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DINAMICA DELLE RELAZIONI OGGETTUALI

DINAMICA DELLE RELAZIONI OGGETTUALI. Introduzione. Prof.ssa Barbara Lucchesi. Tra i punti di vista Metapsicologici di Freud, quello economico è: Il più problematico; Il più resistente al cambiamento; Accettare

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DINAMICA DELLE RELAZIONI OGGETTUALI

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Presentation Transcript


  1. DINAMICA DELLE RELAZIONI OGGETTUALI Introduzione Prof.ssa Barbara Lucchesi

  2. Tra i punti di vista Metapsicologici di Freud, quello economico è: Il più problematico; Il più resistente al cambiamento; Accettare - l’idea delle pulsioni che mettono in movimento l’attività dell’apparato psichico e costituiscono il collegamento cruciale tra la mente ed in corpo; - la serie di proposizioni riguardanti la natura e le proprietà di questa energia psichica; è la cartina “tornasole” di uno psicologo ortodosso.

  3. I teorici del modello strutturale delle relazioni hanno trovato limitazioni nella capacità della teoria delle pulsioni di spiegare adeguatamente la complessità della motivazione umana, e tutti loro sono stati successivamente rifiutati dall’establishment psicoanalitico classico.

  4. DINAMICA DELLE RELAZIONI OGGETTUALI Gli autori: Edith Jacobson Psicologia dell’Io Prof..ssa Barbara Lucchesi

  5. Edith JacobsonLa vita • Nasce a Haynau il 10 settembre 1897 • Nel 1941, imprigionata dalle autorità del regime nazista, fugge negli Stati Uniti dove può esercitare la sua professione. • E’ considerata una psicoanalista statunitense di origine tedesca

  6. Edith JacobsonLa vita • Conosciuta per i suoi lavori sul sé e sulla depressione, nel 1964 scrive Il sé e il mondo oggettuale. • Risale a questa autrice una importante definizione di identità, vista come consapevolezza di sé o sentimento di sé. • Muore a Rochester l’8 dicembre 1978.

  7. Edith JacobsonIl Pensiero Lo scopo di tutti i suoi scritti è stato quello di: - allineare il punto di vista economico con la fenomenologia dell’esperienza umana, - poiché proprio questa esperienza mette in evidenza il ruolo delle relazioni con gli altri.

  8. Edith JacobsonLe strategie teoriche • Per raggiungere il suo scopo la Jacobson ha scelto 2 strategie teoriche complementari: • La sua attenzione è indirizzata all’esperienza dell’uomo nel suo ambiente (mondo rappresentazionale). Accentua l’interesse verso una teorizzazione fenomenologica e il tentativo di fondere la spiegazione metapsicologica relazionale a quella classica. • Fa una attenta analisi dei principi economici stessi al fine di giungere ad una revisione più vasta di tali principi.

  9. Edith JacobsonIl sé e il mondo oggettuale • Situazione prototipica: • Un bambino sente i morsi della fame e comincia a piangere: • La madre sente il pianto e porta il cibo per soddisfare il figlio che succhia dal seno e si calma; • La madre non è fisicamente o emotivamente disponibile e la tensione del bambino cresce finché non riceve aiuto o finché non usa un meccanismo interno che lo porta ad una tregua temporanea; • La madre risponde, ma per motivi suoi non lo fa adeguatamente (con irritazione, con ansia …). La fame può essere soddisfatta o no, ma la risposta comportamentale del bambino dipenderà da fattori specifici della situazione e da una varietà di fattori costituzionali ed evolutivi.

  10. Edith JacobsonIl sé e il mondo oggettuale • Freud occupandosi di questa sequenza di comportamenti afferma: • Che ripetute esperienze di piacere spianano la strada ad un scelta oggettuale anaclitica; • Che ripetute esperienze di frustrazione giocano un ruolo evolutivo nell’instaurarsi del principio di realtà; • Che l’elemento cruciale della situazione è la tensione pulsionale (soddisfatta o esacerbata) e che la qualità della risposta materna è persa in considerazione soltanto in questo senso.

