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I Materiali Compositi. Dalla ricerca scientifica di oggi alle applicazioni tecnologiche di domani. PREMESSA.
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I Materiali Compositi Dalla ricerca scientifica di oggi alle applicazioni tecnologiche di domani
PREMESSA La società del nostro tempo vive intensamente il problema dell’esaurimento delle fonti energetiche tradizionali. E’ la nostra società industriale e tecnologica che ci permette di utilizzare quantità di energia sempre maggiori contribuendo ulteriormente, in un processo a spirale, ad esaurire il petrolio e il carbone della terra. C'è sempre qualcuno che pensa che la soluzione di tutti i problemi sia abbandonare tutta questa pazza tecnologia che ci ha reso schiavi e ritornare, come i nostri antenati , ad un tipo di vita semplice legata alla terra e alle buone cose naturali... Il che sarebbe anche bello se solo lo potessimo fare! Ma..... siamo in una situazione nella quale non possiamo tornare indietro. Non possiamo abbandonare la tecnologia! Ed è per questo che il mio pensiero è andato sulla possibilità di introdurre nella vita dell’uomo “qualcosa” che consentisse di diminuire il consumo di energia sul versante del funzionamento degli strumenti tecnologici. Mi è sembrato che i materiali compositi soddisfino questo scopo perché, oltre alla loro grande versatilità di utilizzo, offrono grande resistenza e leggerezza delle apparecchiature che usano detti materiali. L’immagine sintetizza il mio concetto che il problema energetico va affrontato sul versante del risparmio energetico (e la buona tecnologia può aiutarci) e sul versante dello sviluppo dell’energie alternative (e la ricerca scientifica può compiere ulteriori progressi) L’ AUTORE Riccardo Maiorani Classe 3^A liceo scientifico Liceo Ginnasio statale “Saffo” – Roseto degli Abruzzi
Cos’è un materiale composito • Un materiale composito è, nella sua accezione più generale, qualunque tipo di materiale caratterizzato da una struttura non omogenea, costituita dall'insieme di due o più sostanze diverse, fisicamente separate e dotate di proprietà differenti. • L'idea di accoppiare più materiali per ottenere un materiale con caratteristiche più favorevoli di ciascuno dei componenti è molto antica: un materiale da costruzione molto usato dai nostri avi era una mescola di paglia e fango, la cui evoluzione nel tempo ha portato alla combinazione di calcestruzzo e tondini di ferro chiamata cemento armato. Anche in natura esistono materiali compositi (ad esempio il legno o le ossa); anche la carta o il legno truciolato sono materiali compositi.
Nella pratica si attribuisce il nome di composito al materiale che risponde a queste caratteristiche: È costituito da una fase omogenea, detta matrice, che può essere costituita da una materia plastica un metallo un materiale ceramico Nella grande maggioranza dei casi le matrici sono polimeriche perché garantiscono bassa densità (e quindi leggerezza del materiale finale): hanno però il difetto di calare drasticamente le performances al salire della temperatura. All'interno della matrice è dispersa (in varie modalità) una fase discontinua (generalmente fibrosa, ma a volte anche particellare), detta rinforzo o carica, ed ha in genere il compito di assicurare rigidezza e resistenza meccanica, assumendo su di sé la maggior parte del carico esterno applicato al materiale. A questo scopo fondamentale è la cura dell'adesione interfacciale tra fibre e matrice. Le fibre più usate sono la fibra di vetro, la fibra di carbonio e le fibre aramidiche, come il kevlar, anche se ne esistono numerose di altri tipi, tra cui anche ceramiche. L'insieme di queste due parti costituisce un prodotto in grado di garantire proprietà meccaniche elevatissime e massa volumica decisamente bassa.
Caratteristiche materiali compositi Caratteristiche materiali compositi: principali • Alta resistenza e basso peso • Resistenza alla corrosione • Durata • I materiali compositi vantano un miglior rapporto peso-resistenza rispetto ad alluminio ed acciaio e possono essere ingegnerizzati per fornire un’ampia gamma di caratteristiche relativamente a resistenza all’impatto, tensione e flessione. Caratteristiche materiali compositi: opzionali • Ignifughi • Antistatici o ad alta conducibilità elettrica • Pigmentati o traslucidi • Resistenza all’abrasione • La composizione di base di un materiale composito può essere modificata per esaltare performance e apparenza attraverso la combinazione di una o più delle caratteristiche di cui sopra. Forma e disegno • Flessibilita’ nel disegno • Stabilita’ dimensionale • Alta capacita’ di adattamento ad altri materiali Usando i compositi si possono creare un numero pressoché infinito di prodotti di ogni forma e dimensione usando un numero minore di parti. In pratica il designer ha la possibilità di disegnare il materiale per venire incontro alle esigenze di forma e funzione del prodotto finito. Altre caratteristiche che agevolano il lavoro del designer sono il fatto che i materiali compositi mantengono la loro forma originaria anche quando sottoposti a stress meccanici e ad alte temperature. La capacità di adattamento dei compositi a materiali quali cemento ed acciaio, infine, li rende insostituibili per lavori di ristrutturazione.
