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ISTITUTO COMPRENSIVO “FRANCESCO d’ASSISI” TORRE DEL GRECO D.S.PROF.SSA G.PAOLELLA. IN OCCASIONE DELLA GIORNATA DEDICATA AL RISCHIO VESUVIO - 10 dicembre 2010 “IL VESUVIO: IERI,OGGI E…DOMANI? ” LAVORO ESEGUITO DALLA DOCENTE PROF.SSA CATERINA SORRENTINO
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ISTITUTO COMPRENSIVO“FRANCESCO d’ASSISI”TORRE DEL GRECOD.S.PROF.SSA G.PAOLELLA IN OCCASIONE DELLA GIORNATA DEDICATA AL RISCHIO VESUVIO - 10 dicembre 2010 “IL VESUVIO: IERI,OGGI E…DOMANI? ” LAVORO ESEGUITO DALLA DOCENTE PROF.SSA CATERINA SORRENTINO CLASSI: II E-II F
NOTIZIE SUL VESUVIO CURIOSITA’
Il monte Vesuvio è un vulcano esplosivo attivo (attualmente in stato di quiescenza) situato in Campania nel territorio dell'omonimo parco nazionale istituito nel 1995. Si tratta di un vulcano particolarmente interessante per la sua storia e per la frequenza delle sue eruzioni. Fa parte del sistema montuoso Somma - Vesuvio ed è alto 1281 metri. È situato leggermente all'interno della costa del golfo di Napoli, ad una decina di chilometri ad est del capoluogo campano.Il Vesuvio costituisce un colpo d'occhio di inconsueta bellezza nel panorama del golfo, specialmente se visto dal mare con la città sullo sfondo. Una celebre immagine da cartolina ripresa dalla collina di Posillipo lo ha fatto entrare di diritto nell'immaginario collettivo della città di Napoli, sebbene dagli abitanti del luogo sia considerato uno stereotipo al pari del celebre sole - mare - mandolino. Non altrettanto stereotipo, ma ben più importante, è il primato che il Vesuvio detiene a livello mondiale: si tratta del vulcano che per primo è stato studiato sistematicamente. • Dal 1944 non si sono più avute sue eruzioni. Pur tuttavia, essendo il vulcano considerato in stato di quiescenza, alcuni interventi legislativi hanno individuato una zona rossa comprendente 18 Comuni (quelli del Parco Nazionale del Vesuvio: Boscoreale, Boscotrecase, Ottaviano, Pollena Trocchia, Ercolano, San Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano al Vesuvio, Sant'Anastasia, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre Del Greco, Trecase, Massa di Somma oltre a Cercola, Pompei, Portici, San Giorgio a Cremano, Torre Annunziata); il Dipartimento Nazionale di Protezione Civile, con la collaborazione della comunità scientifica e delle autorità locali, ha predisposto un piano di emergenza che viene costantemente aggiornato. I Comuni, inoltre, mettono ciclicamente in atto delle esercitazioni di Protezione Civile al fine di preparare la popolazione all'evento dell'eruzione.[senza fonte] Di recente, la Regione ha predisposto incentivi atti a favorire il decongestionamento dell'area a maggior rischio.
Origini del nome Nell'antichità si riteneva che il Vesuvio fosse consacrato all'eroe semidio Ercole, e la città di Ercolano, alla sua base, prendeva da questi il nome, così come anche il vulcano, seppur indirettamente.Ercole infatti era il figlio che il dio Giove aveva avuto da Alcmena, una donna di Tebe. Uno degli epiteti di Giove (Zeus nella Grecia antica) era (Üès), cioè colui che fa piovere. Così Ercole divenne(Üesouüios), cioè il figlio di Ües, da cui deriva il latino Vesuvius (pronUesuuius).Una tradizione popolare della fine del Seicento, vorrebbe invece che la parola derivi dalla locuzione latina "Veh suis" ("Guai ai suoi"), giacché la maggior parte delle eruzioni sino ad allora accadute, avevano sempre preceduto o posticipato avvenimenti storici importanti, e quasi sempre carichi di disgrazie per Napoli o la Campania. Un esempio su tutti: l'eruzione del 1631 sarebbe stato il "preavviso" naturale dei moti di Masaniello del 1647.
