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“Evolution and Performance of Exchange Rate Regime” Autori: Kenneth S. Rogoff, Aasim M. Husain, Ashoka Mody, Robin Brooks e Nienke Oomes (IMF, 2004) Presentazione a cura di: Alessio Giampaoletti Leonardo Piersanti Università Politecnica delle Marche,
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“Evolution and Performance of Exchange Rate Regime” Autori: Kenneth S. Rogoff, Aasim M. Husain, Ashoka Mody, Robin Brooks e Nienke Oomes (IMF, 2004) Presentazione a cura di: Alessio Giampaoletti Leonardo Piersanti Università Politecnica delle Marche, Facoltà di Economia G.Fuà, A.A. 2008-2009 Corso di Economia Monetaria Internazionale Prof. Andrea F. Presbitero
Introduzione • L’articolo, pubblicato nel 2004 dal Fondo Monetario Internazionale, tratta della durabilità e delle performances sull’economia reale dei diversi regimi di tasso di cambio, con particolare attenzione ai paesi emergenti ed ai paesi in via di sviluppo. • Gli autori enfatizzano l’importanza di una scelta corretta della classificazione dei regimi di cambio. • Dopo aver trattato la teoria generale sulla scelta ottimale del tasso di cambio ed analizzato i risultati empirici dello studio, si vedrà come non ci siano prescrizioni indiscutibili e universalmente valide.
L’evoluzione dei regimi di tasso di cambio • L’attuazione di un regime di tasso di cambio differisce da quello preannunciato il 50 % delle volte (fear of floating, fear of pegging) • I regimi intermedi (il “middle”) rimangono prevalenti, specialmente tra le economie emergenti ed i Paesi in via di sviluppo • La frequenza di un cambiamento di regime è simile a quella di 50 anni fa: ogni anno il 7% dei Paesi cambia regime, con una tendenza prevalente per quelli emergenti.
“De jure” e “De facto” • La classificazione De jure (FMI): - regimi fissi (pegged) - regimi con limitata flessibilità (es. crawling band) - regimi fluttuanti (managed o free floating) limite alcuni de jure annunciati non risultano effettivamente adottati
“De jure” e “De facto” (segue) • Nel 1999 il FMI adotta una classificazione de facto basata su: • informazioni sui tassi di cambio; • framework di politica economica; • intenzioni delle autorità monetarie. • Tuttavia gli autori del paper preferiscono la Natural Classification di Reinhart e Rogoff in quanto essa tiene conto di: • stress macroeconomici; • eventuale presenza di mercati paralleli del tasso di cambio.
“De jure” e “De facto” (segue) • La Natural Classification prevede che un cambio è classificato per come è annunciato solo se la media assoluta mensile della sua variazione corrisponde alle attese. • In caso contrario i Paesi si dividono in: 1) de facto peg: Δ% = 0 per 4 o più mesi consecutivi 2) limited flexibility: Pr(-2%<Δ<2%) ≥ 80% su 5 anni 3) freely falling: se l’inflazione ≥ 40% 4) managed floating 5) freely floating i restanti, divisi in base ad un calcolo statistico
“De jure” e “De facto” (segue) • Gli autori osservano che dal confronto del De Jure e della Natural Classification (sul periodo 1973-1999) emerge una divergenza tra regime annunciato e realmente applicato in circa il 50% dei casi • La differenza è particolarmente rilevante per i regimi che si annunciano fluttuanti ma che poi invece incorrono nella “fear of floating” (specialmente Paesi emergenti e PVS). Osservazioni: 1) La classificazione Naturale mostra un numero superiore di hard pegs 2) I regimi intermedi sono stati e sono tuttora decisamente più prevalenti, De facto, di quanto scaturisca dalla classificazione De jure
Prevalenza dei regimi intermedi • Alcuni economisti degli anni ’90 propongono la “bipolar hypothesis”: i Paesi emergenti avrebbero adottato nel tempo regimi di cambio sempre più agli estremi della flessibilità (hard peg o free floats); • Confutazione: tramite l’analisi dei dati della Natural Classification gli autori osservano che: • pochi Paesi emergenti si sono mossi verso hard pegs (Argentina) o freely floating (Indonesia, Sud Africa) • molti Paesi emergenti sono passati da un freely floating a regimi intermedi (Brasile, Russia, Venezuela..) Il “middle” rimane prevalente a causa del fear of floating e del fear of pegging
“Transition” dei tassi di cambio nei Paesi • Eventi di grande portata a livello mondiale hanno influenzato la cosiddetta “transition” dei regimi di tassi di cambio: • Fine di Bretton Woods 1973 (più tassi flessibili dopo la rigidità); • Caduta del muro di Berlino e fine dei regimi comunisti (transizione, prima dentro, poi fuori dei freely falling per i Paesi ex-URSS); • Crisi dei Paesi Emergenti nella seconda metà degli anni ’90; • Creazione dell’area Euro e fine di molti cambi flessibili. • Tuttavia, ogni anno, solamente il 7% dei Paesi modifica il proprio regime di cambio • Escludendo gli eventi sopra citati gli autori mostrano che questa tendenza diminuisce ancora di più, a causa di costi di cambiamento e di adattamento.
