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28.00. Santa Caterina da Siena. A certi monasteri . di Bologna. Lettera 215. Con desiderio di vedervi f ondate in vera e perfetta carità. Al nome . d i Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce. Carissime suore in Cristo dolce Gesù.
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A certi monasteri di Bologna Lettera 215
Con desiderio di vedervi fondate in vera e perfetta carità
Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce
Carissime suore in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondate in vera e perfetta carità. La quale carità è il vestimento nuziale il qual deve avere l'anima ch'è invitata alle nozze della vita durabile: perché senza questo vestimento saremo sbandite dalle nozze di vita eterna.
Cristo benedetto ci ha tutti invitati, e a tutti ci ha dato il vestimento della Grazia sua; la quale Grazia ricevemmo nel santo battesimo. Questo è invitare e dare insieme: perché nel battesimo c'è tolta la macchia del peccato originale, e data la grazia; però che con quel battesimo, morendo il fanciullo nella purità sua, ha vita eterna, in virtù del sangue prezioso di Cristo crocifisso, il quale sangue fa valere il battesimo.
Ma vivendo la creatura che ha in sé ragione, e giungendo al tempo della discrezione, può tenere l’invito che gli fu fatto nel santo battesimo; e se non lo tiene, è riprovato dal Signore dalle nozze, ed è cacciato fuori, essendo trovato senza il vestimento nuziale. Perché non l'ha? perché non volle osservare quello che promesse nel santo battesimo, cioè, di rinunziare al mondo e alle sue delizie, al dimonio e a sé medesimo, cioè alla propria sensualità.
Questo deve fare ogni creatura che ha in sé ragione, in qualunque stato si sia; perché Dio non è accettatore degli stati, ma dei santi desideri. E chi non rende questo debito, il quale ha promesso d'osservare e di rendere è ladro, perché fura quello che non deve; e però giustamente Dio lo caccia, comandando che gli siano legate le mani e i piedi, e gettato nelle tenebre di fuori.
Gli sono legati i piedi dell’ affetto, perché non può desiderare Dio; e a colui che è morto in peccato mortale ed è giunto allo stato della dannazione, gli sono legate le mani delle sue operazioni, perché non possono pigliare il frutto di vita eterna, il quale si dà ai veri combattitori, i quali combattono coi vizi per amore della virtù: ma pigliano quel frutto che seguita di ricevere per le sue cattive operazioni, il quale è cibo di morte.
O carissime suore, se tanto durissimamente sarà punita generalmente ogni persona che non renderà questo cosiffatto debito; che diremo di noi misere ed ignoranti spose, le quali siamo state invitate alle nozze di vita eterna, e al giardino della santa religione, la quale è un giardino odorifero pieno di dolci e soavi frutti, nel quale giardino la sposa, se ella attiene quello ch'ella ha promesso, diventa un angelo terrestre in questa vita?
Perché, come gli altri uomini del mondo, vivendo nella carità comune, sono uomini giusti; e se fossero in peccato mortale, sarebbero animali bruti; così quelli che si conservano nello stato della continua continenza, ed entrano nel giardino della santa religione, sono fatti angeli: e se non osservassero quello che hanno promesso, sarebbero peggio che dimonia.
E non hanno questi cotali il vestimento predetto. Oh quanto sarà dura e aspra quella riprensione, che sarà fatta alla sposa di Cristo dinanzi al sommo giudice! Serrata gli sarà la porta dello sposo eterno. Or che rimprovero sarà quello di vedersi privata di Dio e della conversazione degli angeli, solo per suo difetto? O carissime suore, chi punto la considerasse, eleggerebbe prima la morte, che offendere la sua perfezione.
Non tanto che offendere Dio, ma io dico, d'offendere la perfezione sua. Perché altro è stare in peccato mortale, per il quale allora sta in offesa di Dio; e altro è offendere la perfezione sua, la quale ha promessa di compire; cioè, che oltre all'osservare i comandamenti di Dio, ha promesso d'osservare i consigli attualmente e mentalmente.