Eruzioni nell'antichità Furono lasciate impronte di fuggitivi nelle ceneri dell'eruzione detta delle "pomici di Avellino" (1660 a.C. circa)Si ritiene che già 400.000 anni fa la zona del Vesuvio sia stata soggetta ad attività vulcanica, tuttavia sembra che la montagna abbia iniziato a formarsi 25.000 anni fa, probabilmente come vulcano sottomarino nel Golfo di Napoli; emersa successivamente come isola, si unì alla terraferma per l'accumulo dei materiali eiettati.Tra i 19.000 anni fa e il 79 ebbero luogo una serie di violente eruzioni intercalate da periodi di quiete del vulcano. Dall'origine della montagna ai principali eventi sono state attribuite varie denominazioni:Codola (25.000 anni fa) Sarno-Pomici, basici (17.000 anni fa) Pomici verdoline (15.500 anni fa) Mercato o Pomici di Ottaviano (7.900 anni fa) Pomici di Avellino (1660 a.C.) Pompei (79 d.C.) Tutte queste eruzioni, per la loro immane violenza, ma anche perché simili a quella che distrusse Pompei, sono chiamate eruzioni Pliniane (dai nomi di Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane, studiosi Romani che furono testimoni dell'eruzione del 79 d.C.). Per fare un esempio, ciascuna delle eruzioni più violente avvenute dopo il 79, dette Subpliniane, sono potenti almeno la metà di una regolare eruzione pliniana.
L'eruzione del 79 • La data dell'eruzione del Vesuvio del 79 ci è stata trasmessa da Plinio il giovane attraverso una lettera contenuta nel suo epistolario spedita a Tacito in cui si legge nonum kal. septembres cioè nove giorni prima delle Calende di settembre, data che corrisponde al 24 agosto.Questa data era contenuta nella variante universalmente ritenuta più attendibile del manoscritto ed è stata accettata come sicura fino ad oggi, anche se alcuni dati archeologici via via emersi mal si accordavano con una data estiva.Infatti nello scavo dell'area vesuviana, sigillati dai lapilli, sono stati ritrovati (carbonizzati o tramite indagini archebotaniche) resti di frutta secca (come fichi secchi, datteri, susine), frutta tipicamente autunnale (come ad esempio melograni, castagne, uva, noci), si era completata la raccolta della canapa da semina (raccolta che si effettuava solitamente a settembre), la vendemmia (effettuata solitamente nel periodo di settembre/ottobre) era da tempo terminata e il mosto sigillato nelle anfore interrate, oltre ad essere posti in uso nelle case oggetti tipicamente autunnali come bracieri. Tali anfore venivano chiuse soltanto dopo un periodo di fermentazione all'aria aperta della durata di una decina di giorni: dunque l'eruzione avvenne, se si considera attendibile questo elemento d'indagine, in un periodo successivo. Anche nel caso di una vendemmia anticipata, i giorni intercorsi tra la raccolta, la pigiatura e la prima fermentazione consentono di spostare la data avanti con una certa sicurezza.Questi motivi portarono Carlo Maria Rosini, appassionato napoletano del Settecento, ad avanzavare l'ipotesi che il testo plinano fosse sbagliato; egli propendeva per la data riportata da Cassio Dione Cocceiano non. kal. dec., cioè il 23 novembre, che meglio si accordava con i dati archeologici. Tale ipotesi fu però respinta, all'epoca, e si continuò a considerare come esatta la data del 24 agosto
Dall'eruzione del 79, il Vesuvio ebbe molti periodi di attività alternati a intervalli di riposo. Nel 472, scagliò una tale quantità di ceneri, che si sparsero per tutta Europa e riempirono di allarme perfino Costantinopoli, che in quegli stessi giorni era scossa da violenti terremoti con epicentro ad Antiochia. Nel 1036 si ebbe la prima eruzione con fuoriuscita di lava: evento importantissimo nella storia del monte, giacché fino ad allora le eruzioni avevano prodotto materiali piroclastici, ma non magma. Secondo le antiche cronache, l'eruzione avvenne non solo sulla cima, ma anche sui fianchi, ed i prodotti incandescenti si riversarono in mare, allungando la linea costiera di circa 600 m.Questa eruzione fu seguita da altre cinque, l'ultima delle quali (sebbene molto dubbia, perché ne parla un solo storico) avvenne nel 1500. A queste fece seguito un lungo riposo di circa 130 anni, durante il quale la montagna si coprì nuovamente di giardini e vigne come in precedenza. Anche l'interno del cratere si ricopri di arbusti.