Performance dei regimi di tassi di cambio e conseguenze sull’economia reale • La teoria • Valutazioni Empiriche: - Inflazione - Crescita - Volatilità - Probabilità di crisi • La credibilità per i PVS e per i Paesi Emergenti - Effetto annuncio, durata del regime, learning to float
Performance dei regimi di tassi di cambio e conseguenze sull’economia reale: la teoria
Performance dei regimi di tassi di cambio e conseguenze sull’economia reale: valutazioni empiriche • Gli autori analizzano i dati osservati dal 1970 al 1999, usando la Natural Classification, e differenziano i risultati per 3 tipologie di Paesi: - Paesi in via di sviluppo (PVS): arretrati e con bassa esposizione ai movimenti internazionali di capitali; - Paesi Emergenti: arretrati, ma molto più esposti ai movimenti internazionali di capitali; - Paesi Sviluppati • L’uso della Natural Classification mitiga il problema della “reverse causality” e “endogenity”
Performance dei regimi di tassi di cambio e conseguenze sull’economia reale: inflazione • Regimi fluttuanti sono associati ad una maggiore inflazione rispetto ai pegs, e questo è vero considerando entrambe le classificazioni (tuttavia questo effetto positivo, più che dalla ristrettezza delle politiche monetarie, deriva dalla credibilità dell’economia nel suo complesso). • Distinguendo tra Paesi però, la storia è differente: • nei PVS l’inflazione aumenta con maggiore flessibilità del cambio; • nei Paesi emergenti non c’è una relazione significativa tra le due variabili; • nei Peasi avanzati l’inflazione diminuisce al crescere della flessibilità del cambio. i cambi fissi e intermedi possono portare qualche vantaggio in termini di bassa inflazione nei PVS, ma con la crescente esposizione ai mercati internazionali di capitali, non ci sono prove che dicano che un cambio fisso porti minor inflazione, anzi!
Performance dei regimi di tassi di cambio e conseguenze sull’economia reale: crescita • Pvs sembra che all’aumentare della flessibilità diminuisca la crescita, tuttavia la relazione non è statisticamente significativa. La bassa inflazione attraverso la rigidità del tasso di cambio non sembra andare a spese della crescita ma non mostra di avere neanche un effetto positivo. • Paesi emergenti relazione piuttosto turbolenta tra regime adottato e crescita (come per l’inflazione) • Paesi sviluppati migliori performance di crescita con il free floating. Il beneficio marginale della flessibilità è crescente quanto più il Paese diventa sviluppato: infatti un regime flessibile permette più veloci aggiustamenti in seguito a shock, e la solidità delle sue istituzioni riduce il rischio legato alla fluttuazione.
