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Osservazioni sul titolo. Forma eucaristica, ascolto della Parola, servizio dell’autorità : tre espressioni chiave della vita della Chiesa del nostro tempo.
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Osservazioni sul titolo Forma eucaristica, ascolto della Parola, servizio dell’autorità: tre espressioni chiave della vita della Chiesa del nostro tempo. Anno eucaristico, Sinodo sull’eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa (2005), esortazione apostolica Sacramentum Caritatis (2007): riscoperta dell’eucaristia non solo come rito ma come vita. Sinodo sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa (2008): attesa dell’esortazione apostolica. Istruzione della Congregazione per gli Istituti di vita Consacrata, Il Servizio dell’Autorità e l’obbedienza (2008). Queste realtà vanno ad intercettare i bisogni fondamentali della vita consacrata:
Certamente la crisi di autorità propria del nostro tempo rimane uno dei punti chiave della vita religiosa. Ma in rapporto con questo ci sta anche la necessità di comprendere più profondamente il senso dei misteri fondamentali del cristianesimo, eucaristia e parola di Dio, nel loro rapporto con l’esistenza quotidiana
Questo richiede che una comprensione più autentica dell’eucaristia e della Parola di Dio permettono di comprendere meglio anche il compito dell’autorità. • Ma questo richiede anche la necessità di riscoprire il senso dell’autorità e il suo vero esercizio per fare in modo che la nostra vita consacrata acquisti un vero volto eucaristico capace di trasfigurare tutta l’esistenza e che l’ascolto della Parola possa fare in modo che la vita dei consacrati diventi una vera esegesi vivente.
Infatti… • L’espressione “forma eucaristica dell’esistenza” e della vita fraterna dice della capacità del mistero eucaristico di non rimanere confinato nel rito ma di dare a tutta l’esistenza un volto nuovo. In questo senso la stessa vita consacrata risulta essere una peculiare forma dell’esistenza eucaristica cui tutta la chiesa è chiamata a vivere.
Dall’altra parte emerge il tema della Parola di Dio e soprattutto della sua interpretazione non solo esegetica ma esistenziale fino alla testimonianza della vita. • In tal senso l’ascolto della Parola di Dio è reale solo se cambia la nostra vita: la vita consacrata è chiamata ad essere paradigma nella Chiesa di come la Parola di Dio possa essere spiegata (e testimoniata) dall’esistenza concreta.
Il tema dell’autorità si inserisce in rapporto alla autenticità della forma eucaristica e dell’ascolto, come servizio ad esse, per impedire che esse vengano ridotte soggettivamente. • Partiamo allora dal tema dell’autorità, riprendendo alcune riflessioni emerse lo scorso anno per poi portarci a cogliere la necessità che la nostra esistenza diventi eucaristia ed esegesi della Parola, cogliendo in essi il servizio peculiare della Parola di Dio
I. Essere consacrati e il servizio dell’autorità La cosa fondamentale che rende ragione dell’obbedienza e dell’autorità: la ricerca di Dio: “Il tuo volto, Signore, io cerco” (Sl 26,8). “Se Egli [Dio] non si mostra, noi comunque non giungiamo fino a Lui. La cosa nuova dell’annuncio cristiano è la possibilità di dire ora a tutti i popoli: Egli si è mostrato. Egli personalmente. E adesso è aperta la via verso di Lui. La novità dell’annuncio cristiano non consiste in un pensiero ma in un fatto: Egli si è mostrato”.In L’Osservatore Romano, Sabato13 settembre 2008. Una dinamica fondamentale: cercare colui che si è fatto trovare: utinventusquaeratur
l’autorità è “un servizio necessario e prezioso per assicurare una vita autenticamente fraterna, alla ricerca della volontà di Dio. In realtà è lo stesso Signore risorto, nuovamente presente tra i fratelli e le sorelle riuniti nel suo nome (cf. PC 15), che addita il cammino da percorrere. Soltanto se il Superiore da parte sua vive nell’obbedienza a Cristo ed in sincera osservanza della regola, i membri della comunità possono chiaramente vedere che la loro obbedienza al Superiore non solo non è contraria alla libertà dei figli di Dio, ma la fa maturare nella conformità con Cristo obbediente al Padre (cf. PC 14)”. Cf. Lettera di sua santità Benedetto XVI (27 settembre 2005) • “Autorità e obbedienza si trovano personificate in Gesù: per questo devono essere intese in relazione diretta con Lui e in configurazione reale a Lui. La vita consacrata intende semplicemente vivere la Sua Autorità e la Sua Obbedienza” (AO 12).
