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Luminescenza. Emissione di radiazioni luminose nel visibile o nel vicino visibile (lunghezza d’onda nell’intervallo 300-800 nm ). L’unica eccezione è rappresentata dalla radiazione di un corpo riscaldato che prende il nome di incandescenza.
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Luminescenza Emissione di radiazioni luminose nel visibile o nel vicino visibile (lunghezza d’onda nell’intervallo 300-800 nm) L’unica eccezione è rappresentata dalla radiazione di un corpo riscaldato che prende il nome di incandescenza
Sono stati identificati molti tipi di luminescenza che differiscono tra loro per la fonte energetica responsabile della produzione o dell’immissione luminosa
Assorbimento di energia L’eccitazione della molecola può essere realizzata fornendo energia sotto varie forme 1- Chemiluminescenza Lo stato elettronicamente eccitato è generato da una reazione chimica esoergonica
Si conoscono due tipi fondamentali di reazioni chemiluminescenti,direttaedindiretta, definite anche di tipo I e tipo II Nelle reazioni di tipo I la reazione genera la molecola primaria eccitata che è poi la responsabile della reazione luminosa. Nelle reazioni di tipo II il prodotto di reazione eccitato non è il reale emettitore di luce, ma trasferisce l’energia di attivazione ad un accettoreche successivamente emette luce.
Le reazioni chemiluminescenti richiedono fino a cinque componenti - il substrato o substrati chemiluminescenti, che reagiscono o si dissociano per formare la molecola nello stato eccitato, responsabile dell’emissione luminosa nelle reazioni di tipo I o del trasferimento di energia in quelle di tipo II; - un accettore di elettroni, se si tratta di una reazione di ossidazione;
- un catalizzatore, come un enzima o uno ione metallico, necessari per ridurre l’energia di attivazione ed aumentare quindi la velocità di reazione; - cofattori necessari per convertire uno o più substrati in una forma capace di reagire o interagire con il catalizzatore o necessari per la rottura del legame che darà origine alla specie molecolare emittente; - un accettore di energia o di elettroni, per le reazioni di tipo II.
Entrambi i tipi di reazioni chemiluminescenti sono caratterizzati da: - intensità - colore - velocità di inizio e di decadimento dell’emissione luminosa - dalla polarizzazione, se presente
In generale, il segnale analitico prodotto dalle reazioni luminescenti ha un andamento che è funzione del tempo con emissione costante (reazione A) o con rapido decadimento del segnale (reazione B) reazione A mV o RLU mV= millivolts RLU= unità di luce relativa reazione B tempo
numero di fotoni emessi FCL = numero di molecole reagenti Efficienza quantica della reazione chemiluminescente (CL) Ogni molecola che reagisce in una reazione di chemiluminescenza dovrebbe teoricamente fornire un fotone. In realtà questo accade per un numero ristretto di molecole che reagiscono.
FCL dipende da tre fattori Frazione di molecole della sostanza luminogena che seguono la via chimica corretta FCH Si possono avere reazioni competitive che sottraggono molecole di reagente e portano a prodotti capaci di quenching (smorzamento)
Frazione di molecole della sostanza luminogena che seguendo la via chimica corretta passano allo stato eccitato FSE Passaggio critico perché la maggior parte delle reazioni rilascia energia chimica sotto forma di energia vibrazionale dei prodotti di reazione evidenziabile sotto forma di calore
Frazione di molecole che riemette sotto forma di fotoni l’energia chimica assorbita FFL L’efficienza quantica di una reazione non supera il valore di 0.01 per 100 molecole di reagente viene emesso un solo fotone FCL Nel caso di reazioni bioluminescenti l’efficienza quantica è molto superiore probabilmente dovuto al catalizzatore biologico che favorisce il meccanismo dell’emissione luminosa nei confronti di altre possibilità
Una caratteristica importante della chemiluminescenza è costituita dal tipo di segnale prodotto. L’intensità di emissione luminosa è una funzione della cinetica di reazione; di conseguenza una emissione fotonica costante può aver luogo solo in caso di cinetica di ordine zero cioè nel caso di una reazione a velocità costante. Questo si verifica solo in particolari condizioni (nel sistema 1,2-diossetani-fosfatasi alcalina), e quando si verifica, la misura del segnale analitico risulta notevolmente semplificata, essendo direttamente correlata all’ampiezza del segnale.
