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Le nanotecnologie. Valeria Spada Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche, Merceologiche e Geografiche Università degli Studi di Foggia v.spada@unifg.it. Indice. Introduzione Cosa sono le nanotecnologie? Tecniche per la manipolazione su scala nanometrica
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Le nanotecnologie Valeria Spada Dipartimento di Scienze Economico-Aziendali, Giuridiche, Merceologiche e Geografiche Università degli Studi di Foggia v.spada@unifg.it
Indice Introduzione Cosa sono le nanotecnologie? Tecniche per la manipolazione su scala nanometrica Materiali nanostrutturati Ambiti di ricerca ed applicazioni industriali delle nanotecnologie Impatto ambientale e sicurezza Mercato e prospettive
Introduzione Gli ultimi venti anni del XX secolo sono stati caratterizzati dall’enorme diffusione delle tecnologie informatiche ed in particolare dalla nascita di una nuova tecnologia, la nanotecnologia, definita una delle “tecnologie chiave” del XXI secolo. Essa costituisce un nuovo approccio che si basa sulla conoscenza approfondita della materia su scala nanometrica: un nanometro (un miliardesimo di metro, 10-9 m) corrisponde alla lunghezza di una piccola molecola. Su questa scala la materia presenta svariate proprietà, a volte molto sorprendenti. L’intuizione che si potesse giungere a manipolare e posizionare addirittura singoli atomi e molecole a questa “nanoscala” risale al fisico teorico americano Richard P. Feynman che, nel 1959, al Congresso annuale della Società americana di Fisica espose una famosa relazione dal titolo “There’s Plenty of Room at the Bottom” (“C’è tanto spazio in basso”). In quella occasione affermò che “i principi della fisica non sono contro la possibilità di manipolare un atomo alla volta … è un qualcosa che può essere fatto”.
Tuttavia è solo negli anni 1980 che si registra il vero impulso alle nanotecnologie con l’invenzione del primo microscopio a effetto tunnel(STM, Scanning Tunneling Microscope) da parte di Binning e Roher, mediante il quale si mise a punto lo strumento base per la visualizzazione e la manipolazione della materia su scala atomica. Nel 1986 Smalley scoprì una nuova struttura molecolare il “Fullerene”, costituita da 60 atomi di carbonio organizzati nello spazio a formare un geoide (simile ad un pallone da calcio). Semplicemente cambiando la disposizione nello spazio degli atomi di carbonio in diverse strutture tridimensionali si modificano radicalmente le proprietà del materiale a livello macroscopico.
In seguito furono identificate ulteriori strutture tubolari, con diametro di circa 15 nm, dette “nanotubi” di carbonio, che posseggono straordinarie proprietà: sono infatti 60 volte più resistenti dell’acciaio. Le nanotecnologie sono spesso descritte come potenzialmente “perturbatrici” o “rivoluzionarie” a livello di impatto sui tradizionali metodi di produzione industriale. Esse potrebbero apportare un contributo fondamentale non solo nell’ambito dei processi produttivi grazie a materiali, componenti e sistemi più piccoli, più leggeri e più efficaci, ma anche alla soluzione di problemi ambientali globali, perché consentono di realizzare prodotti e processi per usi più specifici, di risparmiare risorse, di ridurre il volume dei rifiuti e delle emissioni inquinanti. In questo modo concorrono all’attuazione del processo di “dematerializzazione”. Queste possibilità aprono nuove prospettive per la creazione di ricchezza e occupazione, con conseguente impatto sull’intera economia.
Cosa sono le nanotecnologie? La nanotecnologia è la scienza che si basa sulla conoscenza approfondita e la manipolazione della materia su scala atomica (un Nanometro nm = 1 miliardesimo di metro, 10-9m), per creare nuovi materiali. Essa utilizza le nuove proprietà che la materia stessa assume quando gli atomi e le molecole sono selettivamente assemblati e comprende, quindi, sia la creazione di dispositivi, materiali e sistemi, per mezzo del controllo della materia a scala nanometrica, sia lo studio delle proprietà e dei fenomeni caratteristici di questa scala. Oggi sono disponibili più di 40 elementi della tavola di Mendeleev in forma nano. I nanomateriali sono spesso composti da carbonio, oro, argento e altri elementi in nano dimensioni, attraverso le quali i materiali esplicano differenti caratteristiche in virtù delle nuove specifiche forze meccaniche esistenti a questi livelli.