Alcuni elementi da considerare: • Cristo è presente qui ed ora come risorto: • L’autorità non sostituisce un “assente” ma deve indicare un “Presente” • Tutti sono chiamati a seguirlo, innanzitutto chi è investito del compito dell’autorità • Solo se l’autorità obbedisce è credibile • Il riferimento ad una tale autorità è liberante: libertà dei figli di Dio
Alcune problematiche da tenere presenti: • La scoperta della libertà individuale come automovimento • La singolarità insostituibile della persona • Possibile contrapposizione con autorità e obbedienza • Rischio di autoreferenza • La scoperta dell’antropologia relazionale • L’essenzialità dell’alterità • Rischio di spersonalizzazione alienante • Rischio di un contemporaneo individualismo privato e collettivismo pubblico • La scoperta del carattere desiderante della libertà: l’esigenza di compimento • L’uomo come esigenza di felicità • Crisi del concetto di verità • Il desiderio e i desideri
Forma eucaristica della vita fraterna e ascolto della Parola di Dio: quale il compito dell’autorità? Assisi, 15 aprile 2010
Dio come termine ultimo della nostra libertà: sua fondazione “teonoma” (Agostino) • Interior intimo meo • Dio: fondamento della mia interiorità • Superiorsummomeo • Dio: termine ultimo di ogni autentica uscita da se stessi
L’obbedienza implica un’antropologia filiale • “Cercare la volontà di Dio significa cercare una volontà amica, benevola, che vuole la nostra realizzazione, che desidera soprattutto la libera risposta d'amore al suo amore, per fare di noi strumenti dell'amore divino. È in questa via amorische sboccia il fiore dell'ascolto e dell'obbedienza” (AO 4).
“Noi, infatti, raggiungiamo la nostra pienezza solo nella misura in cui ci inseriamo nel disegno con cui Egli ci ha concepito con amore di Padre. Dunque l'obbedienza è l'unica via di cui dispone la persona umana, essere intelligente e libero, per realizzarsi pienamente…. • L'obbedienza a Dio è cammino di crescita e, perciò, di libertà della persona perché consente di accogliere un progetto o una volontà diversa dalla propria che non solo non mortifica o diminuisce, ma fonda la dignità umana. Al tempo stesso, anche la libertà è in sé un cammino d'obbedienza, perché è obbedendo da figlio al piano del Padre che il credente realizza il suo essere libero” (AO 5). • “L'obbedienza, dunque, non è umiliazione ma verità sulla quale si costruisce e si realizza la pienezza dell'uomo. Perciò il credente desidera così ardentemente compiere la volontà del Padre da farne la sua aspirazione suprema” (AO 8).
La prima obbedienza: accettare di esistere • “La prima obbedienza della creatura è quella di venire all'esistenza, in adempimento al fiat divino che la chiama ad essere. Tale obbedienza raggiunge piena espressione nella creatura libera di riconoscersi ed accettarsi come dono del Creatore, di dire “sì” al proprio venire da Dio. Così essa compie il primo, vero atto di libertà, che è anche il primo e fondamentale atto di autentica obbedienza” (AO 7).
Un tema fondamentale:Le mediazioni umane della volontà di Dio • Da come ci si pone di fronte al tema della mediazione si comprende anche l’autenticità del nostro desiderio di essere figli e figlie in Cristo del Padre celeste. Può forse colpire quanto il documento afferma a questo proposito: “Dire che ciò che conta è la volontà di Dio, non le mediazioni, e rifiutarle, o accettarle solo a piacimento, può togliere significato al proprio voto e svuotare la propria vita di una sua caratteristica essenziale” (AO 27).
libera veramente è la persona che “vive costantemente protesa e attenta a cogliere in ogni situazione della vita, e soprattutto in ogni persona che gli vive accanto, una mediazione della volontà del Signore, per quanto misteriosa. Per questo ‘Cristo ci ha liberati, perché restassimo liberi’ (Gal 5,1). Ci ha liberati perché possiamo incontrare Dio lungo le innumerevoli vie dell'esistenza d'ogni giorno” (AO 20g).
