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Lezione 12 Un “nuovo paradigma” della ricerca: intensificazione e mutamento delle relazioni università-industria: Cluster biotech Pubblicazioni congiunte nel settore biotech Corso di Analisi dei Settori Produttivi. Il tema.
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Lezione 12 Un “nuovo paradigma” della ricerca: intensificazione e mutamento delle relazioni università-industria: • Cluster biotech • Pubblicazioni congiunte nel settore biotech Corso di Analisi dei Settori Produttivi
Il tema • Aumentano le collaborazioni di ricerca tra università e industria (contratti di ricerca, ricerche congiunte, scambi di ricercatori, ecc.). • Aumentano i brevetti di cui i docenti universitari/le università risultano titolari o inventori. • Aumentano le pubblicazioni congiunte università-industria • Quali sono i benefici e gli eventuali possibili rischi di questa nuova realtà?
I dati del fenomeno - I • A partire dagli anni ’80 aumentano i brevetti universitari prima negli USA, poi in Europa. • Nel 1979 le università americane detengono circa 250 brevetti, il numero raddoppia nel 1984, raddoppia ancora nel 1989, sono circa 2500 nel 1997. • Aumenta non solo il numero assoluto, ma anche la percentuale dei brevetti universitari rispetto al totale. (Brevetti USPTO: dal 2,79% del triennio 1990-93 al 3,79% del triennio 1990-2001).
I dati del fenomeno- II • Situazione italiana: il numero dei brevetti concessi dall’EPO e dall’USPTO a università sale costantemente dal 1982 (7) al 1993 (81), per poi declinare (17 nel 2000, 27 nel 2001). • La percentuale sul totale (brevetti presso lo USPTO) nell’arco di tempo 1990-2001 è dell’1,51%. In Francia la stessa percentuale è pari allo 0,99% (ma è più alto il numero assoluto: 383 contro 246). • Ma la titolarità del brevetto non dà un quadro completo del fenomeno: bisogna considerare anche i docenti che figurano tra gli inventori. In tal caso la percentuale nel periodo 1990-99 è del 3,2% (Balconi, Breschi e Lissoni, 2003).
I dati del fenomeno - III • Aumentano le collaborazioni tra università e industria, come indicano le pubblicazioni a firma congiunta. Negli USA la percentuale degli articoli a firma congiunta (università e industria) sale dal 5% del 1981 al 25% del 1994 (Hicks e Hamilton, 1999).
Cause • Diffusa difficile situazione dei bilanci pubblici, da cui una riduzione dei fondi pubblici per la ricerca: dal 1987 al 1999 la in Italia percentuale di spesa pubblica in R&S a scopi civili passa da 0,71 a 0,54, nell’UE a 15 da 0,76 a 0,63. Le università sono dunque spinte a cercare nuove fonti di finanziamento, tra cui le collaborazioni a pagamento con l’industria. • Esigenza di un maggiore trasferimento tecnologico tra università e industria (esigenza sentita particolarmente in Europa), da cui gli incentivi a questo scopo. • Affermazione di ambiti in cui c’è una distanza ridotta tra ricerca “di base” e “ricerca applicata” (ad es. emergere delle biotecnologie).
Le caratteristiche fondamentali del “paradigma tradizionale” - I • I ruoli di università e industria sono nettamente distinti: l’università effettua la ricerca di base e divulga i risultati tramite pubblicazioni, conferenze, ecc.; l’impresa utilizza questi risultati, liberamente disponibili, per svilupparli, effettuare ricerca applicata e produrre innovazione tecnologica; sull’innovazione c’è il brevetto o il segreto industriale. Questo è il “modello lineare” dell’innovazione: c’è una linea continua tra ricerca di base, applicata e innovazione tecnologica. • L’intervento pubblico è necessario sia per l’università sia per l’industria, ma con motivazioni e modalità differenti.