Le dimensioni svolgono un ruolo decisivo quando si passa dalla fase macroscopica a quella nanoscopica: in un solido macroscopico, infatti, gli atomi perdono la propria identità e cooperano alla determinazione delle proprietà fisico-chimiche macroscopiche del solido intero. Le estensioni di un oggetto cominciano ad avere un effetto determinante quando ci si avvicina alla scala di qualche decina di nanometri, poiché gli effetti quantistici dei singoli atomi (cioè la disposizione e volume che occupa il singolo atomo nello spazio) non sono più trascurabili a tale livello. È questo il campo dei materiali nanostrautturati, considerati l’output più importante, da un punto di vista industriale, delle nanotecnologie.
Risulta utile fare una distinzione tra “nanoscienza” e “nanotecnologia”: • le nanoscienze studiano i presupposti scientifici di fisica, chimica, biologia ed ingegneria, quindi i principi fondamentali delle molecole e delle strutture nanoscopiche , comprese in un intervallo tra 1 e 100 nm; • le nanotecnologie utilizzano le suddette strutture per l’elaborazione di dispositivi a scala nanometrica nei diversi settori d’impiego. • Le tecniche di manipolazione atomica utilizzano due tipi di strumenti: il microscopio a forza atomica e il microscopio a effetto tunnel. Questi permettono di : • Ottenere differenti viste del campione a 2D e 3D contemporaneamente; • Realizzare una massima e chiara risoluzione d’ingrandimento, con la quale è possibile scoprire difetti strutturali in scala atomica; • Manipolare macromolecole e interagire fra le stesse. • Risulta chiaro che queste due ultime proprietà rispondono all’esigenza della nanotecnologia, ossia produrre attraverso la manipolazione molecolare.
Tecniche per la manipolazione su scala nanometrica Nell’ambito delle nanotecnologie si distinguono due tipi di approcci: top-down (dall’alto in basso) e bottom-up (dal basso verso l’alto), sia nel caso della manipolazione della materia che di analisi delle strutture a livello nanometrico. La parola chiave in questo contesto è stata, infatti, “scalabilità”, definendo così una metodologia di tipo top-down: si parte da una quantità macroscopica di materiale per poi giungere, a seguito di successive rimozioni, alla dimensione voluta (il limite massimo possibile di miniaturizzazione è di 100 nm). Si tratta di un tipico approccio ingegneristico, che tende a produrre strutture molto definite, stabili, regolari e tipicamente planari, e che, allo stato attuale, facendo uso di radiazioni ad alta energia (raggi X, ioni o elettroni), può consentire di realizzare nanostrutture a stato solido.
Queste tipologie di tecniche utilizzate da fisici ed ingegneri nella lavorazione dei materiali solidi consistono nella fotolitografia: si tratta di proiettare e scolpire, mediante un laser, un’immagine in scala ridotta su di una fetta di materiale solido (generalmente silicio puro nel caso della fabbricazione di microprocessori). All’interno delle nanotecnologie esiste una metodologia alternativa che sta sempre più emergendo negli ultimi anni e che di fatto è quella più caratterizzante: costruire dal basso verso l’alto (bottom-up). Le nanotecnologie bottom-uppartono da molecole o aggregati molecolari (eventualmente sintetizzati ad hoc) che hanno la capacità di autoassemblarsi o autoorganizzarsi in strutture di ordine più elevato (strutture macromolecolari). Esse rappresentano il tentativo di costruire entità complesse impiegando le capacità di autoassemblamento o di autoorganizzazione dei sistemi molecolari.