Il carattere limitato della mediazione e sua convenienza alla nostra libertà • La limitatezza della mediazione evoca la figura della fede da cui deriva la vera obbedienza: riconoscere il divino in una realtà umana, l’infinito nel finito. • La limitatezza delle mediazioni umane e lo spazio della libertà
Cristo e l’azione dello Spirito Santo come mediazione costitutiva • “prima ancora di essere il modello di ogni obbedienza, Cristo è Colui al quale va ogni vera obbedienza cristiana. Infatti è il mettere in pratica le sue parole che rende effettivo il discepolato (cf. Mt 7,24) ed è l'osservanza dei suoi comandamenti che rende concreto l'amore a Lui e attira l'amore del Padre (cf. Gv 14,21). Egli è al centro della comunità religiosa come Colui che serve (cf. Lc 22,27), ma anche come Colui al quale si confessa la propria fede (“Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”: Gv 14,1) e si dona la propria obbedienza, perché solo in essa si attua una sequela sicura e perseverante: In realtà è lo stesso Signore risorto, nuovamente presente tra i fratelli e le sorelle riuniti nel suo nome, che addita il cammino da percorrere” (AO 8).
Il Sacramento e la Parola come mediazioni fondamentali • La logica sacramentale dell’incarnazione • Il ricorso frequente che il documento fa alla centralità della liturgia, all’eucaristia e alla Sacra Scrittura ci sembra confermino l’indole sacramentale della mediazione umana. In questa prospettiva a partire dal sacramento dell’eucaristia e della Sacra Scrittura, quale Parola di Dio attestata ed ispirata, ci è possibile delineare il senso delle diverse mediazioni, mediante le quali la nostra libertà è abilitata ad accogliere la voce divina e ad uniformarsi al suo volere.Cf. ad. es. AO 13b.
Eucaristia: Vedere e credere.L’intuizione di san Francesco • Ammonizione I, 16-22: • “Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato; e come essi con la vista del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma, contemplandolo con gli occhi spirituali, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero. E in tal modo il Signore è sempre con i suoi fedeli, come egli stesso dice: Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo”.
Nel mistero dell’eucaristia abbiamo il sacramento nel quale la nostra volontà si conforma obiettivamente a quella di Cristo. Se Cristo, E’ Cristo stesso che esige questa obbedienza quando chiede agli apostoli di celebrarne il memoriale: fate questo in memoria di me (Lc 22, 19; 1Cor 11, 24s). • Anche l’autorità del sacerdote, esercitata in relazione alla celebrazione eucaristica, appare così significativamente segnata a sua volta dalla radicale obbedienza al comando di Cristo. Nella celebrazione dei santi misteri il sacerdote è destituito di ogni ambigua autoreferenza. • Pertanto, nella azione liturgica abbiamo il paradigma della relazione tra autorità e obbedienza. Tutti siamo chiamati ad obbedire a Cristo. L’autorità a sua volta è tale in quanto presa totalmente a servizio dell’obbedienza.
Forma eucaristica dell’esistenza: Sacramentum caritatis, 71. In ogni atto della vita il cristiano è chiamato ad esprimere il vero culto a Dio. Da qui prende forma la natura intrinsecamente eucaristica della vita cristiana. L'Eucaristia rende possibile, giorno dopo giorno, la progressiva trasfigurazione dell'uomo chiamato per grazia ad essere ad immagine del Figlio di Dio (cfr Rm8,29s). Non c'è nulla di autenticamente umano – pensieri ed affetti, parole ed opere – che non trovi nel sacramento dell'Eucaristia la forma adeguata per essere vissuto in pienezza. il culto a Dio nell'esistenza umana non è relegabile ad un momento particolare e privato, ma per natura sua tende a pervadere ogni aspetto della realtà dell'individuo. Il culto gradito a Dio diviene così un nuovo modo di vivere tutte le circostanze dell'esistenza in cui ogni particolare viene esaltato, in quanto vissuto dentro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio.
In san Francesco • Dall’eucaristia, Francesco scopre la dimensione sacramentale di tutta la realtà, in particolare della vita fraterna: • - L’incontro con il lebbroso • - “il Signore mi diede dei fratelli”: la vita fraterna come circostanza sacramentale fondamentale • L’atteggiamento di fronte alla Chiesa istituzionale, al Papa e ai sacerdoti, anche quelli “poveretti” • - La Lettera di Francesco ad un ministro • La difficoltà come grazia e obbedienza, anche rispetto alle proprie idee ascetiche di perfezione e di contemplazione • Il cantico delle creature: Dio, tutto in tutte le cose
Il quaerereDeum mediante l’appartenenza ad un determinato carisma di vita consacrata comporta l’abbracciare le mediazioni proprie di questo carisma. • I carismi costituiscono nella logica dell’azione dello Spirito quei doni fatti alla libertà credente che abilitano la persona a cogliere, accogliere e corrispondere alla presenza di Cristo, rendendo feconda in se stessi la sua opera. • Una interessante analogia tra le mediazioni costitutive e normative della volontà di Dio (nella Scrittura, nel Sacramento e nell’azione pastorale della Chiesa) e quelle date nella vita consacrata: gli scritti fondativi della propria esperienza carismatica, in particolare la regola e le costituzioni. • Una interessante analogia tra Parola di Dio - Sacra scrittura e carisma-regola: Scrittura e Regola si pongono sotto lo stesso paradigma della attestazione obiettiva dello Spirito Santo nella Chiesa.