Le caratteristiche fondamentali del “paradigma tradizionale” - Il • La ricerca di base è socialmente utile, perché può produrre sviluppi applicabili; ma i suoi risultati non sono immediatamente utilizzabili in senso produttivo: per arrivare ad un’utilizzazione economica ci vogliono altre risorse e comunque lo sviluppo è incerto. Dunque se il ricercatore non viene supportato da un finanziamento pubblico, non ha né risorse né incentivi per effettuare la ricerca “di base”. Di qui la necessità di un finanziamento pubblico alla ricerca di base.
Le caratteristiche fondamentali del “paradigma tradizionale” - IlI • Anche la ricerca applicata è naturalmente utile da un punto di vista sociale e senza intervento pubblico verrebbe effettuata in misura limitata. Questo perché, in assenza di intervento pubblico, se un’impresa effettua un’innovazione tecnologica, i concorrenti ne vengono ben presto a conoscenza e la imitano: l’impresa innovatrice perde il vantaggio. Dunque ci sono pochi incentivi ad innovare. La conoscenza è un bene pubblico, non appropriabile e non escludibile. Si genera un fallimento di mercato (esternalità) ed è necessario l’intervento pubblico. • Di qui la tutela dei diritti di proprietà intellettuale sulle innovazioni tecnologiche, effettuate dalle imprese. Il brevetto garantisce (per un limitato periodo di tempo) l’uso esclusivo del prodotto.
Il “nuovo paradigma”: giustificazioni teoriche - I • Parte della conoscenza è tacita: gran parte della conoscenza si trasmette tramite contatti personali. Per l’impresa non è dunque sufficiente leggere le pubblicazioni universitarie per acquisire le conoscenze necessarie allo sviluppo della ricerca, è necessaria una collaborazione diretta. (La conoscenza non è semplicemente “informazione”). • Il “modello lineare” di innovazione è superato. Il percorso tra scienza e tecnologia è ricco di feedback (la ricerca di base trae molti stimoli dalla ricerca applicata, non accade solo il contrario)
Il “nuovo paradigma”: giustificazioni teoriche - II • Perché l’industria sia incentivata a sviluppare un risultato di ricerca universitaria “applicabile” è necessaria una licenza esclusiva: se l’università brevetta la ricerca applicabile e concede la licenza sul brevetto ad una sola impresa, questa è incentivata a sviluppare i risultati; se invece la conoscenza applicabile è pubblica, ciascuna impresa che voglia sviluppare questa conoscenza teme di essere preceduta da una concorrente e quindi non è incentivata a fare questo investimento rischioso. • Anche l’industria fa ricerca di base: solo così è possibile sviluppare la capacità di comprendere a fondo e di utilizzare i risultati della ricerca accademica (absorptive capacity: capacità di assorbimento: Cohen-Levinthal, 1989).
L’intervento pubblico nella nuova realtà – I • Legislazione che favorisce la tutela degli IPR (diritti di proprietà intellettuale) sulla ricerca pubblica e la concessione di licenze esclusive a privati (es. Bayh-Dole Act negli USA). • In Italia: prima si consente la titolarità del brevetto da parte delle università, poi gli IPR passano direttamente al professore (legge 383/2001), al fine di incentivare la sua attività innovativa. Questa decisione è stata molto criticata: spesso il singolo professore non ha competenze legislative, tempo e risorse da dedicare all’attività di brevettazione. Inoltre questa normativa non è chiarissima: invece per è fondamentale la necessità di una definizione rigorosa dei diritti di proprietà intellettuale, per evitare incertezze nelle relazioni tra università e industria.
L’intervento pubblico nella nuova realtà – II • Cambiamento del peso dei finanziamenti alle università: meno fondi “generali”, più fondi “diretti” (per finalità specifiche, contratti di ricerca, ecc.). Dunque l’università ha più possibilità di essere finanziata se collabora con l’industria (Geuna, 2001). • Ruolo nuovo per lo stato: favorire le interazioni tra agenti innovativi, facilitare i network di ricerca e innovazione. • Necessità di incentivi e stimoli a superare le differenze di mentalità, culture, modalità di azione differenti tra diverse istituzioni.