  11. Edith JacobsonIl sé e il mondo oggettuale • Una interpretazione alternativa è quella di Sullivan che sottolinea 2 aspetti paralleli: • Il bisogno biologico può essere o non essere soddisfatto ma quel che è cruciale, dal punto di vista psicologico, è che la presenza del bisogno del bambino determina una relazione di qualità particolare tra lui e la madre; • Il tono emotivo di tenerezza materna (presenza assenza di angoscia, collera, gentilezza …), piuttosto che il soddisfacimento del bisogno, contribuisce in modo decisivo alla formazione della personalità del bambino.

  12. Edith JacobsonIl sé e il mondo oggettuale • Nella visione della Jacobson: • L’esperienza del bambino di piacere o dispiacere (gratificazione e frustrazione) è il nucleo della sua relazione con la madre. In questo senso l’autrice è vicina alla visione freudiana e ben inserita nel modello delle pulsioni. • Ma va oltre, suggerendo che le esperienze di piacere e dispiacere portano a reazioni specifiche verso l’oggetto e che tali reazioni sono cruciali per lo sviluppo del bambino.

  13. Edith JacobsonIl sé e il mondo oggettuale • Nella visione della Jacobson: • Infatti con l’aumentare delle esperienze di soddisfazione ed insoddisfazione si formano le immagini di madre gratificante e frustrante che, insieme con i relativi atteggiamenti emotivi, costituiscono i primordi delle relazioni oggettuali interne. • Fin dall’inizio gli atteggiamenti dell’oggetto della relazione acquisiscono un potere motivante indipendente dalla ricerca di gratificazione pulsionale; • In questo senso le idee della Jacobson concordano con quelle dei teorici del modello strutturale delle relazioni.

  14. Edith JacobsonIl sé e il mondo oggettuale • Nella visione della Jacobson: • La madre che non risponde adeguatamente ai bisogni del figlio: • Lo frustra; • Lo delude; • La frustrazione si riferisce alla richiesta pulsionale; • La delusione alla qualità della nascente relazione oggettuale; • Dalla inevitabile sequenza di gratificazioni e frustrazioni derivano sequenze di atteggiamenti verso l’oggetto.

  15. Nella misura in cui si dirige l’attenzione alle sequenze di gratificazioni e frustrazioni ci si occupa delle transazioni tra un organismo ed il suo ambiente. Nella misura in cui si dirige l’attenzione all’alterazione di atteggiamenti ci si occupa delle transazioni tra il “sé” ed il “mondo oggettuale” Edith JacobsonIl sé e il mondo oggettuale

  16. Edith JacobsonIl sé e il mondo oggettuale • Occorre precisare che il concetto di DELUSIONE della Jacobson non è identico a quello di fallimento materno. • La delusione è sempre relativa ad una specifica richiesta, determinata dalle pulsioni, piuttosto che ad uno sforzo globale verso il contatto o verso il coinvolgimento.

  17. Edith JacobsonIl sé e il mondo oggettuale • Il “Sé” è: ? • Un sistema all’interno dell’apparato psichico che integra la struttura tripartita classica? • Un contenuto della mente, un’immagine paragonabile alle immagini formate da oggetti? • La Jacobsonsegue inizialmente la distinzione di Hartmann tral’Io (sistema mentale)e il Sé (rappresentazione all’interno dell’Io) e afferma: “Il Sé è un termine ausiliario, descrittivo, che si riferisce alla persona in quanto soggetto, distinto dal mondo degli oggetti che lo circonda”

  18. Edith JacobsonIl sé e il mondo oggettuale • Per molti aspetti (non per tutti), l’autrice afferma che maturare significa diventare come i propri genitori. • Non si può diventare come loro senza averli prima sperimentati come ammirevoli e senza avere il senso di se stessi come potenzialmente simili a loro. • Il “sé e il mondo oggettuale” sono il mezzo grazie al quale le relazioni con gli altri vengono assimilate e possono essere usate per un cambiamento strutturale. • A questo proposito la Jacobson afferma: “l’Io non può acquisire una realistica somiglianza all’oggetto d’amore, senza che i tratti ammirati di tale oggetto siano durevolmente introiettati nelle immagini di sè desiderate dal bambino”.

  19. Edith JacobsonNormalità e Patologia • Nella discussione sulla psicopatologia grave, la Jacobson attribuisce alle relazioni con gli altri un evidente significato funzionale e di causa. La patologia caratterizzata da disordini affettivi, stati-limite e psicosi dichiarate, deriva da disturbi nelle rappresentazioni di sé e dell’oggetto.