È pertanto un approccio di tipo chimico o biologico, potenzialmente in grado, a differenza delle tecniche fotolitografiche, di creare strutture tridimensionali complesse a basso costo e in grande quantità. Un tale approccio può essere molto efficace impiegando le molecole che siano maggiormente adatte ad autoassemblarsi spontaneamente sotto l’azione di uno specifico agente chimico o fisico, come la variazione di pH, la concentrazione di uno specifico soluto, o l’applicazione di un campo elettrico. È importante tenere presente che l’obiettivo diventa, allora, quello di progettare sistemi capaci di autoassemblarsi in strutture macroscopiche di ordine più elevato, che presentano le proprietà di tipo chimico e/o fisico desiderate, e non quelle delle singole molecole o particelle costituenti. Attualmente, questa metodologia è chiamata, “autoassemblamentoguidato” (directed self-assembly).
Rientrano in tale ambito le tecniche che permettono di costruire materiali nanostrutturati: la sintesi mediante fasci di cluster (gruppi di atomi aggregati) e l’autoassemblaggio(unione di piccoli blocchi molecolari secondo strutture predefinite). Le due metodologie descritte, che trovano applicazione nelle nanotecnologie, non sono in contrapposizione, anzi attualmente lo sforzo maggiore è ricercare tra esse la sinergia più adeguata per l’applicazione desiderata.
La fig. 1 illustra come, nel corso del tempo, le due metodologie convergano nelle nanotecnologie da ambiti molto diversi. Si può, allora, comprendere come la “visione” delle nanotecnologie sia interdisciplinare ed articolata. Si è così coniato il termine “nanoscienze”, che costituisce il punto di incontro di discipline diverse che vanno dalla fisica quantistica al alla chimica sopramolecolare, dalla scienza dei materiali alla biologia molecolare, e rappresentano una realtà ormai affermata nel mondo della ricerca. Figura 1 - Sintesi tra metodologie top-down e bottom-up presenti nelle nanotecnologie
Materiali nanostrutturati Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione negli ultimi quarant’anni è avvenuto impiegando come componenti attivi materiali inorganici, tra i quali il silicio ha assunto il ruolo di protagonista. Da un lato, si prevede che tale ruolo guida permanga ancora nel breve e medio termine, dall’altro esiste la concreta possibilità che il silicio possa essere progressivamente sostituito da materiali di tipo organico per realizzare dispositivi particolari. La situazione che si va delineando per il lungo termine riguarda, quindi, l’impiego di silicio e materiali organici per lo sviluppo di tecnologie di tipo ibrido organico-silicio. Il fatto che rende così interessante l’utilizzo di materiali organici è la loro grande varietà e disponibilità, la possibilità di sintetizzare molecole con proprietà ad hoc per usi specifici e i bassi costi di produzione. Il fattore economico è, infatti, quello che appare essere la vera limitazione allo sviluppo della tecnologia dei circuiti integrati al silicio, per cui la sfida è sviluppare una tecnologia a basso costo basata sull’impiego di nanomateriali.
Le nanotecnologie applicate alla fabbricazione di materiali consentono sia di modificare le proprietà dei materiali esistenti, sia di crearne dei nuovi con estrema precisione ed aumento dell’efficienza e riduzione dei costi di processo. È opportuno distinguere tra: “Nanostrutture”: strutture con dimensioni dell’ordine dei nanometri; “Materiali nanostrutturati”: materiali i cui elementi costitutivi, quali particelle, aggregati o cavità, hanno almeno una dimensione inferiore a 100 nm, cioè dell’ordine del nanometro. Appartengono a tale categoria le nanopolveri e i film sottili, la cui aggiunta in piccole percentuali a materiali tradizionali ne modifica radicalmente le proprietà. Le nanopolveri possono essere impiegate come tali, disperse in materiali diversi per formare nanocomposti o subire lavorazioni di compattazione per creare manufatti. Questi presentano straordinarie proprietà meccaniche e offrono vantaggi durante il processo di fabbricazione: si determina, infatti, una riduzione dei costi ed un aumento dell’efficienza di processo grazie all’utilizzo di minori quantità di materia prima e di energia.
Mentre i film sottili micrometrici sono impiegati come rivestimenti di materiali di cui si vogliono modificare le proprietà superficiali, i film sottili nanostrutturati, invece, presentano proprietà superiori, come una maggiore resistenza all’abrasione ed una durezza superiore anche al 60% rispetto a quelli tradizionali. Questi materiali, a prima vista, non differiscono dai materiali strutturati su scala convenzionale, ma le loro proprietà sono modificate manipolando le loro strutture a livello delle particelle che le compongono (es.: le ceramiche nanostrutturate sono molto più dure e resistenti di quelle a grana grossa, ecc.).