I rischi del “nuovo paradigma” - I • Le università sono spinte a brevettare. Ma solo i risultati con immediato valore economico sono brevettabili (non dunque la ricerca “pura” o “di base”), quindi le università sono spinte alla ricerca applicata, spesso in collaborazione con l’industria. C’è dunque il rischio di uno spostamento di energie e risorse dalla ricerca “di base” alla ricerca “applicata”, con possibili conseguenze negative sulla crescita di lungo periodo. • Poiché non è possibile brevettare un risultato che è stato in precedenza pubblicato, c’è il rischio che si riducano le pubblicazioni e quindi la libera circolazione dei risultati della ricerca. • Questi rischi sono presenti anche se vi è collaborazione con l’industria ma non un brevetto (l’industria è più interessata a collaborare su temi di ricerca applicata – l’industria preferisce limitare la diffusione dei risultati, per non renderli noti ai concorrenti).
I rischi del “nuovo paradigma” - II • Si è molto sottolineata l’importanza dei rapporti diretti università-industria, e l’effettuazione di ricerca più applicata da parte delle università, con possibilità di brevettarla e concederla in licenza alle imprese. Le ricerche empiriche sottolineano però l’importanza delle pubblicazioni di ricerca fondamentale come fonte di conoscenza delle imprese. Sono importanti i rapporti informali, ma non molto importanti i brevetti universitari e le licenze (Cohen, Nelson e Walsh, 2003).
Letteratura di riferimento - I • Letteratura su knowledge disclosure • Condivisione della conoscenza (Bhattacharya et al., 1992; D’Aspremont et al., 1998) • Open source (Lerner e Tirole, 2002; 2004; Bono e Santarelli, 2005) • Corporate publications - Motivazioni che spingono un’impresa privata a pubblicare i risultati della propria ricerca: - Acquisire reputazione (se un’impresa pubblica ricerca di alta qualità segnala il suo valore a ricercatori accademici e industriali, che possono essere spinti a collaborare) (Gittelman, 2005; Muller e Penin, 2006); - Mantenere posizioni di rilievo nei network di ricerca assieme ad istituzioni accademiche (proporsi come impresa leader per future ricerche in collaborazione con enti pubblici di ricerca o con altre imprese) (Gittelman, 2005)
Letteratura di riferimento - II - Accrescere la “absorptive capacity” (per pubblicare devo far avanzare il livello della mia ricerca e quindi sono più in grado di “assorbire” quella altrui) (Cockburn and Henderson; 1998); - Acquisire vantaggi in termini di costo (i collaboratori universitari accettano compensi più bassi se possono pubblicare) (Stern, 1999); - Innalzare gli standard di conoscenza nelle corse al brevetto (poiché non si possono brevettare risultati già pubblicati, spingere in avanti la frontiera della conoscenza pubblica vuol dire rendere più difficile il brevetto per i concorrenti (Lichtman et al., 2002)
Letteratura di riferimento • Crescente interdipendenza, interazione e collaborazione tra mondo accademico e industria (Arora e Gambardella, 1994; Etzkowitz e Leydesdorf, 1997; Pavitt, 1998; Cohen et al., 2001; OECD, 2002; Hicks, 2002; Murray, 2002). • Letteratura sui network di ricerca (David et al., 1996; Malerba, 2006) con particolare riferimento alla natura degli attori interessati e all’aspettogeografico.