  20. Edith JacobsonNormalità e Patologia • Sia lo sviluppo normale che patologico sono basati sull’evoluzione di immagini di sé e degli altri. • Quello che è cruciale è quanto solidi, stabili, realistici, separati e articolati siano i concetti di sé e dell’oggetto al momento di delusioni critiche dal punto di vista dello sviluppo.

  21. Edith JacobsonNormalità e Patologia • Se le delusioni sono dure e precoci (precedenti al processo di differenziazione sé-oggetto), la svalutazione aggressiva dell’oggetto implicherà una svalutazione del sé ancora indifferenziato. • Risultato: • Immagini del sé idealizzato e dell’oggetto fuse in una meta desiderata ma irraggiungibile. • Immagini del sé e dell’oggetto fuse e odiate. • Precoce ideale dell’io (precursore del super-io) eccessivamente duro e punitivo.

  22. Edith JacobsonIl Narcisismo primario • Poiché le prime settimane di vita del bambino sono filtrate da interpretazioni soggettive, il narcisismo “primario” rappresenta un’altra tribuna dalla quale i due modelli psicoanalitici si danno battaglia: • coloro che considerano l’uomo non in relazione con il suo ambiente alla nascita: narcisismo come investimento libidico dell’io corrispondente ad un mancato investimento esterno (Freud) • coloro che considerano l’uomo intrinsecamente sociale “animale sociale”. L’oggetto è componente intrinseca della pulsione, e un io senza oggetti è una contraddizione in termini. (Klein, Fairbairn, Sullivan)

  23. Edith JacobsonIl Narcisismo primario • Ulteriori difficoltà sono causate dal fatto che: • nessun teorico aveva coordinato aspetti del narcisismo primario con lo sviluppo cognitivo. • La differenziazione dell’io dall’oggetto può essere una tappa evolutiva raggiunta più tardi rispetto al periodo ipotizzato per l’avvento del narcisismo primario. • Freud non rielaborò il concetto di narcisismo primario alla luce di integrazioni teoriche successive. • Con il modello strutturale delle pulsioni l’io viene ridefinito come una delle tre istanze psichiche, dunque l’iniziale investimento libidico del sé perde senso. • Con il modello duale dell’istinto e l’energia aggressiva, si imponeva la presenza di un masochismo primario accanto al narcisismo, non corrispondente ai dati delle osservazioni.

  24. Edith JacobsonIl Narcisismo primario • La Jacobson all’inizio propose l’eliminazione di entrambi i termini (narcisismo e masochismo primario) e successivamente riformulò il “narcisismo primario” in un significato drasticamente cambiato. “primo periodo dell’infanzia, che precede lo sviluppo delle immagini del sé e dell’oggetto, lo stadio durante il quale il bambino è ancora inconsapevole di chicchessia, tranne che delle proprie esperienze di tensione e sollievo, frustrazione e gratificazione” Non è più una vicissitudine istintuale ma un concetto tratto dal livello infantile di relazione oggettuale. • In tal modo l’autrice è in linea con l’obbiettivo di rifacimento dei concetti del modello pulsionale, in termini esperienziali e relazionali, piuttosto che metapsicologici classici.

  25. Edith JacobsonLa pulsione aggressiva • Ma allora qual è il bersaglio originale della pulsione aggressiva e come può il bambino evitare di distruggere sè stesso? • La Jacobson postula uno stato iniziale di energia indifferenziata, che acquista qualità libidiche o aggressive “sotto l’influenza delle stimolazioni esterne, della crescita psichica, e dell’apertura e della crescente maturazione di canali per la scarica esterna”. • Afferma così più direttamente l’influenza dell’ambiente sulle qualità più basilari della pulsione istintuale. • Infatti per la Jacobson i poli di raccolta dell’ “investimento libidico e aggressivo si formano intorno a nuclei di tracce mnestiche, ancora disorganizzate e non connesse”

  26. Edith JacobsonLa formazione dell’identità • Dopo aver postulato lo stato iniziale di indifferenziazione, la Jacobson si accinge a descrivere i processi di sviluppo che portano all’instaurazione di un senso stabile dell’identità, con il concomitante edificarsi della struttura psichica. • E’ consapevole della connotazione duale del concetto di identità che fa riferimento per la sua definizione a elementi di uguaglianza e di differenza. • Nella sua visione, piena di una tensione eccitante, il lettore si trova immerso nella crescente battaglia del bambino per tirar fuori la sua identità dall’iniziale coinvolgimento totale con gli agenti delle cure materne.