Struttura materiali compositi Un materiale composito è costituito essenzialmente da una matrice e da fibre di rinforzo. Nella zona di transizione fibra-matrice, si identifica però un terzo componente, molto importante per il comportamento del composito, la interfaccia. Inoltre, la fibra, per motivi di compatibilità con la matrice, può essere dotata talvolta di un rivestimento o interfase. Fibra, interfase, interfaccia e matrice sono pertanto i costituenti dal cui comportamento collettivo derivano le prestazioni del composito. • Matrice Le matrici più comuni sono le matrici polimeriche(resine epossidiche, viniliche, fenoliche e poliestere) ma le matrici possono essere anche metalliche o ceramiche. Funzioni della matrice -distribuisce i carichi e li trasferisce alla fibra-tiene insieme le fibre-distanzia le fibre -protegge le fibre dall’ambiente esterno-opera come arresto alla propagazione delle fessure da una fibra all’altra. • Interfaccia e interfase L’interfaccia e l’interfase si trovano tra la matrice e le fibre di rinforzo. Funzione dell’interfaccia -accoppia la fibra alla matrice- trasferisce gli sforzi della matrice alle fibre Funzione dell’interfase -rinforza il legame fibra-matrice- protegge la fibra dai danneggiamenti durante la fabbricazione-serve come barriera ad una eventuale indesiderata diffusione dei componenti della fibra nella matrice e viceversa-previene il contatto diretto fibra-fibra
Fibre di rinforzo Le fibre di rinforzo possono essere prodotte con una grande varietà di materiali differenti. I materiali utilizzati per produrre filamenti particolarmente resistenti alla trazione ed al cedimento plastico sono sia polimerici che inorganici. Fra i materiali tradizionali più comunemente impiegati vi sono le poliammidi, le poliestere, le fibre meta aramidiche e le fibre di vetro, mentre tra i materiali ad alte prestazioni recentemente sviluppati vi sono le fibre para aramidiche, le fibre di carbonio, le fibre ad alto modulo di polietilene e di poli-eter-eter-chetone (PEEK). Questi materiali si differenziano per le loro diverse caratteristiche elastiche e per le caratteristiche di resistenza ambientale ed al cedimento plastico.Qui di seguito c’è un elenco dei materiali più utilizzati per le fibre di rinforzo. Funzioni delle fibre -sopportano principalmente il carico-agiscono come barriera ai movimenti delle dislocazioni ed alla propagazione delle fratture all’interno della matrice-impartiscono rigidezza al composito
Fibre di vetro • Per la loro resistenza in trazione ed allo strappo, l’alto modulo e stabilità dimensionale, le fibre di vetro sono utilizzate già da molti anni per la produzione di tessuti e materiali di rinforzo per compositi. Esse sono ottenute per filatura a caldo di vetri di composizione opportuna (generalmente degli allumino-boro silicati) in funzione del tipo di applicazione e dell’ambiente in cui dovrà operare. I tipi di vetro comunemente usati per fibre sono il tipo E ed il tipo S, con densità di circa 2,6 g/cm3, con moduli elastici di circa 80 e 90 GPa e resistenze a rottura di 3,5 e 4,5 GPa, rispettivamente. • Per ottenere dei compositi di buone caratteristiche sotto sforzo, l’allungamento a rottura della fibra (3 e 6% per molti compositi) deve essere minore e la rigidezza maggiore di quella della matrice. Il trasferimento degli sforzi dalla matrice alla fibra viene migliorato con l’ausilio di rivestimenti chimici. • Questi agenti di accoppiamento possono migliorare di molto le caratteristiche meccaniche del risultante composito. Fibre di carbonio • Le fibre di carbonio sono sottili filamenti composti di carbonio elementare con strutture che variano da quelle del carbonio amorfo a quelle della grafite cristallina. Queste fibre possiedono proprietà chimiche e fisiche molto variabili: per quanto riguarda il modulo di elasticità o rigidità, per esempio, esso varia da circa 35 GPa, che è metà di quello delle fibre di vetro o dell’alluminio, fino a 700 GPa, più di tre volte quello dell’acciaio. Poiché la densità del carbonio è bassa, la rigidità specifica è molto alta. • Le fibre di carbonio conservano le caratteristiche elettriche, termiche e chimiche del carbonio e vengono utilizzate spesso come rinforzo per compositi polimerici rigidi. Generalmente la deformabilità e la resistenza meccanica non aumentano di pari passo con l’aumentare della rigidezza: per specifiche applicazioni dove sono richieste contemporaneamente doti di alta resistenza e di alta rigidezza bisogna scegliere rinforzi fibrosi dove vengano bilanciate queste due caratteristiche. Con le attuali tecnologie di produzione, la maggiore resistenza è ottenuta per fibre con rigidezze comprese fra 210 e 300 GPa.