L’industria biotech - I • Problemi di definizione (Zucker et al., 1998; Frigero, 2003) • Settore science-based e caso straordinario di interazione fra ricerca di base e ricerca applicata (Audretsch e Feldman, 1998; McMillan et al., 2000; Cockburn, 2005) • Spesso le imprese nascono da processi di spin-off accademico (Schweitzer et al., 2001) • Interessante per il fenomeno delle pubblicazioni di impresa (Hicks, 1995)
L’industria biotech - II • Impiega in Italia 8.329 dipendenti (+25% nel triennio 2002-2004) – (Dati Blossom e Assobiotech -163 Imprese) • Sta rapidamente assumendo dimensioni economiche ragguardevoli, i dati relativi al comparto corrispondono allo 0,2% del PIL Italiano • Le biotecnologie legate alla cura della salute (cosiddetto red biotech) sono il comparto predominante (69% delle aziende, 95% di addetti, 92% del fatturato)
BIOTECNOLOGIE “The application of science and technology to living organisms, as well as parts, products and models thereof, to alter living or non-living materials for the production of knowledge, goods and services.” (Oecd) DEFINIZIONE:
“rDNA” (DNA ricombinante) “Mabs” (anticorpi monoclonali) Ingegneria proteica New biotechnologies AMBITO APPLICATIVO RED WHITE GREEN Medicina e cura della salute Enzimi industriali e protezione ambiente Agricoltura e produzione alimentare
Lo sviluppo delle biotecnologie anni ‘70 USA nascita NBFs (New Biotechnology Firms) • PMI che utilizzano le conoscenze rese disponibili dall’ingegneria genetica e: • completano l’intero processo innovativo; • stabiliscono relazioni con grandi imprese, centri di ricerca pubblici e privati e università; • forniscono servizi/prodotti a queste imprese.
Lo sviluppo delle biotecnologie Europa:in ritardo rispetto (anni ’80) all’America, ad eccezione del Regno Unito. • Motivazioni: • deboli relazioni e pochi scambi di conoscenza tra • mondo accademico e industriale; • netta separazione tra ricerca di base e applicata; • inadeguato sistema dei brevetti; • difficoltà nel reperire risorse finanziarie; • diffidenza delle istituzioni.
Lo sviluppo delle biotecnologie Italia: grandi imprese chimiche e farmaceutiche (ENI con Sclavo e Montedison con Farmitalia Carlo Erba). Fine anni ’80 fondata la Commissione Nazionale per le biotecnologie. CRISI di tali imprese negli anni ’90 causati da: - Dimensioni piccole; - Poca propensione alla ricerca & sviluppo; - Scandali. Acquisizione delle imprese da parte di multinazionali straniere. Fine anni ’90: interventi del governo centrale e locale attraverso azioni e programmi mirati per incoraggiare la creazione di nuove imprese biotech.
Lo sviluppo delle imprese biotech in Italia Trend di crescita del settore (dati IPI, 2007)
Cluster biotech U.S.A. Europa Italia Centri di eccellenza = CLUSTER ‘‘a geographical concentration of actors in vertical and horizontal relationships, showing a clear tendency of co-operating and of sharing their competences, all involved in a localised infrastructure of support’’. (Chiaroni-Chiesa, 2006)
Perché il cluster? Biotecnologia è un settore science-based L’attività di R&S è basata su conoscenze tacite. Perciò fondamentale è la collaborazione tra ricercatori accademici ed i ricercatori delle imprese di produzione. Per scambiare conoscenze tacite e tecnologia occorre la prossimità geografica.
Cluster: i vantaggi Porter (1998) individua 3 benefici: • Produttività: riduzione costi transazione; • Innovazione: diffusione conoscenze tacite; • Business: informazioni sul mercato potenziale e sulle opportunità offerte da quest’ultimo. Il governo italiano riconosce l’importanza del cluster come fattore di promozione dello sviluppo tecnologico. Linee guida per lo sviluppo delle biotecnologie in Italia 2005Presidenza del Consiglio dei Ministri-Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie.