Gli uomini che stanno nella carità comune, osservano i comandamenti e i consigli, perché sono legati insieme, e non si può osservare l'uno senza l'altro; ma li osservano mentalmente. Ma quello che ha promesso di compire la vita perfetta, li osserva mentalmente e attualmente. Onde dico che, se attualmente poi non li osserva, ma li osserva pur mentalmente, offende la sua perfezione, per la quale egli promesse d'osservarli attuali e mentali.
Che promettemmo noi, carissime suore? promettemmo d'osservare i consigli quando nella professione facemmo tre voti; perché noi promettemmo povertà volontaria, obbedienza, e continenza. I quali non osservando, offendiamo Dio, per la promissione e voto fatto; e offendiamo la perfezione la quale noi abbiamo eletta.
Perché se un altro che non li avesse promessi d'osservare, non li osserva attualmente, non offende; ma offende la perfezione, la quale si poneva in cuore di volere tenere: ma quello che ha fatto voto, offende. E qual è la cagione che, dopo il voto fatto, non s'osserva? è per l'amore proprio di noi medesimi, il quale amore proprio ci toglie il vestimento nuziale; e ci toglie la luce, e ci dà la tenebra; e ci toglie la vita, e ci dà la morte, e l'appetito delle cose transitorie vane e caduche; e ci toglie il desiderio santo di Dio.
Oh quanto è miserabile questo amore! Perché ci fa essere perditori del tempo, il quale è tanto caro a noi, ci fa partire dal cibo degli angeli, e andiamo al cibo degli animali bruti, cioè della creatura fatta animale bruto per la sua disordinata vita, il cui cibo sono i vizi e i peccati; e il cibo degli angeli terrestri sono le vere e reali virtù. Quanto è differente l'uno dall'altro? Quanto dalla morte alla vita, quanto dalla cosa finita alla cosa infinita.
Or vediamo quello di che si diletta chi è vera sposa di Cristo crocifisso, la quale gusta questo dolce e amoroso cibo; e di che si diletta quella ch'è fatta animale bruto. La vera sposa di Cristo si diletta di cercare lo sposo suo non tra la congregazione, ma nel conoscimento santo di sé, dov'egli lo trova; cioè conoscendo e gustando la bontà dello Sposo eterno in sé, amandolo con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze sue; dilettandosi di stare in su la mensa della santissima Croce;
volendo più tosto acquistare le virtù con pena e con battaglie, che con pace e senza pena, per conformarsi con Cristo crocifisso, seguendo le vestigia sue: in tanto che, se possibile le fosse servirgli senza pena, non vuole; ma, come vero cavaliere, con forza e violenza fare a sé medesimo, gli vuole servire, perché ella è spogliata dall'amore proprio di sé, e vestita dell'affettuosa carità.
E passa per la porta stretta di Cristo crocifisso: e però promise (e attende) d'osservare povertà volontaria, obbedienza, e continenza. Ella ha gettato a terra il carico e il peso della ricchezza del mondo, delizie e stati suoi; e quando più se ne vede privata, più gode. E perché ella è umile, ha obbedienza pronta, e non ricalcitra all'obbedienza sua, né vuole mai passare il tempo, che ella non si ponga dinanzi all'occhio suo i costumi dell'Ordine e la promessa fatta.
Lo studio suo è della vigilia e dell'orazione: della cella si fa un cielo, con una dolce salmodia. L'Officio suo non dice solamente con le labbra, ma coralmente; e vuole essere sempre la prima che entri in coro, e l'ultima che n'esca. E le è in abominazione le grate e il parlatorio, e la domestichezza dei devoti. Non studia in fare celle murate, né fornite di molto ornamento; ma bene si studia di murare la cella del cuore suo, acciocché i nemici non vi possano entrare; e questa fornisce dell'adornamento delle virtù.
