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Osservatorio Astronomico di Campo Catino. CORSO DI TECNICO AMBIENTALE INQUINAMENTO LUMINOSO Relatore Avv. Mario Di Sora Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Campo Catino Presidente IDA Sezione Italiana. Presentazione: Dr. Lauro FORTUNA
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Osservatorio Astronomico di Campo Catino CORSO DI TECNICO AMBIENTALE INQUINAMENTO LUMINOSO Relatore Avv. Mario Di Sora Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Campo Catino Presidente IDA Sezione Italiana Presentazione: Dr. Lauro FORTUNA P.I. Ugo TAGLIAFERRI
Programma del corso • L’inquinamento luminoso nel tempo • Legislazione e normazione in materia Legge Regionale Regolamento Attuativo • Casi pratici di modifiche impianti • Conclusioni e quesiti
L’inquinamento luminoso nel tempo Il primo ad interessarsi di questo problema fu l’astronomo John A. OLIVER allorquando scrisse, nel 1888, che l’uso della luce elettrica nelle città tendeva a far scomparire la luce zodiacale. Per molti anni gli astronomi pensarono di risolvere il problema realizzando gli Osservatori in zone sempre più elevate e lontane dai centri abitati. Tuttavia, soprattutto con l’avvento dei grandi telescopi da Monte Palomar in poi, gli studiosi del cielo si resero conto che ormai l’inquinamento luminoso, come tutte le forme di alterazione dell’ambiente, presentava caratteristiche di additività e di crescita praticamente continua.
Il primo provvedimento ufficiale che risulta essere stato adottato risale al 1958 e fu varato a tutela dell’Osservatorio Astronomico di Flagstaff, in Arizona, magistralmente fondato e diretto da Percival LOWELL, all’epoca ormai defunto (foto). Eppure, ancora oggi, qualcuno sostiene che l’inquinamento luminoso non esiste o che non può essere considerato una forma di alterazione dell’ambiente.
Come tutti i fenomeni scientifici l’inquinamento luminoso per essere compreso deve essere studiato. Contrariamente a quello che ci si potrebbe aspettare le prime ricerche nel settore, e per moltissimi anni, sono state effettuate esclusivamente dagli astronomi e molto prima degli illuminotecnici o dei produttori di materiale da illuminazione. Questo significa che i dati oggi disponibili, scientificamente validati e referati, provengono in massima parte dalla letteratura costruita da astronomi professionisti e, nei tempi più recenti, anche da quelli non professionisti. Credo che questa lacuna sia all’origine delle problematiche interpretative sia del fenomeno che delle varie normative esistenti da parte dei progettisti, degli installatori e dei produttori di impianti.
Ad ogni buon conto non risulterà inutile ricordare che l’astronomo Merle WALKER iniziò un’indagine sulla qualità del cielo in California che venne pubblicata nel 1970 (ricerche da cui scaturì la relazione brillanza-distanza). In Italia il primo studio scientifico su questo fenomeno, risale invece al 1973 quando alcuni scienziati della specola Vaticana (Bertiau, Treanor ed altri) si cimentarono con il primo censimento dello stato del cielo nazionale (in base alla brillanza).
B C C 1 A A 2 3 Da questi studi è emerso che l’inquinamento luminoso è costituito da due componenti: a) l’emissione diretta verso l’alto e in direzione dei centri di osservazione (raggi 1 e 2); b) l’emissione dovuta alla riflessione delle superfici (problema della luminanza) (raggio 3).
…qualche esempio dov’è più luce ?
Fari apparentemente orientati verso il basso ma con emissione luminosa oltre i 90°.
Ebbene già da quel lavoro, peraltro svolto con metodologie e strumentazioni oggi ampiamente superate, emergeva in tutta la sua drammaticità il dilagare dell’inquinamento luminoso a causa della crescita incontrollata degli impianti di illuminazione esterna (sia pubblica che privata) non solo sotto il profilo quantitativo ma anche per quanto concerne le potenze impegnate.
Già all’epoca ci si rese conto che in molte città la qualità del cielo era peggiorata rispetto a vent’anni prima. Tuttavia il mondo dell’Astronomia professionale, contrariamente a quanto era avvenuto e stava avvenendo in altri paesi, non seppe cogliere la gravità della situazione e omise di elaborare, o quantomeno favorire, l’approvazione, anche in Italia, di provvedimenti legislativi o regolamentari per la limitazione dell’inquinamento luminoso. In effetti gli astronomi statunitensi riuscivano ad ottenere, già nel 1972 a Tucson e altre contee viciniori, l’approvazione di alcune fondamentali ordinanze antinquinamento luminoso, elaborate dall’Osservatorio Nazionale del Kitt Peak (foto).
