E N D
1. Mito&Logos
2. Salve professoressa,
Ecco a lei il nostro lavoro sul mito e il logos.
Dopo ore di duro impegno,ci auguriamo di aver raggiunto un buon risultato.
Speriamo che il lavoro le piaccia.
Buona lettura!
Le sue alunne
3. Il Mito (µ???? )… “Gli uomini hanno iniziato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia:
mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito,
progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori: per esempio i
problemi riguardanti i fenomeni della luna e quelli del sole e degli altri astri, o i problemi
riguardanti la generazione dell'intero universo. Ora, chi prova un senso di dubbio e di
meraviglia riconosce di non sapere; ed è per questo che anche colui che ama il mito è, in
certo qual modo, filosofo: il mito, infatti, è costituito da un insieme di cose che destano
meraviglia. Così che, se gli uomini hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, è evidente che ricercano il conoscere solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilità pratica.
4. E il modo stesso in cui si sono svolti i fatti lo dimostra: quando già c'era pressochè tutto ciò che necessitava alla vita ed anche all'agiatezza ed al benessere, allora si incominciò a ricercare questa forma di conoscenza. E' evidente, dunque, che noi non la ricerchiamo per nessun vantaggio che sia estraneo ad essa; e, anzi, è evidente che, come diciamo uomo libero colui che è fine a se stesso e non è asservito ad altri, così questa sola, tra tutte le altre scienze, la diciamo libera: essa sola, infatti, è fine a se stessa.” (Aristotele, Metafisica I,2,982b)
Come nasce il mito?
5.
L’uomo primitivo provava stupore o terrore di fronte a eventi naturali inspiegabili come il sorgere e il tramontare del sole, il cammino delle stelle, l’alternarsi delle stagioni, le fasi lunari, i tuoni..
Si chiedeva da dove veniva il mondo e da dove veniva lui stesso, il perché del suo nascere, del suo obbedire a certe regole, del suo gioire e soffrire e si interrogava sul perché della morte.
Avvertiva in tutte le cose intorno a lui la presenza di un mistero che cercava di svelare.I fatti narrati nei miti erano le risposte alle sue domande, costituivano le spiegazioni elaborate nel tempo per dare un significato a eventi e cose per attenuare la paura del mistero.
6.
Nell’antichità classica il mito è considerato come un prodotto inferiore dell’attività
intellettuale. Questo fu il punto di vista di Platone e di Aristotele. Platone contrappone il
mito alla verità e al racconto vero,ma allo stesso tempo gli riconosce la verosimiglianza.
Costituisce quindi per lui la “via umana più breve” della persuasione.
Sostanzialmente lo stesso atteggiamento ha di fronte al mito Aristotele. Ciò che il mito dice
si suppone,non è dimostrabile né chiaramente concepibile,ma il suo significato morale e
religioso,vale a dire ciò che insegna all’uomo rispetto ad altri uomini,risulta chiaro. Le concezioni del mito…
7. La seconda concezione del mito è quella per la quale esso assume una forma autonoma di pensiero e di vita. In questo senso il mito non è una verità intellettuale corrotta o degenerata ma una verità autentica. Nella filosofia la migliore espressione di questa teoria del mito è il secondo volume della Filosofia delle forme simboliche di Ernest Casirer.
La terza concezione del mito è la moderna teoria sociologica di esso, Quest’ultimo vede nel mito uno strumento di controllo sociale, elementi fondamentali che costituiscono un gruppo. Levì-Strauss ha mostrato che il mito non è un racconto storico ma piuttosto la rappresentazione generalizzata di fatti che ricorrono alla vita degli uomini:la nascita e la morte,la lotta contro la fame e le forze della natura,la sconfitta e la vittoria. Il mito non riproduce mai la situazione reale,ma la rappresenta abbellita,corretta e perfezionata ed esprime le aspirazioni che la situazione reale fa sorgere.
8. … E il logos (????? )
Logos deriva dal greco ???e?? (léghein) che significa scegliere, raccontare, enumerare.
Nello sviluppo della cultura occidentale, a suo parere, il valore del pensare e del dire ha
prevalso su quello dell'ascoltare mentre l'udire e il dire, come si riproponeva nel dialogo
socratico , sono entrambi essenziali «L’udire autentico appartiene al logos. Perciò questo
udire stesso è un leghein. In quanto tale, l’udire autentico dei mortali è in un certo senso lo
stesso logos»
Lo stesso Heidegger ha individuato il significato di raccolta, nel termine derivato da logos:
silloge riportandolo all'interpretazione del logos eracliteo.
9. Da un frammento di Leucippo sembra possa attribuirsi ad Eraclito un significato del logos
come "legge universale" che regola secondo ragione e necessità tutte le cose :
« Nessuna cosa avviene per caso ma tutto secondo logos e necessità. »
Agli uomini è stata rivelata questa legge ma essi continuano ad ignorarla anche dopo
averla ascoltata. Il logos appartiene a tutti gli uomini ma in effetti ognuno di loro si
comporta secondo una sua personale phronenis, una propria saggezza. I veri saggi
invece sono quelli che riconoscono in loro il logos e ad esso s'ispirano come fanno coloro che
governano la città adeguando le leggi alla razionalità uiversale della legge divina.