In altri casi la cinetica delle reazioni chemiluminescenti è temporalmente variabile nel senso che il segnale analogico è correlato in ogni istante al numero di fotoni prodotti in quell’istante; di conseguenza la curva di emissione è un’immagine dell’andamento della velocità di reazione in funzione del tempo. Il massimo di emissione luminosa è raggiunto al tempo tmax , valore estremamente variabile, dipendentemente dal tipo di reazione e/o dai parametri analitici prescelti dalla reazione (pH, temperatura). L’emissione luminosa, una volta raggiunto il massimo, decade generalmente secondo una funzione di tipo esponenziale!
Andamento dell’emissione fotonica in funzione del tempo to = tempo al quale viene introdotto lo starter della reazione tmax = tempo al quale il segnale raggiunge la massima intensità ti + k = fine integrazione parziale ti = inizio integrazione parziale k = durata dell’integrazione parziale tf = fine dell’emissione luminosa ti + k tf ti t0 tmax
L’andamento dell’emissione fotonica nel tempo è rappresentativa della cinetica della reazione stessa. Una volta aggiunto lo starter della reazione t0, la velocità di reazione e quindi l’emissione luminosa, aumenta rapidamente fino a raggiungere un massimo in un tempo tmax che può variare da frazioni di secondo a decine di secondi. La luce decade secondo una funzione di tipo esponenziale fino ai valori del bianco tf.
Nel caso in cui i segnali non siano costanti sono state verificate delle relazioni lineari tra la concentrazione della sostanza e: - rispettivamente l’altezza del picco - la quantità totale di luce emessa (integrale tra to e tf) - una porzione di luce emessa nella fase discendente della curva (integrale tra ti e ti + x). Con i s’intende il tempo a cui inizia l’integrazione e con x il tempo di integrazione
NH2 O NH2 COO- H2O2/OH- NH + + + hn (425 nm) N2 H2O catalizzatore NH COO- O Reazioni chemiluminescenti Luminolo e derivati Composti chemiluminescenti che hanno trovato maggior utilizzazione in campo analitico La reazione di ossidazione viene effettuata in ambiente alcalino con H2O2 ed in presenza di catalizzatore (ferricianuro, ioni metallici ecc). Il prodotto di reazione è lo ione ftalato responsabile dell’emissione luminosa.
L’efficienza quantica del luminolo è circa 1% con rivelabilità intorno a 10-16 moli. La molecola di luminolo è stata a lungo studiata come base per la sintesi di derivati da utilizzare come marcatori in dosaggi immunologici non isotopici. In realtà la molecola del luminolo non può essere utilizzata per questo scopo, ma può essere solo modificata in modo da poter essere coniugata, con un legame chimico covalente e senza perdere in efficienza luminosa.
R1 O N NH R2 NH O Nella maggior parte dei casi si utilizzano i derivati della molecola base dell’isoluminolo invece che del luminolo, in quanto quest’ultimo, pur avendo un’efficienza luminosa inferiore può essere funzionalizzato sull’azoto dell’anello benzenico a differenza del luminolo mantenendo e a volte aumentando la propria efficienza luminosa R1 R2 H H isoluminolo NH2(CH2)2- CH3CH2- NH2(CH2)2- H Ogni reazione di ossidazione di una sostanza organica può teoricamente essere chemiluminescente: in realtà questa proprietà è solo di alcune reazioni.
Misura di H2O2 (luminolo) Le ossidasi ed i loro substrati possono essere dosati misurando la H2O2 che si forma. Una interessante applicazione di questo sistema è stata lo sviluppo di metodi enzimo-immunologici che impiegano perossidasi come tracciante e nei quali la lettura viene eseguita in luminescenza.
Misura del catalizzatore In soluzione alcalina la emissione luminosa H2O2/luminolo è determinata da alcuni ioni metallici (Co++, Mn++). Sfruttando questo meccanismo sono stati sviluppati metodi per il dosaggio di ioni metallici presenti nei liquidi biologici o inseriti in sostanze biologiche, quali vitamine ed enzimi.
Perché si possa parlare di potere luminogeno sono necessarie alcune condizioni: 1-che la reazione fornisca una adeguata energia utile all’eccitazione della sostanza luminogena; per avere una emissione luminosa sono necessarie 40-70 Kcal/mole. 2-che nell’ambiente di reazione sia presente almeno una specie in grado di eccitarsi 3-che la velocità di reazione sia tale da produrre nell’unità di tempo un numero di fotoni sufficienti a fornire un segnale misurabile.