Ambiti di ricerca ed applicazioni industriali delle nanotecnologie • L’attività di ricerca nell’ambito dell’area nanotecnologica è ancora ad uno stadio iniziale, nonostante due decenni di studi nel campo. Tra i più importanti filoni si considerano: • L’assemblaggio di materiali di tipo organico e inorganico, con controllo delle loro proprietà su scala atomica e molecolare (approccio bottom-up); • I processi di fabbricazione e manipolazione, mediante litografie ad altissima risoluzione (approccio top-down); • L’inclusione di nanostrutture in dispositivi funzionali, con caratteristiche innovative. • I recenti progressi sui materiali nanostrutturati stanno portando a sostanziali cambiamenti negli schemi di produzione e di consumo in molti settori (meccanico, elettronico, energetico, agroalimentare, dei trasporti, ecc.), grazie alla miniaturizzazione, alla riduzione del consumo di materiali, di energia e quindi del livello di inquinamento dei processi industriali, con conseguenti effetti ambientali positivi per unità di prodotto ottenuto.
Il comportamento dei materiali influisce fortemente sul rendimento energetico di tutti i sistemi economico-sociali: l’impiego di materiali nanostrutturati (più leggeri, resistenti alla corrosione, all’usura e alle elevate temperature, ecc.) costituisce forse una delle possibili soluzioni in grado di aumentare l’efficienza globale nell’uso delle risorse da parte delle economie industrializzate. Attualmente sono state messe a punto varie tecniche di tipo bottom-up e, a livello mondiale, si sta cercando di applicare tali tecnologie su scala industriale. Il settore più promettente è quello dei nanomateriali, grazie alla multisettorialità delle applicazioni che essi presentano ed ai notevoli vantaggi in termini di prestazioni. Il campo dei trattamenti superficiali è quello più consolidato, grazie alla capacità di ottenere rivestimenti con caratteristiche superiori in termini di durezza, tenacità, ma anche di migliorate proprietà le ottiche, elettriche ed elettroniche.
Rientra in tale contesto l’applicazione delle nanotecnologie alla produzione del materiale del packaging (imballaggi). In questo caso i particolati nanometrici sono incorporati nei materiali plastici, fornendo funzionalità e proprietà innovative. In particolare, le catene polimeriche sono inserite all’interno di strutture stratificate con quella nano, presente in forma regolare cristallografica, in distanze nanometriche ripetute. I polimeri risultanti hanno inclusioni nano-scale di meno del 5% in peso. I motivi principali dell’uso di materiali nanocomposti nel packaging sono, comunque, le loro alte proprietà di barriera. I vantaggi, quindi, dei materiali ibridi plastici contenenti nano elementi, rispetto a quelli convenzionali, sono le migliori proprietà meccaniche, la stabilità termica, la ritenzione dell’umidità, la diminuzione della permeabilità ai gas e all’acqua e la migliore trasparenza e conducibilità elettrica.
Un esempio di applicazione in rapido sviluppo è il nanoPET, all’interno del quale si ottiene una struttura ad altissima barriera per la CO2, che consente di mantenere intatte le caratteristiche di qualità di bibite carbonatate. Di particolare interesse risulta anche l’incorporazione di nanocomposti in film reattivi: i nanosensori nei materiali di confezionamento si incorporano come packaging intelligenti e forniscono informazioni sulla qualità del prodotto, monitorando pH, gas, temperature e contaminazione. Secondo una recente inchiesta sono attualmente presenti sul mercato 250 prodotti confezionati che utilizzano la nanotecnologie nei materiali di confezionamento e/o riempimento. Attualmente il costo per l’uso nei materiali di confezionamento dei nanomateriali è elevato, ma si prevede che, quando la produzione aumenterà, l’incorporazione dei nanocomposti nei polimeri diventerà economicamente conveniente.