Poliammidi • Uno dei primi materiali polimerici prodotti è stato proprio il filamento di Nylon, una poliammide ottenuta per policondensazione di diammine ed acidi dicarbossilici che possono essere lineari o con contenuto di gruppi aromatici fino all’85% in peso (per contenuti di aromatici nella struttura ripetitiva superiori all’85% si parla di aramidi). Il Nylon 6/6, per esempio, è ottenuto da una diammina ed un acido dicarbossilico lineari con 6 atomi di carbonio. La reazione tra ammina ed acido produce l’ammide (NH-CO) che caratterizza questa classe di materiali. Questa macromolecola è molto flessibile, è in grado di ruotare su ogni legame e produce fibrille di polimero allineate con zone amorfe e cristalliti orientati nella direzione dello stiro. Il Nylon presenta una grossa affinità per l’acqua e la sua resistenza alle radiazioni ultraviolette non è molto alta ma, se opportunamente protetto da un idoneo rivestimento, può raggiungere un’accettabile resistenza ambientale. Comunque, a causa del suo basso modulo di elasticità (circa 5 GPa), della tendenza al cedimento plastico sotto carico e delle variazioni dimensionali indotte dall’assorbimento di acqua (allungamenti delle fibre in ambienti umidi ed accorciamenti in ambienti secchi) rende questo materiale problematico per le applicazioni dove il pretensionamento del tessuto e la stabilità dimensionale sono critici. La resistenza di questa fibra varia tra 500 e 700 MPa, ma, come anche il modulo elastico, viene significativamente ridotta in presenza di umidità assorbita. Poliestere • Le fibre in poliestere sono ottenute per filatura di un polimero aromatico ottenuto per policondensazione dell’acido tereftalico e di un dialcool (glicole). Il poliestere più comunemente utilizzato è il Polietilentereftalato (PET). La struttura delle fibre orientate è simile a quella delle poliammidi. Il polestere contiene un anello aromatico che lo rende meno flessibile delle macromolecole poliammidiche. Le fibre di PET, infatti, sono caratterizzate da un modulo elastico più alto, circa 18 GPa, e da resistenza a rottura simile a quella del Nylon. • L’estensibilità, al pari del modulo elastico, comunque, dipende molto dal livello di orientazione indotto dal processo di filatura. • La resistenza alle radiazioni ultraviolette di queste fibre è molto alta e la loro sensibilità verso l’umidità ed al cedimento plastico molto bassa. • Queste caratteristiche le rendono adatte alle applicazioni dove sono richieste buone caratteristiche di stabilità dimensionale. La stabilità dimensionale può essere ulteriormente migliorata con trattamenti termici di ricottura delle fibre sottoposte a trazione.
Aramidiche Le poliammidi aromatiche con contenuto di gruppi aromatici superiore all’85% vengono indicate come aramidiche. Le prime fibre aramidiche sono state prodotte negli anni ’60 e sono quelle a base di Poli-fenilendiammina-isoftalammide commercializzate come Nomex. Questa fibra è adatta alle applicazioni dove sono richieste alte resistenze al calore. Presenta un modulo elastico comparabile a quello del poliestere ma meno variabile con la temperatura. Queste fibre vengono ottenute direttamente dal processo di polimerizzazione in quanto non possono essere fuse neanche a temperature superiori ai 400 °C. Il polimero, infatti, degrada prima ancora di fondere. Sono state poi sintetizzate fibre poliammidiche aromatiche con elevatissime caratteristiche meccaniche ottenute per filatura umida di una soluzione liquido-cristallina di p-fenilendiammina e cloruro tereftalico polimerizzata in acido solforico: il Kevlar. In funzione delle caratteristiche dei monomeri (per esempio la lunghezza della diammina aromatica) possono essere ottenuti polimeri aramidici con diverse caratteristiche meccaniche. Fra i più comuni vi sono il Kevlar 29 e 49. Il modulo elastico del Kevlar 49 è di 135 GPa e la resistenza a rottura di 3,6 GPa: questo materiale risulta così 5 volte più resistente di un filo di acciaio di pari peso in quanto la sua tendenza è di solo 1,4 g/cm3. La struttura altamente anisotropa di queste fibre aramidiche le rende, comunque, molto deboli nelle altre direzioni ed adatte solo ad applicazioni dove siano presenti solo carichi di trazione. La loro resistenza a compressione, infatti, è bassissima. D’altra parte, le stesse cause che impartiscono bassa resistenza a compressione sono anche quelle che inducono