L'eruzione del 1631 Nel 1631 ci fu un'altra terribile eruzione. Dopo numerosi eventi premonitori quali rigonfiamento del suolo, piccoli terremoti che si manifestavano già da qualche mese e prosciugamento delle fonti, all'alba del 16 dicembre il Vesuvio rientrò in attività dopo un periodo di riposo di circa 130 anni, con l'apertura di una bocca laterale sul versante Sud-Est con una iniziale fase di attività stromboliana e forse l'emissione di una colata di lava (per molti autori invece non vi fu alcuna colata di lava). Una prima fase espulse ceneri frammiste all'acqua che scescero a valle a grandi velocità, oltre a colonne di vapore. Successivamente ebbe luogo una violenta attività esplosiva dal cratere centrale con un'alta colonna di ceneri, pomici e gas. Nella seconda parte della giornata del 16 dicembre e nella successiva del 17 vi fu l'emissione di flussi piroclastici che mieterono le prime vittime a Portici, Torre del Greco e negli altri paesi ai piedi del vulcano e costrinsero gran parte della popolazione a cercar rifugio a Napoli. Nel corso dell'eruzione si ebbero violenti scrosci di pioggia che mobilizzarono le ceneri deposte sui pendii del vulcano e causarono valanghe di fango, che coprirono la maggior parte dei paesi sulle sue pendici. Nel corso del secondo giorno dell'eruzione (17 dicembre), l'arcivescovo ordinò una nuova processione di intercessione con l'esposizione le reliquie di san Gennaro; e, secondo molti storici e letterati dell'epoca, l'eruzione cominciò a scemare proprio quando la statua del Santo fu rivolta al vulcano. L'eruzione ebbe fine dopo 17 giorni dopo aver eruttato un quantitativo di circa cento milioni di metri cubi di lava.Portici, Resina (l'antica Ercolano), Torre del Greco e Torre Annunziata furono semidistrutte, mentre la frazione Pietra Bianca fu ridenominata, da allora, Pietrarsa. Le vittime accertate in quell'area furono tremila; molti di più furono gli animali (soprattutto bovini) uccisi dal torrente di lava. A ricordo della minaccia diretta, a Napoli, ancor oggi, sta la statua del santo patrono San Gennaro al Ponte della Maddalena, rivolto verso il Vesuvio; a Portici una lapide fatta murare dal Viceré, ammonisce in latino il viandante a fuggire al minimo rumoreggiare del vulcano. Anche dalla parte del Monte Somma la distruzione fu quasi totale. Infatti gravissimi danni subirono Ottaviano (a quel tempo denominata Ottajano) e la vicina Somma Vesuviana. A Ottaviano morirono circa 1000 persone e circa 3000 trovarono scampo in località distanti come Sarno, Nola e Avellino e nella stessa Napoli. Complessivamente le vittime accertate furono 4000, oltre a circa 6000 capi di bestiame, i senza tetto scappati verso Napoli furono circa 44000.
Il ciclo eruttivo del Vesuvio :Eruzione del Vesuvio del 1760-1761 Eruzione del Vesuvio del 1794, con la processione dell'Immacolata Eruzione dell'aprile 1872 Dal 1631 al 1944, il Vesuvio è stato un vulcano "addomesticato", cioè ha seguito un andamento eruttivo continuo, col condotto praticamente sempre aperto, di modo tale che era possibile intuire le eruzioni. Il periodo dell'attività più intenso fu durante la seconda metà del XVIII secolo, con cicli della durata media di 10-15 anni; il meno prolifico, quello del 1872 - 1944 , con due cicli della durata di 34 e 38 anni.