2- Bioluminescenza E’ una particolare forma di chemiluminescenza che ha luogo negli organismi viventi e può essere riprodotta in vitro mediante l’impiego di sostanze estratte dai microorganismi
Luciferina + ATP + O2 Luciferasi Mg++ Ossiluciferina + ADP + CO2 + hn Quello che accade nella lanterna delle lucciole può essere riprodotta in vitro impiegando la luciferasi un enzima estratto da tale insetto
Nel sistema luciferina/luciferasi l’emissione fotonica resta costante per un periodo ragionevole di tempo (alcuni minuti) per cui: - il segnale luminoso (millivolt) - il segnale luminoso per un tempo prefissato (10-20 sec) sono una misura della concentrazione della specie emittente!
Reazioni bioluminescenti Sistema luciferina/luciferasi La luciferasi estratta dalla lucciola è un dimero di peso molecolare 100.000 dalton. luciferasi luciferasi ATP + LH2 LH2-AMP + PP Mg++ Rapida formazione del complesso Enzima-Luciferina-Adenilato con formazione di PP LH2 = luciferina ridotta
luciferasi luciferasi LH2-AMP + O2 Loss AMP + CO2 luciferasi Loss + AMP + luciferasi +hn Loss AMP lmax = 562 nm stato eccitato La luciferina viene ossidata con consumo di O2 Dopo l’emissione fotonica il complesso si dissocia lasciando libero l’enzima di compiere un altro ciclo catalitico. Quest’ultima tappa limita la velocità di reazione in quanto la luciferasi ha una maggiore affinità per la Loss rispetto alla LH2.I prodotti di reazione ad alte concentrazioni inibiscono la reazione con meccanismo competitivo Loss = luciferina ossidata
La resa quantica di questa reazione è 0.88 La cinetica dell’emissione luminosa è fortemente influenzata dal grado di purezza dei reagenti. L’emissione luminosa ha inizio dopo 25 ms dalla miscelazione dei reagenti raggiunge la massima intensità in pochi secondi e poi decresce con un andamento differente a seconda che l’enzima sia purificato o meno
Conclusioni La sensibilità del sistema Luciferina/Luciferasi consente di misurare concentrazioni di ATP 10-15 M con una risposta lineare fino a 10-6 M. A concentrazioni superiori i prodotti di reazione provocano un’inibizione competitiva della luciferasi
3- Radioluminescenza L’energia viene fornita dalle particelle emesse dal radiouclide (scintillazione liquida)
4- Elettroluminescenza Ha luogo a seguito dell’eccitazione prodotta dal passaggio della corrente elettrica attraverso un gas ionizzato (lampade a vapori di mercurio) 5- Fluorescenza L’eccitazione viene ottenuta attraverso una radiazione luminosa
Stati eccitati delle molecole - Quando una molecola contenente uncromoforoassorbe una radiazione elettromagnetica, passa dal suostato fondamentalea quelloeccitato - Poiché ogni livello elettronico ammette sempre una molteplicità di sottolivelli vibrazionali e rotazionali, la molecola potrà assumere, per una stessa transizione elettronica, una serie di stati eccitati vicini tra loro. - A questa situazione energetica si aggiunge un’ulteriore possibilità derivante dal diverso accoppiamento di spin degli elettroni molecolari
Meccanismi di assorbimento Supponiamo che in un orbitale ci siano due elettroni di valenza con s = 1/2 e l’altro con s = -1/2. Il numero quantico di spin totale sarà S = 1/2-1/2 = 0,la molteplicità spettrale risulta unitaria (M = 2S + 1) ed il relativo stato elettronico assunto dalla molecola viene definito stato di singoletto Un elettrone promosso ad uno stato eccitato, può avere lo spin parallelo o antiparallelo a quello lasciato indietro. Cosi ogni promozione può portare a due possibili stati
Parallelo S= 1/2 +1/2 = 1 stato di tripletto Antiparallelo S= 1/2 - 1/2 = 0 stato di singoletto Quando il fotone viene assorbito la transizione permessa è quella tra lo stato fondamentale di singoletto, S0, e lo stato eccitato di singoletto, S1 (DS = 0). Immediatamente dopo il primo salto quantico, avviene una serie estremamente rapida di eventi prima che qualsiasi reazione fotochimica o emissione di radiazione avvenga.