un’altissima tenacità a questo materiale (le fibre aramidiche vengono utilizzate per produrre strutture ad alta resistenza all’impatto come, per esempio, quelle antiproiettile). Il cedimento di questi materiali è sempre fibrillare in trazione e, quando soggette a flessione, hanno un cedimento plastico della zona in compressione che permette lo spostamento dell’asse neutro, non facendo raggiungere il limite di rottura nella zona in trazione ed aumentando quindi la capacità della fibra di deformarsi. L’alta tenacità caratteristica di queste fibre aramidiche, quindi, ne consiglia l’uso in applicazioni dove sono richieste alte resistenze all’impatto. Nuove formulazioni denominate come Kevlar 149 sono in studio e si prevede che possano raggiungere moduli elastici di circa 190 GPa e resistenze alla trazione di 3-4 GPa. I materiali compositi rinforzati con fibre aramidiche presentano notevoli inconvenienti nelle lavorazioni meccaniche. Fibre di polietilene ad alto modulo Le fibre di polietilene ad alto modulo sono ottenute per estrusione allo stato solido di polietilene ad alta densità in condizioni tali da convertire i segmenti polimerici disordinati in barre fortemente estese. Questa struttura molecolare permette il raggiungimento di moduli elastici molto alti e vicini a quelli teorici delle macromolecole orientate. In particolare, si raggiungono moduli di 170 GPa e resistenze di 2 GPa in un materiale di densità molto bassa, 0,97 g/cm3. La sua resistenza specifica, quindi, può risultare anche più alta di quella delle fibre aramidiche più avanzate. Trattandosi di macromolecole poliolefiniche, comunque, l’adesione a matrici polimeriche di tipo diverso può essere molto scadente. Ibridi Con questo termine si identificano gli accoppiamenti di diversi tipi di fibre finalizzati al bilanciamento di alcune caratteristiche o debolezze dei singoli materiali. Esempi frequenti sono quelli in cui vengono tessuti assieme fibre di carbonio (molto fragili ma rigidissime) con le più duttili fibre di vetro. Allo stesso modo, al fine di migliorare la resistenza all’impatto vengono utilizzati degli ibridi con fibre di aramidiche e vetro o aramidiche e carbonio. I possibili tipi di accoppiamenti, comunque, sono molteplici e possono essere mirati a specifiche condizioni di carico ed ambientali.
Processi produttivi materiali compositi I processi produttivi dei materiali compositi sono svariati. I più diffusi sono nove: • Stesura manuale materiali compositi E’ un processo tuttora largamente diffuso per lavori su superfici ampie quali piscine e scafi di imbarcazioni per i quali la produzione si svolge tipicamente per piccoli lotti. Rinforzi in fibra di vetro sono stesi all’interno dello stampo sotto forma di trefoli di fibre o di tessuti. Le fibre vengono poi imbevute di resina catalizzata e consolidate manualmente usando rulli di metallo o di plastica. • Resin transfer molding (RTM) materiali compositi Il resin transfer molding e’ un processo produttivo adatto a lotti medi che produce articoli finali con superfici finite su entrambi i lati. Un preformato in fibra di vetro viene inserito in un o stampo chiuso. Successivamente, della resina catalizzata viene pompata a pressione all’interno dello stampo. Sia la resina che lo stampo sono pre-riscaldati per accelerare il processo di indurimento. Stampi più duraturi e tecniche di iniezione della resina controllate da software specializzati hanno ampliato il campo di applicazione tipici dei processi produttivi del tipo RTM. • Filament winding materiali compositi Il filament winding e’ la tecnica produttiva preferita per la produzione di articoli di forma cilindrica come tubature, canaline e serbatoi. Strati continui di fibra di vetro vengono impregnati di resina catalizzata e avvolti attorno ad un mandrino rotante secondo uno schema deciso in ragione delle caratteristiche desiderate nel prodotto finale. • Pultrusione materiali compositi La pultrusione dei materiali compositi e’ il processo produttivo normalmente impiegato nella produzione di canne, di articoli a sezione cava e di profilati vari. Strati continui di fibra rinforzata vengono impregnate con resina catalizzata e fatte poi passare attraverso una maschera di metallo riscaldata usando un apposito macchinario che “tira” il materiale composito. L’altra concentrazione di rinforzi in fibra di vetro garantisce l’alta resistenza del prodotto finito.