In analogia al ministero pastorale della Chiesa, si pone il servizio dell’autorità di coloro che vengono preposti a tali uffici all’interno delle comunità di vita consacrata. Si tratta realmente di un servizio compiuto nel desiderio di sostenere il quaerereDeum che ogni fratello e sorella porta nel cuore. Da qui si capiscono le priorità sottolineate nel servizio dell’autorità: • il suo carattere spirituale (13a), il suo essere garante della vita spirituale della sua comunità (13b), l’essere promotrice della dignità della persona (13c), il suo vivere il compito di animazione, soprattutto nell’infondere coraggio e speranza nelle difficoltà (13d), il tenere vivo il carisma dell’istituto (13e), il senso ecclesiale della vita consacrata (sentire cum Ecclesia) (13f) e animare il cammino di formazione permanente (13g). • “mentre tutti, nella comunità, sono chiamati a cercare ciò che a Dio piace e ad obbedire a Lui, alcuni sono chiamati ad esercitare, in genere temporaneamente, il compito particolare di essere segno di unità e guida nella ricerca corale e nel compimento personale e comunitario della volontà di Dio” (AO 1).
Alcuni distintivi francescani del servizio dell’autorità: • Lo Spirito Santo come ministro generale del nostro ordine. 2Cel 193 (FF 779): “Voleva appunto che l’Ordine fosse aperto allo stesso modo ai poveri e illetterati, e non soltanto ai ricchi e sapienti. «Presso Dio – diceva – non vi è preferenza di persone (Rm 2,11), e lo Spirito Santo, ministro generale dell’Ordine, si posa egualmente sul povero ed il semplice». Avrebbe voluto inserire proprio questa frase nella Regola, ma non fu possibile perché era già stata confermata con bolla”.
Regola non bollata, 4,1-6 (FF 13s): • Tutti i frati, che sono costituiti ministri e servi degli altri frati, distribuiscano nelle province e nei luoghi in cui saranno, i loro frati e spesso li visitino e spiritualmente li esortino e li confortino. E tutti gli altri miei frati benedetti diligentemente obbediscano loro in quelle cose che riguardano la salute dell’anima e non sono contrarie alla nostra vita. E si comportino tra loro come dice il Signore: Tutto quanto desiderate che gli uomini facciano a voi, fatelo voi pure a loro; ancora: Ciò che tu non vuoi sia fatto a te, non farlo agli altri (Tb 4,16). E ricordino i ministri e servi che dice il Signore: Non sono venuto per essere servito, ma per servire (Mt 20,28); e, poiché a loro è stata affidata la cura delle anime dei frati, se qualcuno di essi si perdesse per loro colpa e per il loro cattivo esempio, nel giorno del giudizio dovranno rendere ragione (Mt 12,36) davanti al Signore nostro Gesù Cristo.
Ammonizione III • “qualunque cosa fa o dice e che egli stesso sa che non è contro la volontà di lui, purché sia bene quello che fa, è vera obbedienza” (Am 3,3s; FF 148). • L’obbedienza caritativa • L’obbedienza perfetta
II. Essere esegesi vivente della Parola di Dio, vivendo la forma eucaristica della vita fraterna • "È stato lo Spirito Santo – ricorda l’Istruzione Ripartire da Cristo – ad illuminare di luce nuova la Parola di Dio ai fondatori e alle fondatrici. Da essa è sgorgato ogni carisma e di essa ogni Regola vuole essere espressione" (n. 24). Ed in effetti, lo Spirito Santo attira alcune persone a vivere il Vangelo in modo radicale e a tradurlo in uno stile di sequela più generosa. Ne nasce così un’opera, una famiglia religiosa che, con la sua stessa presenza, diventa a sua volta "esegesi" vivente della Parola di Dio”. In L’Osservatore Romano, Lunedì-Martedì 4-5 febbraio 2008, 8.