  27. Edith JacobsonLa formazione dell’identità • La Jacobson tratta molto estesamente le prime transazioni tra madre e figlio. • L’autrice è consapevole degli effetti multiformi e simultanei che l’attenzione della madre ha sul bambino: • “gli atteggiamenti e le attività materne, che forniscono al bambino gratificazioni e restrizioni libidiche, e spianano la via ai suoi attaccamenti affettivi, nello stesso tempo spingono la madre ad interessarsi all’io esterno del figlio e ne garantiscono la sopravvivenza” • “ma gli stessi atteggiamenti e attività stimolano e promuovono la sua crescita fisica e la crescita mentale del suo Io, e molto presto cominciano a trasmettere al bambino il principio di realtà e i primi codici morali”

  28. Edith JacobsonLa formazione dell’identità • La prima fase orale: l’autrice è favorevole all’ampliamento del concetto di oralità del modello strutturale delle pulsioni per includervi tutti gli aspetti della relazione madre-figlio. • La visione dell’oralità ha per la Jacobson 3 aspetti: • Include nella sua sfera tutte le stimolazioni che si verificano nei primi mesi di vita (gratificazioni e frustrazioni); • I bisogni orali del bambino creano un veicolo con la madre che ha la funzione di far incontrare i due; • Modifica il concetto di pulsione in modo tale che diventi un principio organizzativo tramite il quale il bambino può ordinare l’intera gamma delle esperienze (piacevoli e spiacevoli) con le persone che lo accudiscono. • Esperienze di gratificazione danno origine a fantasie di fusione, idee di incorporazione totale, e sono il fondamento di tutte le successive relazioni oggettuali. • Esperienze di frustrazione portano al desiderio di espellere, di separare.

  29. Edith JacobsonLa formazione dell’identità • La prima fase orale:le prime relazioni con la madre sono portate avanti dal bambino attraverso processi di “introiezione e proiezione” che “si riferiscono a processi psichici, in conseguenza dei quali le immagini di sé assumono caratteristiche di immagini oggettuali e viceversa”, in altre parole sono processi che si collocano nel mondo delle rappresentazioni, nel mondo degli oggetti interni. • Con la maturazione l’Io diventa capace di integrare esperienze di piacere e dispiacere in immagini parziali e primitive di sé e dell’oggetto. • All’arrivo di eventi reali gratificanti o frustranti l’Io maturo resisterà alle fantasie di fusione (esame di realtà) • Secondo la Jacobson i periodi di ri-fusione sono accompagnati da un indebolimento dell’esame di realtà, e da un ritorno ad una condizione dell’Io meno differenziata.

  30. Edith JacobsonLa formazione dell’identità • All’inizio del secondo anno di vita: emergono 2 capacità dell’Io che esercitano una funzione decisiva nel movimento del bambino verso la formazione dell’identità. • Capacità di distinguere caratteristiche specifiche dell’oggetto d’amore; • Comparsa della consapevolezza della categoria temporale del futuro;

  31. Edith JacobsonLa formazione dell’identità • All’inizio del secondo anno di vita: • Capacità di distinguere caratteristiche specifiche dell’oggetto d’amore; • Sviluppa ambivalenza e processi competitivi, nonché la liberazione dell’aggressività che promuove i processi di separazione. • Gli atteggiamenti genitoriali (soprattutto della madre), sono cruciali poiché un eccesso di gratificazione o frustrazione esporrebbe al rischio di ri-fusione, sebbene in condizioni favorevoli voler essere come l’oggetto completa e gradualmente sostituisce la tendenza alla ri-fusione. • Il bambino diventa capace di distinguere le proprie immagini realistiche da quelle desiderate del sé, una distinzione rafforzata dalla competizione con i pari e con il padre. • Anche la scoperta delle differenze tra i sessi contribuisce alla formazione dell’identità con l’idea di appartenenza ad uno specifico genere sessuale.