Vacuum infusion materiali compositi La vacuum infusion dei materiali compositi e’ un processo produttivo sempre più usato per ridurre le emissioni di vapori di stirene, per migliorare le qualità del prodotto e per ridurre i costi di manodopera. Nel processo ad infusione sotto vuoto, il rinforzo viene racchiuso in un contenitore di plastica a tenuta ermetica in cui viene poi ottenuto il vuoto pneumatico, il quale, a sua volta, provoca l’ingresso della resina catalizzata che si va a depositare sul rinforzo. Le tecnologie più avanzate applicate a questo processo produttivo consistono in tecniche di canalizzazione della resina più sofisticate e nell’impiego di resine gelatinose ad indurimento ritardato. Il risultato finale e’ la possibilità di poter creare anche prodotti finiti dalla forma complessa e/o di grosse dimensioni. Bulk Casting materiali compositi Il bulk casting dei materiali compositi e’ un processo adoperato soprattutto per la produzione di articoli decorativi dall’aspetto gradevole e di qualità come pianali per cucine, piani d’appoggio per tavoli, mensole, box doccia, etc. Additivi minerali vengono miscelati con resina liquida catalizzata fino a formare una mistura densa che viene poi introdotta nello stampo. Si ottengono cosi ‘ prodotti finiti che simulano molto realisticamente materiali quali marmo, granito, onice e altre pietre da costruzione. Centrifugal casting materiali compositi Il centrifugal casting nei materiali compositi e’ un Processo adatto alla produzione di alti volumi di tubature e condutture cilindriche. Una miscela di resina e di rinforzo viene progressivamente introdotta in uno stampo cilindrico che viene poi fatto ruotare ad alta velocità forzando così la miscela contro le pareti dello stampo. Il risultato e’ un prodotto finito cavo le cui pareti presentano caratteristiche di alta resistenza e densità. Durante l’operazione di centrifuga al miscela viene riscaldata per velocizzare l’indurimento, e, in generale, per migliorare la resa del processo. Continuous molding materiali compositi Il continuous molding dei materiali compositi e’ un processo produttivo tipico dell’industria automobilistica e si svolge usando stampi riscaldati in acciaio. Di conseguenza si tratta di una tecnica produttiva costosa e riservata a cicli con lotti di produzione ad alto volume. Continuous profile materiali compositi Il continuous profile nei materiali compositi e’ un processo produttivo tipicamente impiegato nella produzione di prodotti finiti in fogli quali quelli adoperati nell’edilizia. Un foglio di fibra di vetro inserito “a sandwich” tra due pellicole di rilascio ed appoggiato su un nastro trasportatore, viene impregnato di resina catalizzata. Il tutto e’ poi fatto passare in un forno di curvatura assieme ai profilati necessari per ottenere il prodotto finito. Una volta uscito dal forno il foglio indurito così ottenuto viene tagliato a misura.
Storia dei materiali compositi • La scoperta dei materiali compositi moderni si deve al grosso impegno sia economico che umano profuso dall’industria aerospaziale e aeronautica nella ricerca tecnologica. In questi campi, infatti, innumerevole sono gli sforzi per ottenere il miglior compromesso tra resistenza, peso, e costo delle strutture degli aeromobili, in quanto il raggiungimento di tale scopo permette di realizzare prestazioni altrimenti inavvicinabili sia in termini assoluti sia in termini di risparmio energetico a parità di condizioni d’impiego.I materiali metallici sviluppati in un recente passato, quali le leghe di alluminio e titanio, non hanno soddisfatto pienamente le condizioni precedentemente esposte, specie per l’alto costo e la complessità di assemblaggio delle strutture, per cui i ricercatori, all’inizio degli anni sessanta, si sono volti allo studio di nuove soluzioni. Le maggiori attenzioni sono state ovviamente rivolte verso quegli elementi che presentavano bassi valori di peso molecolare ossia litio, berillio boro e carbonio; scartati il litio e il berillio perché costosissimi e poco reperibili (anche se il berillio viene ancora usato in alcune parti dei satelliti), le ricerche si sono concentrate su boro e carbonio. • Con le fibre a base di carbonio sono stati risolti anche questi ultimi inconvenienti grazie ad una diversa tecnologia di produzione e alla grandissima disponibilità dell’elemento in natura. • Come prodotti di partenza sono stati scelti fra i tanti possibili il poliacrilonitrile e il rayon, due polimeri che presentano forti percentuali di carbonio (oltre il 65%) e che contemporaneamente possiedono adatte caratteristiche termochimiche per potere affrontare i processi di trasformazione.
Per arrivare alla produzione delle fibre, infatti, i polimeri devono subire prima una pirolisi (variazione della composizione chimica per effetto del calore) a circa 200 C° in presenza di ossigeno e poi una grafitizzazione (eliminazione degli elementi estranei al carbonio) a temperature variabili tra 1600 e 2500 C°. Le elevatissime caratteristiche meccaniche sono dovute ad una trazione esercitata sulle fibre durante il primo oppure il secondo processo e possono essere parzialmente modificate agendo appunto sulle predette temperature. Alle fibre di carbonio, nel 1971 si è aggiunto un altro prodotto con resistenza meccanica ulteriormente superiore e caratteristiche peculiari estremamente particolari: la fibra aramidica, scoperta dall’industria DU PONT de NEMOURS e CO. partendo non più da polimeri sintetici, ma da un composto organico della serie dei poliamminidi aromatici che viene sottoposto ad una serie di processi tuttora protetti da brevetto mondiale e quindi non conosciuti. Questa fibra è tutt’oggi alla terza evoluzione e trova vastissimo impiego nei campi più diversi.
