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LA DIFFIDA ACCERTATIVA. D. lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 12. D.Lgs.124/2004, art. 12, comma 1.
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LA DIFFIDA ACCERTATIVA • D. lgs. 23 aprile 2004, n. 124, art. 12
D.Lgs.124/2004, art. 12, comma 1 Qualora nell'ambito dell'attività di vigilanza emergano inosservanze alla disciplina contrattuale da cui scaturiscono crediti patrimoniali in favore dei prestatori di lavoro, il personale ispettivo delle Direzioni del lavoro diffida il datore di lavoro a corrispondere gli importi risultanti dagli accertamenti.
Ministero del lavoro, circolare 24/2004 La previsione di cui all'art. 12 consente al personale ispettivo delle DPL di diffidare, in sede di indagine ispettiva, il datore di lavoro a corrispondere direttamente al lavoratore le somme che risultino accertate quali crediti retributivi derivanti dalla corretta applicazione dei contratti individuali e collettivi di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, nei limiti della loro efficacia soggettiva
Il credito diffidabile • Qualsiasi istituto economico contrattualmente pattuito • Derivante dalla costanza del rapporto di lavoro o dalla cessazione dello stesso • Connesso al rapporto di lavoro, ossia non qualsiasi credito del soggetto “lavoratore” nei confronti del soggetto “datore o committente” • Natura • retributiva, • indennitaria, • forfetaria, • premiale, • (anche benefit non retributivi)
Il credito non diffidabile Il credito di qualsiasi natura (risarcitoria o indennitaria) non collegato alla prestazione lavoristica ma scaturente da: • illecito extracontrattuale afferente ad altre sfere di rapporti, p. es: • riservatezza • incolumità personale • personalità morale
contratti collettivi nazionali leggi contratti collettivi territoriali PARAMETRI OGGETTIVI CERTI contratti aziendali pattuizioni individuali
Diffida accertativa e crediti pecuniari da lavoro autonomo “L'adozione della diffida accertativa appare possibile anche nell'ambito dei rapporti di lavoro autonomo (collaborazione coordinata e continuativa e lavoro a progetto, associazione in partecipazione), almeno in tutte quelle ipotesi in cui l'erogazione dei compensi sia legata a presupposti oggettivi e predeterminati che non richiedano complessi approfondimenti in ordine alla verifica dell'effettivo raggiungimento o meno dei risultati dell'attività” Ministero del lavoro, circolare 24/2004
Caratteristiche del credito pecuniario • Liquidità • espressione in denaro o bene fungibile • Determinatezza • espressione in modo non generico • Esigibilità • assenza di condizione legata al verificarsi di un evento o al decorso di un termine • Certezza • sicurezza (anche se non assoluta) della sua esistenza
D.Lgs.124/2004, art. 12, comma 2 Entro trenta giorni dalla notifica della diffida accertativa, il datore di lavoro può promuovere tentativo di conciliazione presso la Direzione provinciale del lavoro. In caso di accordo, risultante da verbale sottoscritto dalle parti, il provvedimento di diffida perde efficacia e, per il verbale medesimo, non trovano applicazione le disposizioni di cui all'articolo 2113 commi 1, 2 e 3 c.c.
Le peculiarità della conciliazione ex art. 12, D.Lgs. 124/2004 Una volta intervenuta la conciliazione, l’atto ispettivo di diffida perde efficacia ed il credito del lavoratore trova la sua fonte nel verbale di accordo, che rappresenta la prova scritta per l’ottenimento del decreto ingiuntivo, per le somme riconosciute.
D.Lgs.124/2004, art. 12, comma 3 Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2, o in caso di mancato raggiungimento dell'accordo, attestato da apposito verbale, il provvedimento di diffida di cui al comma 1 acquista, con provvedimento del direttore della Direzione provinciale del lavoro, valore di accertamento tecnico, con efficacia di titolo esecutivo.
Il provvedimento di validazione • E’ necessaria la spedizione in forma esecutiva prevista dall’art. 475 c.p.c. (Repubblica Italiana, in nome della legge comandiamo a tutti i pubblici ufficiali di dare esecuzione ….)? La lett. circ 986 del 5 luglio 2005, ha chiarito che la diffida acquista efficacia di titolo esecutivo ex lege, trattandosi di un titolo stragiudiziale. Il lavoratore dovrà poi, ai sensi del 479 notificare il titolo esecutivo ed il precetto, atti preparatori dell’esecuzione forzata. La notifica della diffida serve a manifestare la volontà di avvalersi del titolo. Il datore si potrà opporre all’esecuzione ai sensi del 615 o del 617 c.p.c..