  32. Edith JacobsonLa formazione dell’identità • All’inizio del secondo anno di vita. • Questi processi spianano la strada all’instaurazione di identificazioni dell’Io e allo stabilirsi dell’ideale dell’Io. • L’ideale è una arena in cui possono verificarsi fusioni tra immagini del sé ideale e dell’oggetto ideale, compensando così le perdute fantasie di fusione. • L’ideale dell’Io contribuisce allo sviluppo del senso dell’identità determinando un desiderio di somigliare non solo agli altri ma anche ai propri livelli interni di aspirazione; • Il super-io è composto: • di immagini sadiche e arcaiche di fusione di sé ideale e oggetto ideale che comprendono l’ideale dell’io; • di richieste, proibizioni, valori, regole parentali, realistiche ed interiorizzate.

  33. Edith JacobsonSé, mondo oggettuale e modello pulsionale • Legame con il modello strutturale delle pulsioni: • Il sé ed il mondo oggettuale sono modellati e prodotti dall’Io-sistema e acquistano le loro qualità tramite l’investimento di parte di energie istintuali libidiche e aggressive. • Allontanamento dal modello strutturale delle pulsioni: • Le immagini di sé e dell’oggetto sono co-determinate da esperienze di realtà (relazioni interpersonali) ed esse stesse contribuiscono allo sviluppo strutturale. • Dal confronto con le formulazioni di Hartmann possiamo evidenziare come la Jacobson si allontani dal modello freudiano verso una più piena integrazione dell’impatto dell’esperienza e del significato delle relazioni con gli altri.

  34. Edith JacobsonTeoria degli Affetti • Freud propose nel tempo 3 teorie • L’affetto è equiparato alla quantità di energia psichica; • Con il modello topografico e la pulsione istintuale, l’affetto è interpretato come una componente non ideativa della rappresentazione mentale delle forze pulsionali; • Con il modello strutturale ha collocato l’affetto all’interno del sistema dell’Io come segnale di situazioni di pericolo provocati da eventi esterni ma spiegati da un aumento della tensione istintuale interna. • Nella prima e nell’ultima, il ruolo delle considerazioni relazionali acquista importanza poiché l’affetto è considerato più indipendente dalla pulsione. • Nella seconda il contesto interpersonale in cui gli affetti hanno origine perde importanza teorica.

  35. Edith JacobsonTeoria degli Affetti • La Jacobson cominciò così a domandarsi se l’affetto corrispondesse a processi istintuali o dell’Io, e rimanendo insoddisfatta da ciascuna di queste due possibilità suggerì una nuova classificazione in cui gli affetti traggono origine da: • tensioni intrasistemiche (all’interno di ogni sistema) • Tensioni dell’es -> eccitazioni sessuali, rabbia; • Tensioni dell’Io -> paura della realtà, amore oggettuale e odio nascosto • tensioni intersistemiche (tra i sistemi Es,Io,super-io) • Tensioni tra Io ed Es -> vergogna, disgusto; • Tensioni tre Io e Super-io -> senso di colpa, aspetti depressivi.

  36. Edith JacobsonTeoria degli Affetti • Limite:La Jacobson sottolinea che anche la sua distinzione si rivela limitata nel rendere ragione della varietà della organizzazione affettiva matura. • non può spiegare “gentilezza ed insensibilità, simpatia e crudeltà, amore e ostilità, tristezza e dolore, depressione e felicità” • propone una differenziazione di affetti che si sviluppa “da una serie di tensioni intra e inter sistemiche in relazione reciproca, che si condizionano tra loro e nascono simultaneamente in più punti dell’apparato psichico”. • L’autrice sembra comunque affermare che la dinamica e le sottigliezze dell’esperienza affettiva non sono metapsicologicamente spiegabili né in realtà ne in linea di principio. • Gli affetti sono esperienze e devono essere intesi come tali; non possono essere ricavati da sottostanti processi parapsicologici, ma “dallo studio di processi di ideazione consci e inconsci associati”.

  37. Edith JacobsonRevisione del Principio di Piacere • “l’organizzazione psichica può mostrare una forte tendenza a cicli di piacere, in cui si alternano eccitazione e sollievo, che corrispondono alle oscillazioni di tensione intorno ad un livello medio” • “il principio di piacere non avrebbe la funzione di provocare il rilassamento della tensione … dirigerebbe solamente il corso delle oscillazioni biologiche intorno ad un asse medio di tensione. Le qualità del piacere saranno assegnate agli spostamenti, in un senso o nell’altro, dal pendolo delle tensioni” • Il principio di costanza: ha la funzione di “stabilire e mantenere costante l’asse di tensione ed un certo margine di oscillazioni biologiche intorno ad esso” • Così mentre il principio di piacere controlla le oscillazioni intorno all’asse di tensione, il principio di costanza fa ogni sforzo per riportare il livello di tensione a quell’asse. • Principio di realtà: spesso risolve i conflitti fra i due imponendo una scarica moderata spiacevole come mezzo per preservare l’equilibrio psicoeconomico.