L’industria aeronautica, essendo stata la promotrice delle ricerche che hanno portato alla nascita dei materiali compositi avanzati, è stata conseguentemente la prima ad impiegarli. Fino alla fine degli anni sessanta essi furono utilizzati solamente per particolari marginali, tanto che la loro percentuale in peso non superava l’1%del totale. All’inizio degli anni settanta la percentuale era salita al 3-4 % circa dell’intera struttura dell’aeromobile, ma i componenti prodotti con questa tecnologia erano ancora limitati, si trattava solo di flap, timoni, stabilizzatori e derive. La prudenza riguardo l’impiego dei materiali compositi era però giustificata dall’attesa dei risultati sperimentali di volo dei nuovi prodotti sia sotto il profilo della resistenza a fatica, sia in relazione agli agenti atmosferici esterni (umidità, pioggia, fulmini). Alcune eccezioni si potevano trovare nel settore dei velivoli da combattimento: ad esempio gli F4, gli aerei da caccia schierati dagli Stati Uniti durante la guerra in Vietnam erano costruiti per il 50% in alluminio, per il 25% in compositi, per il 10 % in titanio e per la restante parte in acciai e altri materiali. L’impulso per la massiccia diffusione delle fibre ad alta resistenza anche nel campo dell’aviazione commerciale venne dall’irreversibile rialzo del costo del petrolio che impose la necessità di pervenire ad una sensibile riduzione dei consumi di combustibile. Gli inizi degli anni ’80 segnarono quindi l’entrata in servizio di aerei civili che incorporavano quantità non trascurabili di materiali compositi avanzati anche in parti strutturali significative. I compositi trovano oggi un impiego sempre più diffuso. Naturalmente l’industria dei materiali compositi è destinata a sviluppi futuri eccezionali che riguarderanno non più soltanto il campo aerospaziale e dei trasporti, infatti come vedremo nel paragrafo che segue le possibili applicazioni dei compositi vanno dalle protesi all’edilizia fino ad arrivare allo sport e al tempo libero.
Applicazioni Come è gia stato osservato in precedenza i materiali compositi trovano le maggiori possibilità di applicazione nel settore aeronautico e in quello aerospaziale. In questo settore, la necessità di ottimizzare le prestazioni operative delle strutture è comunque ancora più imperativa, anche per i costi della messa in orbita, e si fonda sulla attenta scelta dei materiali e sulla sofisticata progettazione per evitare zone sovradimensionate e garantire l’assenza di punti deboli. Nel caso dei satelliti e delle sonde spaziali non abitate il peso della struttura rappresenta solo il 7-8% del loro peso complessivo al momento del lancio per cui, per ottenere grandi resistenze unite a leggerezze estreme, sono largamente impiegate parti realizzate da uno spessore di pochi decimi di millimetro, che frequentemente varia da punto a punto del pannello. I compositi vengono adottati anche nei lanciatori, gli elementi che consentono la messa in orbita: i serbatoi per il combustibile solido sono, infatti, costruiti in fibra di vetro con matrici sia in resina che metalliche. Le fibre di carbonio vengono inoltre utilizzate in alcune occasioni come isolanti termici per proteggere le strutture e gli altri componenti a bordo da sbalzi eccessivi di temperatura, come nel caso del riscaldamento aerodinamico prodotto dall’atmosfera nella fase di ascesa del vettore dai getti dei motori di propulsione. Si tratta in questo caso di materiali ablativi che consumandosi per sublimazione riescono a contenere la temperatura interna. Nel settore aeronautico i materiali compositi, che prima venivano utilizzati solo in minima parte si stanno progressivamente estendendo anche alle strutture primarie come fusoliere e parti alari, infatti la Boeing ha da poco annunciato la “nascita”del Boeing 7E7 il primo aereo commerciale con la struttura fatta in prevalenza di materiali compositi.
Vista la crescente diffusione del loro impiego nell’industria aeronautica, i materiali compositi avanzati sono stati rapidamente introdotti, almeno in via sperimentale, anche nei trasporti terrestri e marini, per soddisfare le medesime esigenze di maggiori prestazioni con minori consumi, già riscontrati per i velivoli. Il settore delle competizioni è stato ovviamente quello che più celermente ha recepito l’importanza della novità e già nel 1981 ha visto la luce il primo telaio per monoposto di una nota casa automobilistica . Il vantaggio di una scocca in fibra di carbonio non consisteva solo nella leggerezza dell’insieme, ma anche nella superiore rigidità torsionale rispetto ai corrispondenti telai in alluminio, quindi si poteva ottenere un migliore assetto e una migliore efficacia della vettura. Da allora, i materiali compositi hanno interessato in percentuale sempre maggiore le monoposto di Formula 1, a cominciare dalle appendici aerodinamiche (alettoni, bandelle, fondo piatto) in cui si ha la necessità di una perfetta stabilità dimensionale (carbonio), fino ad arrivare al giorno d’oggi in cui le vetture sono quasi interamente realizzate (salvo le parti espressamente meccaniche) in materiali compositi. Tale tecnologia non è rimasta ovviamente predominio assoluto della Formula 1, ma si è diffusa anche alle altre categorie, per poi passare gradualmente alla produzione di serie. I costi elevati e i lunghi tempi produttivi ne limitano per ora l’impiego su mezzi di altissimo prestigio e a produzione limitata realizzate in larga parte con fibra di carbonio, fibra aramidica e vetro, oppure confinando i materiali compositi a particolari di non primaria importanza. Alcuni esempi sono le parti smontabili (insieme tettuccio parte posteriore) di alcuni fuoristrada oppure le cabine di camion, le furgonature per i trasporti frigoriferi, il rivestimento superiore degli autobus, il tetto del furgone Fiat Daily. Un esperimento estremamente interessante è stato eseguito quasi in contemporanea da Fiat e Renault che hanno commercializzato pochi anni fa i loro furgoni da trasporto leggero Ducato e Trafic con balestre in fibra di vetro. Le fibre aramidiche vengono infine utilizzate con successo per rinforzare la carcassa dei pneumatici.