Meccanismi di crescita del Cluster CONTESTO FINANZIARIO CONTESTO GENERALE Nascita START-UP e SPIN-OFF MONDO ACCADEMICO MONDO INDUSTRIALE Chiaroni, Chiesa (2006)
CLUSTER SPONTANEO Cluster Bay Area (USA) Sviluppatosi nella zona di San Francisco (area con forte presenza accademica e disponibilità di finanziamenti privati) negli anni ’70. Genetech (Genetic engineering technology) : prima impresa biotech, fondata da Boyer nel 1976, che si occupava di ricerca biomedica producendo insulina attraverso le tecniche di ricombinazione. Anni ’80: ricerca scientifica si espande nei settori dell’ agro- alimentare e dell’ambiente. Anni ’90: imprese nel settore red raggiungono dimensioni paragonabili alle multinazionali farmaceutiche
CLUSTER GUIDATO DA POLITICHE DI SVILUPPO Cluster di Heidelberg (Germania) • Lo sviluppo di questo cluster dipende da: • 1) BioRegio concorso avente la finalità di risvegliare il settore biotech, realizzato tra il 1996 e il 2003 17 regioni hanno partecipato allo sviluppo di progetti per la promozione delle biotecnologie (finanziati dal governo federale). Regioni vincitrici: - finanziamento speciale per la realizzazione di un cluster (Euro 95 milioni); - accesso preferenziale per il finanziamento federale generale per la biotecnologia (Euro 750 milioni). • 2) Parco Tecnologico
Cluster di Heidelberg (Germania) • 2) Parco Tecnologico BioPark: • fondato nel 1985 • 50.000 mq. • All’interno vi sono le sedi di 70 imprese e istituti di ricerca • Localizzato in più siti all’interno della città di Heidelberg • Bioparchi settore red e Umwelt Park settore white. • Obiettivo principale: garantire un regolare scambio tra università, istituti di ricerca, imprese e parchi scientifici. • Ha vinto la “gara BioRegio” nel 1996 inizio di una nuova fase di crescita: ampliamento delle strutture e realizzazione di nuovi progetti • 2004: crisi causata da diminuzione dei fondi federali
CLUSTER IBRIDO Cluster Lombardia La nascita della biotecnologia in Lombardia coincide con lo sviluppo biotech italiano PRINCIPALI AVVENIMENTI: 1992: S. Raffaele Science Park (Milano) 1995: Biopolo
Cluster Lombardia 1992: S. Raffaele Science Park legge n. 46/82: prima politica organica nazionale in favore dei PST. Si prevede la possibilità di finanziare (attraverso il Fondo di Innovazione Tecnologica) la nascita e l’operatività di strutture consortili finalizzate al trasferimento tecnologico.
1992: S. RaffaeleScience Park Cluster Lombardia • 12.000 mq (8 mila mq di laboratori). • all’interno le sedi di ricerca di 7 aziende: Schering-Plough, Bracco, Axxam, Bioxell, Primm,oltre alle compartecipate Molmed eTelbios. Science Park Raf. fornisce ai propri tenants una vasta serie di servizi: 1) gestione dei laboratori e delle facilities; 2) accesso alle dotazioni tecnologiche; 3) consulenza sulla proprietà intellettuale, il tech transfer, etc. Mission: valorizzazione know-how, risorse umane ed infrastrutture del parco scientifico. Fonte: www.spr.it
Biotechnology Transfer Centre (BTC) 1) promozione dei risultati della ricerca, negoziazione e gestione dei contratti di ricerca; 2) gestione/protezione della proprietà intellettuale e dei brevetti; 3) creazione di start up e di joint venture. Tre start up Molmed Telbios Bio-Flag Alcuni dati:- 23 contratti di cessione di licenza;- 249 contratti di ricerca industriale;- 97 gruppi farmaceutici e società biotech in tutto il mondo con cui sono stati stipulati contratti di ricerca (Novartis, Becton dickinson, Astra Zeneca, Serono, Wilex Ag e Sanofi-Aventis). Prossimi sviluppi: primi mesi del 2008 completati i lavori di espansione del parco tecnologico, il progetto "Dibit 2". 74. 000 mq, investimento 140 milioni di €.