Un altro interessante settore di impiego delle nanotecnologie è quello energetico. In Europa quasi il 10% dell’energia elettrica prodotta è utilizzata per l’illuminazione. I LED (diodi emettitori di luce) possono produrre anche luce bianca e dunque sostituire la tecnologia tradizionale. Ciò comporterebbe notevoli risparmi, in quanto i LED richiedono solo il 50% dell’energia elettrica consumata da una lampadina normale per dare la stessa quantità di luce. Il potenziale di risparmio energetico è pertanto considerevole. Secondo l’ufficio federale tedesco per l’ambiente, il potenziale di risparmio per il settore dell’illuminazione sarebbe del 77%. Nell’ambito domestico milioni di televisori a tubi catodici sono gradualmente sostituiti da apparecchi con tecnologia LCD (liquid crystal display – schermo a cristalli liquidi) e a lungo termine con tecnologia OLED (diodi organici emettitori di luce). Queste due tecnologie potrebbero ridurre il consumo energetico del 90%.
I LED e gli OLED sono prodotti grazie alla nanotecnologia; se milioni di famiglie risparmieranno ogni anno qualche kilowatt, questo corrisponderà, nel suo insieme, alla capacità di diverse grandi centrali elettriche. Nelle abitazioni saranno presto disponibili le prime caldaie a gas naturale dotate di celle a combustibile, che producono in modo regolabile calore ed elettricità. Quando milioni di case saranno dotate di questi dispositivi, le caldaie potranno essere interconnesse, tramite la rete elettrica e Internet, in modo da costituire grandi centrali virtuali con una capacità teorica massima di cento gigawatt. A lungo termine, il gas naturale potrebbe essere sostituito dall'idrogeno prodotto da fonti rinnovabili e in tal caso la nanotecnologia, con nuovi materiali e catalizzatori, potrebbe contribuire significativamente in tal senso.
Nel breve-medio termine le nanotecnologie possono contribuire ad aumentare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, soprattutto migliorando le celle fotovoltaiche. Grazie alla possibilità di utilizzare rivestimenti sottili nanostrutturati, realizzati con materiali semiconduttori tipo silicio o ossidi metallici, si può aumentare il rendimento di conversione delle celle, con un abbassamento dei costi. Un’altra importante applicazione riguarda lo sviluppo di supercondensatori ad elevata densità energetica e di potenza, costruiti da materiali rivestiti con carbonio nanostrutturato, che trovano impiego in tutte le applicazioni che necessitano di immagazzinamento di energia (es. nelle auto elettriche o ibride). Anche nelle auto acelle a combustibile la nanotecnologia può contribuire notevolmente allo sviluppo di questa tecnologia, ad esempio con le superfici a struttura nanometrica o le nanoparticelle da utilizzare come catalizzatori.
Un’applicazione promettente nel campo dell’immagazzinamento del vettore idrogeno è rappresentata dai nanotubi di carbonio, grazie alle ottime capacità di assorbimento dei gas da parte di tali strutture carboniose. È sorprendente constatare come dalla scoperta dei nanotubi di carbonio (CNT, Carbon NanoTubes), appena un decennio fa, si siano innescate tante sinergiche attività di ricerca su queste nanostrutture. I nanotubi di carbonio (nanostrutture unidimensionali a filamento) sono di particolare interesse per le tecnologie dell’informazione, a causa della loro versatilità e flessibilità di impiego. Trattasi, infatti, di strutture molto interessanti, che affascinano per le loro dimensioni (diametri dell’ordine di pochi atomi e lunghezze fino a qualche micron) e per le loro incredibili proprietà chimico-fisiche, che possono sostituire materiali tradizionali in svariati settori (elettronica, meccanica, dei trasporti ed elettrico).
I nanatubi possono essere pensati come un singolo foglio di grafite (grafene) arrotolato per formare un cilindro, molto lungo e sottile, terminante con una semisfera di fullerene (Figura 2). Figura 2 – Struttura di un nanotubo I nanotubi hanno proprietà elettroniche particolari, potendo esibire un comportamento metallico o semiconduttivo a seconda del loro diametro e dell’angolo secondo cui risulta avvolta la struttura esagonale del singolo foglio di grafite (grafene) che li compone (proprietà di chiralità). L’impiego naturale dei nanotubi metallici è per la realizzazione di fili ultrasottili (nanowire), fatto particolarmente importante in quanto si potrebbero risolvere due fondamentali problemi nell’attuale miniaturizzazione dei circuiti, ovvero costruire piccole interconnessioni e con esse trasportare una grande quantità di corrente elettrica senza vaporizzare i fili stessi.