“vi chiedo, cari fratelli e sorelle, di offrire a questo impegno ecclesiale il vostro contributo, testimoniando quanto sia importante porre al centro di tutto la Parola di Dio, in special modo per quanti, come voi, il Signore chiama a una più intima sua sequela. La Vita consacrata, infatti, è radicata nel Vangelo; ad esso, come alla sua regola suprema, ha continuato ad ispirarsi lungo i secoli e ad esso è chiamata a tornare costantemente per mantenersi viva e feconda portando frutto per la salvezza delle anime”. In L’Osservatore Romano, Lunedì-Martedì 4-5 febbraio 2008, 8.
Vita Consecrata: “Il Vangelo si rende operante attraverso la carità, che è gloria della Chiesa e segno della sua fedeltà al Signore. Lo dimostra tutta la storia della vita consacrata, che si può considerare una esegesi vivente della parola di Gesù: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25, 40)” (VC 82).
quando Benedetto XVI ha affermato che la vita consacrata è esegesi vivente della parola di Dio con la sua stessa presenza, intendeva riferirsi in senso specifico alla pratica dei consigli evangelici o genericamente alla vita cristiana nel suo senso più ampio vissuta con coerenza? Siamo di fronte ad una “esagerazione affettuosa” nei confronti della vita consacrata o ad una affermazione che qualifica un tratto specifico dello stato di coloro che vivono esplicitamente secondo i consigli evangelici?
Carattere sacramentale della Parola: Cristo “È presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura” (SC 7). • San Francesco e “l’ermeneutica della presenza” • Cogliere la “Parola” nelle “parole”: il Verbo di Dio si è abbreviato
Perché la Vita Consacrata come “esegesi” vivente della Parola di Dio • il carattere paradossale della verginità cristiana: è forma sponsale, senza contrarre matrimonio; è fecondità materna e paterna senza generare figli nella propria carne; è anticipazione del compimento escatologico, accettando una incompiutezza nella propria carne. • La vita consacrata si configura come “esegesi” della Parola di Dio perché la verginità implica la modalità originaria di vivere la risposta alla Parola di Dio che segna radicalmente il corpo.
Un esempio: il corpo del profeta. Lo attestano con straordinaria efficacia studi recentissimi ad esempio sul libro del profeta Geremia, in cui si vede come il profeta da una parte sia “preso a servizio” della Parola di Dio, ma dall’altra questo implica un tale coinvolgimento della stessa esistenza profetica, che essa stessa non diviene solo manifestazione della Parola, di cui è portatore, ma parola stessa.
In Gv 1,18 troviamo una interessante espressione greca ad indicare il fatto che Dio “nessuno lo ha mai visto”, ma che il Figlio, che è nel seno del Padre, “lo ha rivelato”, come dice in genere la traduzione italiana. In realtà il verbo greco è exēgeomai, nella forma aoristo: exēgēsato, ossia “ne ha fatto l’esegesi”. La sarx del Logos è l’esegesi di Dio.
Il corpo di Cristo coinvolge fin dall’inizio altri corpi, altre persone nel proprio essere carne e sangue. A questo corpo di Cristo, integralmente (verginalmente) ed eucaristicamente donato, corrisponde un altro corpo verginale, quello della Chiesa, che trova in Maria il suo prototipo universale e concreto. Come la carne del Figlio è l’esegesi di Dio, così il corpo verginale della Chiesa è l’esegesi vivente del Logos-sarx.
Il corpo umano non è mai stimato così tanto come quando nella verginità diventa il luogo originario della Parola e della sua esegesi. • In questa prospettiva si poterebbero rileggere le intere esperienze di santità dei fondatori. • Pensiamo, ad esempio, ad una rilettura della esperienza spirituale di Francesco di Assisi in cui si metta in evidenza la sua sequela di Cristo che passa da una estetizzazione del corpo nell’avventura dell’amor cortese all’immedesimazione con Cristo nel suo corpo stigmatizzato, passando per la cura dei corpi feriti dei lebbrosi. Da qui si potrebbero riscrivere probabilmente molte cose riguardante anche il fenomeno delle stigmate come modificazione amorosa del corpo donato in Cristo ai fratelli. • Pensiamo anche a Chiara di Assisi che nelle sue lettere a Agnese parla del corpo verginale chiamato a portare Cristo, contenendo colui dal quale tutte le cose sono contenute. • Pensiamo anche a tutti i santi della carità e alla loro dedizione sponsale nel donare se stessi, le proprie energie fino all’estremo per curare l’uomo nella sua corporeità ferita. Inevitabile qui riferirci a Madre Teresa di Calcutta e alla sua dedizione amorosa, ma l’elenco sarebbe interminabile. • Non è forse questa una esegesi vivente della Parola fatta carne, eucaristicamente donata per la salvezza del mondo?