CLUSTER LOMBARDIA Biopolo Consorzio tra imprese farmaceutiche e la facoltà di Biologia, Chimica e Scienze agrarie dell’Università degli Studi di Milano. Le infrastrutture offrono: • servizi di supporto • iniziative di collaborazione • opportunità di crescita futura • 14.000 mq di edifici (laboratori, uffici e aree comuni); • 16.000 mq sono in fase di costruzione. • Mission: • massimizzare il valore della ricerca; • trasformare le idee in opportunità di business; • supportare le imprese biotech. (www..biopolo.it)
Fattori critici di successo del cluster Lombardia • Disponibilità finanziarie • Cultura imprenditoriale • Politiche di sostegno (Provincia di Milano, Regione Lombardia) • Vicinanza alle grandi imprese • Presenza di Università • Personale con abilità e competenze Collaborazione per attività di ricerca
Cluster Bay Area vs. Cluster Lombardia Nessun intervento pubblico a livello finanziario ha contribuito allo sviluppo del cluster Bay Area. le istituzioni locali hanno sostenuto con fondi lo sviluppo delle imprese biotech. Caratteristica fondamentale che si osserva nel cluster Lombardia (anni ’90).
Cluster Heidelberg vs. Cluster Lombardia Cluster Heidelberg intervento pubblico finalizzato a trasformare il settore inattivo (“dormiente”) delle biotecnologie in un settore competitivo a livello globale stimolando la nascita di nuove imprese, la crescita di quelle esistenti e la fornitura di capitale di rischio. Cluster Lombardia intervento pubblico volto a rispondere efficacemente a problemi specifici. Non c’è un intento strategico nel rafforzamento del settore biotech. • Solo nel 2004 Miur e Regione Lombardia firmano un accordo di programma in materia di ricerca nel settore delle biotecnologie: fondi stanziati sono destinati a finanziare il potenziamento della capacità competitiva dell’impresa lombarda (attraverso il sostegno alla integrazione tra Università e industria) e il rafforzamento della cultura dell’innovazione all’interno del sistema industriale lombardo. • Art. 3: Quadro Finanziario dell’Accordo • Fondi regionali per le biotecnologie: 18 milioni €. • Fondi nazionali: 8 milioni €.
Pubblicazioni scientifiche delle imprese biotech italiane(che siano in cluster oppure no)
Motivazioni e Finalità della Ricerca • Analizzare la crescente interazione e le collaborazioni tra Università e Industria in un’ottica di produzione di innovazione • Analisi particolarmente rivolta al settore life-science – salute • Pubblicazione scientifica come misura dell’avanzamento delle conoscenze in un determinato settore • Analisi delle determinanti della qualità/intensità della ricerca • Dati bibliometrici per analizzare le caratteristiche e l’evoluzione dei network di ricerca • Studio delle dinamiche di “corporate publishing”
Il database delle imprese • Selezione da un incrocio dei principali database di settore, utilizzando il database DT Biotech (D’Amore e Vittoria, 2006) sul biotech italiano • Selezione delle imprese (for-profit firms) attive nel segmento “salute” • Individuate 366 imprese for-profit nel settore biotech-salute
Il database delle pubblicazioni • Ricerca delle pubblicazioni effettuate dalle imprese for-profit del settore biotech-salute attraverso il database ISI Web of Knowledge. • Individuate 4077 pubblicazioni, dal 1990 al 2006. • Queste pubblicazioni fanno capo a 149 imprese, su un totale di 366: nel settore biotech-salute 149 imprese su 366 (40.7%) ha effettuato almeno una pubblicazione. • Per ogni pubblicazione sono rilevate informazioni su: • Anno e mese • Citazioni • Impact Factor della rivista • Autori (numero) e istituzioni di appartenenza (natura e localizzazione)