In campo ferroviario i materiali compositi sono ancora poco utilizzati, principalmente per le sole divisorie interne delle vetture, ma esistono potenzialmente molti elementi realizzabili con tale tecnologia (porte esterne ed interne, pannelli di rivestimento esterni, tetto, soffitto, pavimento, struttura dei sedili, ecc.) In campo nautico, come in quello automobilistico, sono state le competizioni a introdurre i materiali compositi nella costruzione delle barche. Già nel 1979 la barca statunitense Eclipse, vincitrice dell’Admiral’s Cup presentava scafo e coperta realizzati in composito misto di vetro e fibra aramidica; oggi le imbarcazioni da regata (il cui regolamento di classe consente l’impiego di materiali compositi) hanno scafo, coperta, alberi, scotte, cime e altri piccoli particolari di allestimento prodotti con fibra ad alta resistenza. Nel settore commerciale delle imbarcazioni da diporto l’uso dei compositi si è già rapidamente esteso. Vediamo qui indicativamente le parti realizzate in fibra di un cabinato modello (ponte, coperta, portelli, plancia porta strumenti, porte e scale interne, divisorie, strutture degli arredamenti, armadietti, ecc.). Tale evoluzione è ovviamente in atto anche nella marina mercantile, pur con rapidità ovviamente minore. In campo nautico, oltre alle caratteristiche meccaniche, è fondamentale la grande resistenza alla corrosione che i compositi hanno rispetto alle leghe metalliche, inoltre la loro assoluta amagneticità li rende adatti per le strutture di rivestimento superiori delle imbarcazioni militari.
Anche in campo sportivo la diffusione dei materiali compositi è stata assai repentina ed ha abbracciato una grande quantità di discipline in cui la leggerezza degli attrezzi impiegati poteva consentire minore sforzo all’atleta e migliori risultati. Abbiamo così racchette da tennis con rinforzi in fibra di carbonio, sci con solette in fibra aramidica e inoltre armi per canottaggio, canoe da discesa fluviale, canne da pesca, mazze da golf e da hockey, archi e frecce, giavellotti e aste per salto, telai e ruote per biciclette, bob ecc. realizzati con materiali compositi avanzati. In campo industriale fibre secche e materiali compositi vengono già utilizzati per scopi anche molto dissimili fra loro. Si va dal rivestimento di serbatoi per gas o liquidi in pressione, conduttori per aria condizionata, condotti criogenici, all’avvolgimento di rinforzo di tubi di gomma flessibili, tubi idropneumatici, tubi ad alta pressione nonché di cavi elettrici telefonici e a fibre ottiche. Le fibre aramidiche sono poi utilizzate come elemento resistente di cinghie di trasmissione e dentate, di nastri trasportatori resistenti alla corrosione e stanno prendendo sempre più piede nella costruzione di funi di ormeggio, cavi e corde, in cui riescono a condensare resistenza pari alle funi di acciaio, basso allungamento, leggerezza simili alle funi sintetiche e lunga durata. Ancora, le fibre aramidiche, in virtù della grossa difficoltà ad essere recise, vengono utilizzate per la realizzazione di guanti, coperte e grembiuli per la protezione contro tagli e scalfitture nell’industria del vetro e dei metalli, per i boscaioli, saldatori, macellai ecc.. A questo proposito anche la chirurgia ha mostrato interessamento a guanti operatori in fibra aramidica per aumentare i margini di sicurezza degli addetti ad interventi su malati di AIDS. I materiali compositi trovano poi un buon campo di applicazione nelle parti di macchinari dotati di moto rotatorio o alternativo, in cui la bassa inerzia del componente può consentire movimenti più rapidi e risparmio di energia (rulli, spolette e altre parti di telai per tessitura).
Le fibre di carbonio, infine, per il loro buon coefficiente di attrito, che aumenta con la temperatura, sono ottimali per la realizzazione di dischi freni e frizione, permettendo l’eliminazione dei materiali a base di amianto, dannosi per la salute. Caratteristica peculiare propria unicamente delle fibre aramidiche è la grossa resistenza all’impatto, ossia la capacità di assorbire senza danno grandi sollecitazioni dinamiche. Era quindi immaginabile che le industrie specializzate in protezione balistica ne approfittassero subito per avviare la produzione di giubbotti antiproiettile, schermi e blindature vere e proprie. Per i giubbotti antiproiettile, le fibre di aramidiche vengono impiegate senza impregnazione di resina in spessori tanto maggiori in rapporto all’energia di penetrazione del proiettile da arrestare . Si hanno così delle protezioni personali estremamente efficaci senza l’obbligo di gravare l’individuo di un peso eccessivo. I risultati sono impressionanti, tanto che in un prodotto di media grammatura, un proiettile calibro 38 non riesce a lesionare nemmeno il primo strato. Pannelli in fibra aramidica semirigidi vengono impiegati per la protezione di auto diplomatiche e per il trasporto di personalità, furgoni portavalori, sportelli bancari, divisorie di separazione settori negli aerei, valigette e veicoli militari. Pannelli rigidi di forte spessore costituiscono poi la blindatura di navi da guerra, motovedette, elicotteri militari e carri armati. In fibra aramidica, già da parecchi anni, vengono costruiti gli elmetti (soprattutto dei piloti dell’aeronautica), tecnologia che è stata riprodotta in campo civile per la realizzazione dei caschi motociclistici, caratterizzati ora da un maggior assorbimento d’urto unito a superiore leggerezza.