Un nanotubo è quindi un dispositivo monodimensionale che conduce essenzialmente in superficie e presenta migliori proprietà di trasporto di carica. Il comportamento è, allora, quello di un eccellenteconduttore adatto a realizzare le interconnessioni tra dispositivi. Si stima, inoltre, che un nanotubo possa sopportare densità di corrente di tre ordini di grandezza superiori a quella del rame o dell’oro. Si può, quindi, comprendere come i nanotubi possano svolgere nell’ambito della nanoelettronica un ruolo simile, almeno per alcuni aspetti, a quello svolto nella microelettronica dal silicio, una volta che la loro tecnologia giunga a maturazione. Restano, infatti, ancora da risolvere alcuni importanti problemi di natura tecnica dei nanotubi.
Un altro settore d’impiego riguarda i catalizzatori nanostrutturati che, rispetto ai tradizionali catalizzatori (formati da materiali costosi, con basse rese di conversione), sono più efficienti, composti da materiali meno costosi e facilmente rigenerabili. Anche nel settore dei trasporti potrebbero trovare impiego nanocomposti (creati dall’inserimento di nanoparticelle di alcuni materiali in sostanze polimeriche) che risultano più leggeri rispetto ai tradizionali materiali metallici, con notevoli risparmi di carburante. Nel settore della cosmesi la granulometria nanometrica presente in alcuni prodotti rende molto più efficace l’azione di schermo nei confronti delle radiazioni solari: alcune creme da giorno contengono nanoparticelle di ossido di zinco che proteggono dalle radiazioni ultraviolette nocive. Queste nanoparticelle sono invisibili e la crema non è bianca, ma perfettamente trasparente.
Nel settore alimentare l’introduzione delle nanotecnologie è relativamente recente, in confronto ad altri settori, ma stanno diventando sempre più importanti: infatti sono stati già raggiunti promettenti risultati e applicazioni nell’imballaggio per alimenti e nella sicurezza alimentare. Si ritiene che l’inserimento di nanomateriali negli imballaggi per alimenti potrà migliorare le proprietà di barriera degli stessi e contribuire a limitare l’impiego di materiali pregiati e la generazione di rifiuti. Nanolaminati edibili potrebbero essere impiegati per frutta e ortaggi freschi, per prodotti da forno e pasticceria, al fine di proteggere l’alimento da umidità, grassi, gas, sapori e odori estranei. Polimeri naturali su scala nano, come i polisaccaridi, possono essere impiegati per incapsulare vitamine, prebiotici e probiotici Iprebiotici sono ingredienti non digeribili che stimolano la crescità o l’attività dei batteri nel sistema digestivo, che sono benefici per la salute umana. Essi sono considerati alimenti funzionali] e sono in genere i carboidrati (come gli oligosaccaridi. I principali prebiotici sono classificati come fibre solubili; i probiotici sono batteri benefici che si possono trovare in vari alimenti che, se consumati, entrano nel tratto intestinale (Lactobacillis, Biifidobacterium, ecc.)e come sistemi di distribuzione di farmaci o di integratori nutraceutici (alimenti funzionali).
Nel settore alimentare uno dei principali problemi sono le analisi di controllo della qualità degli alimenti. Sistemi e tecniche innovative sono state messe a punto per facilitare la preparazione dei campioni e l’attendibilità e economicità dei risultati. Da questo punto di vista lo sviluppo di nanosensori per individuare microrganismi e contaminanti rappresenta un’applicazione promettente delle nanotecnologie nel settore alimentare. Va tenuto conto, tuttavia, anche degli aspetti sociali ed etici relativi all’uso delle nanotecnologie nel settore alimentare. Al momento non sono noti i rischi potenziali per la salute umana e per l’ambiente. Nell’anno 2006 uno studio dell’ Institute of Food Sciences and Technologists ha fatto riferimento all’entità del problema, raccomandando che l’uso di nanoparticelle nel settore alimentare avvenga solo dopo che ne sia stata dimostrata la sicurezza, sulla base di prove rigorose.
