. Ma non ve ne avvedevate, e voi eravate quello che manifestavate che io l'avevo cresciuto, e in voi era diminuito; perché di quell’amore che io amo me, di quello amo voi, con fede viva che quel che manca dalla vostra parte, compirà Dio per la bontà sua.
Ma non m'è venuto fatto; perché voi avete saputo trovare dei modi da gettare a terra la soma. E ci sono molte pezze per ricoprire la infedele fragilità; ma non siffatte, che io non veda di presente assai: e buono mi parrà, se non saranno veduti altro che per me. Sicché, io vi mostro l'amore cresciuto in me verso voi, e non mancato.
Ma che dirò io, che la nostra ignoranza desse luogo a uno dei minimi di quei pensieri? E potreste voi mai credere ch'io volessi altro che la vita dell'anima vostra? E dove è la fede, che sempre solete e dovete avere? E la certezza che ne avete avuta? ché, prima che la cosa si faccia, ella si vede e determina nel cospetto di Dio; non tanto questo che è così grande fatto, ma ogni minima cosa.
Se foste stato fedele, non sareste tanto andato vacillando, né caduto in timore verso Dio e verso me; ma, come figliuolo fedele pronto all'obbedienza, sareste andato e fatto quello che avreste potuto fare. E se non poteste andare dritto, foste andato carpone; se non si poteva andare come frate, si fosse andato come peregrino; se non ci ha denari, si fosse andato per elemosina. Questa obbedienza fedele avrebbe più lavorato nel cospetto di Dio e nei cuori degli uomini, che non farebbero tutte le prudenze umane. I miei peccati hanno impedito che io l'ho veduta in voi.
Nondimeno io son ben certa, che, benché ci fosse la passione, pure aveste, e avete santo e buono rispetto, per meglio compire la volontà di Dio e quella di Cristo in terra papa Urbano VI. Non vorrei però che voi non foste andato, ma che subito vi foste messo in cammino per quel modo e per quella via che v'era posta innanzi. Il dì e la notte era io costretta da Dio e di molte altre cose; le quali, per la poca sollecitudine di chi le ha a fare, ma massimamente per le mie iniquità che impediscono ogni bene, tutte vanno vote.
E così, oimè, ci vediamo annegare, e crescere le offese di Dio con molti supplizi: e io vivo stentando. Dio per la sua misericordia tosto mi tragga di questa tenebrosa vita. Vediamo nel reame di Napoli esser peggio questa ultima rovina che la prima; e ci è disposto ad esservi tanti mali, che Dio vi ponga il suo rimedio. Ma egli per la sua pietà manifestò la rovina, e i rimedi che si dovessero pigliare.
Ma, come io dissi, l'abbondanza dei miei difetti impedisce ogni bene. Sopra queste materie avrò molto che dirvi; se già io non ricevessi grandissima grazia, che, in prima ch'io vi rivedessi, io fossi levata dalla terra. Sicché io dico, che in tutto vorrei che foste andato. Me ne pongo, niente di meno, in pace, perché son certa che veruna cosa è fatta senza mistero; e ancora perché io ne scaricai la coscienza mia, facendone quello che io potei, che al re di Francia si mandasse. Faccia la clemenza dello Spirito Santo egli; che noi per noi siamo cattivi lavoratori.
Dell'andare ratto al re d'Ungheria mostra che assai piacesse al Santo Padre; e deliberato aveva che voi con altri compagni andaste. Ora, non so il perché, egli ha mutato proposito; e vuole che voi stiate per codeste parti, e adoperiate quel bene che si può. Vi prego che ne siate sollecito. Abbandonate voi medesimo e ogni proprio piacere o consolazione; e si gettino muggiti sopra questi morti, e con le funi del santo desiderio e dell'umile orazione, si leghino le mani della divina giustizia, il dimonio, l'appetito sensitivo.
Noi siamo offerti morti nel giardino della santa Chiesa, e a Cristo in terra, padrone di questo giardino. Dunque facciamo l'officio del morto. Il morto non vede, né ode, né sente. Sforzatevi d'uccidervi col coltello dell'odio e dell'amore, acciocché non udiate li scherni, villanie e rimproveri del mondo, che i persecutori della santa Chiesa vi volessero fare.
Gli occhi non vedano le cose impossibili a fare, né tormento che potesse venire; ma vedano col lume della fede, che per Cristo crocifisso ogni cosa potrete; e che Dio non porrà maggior peso che si possa portare. Ma nei grandi pesi dobbiamo godere, perché allora ci dà Dio il dono della fortezza. Con l'amore del sostenere si perda il sentimento sensitivo: e così morti morti ci nutriamo in questo giardino.