Ma nella cella attuale, non tanto che ella vi metta molto adornamento; ma se v'ha alcuna cosa, sì ne la trae, per desiderio della povertà, e per bisogno delle suore. E per questo, conserva l'anima e il corpo suo nello stato della continenza; perché ha tolto le cagioni per le quali la potesse perdere. E sta con una carità fraterna, amando ogni creatura che ha in sé ragione; e porta e sopporta i difetti del prossimo suo con vera e santa pazienza.
Ella sta come il riccio, con vera guerra con la propria sensualità: ella è timorosa di non offendere lo Sposo suo. Ella perde la tenerezza della patria, il ricordo dei parenti: solo coloro che fanno la volontà di Dio, le sono congiunti per affetto d'amore. Oh quanto è beata l'anima sua! Ella è fatta una cosa con lo Sposo suo, e non può volere né desiderare se non quello che Dio vuole.
Allora, mentre ch'ella così dolcemente passa il mare tempestoso, e getta odore di virtù nel giardino della santa religione, chi domandasse a Cristo crocifisso: «chi è questa anima?», direbbe: «è un altro me, fatta per affetto d'amore». Questa ha il vestimento nuziale: onde non è cacciata dalle nozze, ma con gaudio e giocondità è ricevuta dallo Sposo eterno.
Questa getta odore non tanto dinanzi a Dio, ma dinanzi agli iniqui uomini del mondo: perché, voglia il mondo o no, l'hanno in debita riverenza. Il contrario è di coloro che vivono in tanta miseria, fondate in amore proprio della propria sensualità; le quali son tutte accecate; onde la vita loro getta puzza a Dio e alle creature; e per i loro difetti i secolari diminuiscono la riverenza alla santa religione. Oimè, dove è il voto della povertà?
Perché con disordinata sollecitudine e amore e appetito delle ricchezze del mondo cercano di possedere quello che gli è vietato, con una cupidità d'avarizia e crudeltà del prossimo. Poiché vedranno il convento e le suore inferme, e in grande necessità; e non se ne curano, come esse avessero a reggere la brigata dei figliuoli, e lasciarli loro eredi.
Oh misera! Tu non hai questo attacco, ma tu vuoi fare erede la propria sensualità; e ne vuoi reggere l'amicizia e la conversazione dei tuoi devoti, nutrendoli con presenti; e il dì stare a cianciare e novellare, e perdere il tempo tuo con parole lascive e oziose. E così non te n'avvedi; o tu te ne avvedi, e fai vista di non vedere: onde contamini la mente e l'anima tua. Tu diventi farnetica con le impugne e molestie della carne, consentendo con la perversa e deliberata volontà. Oh misera!
Or deve fare questo la sposa di Cristo? Oh vituperata a Dio, e al mondo! Quando tu dici l'Officio tuo, il cuore va a piacere a te di piacimento sensitivo, e delle creature che tu ami di quell’amore medesimo. O carissime suore, questa fatica nel servizio del dimonio, e sta tutto dì attaccata alle grate e al parlatorio sotto colore di devozione.
O maledetto vocabolo, il quale regna oggi nella Chiesa di Dio, e nella santa religione, chiamando devoti e devote quelli e quelle che fanno l'operazioni delle dimonia! Egli è dimonio incarnato, ed ella è dimonia. Oimè, oimè, a che partito è venuto il giardino, nel quale è seminata la puzza della immundizia!
E il corpo, che deve essere mortificato col digiuno e con la vigilia, con la penitenza, e con la molta orazione, ed egli sta in delizie e adornato; e con lavamenti di corpo e disordinati cibi, e con giacere non come sposa di Cristo, ma come serva del dimonio, e pubblica meretrice.
E con la puzza della disonestà sua corrompe le creature; ed è fatta nemica dell'onestà, e dei servi di Dio; ed è trapassatrice dell'obbedienza: ella non vuole legge né priora sopra il capo; ma il dimonio e la propria sensualità n'è fatta priora; a lei obbedisce, e cerca di servirla con ogni sollecitudine. Ella desidera la pena e la morte di chi la volesse trarre dalla morte del peccato mortale. E tanto è forte questa miseria che in ogni male corre siccome sfrenata e senza il freno della ragione.