Particolare attenzione va rivolta, inoltre, all’atteggiamento del consumatore verso le nanotecnologie nel settore alimentare. Facendo riferimento, ad esempio, al problema degli OGM nella UE, è fondamentale informarlo in modo adeguato e discutere approfonditamente dei rischi e benefici relativi a queste tecnologie molto promettenti. I Governi, da parte loro, devono prevedere appropriati sistemi di etichettatura dei prodotti e mettere a punto una serie di norme e di informazioni ai fini della tutela dell’ambiente e dei consumatori, attualmente non presenti a livello internazionale.
Figura 1. Potenziali applicazioni delle biotecnologie nel settore alimentare e negli imballaggi per alimenti. Queste ultime sono considerate molto promettenti in quanto possono migliorare la qualità e la sicurezza dei prodotti alimentari. Esse comprendono gli imballaggi intelligenti, reattivi all’ambiente e gli imballaggi attivi, in grado di interagire con l’alimento. L’uso estensivo dei nanoadditivi agli alimenti stessi è meno probabile nel prossimo futuro a causa dei problemi di sicurezza.
Impatto ambientale e sicurezza delle nanotecnologie • Trattandosi di processi e tecnologie completamente nuovi è opportuno prendere in considerazione il possibile impatto delle nanoparticelle sull’ambiente e sull’uomo: • L’alto rapporto superficie-volume di questi materiali li rende più reattivi e potenzialmente più tossici; • La maggiore reattività potrebbe interagire con altri materiali durante la fase di scarto e di riciclaggio; • Sussistono dubbi sul potenziale effetto allergenico. • Andrebbe approfondita l’attività di ricerca sia sulle caratteristiche chimico-fisiche dei nanomateriali e sugli effetti dei processi di nanofabbricazione, sia sullo studio delle interazioni tra nanoparticelle e nanomateriali con gli inquinanti presenti nell’ambiente o con gli organismi viventi. Al momento la stessa è, invece, rivolta esclusivamente al miglioramento degli aspetti tecnologici o economici delle nanotecnologie.
Più fondato è il timore che le nanoparticelle possano avere anche effetti indesiderati sull’uomo e sull’ambiente. Potrebbero, ad esempio, provocare danni alla salute, per via delle piccolissime dimensioni che consentono loro di penetrare nelle cellule del corpo e persino di superare le barriere biologiche, come la barriera sangue-cervello. Le nanoparticelle, alla stregua di altre polveri ultrasottili come le particelle di fuliggine dei motori diesel, presenti nei gas di scarico dei veicoli, sono sostanze che potrebbero comportare effetti secondari sconosciuti: bisognerà quindi fare le ricerche scientifiche del caso per accertarsi che non siano pericolose. Al momento si conosce pochissimo sulla sicurezza delle nanoparticelle. Nanoricercatori e tossicologi dovranno effettuare tutti gli esperimenti necessari per dare al più presto una risposta a questi interrogativi. I rischi, tuttavia, sembrano controllabili, in quanto le nanoparticelle individuate in natura sono estremamente “appiccicose”: si aggregano molto facilmente in grumi di maggiori dimensioni di cui il corpo si può liberare senza difficoltà.
A livello internazionale, si stanno perfezionando ricerche e misure da intraprendere per garantirne la sicurezza. Tuttavia, è utile ricordare che i materiali nano sono da tempo utilizzati, oltre che nei materiali da costruzione, elettronici ecc., negli indumenti e, come già detto, sempre più frequentemente in cosmesi. Alcune nanoparticelle, di cui si sa già che non sono nocive per la salute, sono impiegate nelle creme solari come fattore di protezione o sono mescolate ad un’altra sostanza alla quale sono legate saldamente. L’industria applica adeguate misure di sicurezza per escludere qualsiasi rischio per la salute dei suoi clienti o dei suoi dipendenti. I primi prodotti sono già disponibili, come le testine di lettura ad alta sensibilità per dischi rigidi rivestite da oltre venti strati sottilissimi, dell’ordine di pochi nanometri; la nanoelettronica è presente in tutti i nuovi calcolatori portatili, ecc.