Quand'io vedrò questo, reputerò beata l'anima mia. Io vi dico, dolcissimo padre, che, o vogliamo noi o no, il tempo d'oggi c'invita a morire. Dunque non mi state più vivo; terminate le pene nella pena, e crescete il diletto del santo desiderio nella pena; acciocché la vita nostra non passi altro che con crociato desiderio, e volontariamente diamo il corpo nostro a mangiare alle bestie, cioè, volontariamente per amore della virtù ci gettiamo nelle lingue e nelle mani degli uomini bestiali, siccome hanno fatto gli altri che hanno lavorato, morti, in questo giardino dolce, e lo hanno innaffiato col sangue loro, ma prima con le lagrime e sudori.
E io (dolorosa la vita mia!) perché non ci ho messa l'acqua, ho rifiutato di metterci il sangue. Non voglio più così; ma si rinnovelli la vita nostra, e cresca il fuoco del desiderio. Voi domandate ch'io preghi la divina bontà che vi dia del fuoco di Vincenzo, di Lorenzo, e di Paolo dolce, e di quello del vezzoso Giovanni, dicendo che poi farete grandi fatti. E così godrò. Bene dico la verità, che senza questo fuoco non fareste cavelle, né piccola cosa, né grande; né io godrei di voi.
E però, considerando che egli è così, e io l'ho veduto per prova, m'è cresciuto uno stimolo, con una grande sollecitudine nel cospetto dolce di Dio. Se voi mi foste corporalmente appresso, in verità, vi dimostrerei che egli è così; e vi darei altro che parole. Mi rallegro, e voglio che vi rallegriate; che, poi che cresce questo desiderio, egli vorrà compire in voi e in me, perché egli è accettatore dei santi e veri desideri; purché voi apriate l'occhio dell'intelletto col lume della santissima fede, acciocché conosciate la verità della volontà di Dio.
Conoscendola, l'amerete; e amando, sarete fedele, e non sarà obumbrato il cuore per veruno inganno di dimonio. Essendo fedele, farete ogni grande cosa per Dio: perfettamente si compirà quello che egli vi mette nelle mani; cioè, non sarà impedito dalla vostra parte, che non venga a perfezione. Con questo lume sarete cauto, modesto e pesato nel parlare e nel conversare, ed in tutte le vostre operazioni e costumi: ma senza esso lume fareste tutto il contrario nei modi e nei costumi vostri, e in contrario vi verrebbe ogni altra cosa.
Onde, conoscendo io che egli è così, desideravo di vedere in voi il lume della santissima fede: e così voglio che abbiate. E perché io voglio e vi amo inestimabilmente per la vostra salute, e con grande desiderio desidero vedervi nello stato dei perfetti; però vi prego con molte parole, ma più volentieri farei di fatto; e uso con voi rimproveri, acciocché continuamente torniate a voi medesimo.
Mi sono ingegnata e mi ingegnerò di farvi porre peso da perfetti per onore di Dio, e per invitare la sua bontà a farvi venire all'ultimo stato della perfezione, cioè, di mettere il sangue nella santa Chiesa: voglia la serva della sensualità, o no. Perdetevi nel sangue di Cristo crocifisso; e portate i miei difetti e le parole con buona pazienza. E quando vi fossero mostrati i difetti vostri, godete, e ringraziate la divina bontà, che v'ha posto chi lavori sopra di voi, e veglia nel suo cospetto per voi.
Voi mi raccomandate l'Ordine nostro e io lo raccomando a voi, che sentendo come le cose stanno, me ne scoppia il cuore in corpo. La Provincia nostra comunemente si mostra pure obbediente a papa Urbano ed al Vicario dell'Ordine, il quale Vicario vi dico che, per la verità, si porta molto bene; e con assai prudenti modi, secondo il tempo che corre oggi, si porta nell'Ordine e contro a quelli che iniquamente contraddicono alla verità. E chi dicesse il contrario, per quel poco che io ne conosca, non sta verità nella bocca sua.
Il santissimo Padre nostro gli ha comandato e data piena autorità che assolva tutti quei provinciali che sono ribelli alla verità sua. Tempo è da non dormire, ma con grande sollecitudine pregare il dolce spagnolo nostro, che non dorma sopra l'Ordine suo, il quale Ordine fu sempre esaltazione della fede e ora si è fatto contaminatore. Me ne dolgo fino alla morte. Non posso più se non di terminare la vita mia in pianto e in grandissima afflizione.