Tutela amministrativa • Ricorso al Comitato Regionale. • Art. 12, comma 4: Nei confronti del provvedimento di diffida di cui al comma 3 è ammesso ricorso davanti al Comitato regionale per i rapporti di lavoro di cui all'articolo 17, integrato con un rappresentante dei datori di lavoro ed un rappresentante dei lavoratori designati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. In mancanza della designazione entro trenta giorni dalla richiesta di nomina, il Comitato decide il ricorso nella sua composizione ordinaria. I ricorsi vanno inoltrati alla direzione regionale del lavoro e sono decisi, con provvedimento motivato, dal Comitato nel termine di novanta giorni dal ricevimento, sulla base della documentazione prodotta dal ricorrente e di quella in possesso dell'Amministrazione. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto. Il ricorso sospende l'esecutività della diffida. • Il datore può ricorrere al Comitato regionale, allargato, una volta ricevuto l’atto di convalida della diffida accertativa. • Il termine, per la circ. 24/04 è 30 gg, come previsto dalla legge n. 1199 del 1971.
Tutela amministrativa • Il ricorso sospende l’esecutività della diffida. Il lavoratore non potrà notificare il precetto, sempre che il ricorrente gli abbia notificato il ricorso. Se anche il precetto è notificato, i termini per l’esecuzione, come quelli per l’opposizione, sono sospesi (anche se la norma espressamente non lo dice). • Il comitato regionale deve decidere entro 90 gg, su base documentale. • La decisione del Comitato dovrà essere notificata sia al lavoratore che al datore. • Tipi di decisione • Accoglimento del ricorso: la diffida non ha più valore di accertamento tecnico ed efficacia di titolo esecutivo • Rigetto del ricorso: viene meno la sospensione della esecutività e l’atto è definitivo. • Accoglimento parziale: l’importo del credito patrimoniale è ridotto. La diffida mantiene efficacia di titolo esecutivo ma per l’importo inferiore. • In caso di mancata risposta al ricorso nel termine di 90 giorni si genera il silenzio rigetto.
Tutela giurisdizionale • Ricorsi giurisdizionali: • contro la diffida convalidata • Si tende ad escludere il ricorso al Tar, essendo coinvolti diritti soggettivi. • La diffida convalidata può essere impugnata innanzi al giudice del lavoro. • Per tale rimedio non è però necessario attendere la convalida. • Anche il lavoratore (a causa del riconoscimento di un credito inferiore) può accedere a tale rimedio giurisdizionale. • La sentenza emessa dal giudice ordinario, eventualmente non potrà annullare l’atto, ma solo disapplicarlo.
Problematica relativa a prestazioni non rese • Il primo caso è quello dell’immotivato rifiuto del datore di lavoro di ricevere la prestazione. Trattandosi di un’obbligazione di fare, il creditore è costituito in mora ai sensi dell’art. 1217 c.c. mediante l’intimazione di ricevere la prestazione nelle forme d’uso. La retribuzione in questi casi è quindi certamente dovuta.
Problematica relativa a prestazioni non rese • Dal precedente caso va distinta l’ipotesi in cui in cui la sospensione del rapporto sia determinata da motivi attinenti l’organizzazione produttiva e da cui derivi alternativamente l’oggettiva impossibilità della prestazione per causa di forza maggiore (art. 1256 c.c.) ovvero la mera difficoltà a ricevere la prestazione lavorativa
Problematica relativa a prestazioni non rese • L’ipotesi della oggettiva impossibilità sopravvenuta delle prestazioni si verifica nei casi per es. di interruzione dell’energia elettrica, fatti straordinari che esulano dal rischio generico di impresa gravante sul datore di lavoro, come la distruzione dell’azienda. In questi casi la retribuzione non è dovuta. • Al principio deroga comunque l’art. 6 ult. comma del r.d.l. n. 1825/24 sull’impiego privato il quale dispone che in caso di sospensione del lavoro per fatto dipendente dal principale l’impiegato ha diritto alla retribuzione normale. La norma deve essere considerata vigente ai sensi dell’art. 98 disp. att. c.c. • E’ necessario inoltre porre attenzione alle disposizioni di contrattazione collettiva
Problematica relativa a prestazioni non rese • Altra ipotesi è quella relativa alla mera difficoltà di ricevere la prestazione di lavoro per situazioni temporanee di mercato, crisi aziendali, ristrutturazioni o riconversioni. In tali ipotesi il datore è tenuto a corrispondere la retribuzione per intero ai lavoratori, salvo che non possa ricorrere all’erogazione di trattamenti previdenziali di Cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria, o che proceda a licenziamenti individuali plurimi o collettivi. • La giurisprudenza di Cassazione ha giudicato legittime le clausole di contrattazione collettiva che prevedono anche per tali ipotesi di mera difficoltà la sospensione unilaterale del pagamento della retribuzione (Cass. 20/12/04 n. 2361, Cass. 21/1/05 n. 1244)