S1 T1 Conversione interna Conversione di sistema fluorescenza fosforescenza S0
Meccanismi di rilassamento L’energia vibrazionale della molecola viene trasferita a molecole vicine in seguito a collisioni Conversione interna Vi è sempre un rapido ritorno al più basso livello vibrazionale dello stato di singoletto eccitato, senza emissione di radiazioni. Questo processo avviene in tempi dell'ordine di 10-12 secondi
Vi è inoltre la possibilità di un passaggio allo stato di tripletto T1mediante conversione di sistema Conversione di sistema Questo passaggio, definito anche “intersystem crossing”, è una inversione dello spin dell'elettrone determinata dagli urti con altre molecole o da processi intramolecolari
Fluorescenza e Fosforescenza In particolare se il rilassamento trae origine da uno stato di singoletto si ha lafluorescenzamentre se deriva da uno stato di tripletto si ha lafosforescenza. Poiché le transizioni dirette singoletto–singoletto avvengono in tempi brevissimi, dell’ordine di 10-9 s si ha che la fluorescenza segue immediatamente l’eccitazione, cessa al cessare di quest’ultima tanto da sembrare contemporanea. Al contrario poiché le transizioni che hanno luogo attraverso lo stato metastabile di tripletto avvengono in tempi più lunghi, superiori a 10-3 s, si ha che la fosforescenza segue con un certo ritardo l’eccitazione e potrà proseguire, cessata quest’ultima anche per qualche minuto.
C2H5 + 2Cl- CH3 N + C2H5 N H N N H 2 2 Ioduro di propidio
O O HO OH O Fluoresceina
A causa della dissipazione di energia che avviene durante la permanenza del fluoroforo nello stato eccitato, l'energia del fotone emesso è più piccola di quella del fotone assorbito, e, di conseguenza, la lunghezza d'onda della luce di fluorescenza è più grande di quella della luce di eccitazione La differenza fra l'energia del fotone di eccitazione e quella del fotone di emissione, o, che è la stessa cosa, la differenza fra la lunghezza d'onda della luce emessa e quella della luce assorbita, è una delle proprietà fondamentali che caratterizzano un fluoroforo, e si chiama Stokes shift
Il processo della fluorescenza è ciclico a meno che il fluoroforo è irreversibilmente distrutto nello stato eccitato photobleaching
L’intensità di fluorescenza è quantitativamente dipendente da una serie di parametri quali: - assorbanza A = abc (Legge di lambert-Beer) - resa quantica (numero di fotoni emessi/numeo di fotoni assorbiti In soluzioni diluite o in sospensioni l’intensità di fluorescenza è proporzionale ai parametri elencati Quando l’assorbanza nel cammino di 1 cm aumenta di circa 0.05 la relazione intensità/fluorescenza non è più lineare.
L’intensità di fluorescenza è quantitativamente dipendente da una serie di parametri quali: assorbanza A = abc (Legge di lambert-Beer) resa quantica (numero di fotoni emessi/numero di fotoni assorbiti) In soluzioni diluite o in sospensioni l’intensità di fluorescenza è proporzionale ai parametri elencati!
Quando l’assorbanza nel cammino di 1 cm varia di circa 0.05 la relazione intensità/fluorescenza non è più lineare! La misura dell’intensità può essere inficiata da due effetti autofluorescenza effetto del filtro interno
spettro intensità filtri l In un preparato possono essere presenti due o più probes fluorescenti per monitorare simultaneamente differenti funzioni biochimiche Filtri ottici permettono di raccogliere separatamente ed in modo quantitativo i segnali S1 e S2
Interazione Fluoroforo-Fluoroforo Le interazioni tra fluorofori vicini o tra fluorofori e altre specie molecolari che li circondano rendono la fluorescenza sensibile all'ambiente Si usa solitamente distinguere le interazioni delle molecole di fluoroforo fra loro dalle interazioni con gli altri componenti dell'ambiente, genericamente chiamati "solvente" Con questo termine si intende, oltre che il solvente in senso stretto, anche l'interno di regioni cellulari, di membrane, di proteine e altre strutture biomolecolari, in cui è collocato il fluoroforo.