Le fibre di carbonio hanno un’altra particolare proprietà, quella di essere trasparenti alle radiazioni. Per questo vengono impiegate nel settore nucleare (sia ingegneristico che medico) ogni qual volta sia necessario operare misurazioni tramite radiazioni, e si abbia necessità di dispersioni o interferenze minime. Il caso più comune in campo medico è rappresentato dai lettini o dai piani per radiografie o schermografie. Recentemente anche la medicina ortopedica ha iniziato a utilizzare i materiali compositi avanzati nella realizzazione di componenti sostitutivi di parti del corpo umano. In particolare le fibre di carbonio, fibra aramidica e fibra di vetro sono impiegate nella costruzione delle strutture portanti delle protesi, soprattutto quelle degli arti inferiori. La diversità di caratteristiche fra le varie fibre (rigidità per il carbonio, elasticità per la fibra aramidica), e le possibilità di realizzare prodotti a stratificazione differenziata consentono di mettere a punto strutture a deformabilità variabile che riproducono molto fedelmente le caratteristiche dell’ossatura della parte mancante. Grande resistenza e leggerezza, unite ad un’ottima tollerabilità da parte dell’organismo, fanno preferire i materiali compositi all’acciaio inossidabile, ai composti titanio-vanadio e alle leghe di alluminio, che vengono mantenuti solo per gli snodi dove i compositi sarebbero penalizzati dalla maggiore usura. Le fibre di carbonio hanno trovato un loro spazio anche nel settore dell’Hi – Fi stereo. Esistono infine fibre ad alta resistenza meccanica e termica che possono essere associate ai compositi anche se rigorosamente non appartengono a questo gruppo. Esse sono costituite da un prodotto intermedio del processo di produzione delle fibre di carbonio, sono a base poliacrilonitrilica e vengono sottoposte ad un processo di stabilizzazione termica che ossidandole impedisce ogni altra combustione. I tessuti ottenuti con queste fibre sono così in grado di sopportare altissime temperature senza fondere né dare origine a combustione
Sviluppi futuri dei compositi Nonostante tutta questa serie di ottime caratteristiche meccaniche e fisiche, le applicazioni dei materiali compositi avanzati sono ben al di sotto delle previsioni di pochi anni fa. Bisogna ammettere che c’è stato un grande aumento dei settori che hanno introdotto i compositi nella realizzazione dei loro componenti, ma viceversa non si è concretizzata una vera produzione di serie relativa alle fibre ad alta resistenza. Primo elemento che ha frenato l’espansione di questi nuovi prodotti è, come detto per il settore aeronautico, la mancanza di una banca dati sufficientemente attendibile sul comportamento dei compositi, per cui i progettisti preferiscono ancora contare su materiali con proprietà decisamente note e costanti, piuttosto che su materiali con proprietà più elevate ma dal comportamento incerto nell’arco di vita del componente. In secondo luogo i compositi sono ancora molto penalizzati dalle tecnologie di trasformazione. La necessità di lunghi interventi a mano (effettuati tra l’altro da personale altamente specializzato) riduce la produttività ed innalza molto il costo finale del componente, inoltre compromette ulteriormente la ripetibilità delle caratteristiche meccaniche del manufatto. Sino ad oggi, i ricercatori si sono dedicati incessantemente allo sviluppo delle proprietà dei compositi, arrivando a produrre fibre di natura ceramica al carburo di silicio, o al carburo di silicio e titanio, con matrici anch’esse ceramiche o metalliche, materiali che rappresentano tutt’oggi il limite evolutivo, ma non hanno dedicato nessuna attenzione alle tecniche di trasformazione che sono ormai non tecnologicamente in linea con le materie prime impiegate.
“………In tutta la storia c’era stata resistenza … una dura, esagerata, incredibile resistenza a qualsiasi avanzamento tecnologico significativo che aveva avuto luogo sulla terra. Normalmente a opporre resistenza erano quei gruppi che temevano di perdere la loro influenza, lo status, soldi … come conseguenza del cambiamento. …………Benché nessuno mai ammettesse tali ragioni all’origine della propria opposizione, anteponendo il bene supremo dell’umanità a interessi ben più meschini………” Isaac Asimov Conferenza “Sul futuro dell’umanità” , 8/11/1974 , Newark College of Engineering