Un ulteriore significato del logos inteso come "ascolto" è nella affermazione di
Eraclito che sostiene che molti non capiscono la sua "oscura" dottrina poichè si sforzano di
ascoltare lui invece che il logos.
Secondo altri interpreti del pensiero eracliteo una dottrina del logos sembra non essere nella
sua filosofia. Sia Platone che Aristotele non si riferiscono mai a lui riguardo al logos: per il
primo Eraclito è colui che ha sostenuto l'incessante fluire dell'essere e di come ogni cosa sia
nello stesso tempo uno e molti, mentre per Aristotele e per Teofrasto il pensiero eracliteo si
fonda sul principio incorruttibile del fuoco causa di ogni cosa.
10. Durante lo Stoicismo…
Una vera e propria "filosofia del logos" la si ritrova invece nello Stoicismo.
Cleante, richiamandosi ad Eraclito, afferma la dottrina del logos spermatikòs, la "ragione
seminale", un principio vivente ed attivo (poioun) che si diffonde nella materia inerte
animandola e portando alla vita i diversi enti.
Il logos è presente in tutte le cose, dalle più grandi alle più piccole, dalle cose terrene sino
alle stelle garantendo così l'unità razionale dell'intero cosmo:
«[il logos] attraversa tutte le cose mescolandosi al grande come ai piccoli astri luminosi» .
Esiste dunque un comune sentire (una s?µp??e?a (sympatheia), "simpatia") universale, una
legge naturale seguendo la quale lo stoicismo insegna a «vivere conformemente alla
natura». ”.
11.
Dal punto di vista fisico il logos è identificato col fuoco, che contiene in sé le diverse
"ragioni seminali" individuali. Alla fine dei tempi avverrà una conflagrazione che
consumerà l'intero universo, in cui però si salveranno le "ragioni seminali", per
garantire la generazione del nuovo mondo che sarà nuovamente arso secondo un
andamento ciclico.
Il logos inteso come "calcolo" (ratio) e "discorso" (oratio) è mantenuto dallo stoicismo
che distingue tra il "discorso interiore" (logos endiathetos, oratio concepta) la
riflessione razionale e il "discorso profferito", il discorso parlato.
12. Nel Cristianesimo …
Nel Cristianesimo il logos compare all'inizio del Vangelo di Giovanni, dov'è coincidente con Dio creatore e poi storicamente incarnato in Cristo e quindi negli uomini venendo ad «abitare in mezzo a noi». Gli spunti del Vangelo di Giovanni trovano in seguito una loro conclusione nella definizione dei due dogmi, quello della trinità e dell'incarnazione di Dio, formulati nel Concilio di Nicea.
Il termine "logos" in ambito cristiano è tradizionalmente reso in italiano come "verbo", riprendendo con un calco il latino "verbum". Altri traducono con "parola".
Alcuni studiosi della Bibbia ritengono che Giovanni abbia usato il termine "logos" in una doppia accezione: sia per rendere comprensibile agli ambienti ebraici, familiari, il concetto della divina sapienza, sia per rimanere connesso con gli ambienti della filosofia ellenistica, dove il "logos" era un concetto filosofico radicato da tempo.
13. Alcune traduzioni cinesi del Vangelo di Giovanni hanno definito il termine "logos" come
"Tao" (letteralmente la Via o il Sentiero) spesso tradotto come il Principio, è uno dei
principali concetti della filosofia cinese. È l'eterna, essenziale e fondamentale forza che
scorre attraverso tutta la materia dell'Universo , vivente o meno.
Il filosofo e teologo calvinista statunitense Gordon Clark, nella sua traduzione della
Bibbia, ha reso "logos" con "logica": «In principio era la Logica, e la Logica era presso Dio, e
la Logica era Dio». In tal modo Clark vuole affermare che le leggi della logica non sono un
principio secolare imposto sulla visione cristiana del mondo, ma qualcosa già presente nella
Bibbia.
Sant'Agostino insegnava che il Logos è prima di tutto relazione: «Come il Figlio dice
relazione al Padre, così il Verbo dice relazione a colui di cui è il Verbo». Il concetto di
Logos come relazione è stato ripreso da altri, fra cui il teologo contemporaneo Vito
Mancuso (1962)o lo storico della filosofia Giangiorgio Pasqualotto.
14. A confronto …
Il mito é una spiegazione tradizionale , il logos é razionale : nella concezione della realtà
in chiave mitologica c'é un rapporto diverso con gli oggetti presi in esame rispetto alla
concezione filosofica , la quale esamina tutto con lo stesso distacco di un medico che studia
una malattia su un paziente o un chimico che studia le molecole . Il mito invece tratta le
cose come " persone " : l' inciampo in una pietra viene visto , per dire , come lo scontro di
due persone . E finchè c'é un rapporto persona - persona non potrà mai nascere un
atteggiamento scientifico , che invece presuppone il concetto di legge naturale .
15. Lavoro a cura di: Ludovica Bevivino
Annalisa Di Napoli
Eliana Casillo
Patrizia Di Bonito
Martina D’Isanto