  38. Edith JacobsonApprocci alla tecnica psicoanalitica • Per i pazienti gravemente disturbati, trattati con efficacia, la Jacobson invoca modifiche nella tecnica psicoanalitica: “i depressi tentano di recuperare la perduta capacità di amare e funzionare, grazie al magico amore proveniente dal loro oggetto d’amore”. • In un caso di forte transfert idealizzante la Jacobson non fece alcun tentativo di analizzarlo, lo usò invece per portare avanti il trattamento e per permettere al paziente di ricostruire almeno temporaneamente un po’ della sua autostima intorno ad esso. • La sua risposta è convincente nella sua semplicità e umanità perché nasce dalla comprensione empatica dei bisogni del paziente in quel momento “durante i periodi iniziali e poi in quelli di grave crisi, ho permesso al paziente di usarmi nei modi e nei ruoli di cui aveva bisogno” • L’autrice non considera comunque queste tecniche curative in se, ma ritiene che, con una preparazione adeguata e un tempismo attento, perfino i pazienti con disturbi molto gravi siano in grado di ascoltare e usare le interpretazioni dell’ “es profondo”, che restano la via per il cambiamento analitico.

  39. DINAMICA DELLE RELAZIONI OGGETTUALI Gli autori: Renè A. Spitz Psicologia dell’Io Prof.ssa Barbara Lucchesi

  40. Renè A. SpitzLa vita • Nasce a Vienna nel 1887 da famiglia ungherese e trascorre la sua infanzia a Budapest dove studia medicina. • Nel 1911 Ferenczi lo contatta per offrirgli di partecipare ad un'analisi didattica con Sigmund Freud e nel 1930 diviene membro della Società Psicoanalitica Tedesca. • Con l'arrivo dei nazisti fugge dalla Germania e si dirige a Parigi. Nel 1938 le successive tappe del suo esilio lo portano negli Stati Uniti. In un primo momento si stabilisce a New York e successivamente a Denver dove insegna nell'università del Colorado.

  41. Renè A. SpitzLa vita • A Denver sviluppa le sue indagini ispirate al pensiero di Anna Freud e di Maria Montessori, che seguivano i principi di una “medicina preventiva”. • Studia le conseguenze, nello sviluppo psichico e somatico, delle carenze affettive nei primi mesi di vita del bambino, elaborando i concetti di depressione anaclitica e sindrome da ospedalizzazione. • Dal 1945 diviene uno dei principali redattori della rivista “lo studio psicoanalitico del bambino” fondata da Anna Freud, Ernst Kris e Heinz Hartmann. • Muore a Denver nel 1974.

  42. Renè A. SpitzI contributi • Autore di rilievo nella psicologia dell’Io per la specificità dei suoi contributi: • A livello teorico: • Sviluppo della Psicoanalisi evolutiva, studio delle funzioni dell’io che consentono al bambino di acquisire consapevolezza del partner materno; • Individuazione della essenziale importanza delle cure materne e le conseguenze della loro mancanza sulla sopravvivenza mentale e fisica del bambino. • A livello metodologico: • Tentativo di introdurre il metodo sperimentale nell’osservazione infantile per la costruzione di ipotesi psicoanalitiche.

  43. Renè A. SpitzStudio dei bambini ospedalizzati • I bambini ricevevano accudimenti di base, legati ai bisogni fisiologici fondamentali, ma trascorrevano la maggior parte del tempo da soli, senza che vi fossero scambi di natura affettiva con l’adulto. • Ritardo generale in tutte le sfere “sindrome da ospedalizzazione”. • L’affetto gioca il ruolo più importante. Dall’inizio della vita è la madre il partner umano del bambino che media ogni tipo di percezione, azione, conoscenza • E’ essenziale per la sopravvivenza che l’equipaggiamento innato del neonato sia <<ravvivato>> dalla interazione e relazione con la madre.