Performance dei regimi di tassi di cambio e conseguenze sull’economia reale: volatilità • Pvs non c’è una relazione significativa tra tasso di cambio e volatilità del PIL • Paesi avanzati la crescita della volatilità con la flessibilità sembra apparentemente senza costi • Paesi emergenti sembra che la volatilità cresca con la flessibilità. Tuttavia: 1) la volatilità dovuta al collasso di un peg è probabilmente associata al regime seguente più flessibile. Quindi si può dire che la relazione tra volatilità e flessibilità in questi paesi è largamente dovuta alla volatilità successiva al collasso del peg. 2) la trasmissione della volatilità dal regime rigido a quello flessibile appare essere caratterizzante degli anni ’90, quando i paesi emergenti cominciarono a sfruttare in maniera significativa i capitali internazionali.
Performance dei regimi di tassi di cambio e conseguenze sull’economia reale: crisi episodi di crisi sotto un regime numero degli anni di quel regime • Le crisi bancarie sono state diffuse negli anni ‘90 soprattutto nei paesi emergenti con un cambio fisso, a causa della loro esposizione internazionale combinata con la debolezza del sistema finanziario • Le crisi valutarie e della bilancia dei pagamenti si sono manifestate principalmente in regimi intermedi. • Le twin crises sono un fenomeno essenzialmente riconducibile ai Paesi emergenti. Probabilità di crisi =
La credibilità per i PVS e per i Paesi Emergenti • Pvs: peg minor inflazione • Beneficio proveniente principalmente dall’acquisizione di credibilità tramite l’annuncio del regime fisso piuttosto che dalla effettiva disciplina delle politiche macroeconomiche. • Effetto annuncio: l’annuncio di adottare un regime fisso comporta un più forte impegno nel mantenerlo e quindi politiche di supporto a tale regime, apportando credibilità al Paese stesso • I paesi che hanno annunciato un cambio fisso hanno avuto un beneficio dall’inflazione maggiore di quelli che l’hanno conseguito senza annunciarlo
La credibilità per i PVS e per i Paesi Emergenti • Si presume che un regime che dura per un periodo lungo sia supportato da politiche macroeconomiche consistenti: questo implica un guadagno di credibilità che porta a performance superiori. (Effetto Regime Duration derivante da un Track Record positivo) • Paesi con un peg che dura da 10 anni hanno avuto un aggiuntivo guadagno dall’inflazione rispetto a quello iniziale superiore dell’80%. • Paesi che hanno annunciato il regime fisso e l’hanno mantenuto hanno conseguito i maggiori benefici dalla rigidità del tasso di cambio
La credibilità per i PVS e per i Paesi Emergenti • Quale futuro per i paesi emergenti? • Considerando che al crescere delle capacità delle istituzioni, la fluttuazione diventa più conveniente, i paesi emergenti più sviluppati potrebbero voler anticipare un ulteriore avvicinamento al floating e quindi cominciare ad investire nel learning to float. Esistono 2 canali: • acquisizione di confidenza ed esperienza da parte delle autorità; • modifica del comportamento degli agenti privati • Il fatto che la banca centrale permetta la fluttuazione del tasso di cambio dovrebbe frenare l’accettazione di flussi eccessivi in entrata di capitali esteri: così facendo si potrebbe attivare un circolo virtuoso (esempi: Cile, Messico, Brasile)
Conclusioni • Per i PVS i regimi di cambi fissi o intermedi sembrano permettere una bassa inflazione e apparentemente bassi costi in termini di crescita o volatilità. Essi possono maggiormente beneficiare della bassa inflazione tramite tassi di cambio fissi qualora questi vengano ufficializzati. • I Paesi Emergenti, in regimi di cambio rigidi sono risultati più soggetti alle “twin crises”: allo stesso tempo il passaggio ad un regime pienamente flessibile desta preoccupazioni (fear of floating). Essi possono superare il fear of floating tramite investimenti in learning to float. • Con l’avanzamento economico il beneficio inflazionistico fornito dai regimi fissi ed intermedi è perso e le performances di crescita sono nettamente migliori in free floating.
Conclusioni (segue) • L’osservazione finale degli autori è che il regime di cambio, risultato della “peculiare” storia di ogni paese, può migliorare la propria performance solo tramite una gestione efficiente dello stesso.