Mercato e prospettive delle nanotecnologie Sebbene il potenziale tecnologico delle nanotecnologie sia praticamente illimitato, la strada che porta dall’attuale fase di ricerca scientifica e di sviluppo tecnologico verso l’introduzione sul mercato e l’applicazione industriale di massa è ancora lunga. Pur non essendo ancora disponibili previsioni attendibili sul mercato globale delle nanotecnologie, risulta che in Giappone si stanno costruendo le prime fabbriche di fullereni e nanotubi di carbonio; nel 2001 un’importante azienda giapponese ha sviluppato celle a combustibile costruite con nanotubi come elettrodi. Si prevede, comunque, che il commercio dei nanotubi per le applicazioni industriali potrà avere inizio a partire dal 2011. Attualmente il mercato è caratterizzato dalla presenza di limitate quantità di prodotti nanostrutturati realizzati nell’ambito di piccole medie imprese (pmi), nate di recente, con costi elevati.
Lo sviluppo delle nanotecnologie è strettamente dipendente dalla messa a punto della strumentazionenecessaria per le stesse, che si presume sarà sviluppata dalle pmi, mentre l’applicazione di stratiultrasottili o di altri nanomateriali per il miglioramento dei prodotti sarà perseguita da grosse aziende e multinazionali, operanti nel settore dell’elettronica, farmaceutico o automobilistico. Lo sviluppo del settore delle nanotecnologie dovrà essere demandato ad apposite strutture, con la collaborazione sia di competenze interdisciplinari di chimici, fisici, ingegneri ecc., sia di laboratori nanotecnologici. Le ricerche sulle strutture nanoscopiche, e le conseguenti applicazioni, necessitano di strumenti altamente sofisticati, sia di tipo teorico che sperimentale, e di attrezzature di elevato livello tecnologico, in grado di operare su scala atomica, presenti solo nei centri di ricerca specializzati.
Sarà opportuno individuare pochi centri ad alto contenuto innovativo, che debbano investire nella ricerca ad alto rischio sia nei settori esistenti sia in quelli che potranno svilupparsi in futuro. Le ricerche sulle nanotecnologie hanno aperto prospettive di grande interesse per lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione, al di là dei limiti dei processi di fabbricazione attualmente impiegati. Costituiscono, inoltre, uno stimolo a realizzare nuove classi di dispositivi nanoelettronici in grado di impiegare effetti quantistici per un’elaborazione dell’informazione di tipo non convenzionale. Se, in prospettiva, il silicio appare ancora il materiale principale, le possibilità offerte dai sistemi autossemblanti di tipo organico delineano uno scenario in cui si prefigurano architetture computazionali di tipo ibrido, dove il silicio può costituire la piattaforma ideale per un’integrazione di tipo eterogeneo con le nanostrutture.
Le nanotecnologie rappresentano, pertanto, una svolta epocale nelle tecnologie di fabbricazione, in quanto al concetto classico di miniaturizzazionesi affianca quello di autoassemblaggio guidato. Affinché si possano progettare e impiegare in modo efficace le nanostrutture è, comunque, necessario lo sviluppo delle nanoscienze di base e, conseguentemente, poter disporre di una adeguata modellistica delle nanocelle che possano costituire i processori elementari di nuove architetture computazionali.
Bibliografia Massari S., 2007, “Le nanotecnologie”, in Leoci B.,“Cicli produttivi e merci”, seconda edizione, tomo II, 961-976, Aracne editore, ISBN: 978-88-548-1284-0, Roma Commissione Europea (Direzione Generale Ricerca, Unità Informazione e Comunicazione), 2004, “La nanotecnologia, Innovazione per il mondo di domani”, ISBN: 92-894-8888-3, Bruxelles. Bray F., 2008, “Nano packaging, la nuova frontiera”, Rivista delle Tecnologie Alimentari, (7), ottobre, 48-49. Di Zitti E., Ricci D., Caviglia D., 2004, “ Nanotecnologie e Ict: potenzialità e prospettive”, Mondo Digitale, (3), settembre, 3-20. Sozer N., Kokini J.L., “Nanotechnology and its application in food sector”, Trends in Biotechnology, 27, (2), 2009