L'eruzione del 1906, descritta efficacemente da Frank A.Perret e da Matilde Serao, fu la più grande avvenuta nel XX secolo: ancor oggi è difficile stabilire con esattezza il volume degli ejecta, un'immane colata lavica che si dirigeva verso Torre Annunziata fu miracolosamente bloccata dalle mura del cimitero, e la nube gassosa che generò nelle ultime ore di attività spazzò via la cima e svuotò la camera magmatica. A causa della pioggia di cenere fu, anche in questa eruzione, quasi completamente distrutta Ottaviano, l'antica Ottajano, causando molti morti, tanto che fu chiamata "la nuova Pompei". Nelle vicinanze crollò il tetto di una chiesa a San Giuseppe Vesuviano, uccidendo tutte le 105 le persone che vi pregavano.Un'eruzione intermedia avvenne nel 1929, quando nel cratere si creò un lago di lava, che traboccò sul versante SE e distrusse solo alcuni vigneti.La successiva (e, per ora, ultima) eruzione avvenne tra il 16 e il 29 marzo 1944, e distrusse nuovamente Massa e San Sebastiano, cosparse di ceneri tutto il Meridione, e fu resa famosa dai cinegiornali dell'esercito Angloamericano che all'epoca occupava Napoli. Spettacolari fontane di lava si innalzarono dal cratere fino ad un'altezza di 800 metri, mentre 26 persone venivano uccise dalla pioggia di ceneri, ed il condotto craterico subì un'alterazione radicale.Dopo l'eruzione del 1944, il Vesuvio è in fase di quiescenza. Tale periodo di riposo, in base alla descrizione del ciclo sopra descritta, appare atipico, per cui la ripresa dell'attività eruttiva pare fortemente in ritardo. Per questo, si ritiene che il Vesuvio sia uscito dal tipo di attività studiato. Per qualche motivo ancora misterioso, il condotto (praticamente sempre aperto dal 1631) dev'essersi ostruito in profondità, o devono essersi svuotate le "sacche" di magma che alimentavano l'attività ciclica, per cui il vulcano è tornato all'apparenza inerte, come doveva essere prima del 1631
ancora un’immagine suggestiva del Vesuvio durante l’ultima eruzione
IL VESUVIO NELL’ARTE
Guglielmo Morghen - Veduta scenografica della Città di Torre del Greco che contava diciottomila abitanti prima di essere in gran parte distrutta dal corso della lava dell'eruzione del 1794
Salathé-Strutt Distruzione di Torre del Greco nell’eruzione del 1794
Nell’ordine:barbagianni,civetta,gufo e uccelli,abituali frequentatori del Parco
Circa 600.000 persone abitano ai piedi del vulcano ,diciotto comuni fanno parte della zona rossa cioè ad alto rischio e,anche se il Vesuvio viene costantemente monitorato e la Protezione Civile ,in accordo con la Regione Campania e i Comuni interessati, ha predisposto un piano di emergenza che è continuamente aggiornato,dopo il tentativo mal riuscito del progetto Vesuvia che prevedeva incentivi economici per coloro che fossero disposti a lasciare il territorio, o gemellaggi vari con altre regioni pronte ad accogliere le popolazioni campane in caso di eruzione,o la costruzione di percorsi alternativi per facili vie di fuga, viene da chiedersi: “ Se un giorno il Vesuvio dovesse improvvisamente eruttare, al momento ,quali garanzie di poter mettere in salvo queste popolazioni dalla furia del vulcano ci sarebbero?” La risposta potrebbe essere : “Senza aspettare sempre tutto dagli altri,impariamo ognuno di noi a convivere con il vulcano, ma non secondo la filosofia, tutta partenopea , della rassegnazione totale di fronte all’ineluttabile, bensì attraverso l’educazione al rischio, che vuol dire sin da subito e senza distinzione di sesso,di età, di ceto sociale,istruirci quotidianamente a partire da semplici informazioni e dall’acquisizione di facili abitudini e nuovi stili di vita che ci rendano consapevoli del pericolo e tempestivi nell’affrontarlo,senza dover rinunciare per questo all’amore che ci lega al nostro territorio ,amore che deve sapersi tradurre soprattutto in conoscenza e non sfida,rispetto e non timore, tutela e non indifferenza”