  44. Renè A. SpitzStudio dei bambini ospedalizzati • Donne prigioniere i cui bambini venivano separati dopo essere stati con le madri per alcuni mesi “depressione anaclitica” • Si manifesta intorno agli otto mesi con: apprensione, tristezza, piagnucolio, ritiro e rifiuto a nutrirsi. • E’ conseguente a una buona relazione madre-bambino seguita da una separazione fisica completa dalla madre: • Se la separazione si risolve entro tre mesi i sintomi regrediscono e scompaiono; • Sedura un tempo superiore a tre mesi i sintomi si aggravano e possono progredire con il manifestarsi di insonnia, perdita di peso, sviluppo ritardato, apatia, stupore e anche morte.

  45. Renè A. SpitzRelazioni diadiche e organizzatori della psiche • Il primo contributo teorico: studio delle funzioni dell’io che rendono il bambino consapevole del partner materno. • Spitz individua in ciascuna funzione dell’io un “organizzatore” della psiche, un termine mutuato dall’embriologia che viene definito come un <<centro che irradia influenza>> usato da Spitz per indicare il raggiungimento di nuovi livelli di integrazione nello sviluppo evolutivo.

  46. Renè A. SpitzRelazioni diadiche e organizzatori della psiche • All’emergere di ogni nuovo organizzatore della psiche si associa un “indicatore” che rappresenta il segnale esterno del fatto che si stanno verificando dei cambiamenti interni. • Spitz ipotizza 3 stadi di organizzazione psichica: • Interviene con lo stabilirsi della percezione e dell’inizio dell’io; • Integra le relazioni oggettuali con apparati e funzioni; • Apre la strada allo sviluppo delle relazioni oggettuali con la modalità della comunicazione semantica.

  47. Renè A. SpitzRelazioni diadiche e organizzatori della psiche • L’autore presuppone che: la progressione programmata filogeneticamente della maturazione e la progressione nello sviluppo, procedano di pari passo e in modo tendenzialmente sincronico. • Quando la progressione rigida della maturazione e il mutamento dovuto allo sviluppo entrano in asincronia, compare per il bambino un periodo critico nel quale gli usuali metodi di scarica pulsionale cominciano a risultare inadeguati. • Gli organizzatori compaiono in questi periodi per ristabilire la progressione sincronica almeno fino alla successiva asincronia. • I fallimenti di riorganizzazione in quei momenti possono portare ad una organizzazione psichica deviante.

  48. Renè A. SpitzRelazioni diadiche e organizzatori della psiche • Ilprimoorganizzatore:responsabile del passaggio dalla “ricezione” alla “percezione” • Secondo Spitz le prime sensazioni del bambino non costituiscono ancora delle percezioni, poiché la percezione si sviluppa solo con l’esperienza.Egli distingue tra: • Sensazione o recezione cenestesica:sensibilità profonda sperimentata in termini di totalità e in larga misura viscerale; • Percezione discriminativa o diacritica:formazione di costellazioni di significati dal continuo dialogo ed interscambio con la madre.

  49. Renè A. SpitzRelazioni diadiche e organizzatori della psiche • Ilprimoorganizzatore:responsabile del passaggio dalla “ricezione” alla “percezione” • Inizialmente i segnali raggiungono il bambino filtrati dalla barriera innata allo stimolo e dallo schermo protettivo fornito dalla madre, che rappresenta l’io ausiliario del bambino. • Il punto di partenza per il costituirsi della percezione è rappresentato dalla cavità boccale, l’unica parte del corpo integrata e operante. Il nutrimento rappresenta inoltre la principale situazione di scambio con la madre, e il momento in cui il bambino ne può contemplare il viso.

  50. Renè A. SpitzRelazioni diadiche e organizzatori della psiche • Ilprimoorganizzatore:responsabile del passaggio dalla “ricezione” alla “percezione” • Le esperienze ripetute di soddisfazione o frustrazione, legate all’accudimento materno, cominciano a rendere il bambino consapevole dell’esterno. • In questo modo cominciano a costituirsi le prime tracce mnestiche e le prime costellaizoni di significati a partire dall’iniziale universo di sensazioni amorfe: modalità discriminative (diacritiche). • Compare cosi, a partire dal secondo mese di vita il primo organizzatore, che si manifesta tramite uno specifico indicatore: il sorriso indifferenziato.

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