In Italia, e più in generale in campo europeo, l’impegno per limitare la dispersione di luce non riusciva a concretizzarsi in alcuna proposta (foto). Possiamo quindi affermare, con triste certezza, che per tutti gli anni ottanta nessun movimento di opinione serio e propositivo si è opposto all’uso di luci sempre più potenti e sempre meno schermate, peraltro anche in spregio ad alcune disposizioni vigenti in tema di risparmio energetico (come ad esempio il Piano Energetico Nazionale. Di fronte a tale stato di cose nè la C.I.E. al livello internazionale, nè altri enti in campo nazionale (tra cui l’UNI) hanno elaborato, fino ad oggi, delle misure alternative che possano definirsi anche solo decenti.
Solo nel Maggio del 1990, al 34° Congresso della S.A.It. di Padova, lo scrivente proponeva, presentando all’Assemblea un ambizioso piano di interventi, di non limitarsi a studiare il fenomeno dell’inquinamento luminoso o a lamentarne l’esistenza ma di elaborare una vera e propria proposta di legge, analoga almeno in parte a quelle vigenti in U.S.A., da sottoporre all’attenzione di uno o più parlamentari che volessero eventualmente sottoscriverla e portare ad una rapida approvazione.
E così la Commissione, presieduta dal sottoscritto e composta dai Proff. Massimo CAPACCIOLI e Salvatore CRISTALDI, scrisse una bozza che venne sottoposta ai rappresentanti di tutti gli Osservatori professionali italiani che la discussero e migliorarono in uno specifico Convegno tenutosi a Guarcino nella primavera del 1992.
Tale documento venne approvato ufficialmente dall’Assemblea della S.A.It. all’unanimità nel corso del Congresso di Teramo con il titolo: “Misure urgenti in tema di risparmio energetico da uso di illuminazione esterna e di lotta all’inquinamento luminoso”. La sua presentazione alla Camera dei Deputati avvenne, con il n° 1269 nel corso della XI^ Legislatura, grazie all’intervento dell’On. Lino DIANA che ebbe a ripresentarla anche nelle due successive legislature con ulteriori miglioramenti resi necessari dalle osservazioni pervenute.
Tuttavia la forte resistenza opposta inizialmente dal mondo dei produttori di corpi illuminanti ha di fatto impedito l’approvazione di un provvedimento a carattere nazionale. Successivamente la breve durata e la scarsa produttività delle varie legislature ha fatto il resto.
Chi scrive raggiunse presto la consapevolezza che bisognava ottenere almeno l’approvazione di alcuni Regolamenti comunali, sostanzialmente equivalenti alle Ordinanze di numerose città e contee dell’Arizona. E così nel 1996 il Comune di Firenze, per primo in Italia, approvò, peraltro senza alcun serio interesse successivo, un Regolamento volto a limitare sia l’inquinamento luminoso che i consumi energetici connessi all’illuminazione esterna (pubblica e privata). Un comune invece che ha preso abbastanza sul serio la questione è stato quello di Frosinone che, sempre nel 1996 e precisamente a Luglio, approvò lo stesso tipo di provvedimento con prescrizioni. Grazie all’azione di pressing continuo svolta dal locale Osservatorio Astronomico di Campo Catino oltre venticinque altri comuni hanno aderito a questo tipo di iniziativa nel corso degli anni a seguire.
Ad oggi sul territorio comunale risulta adeguato quasi il 70% degli impianti, tanto che, dal punto più alto del centro della città (che conta circa 60.000 abitanti e un ragguardevole nucleo industriale), è possibile scorgere, in particolari condizioni, stelle di magnitudine 5.5. Tanto forte è stato il movimento di opinione e il coinvolgimento di varie amministrazioni pubbliche che nel 2000 la Regione Lazio, su proposta dell’Osservatorio Astronomico di Campo Catino e di tutti gli astrofili del Lazio, ha approvato la legge 13/4/2000 n° 23 seguita dal Regolamento Attuativo n°8 del 18/4/2005. Nel 1997 la Regione Veneto vara la legge n° 22 che sarà la prima, anche se non tra le migliori, di quelle approvate in questi anni dalle diverse Regioni italiane per rispondere alla sostanziale incapacità del Legislatore nazionale di trovare una seria soluzione al problema.
Nel 1998, con un autentico colpo di mano, di fatto non contrastato adeguatamente dal variegato mondo dell’Astronomia (sia professionale che amatoriale) l’UNI approva una norma tecnica (la 10819) che si limita a indicare, in modo peraltro complesso e del tutto poco applicabile alla realtà, le percentuali di flusso luminoso disperso che non possono essere superate all’interno di tre zone in cui viene suddiviso il territorio nazionale. Il risultato finale è che sulla maggior parte dell’Italia verrebbe autorizzata un’emissione diretta verso l’alto fino al 23% (che equivale al 230%) di quanto riemettono le superfici illuminate! Un provvedimento quindi che, se applicato, porterebbe alla legalizzazione e non certo alla limitazione dell’inquinamento luminoso.
Tanto vera è questa affermazione che, ad oggi, non risultano esistere dati scientifici, seri e referati, dei tanto benefici effetti apportati da questa norma che sembra sia molto bene applicata in Piemonte. Per questo motivo, pur in assoluta solitudine, convinsi i membri della Commissione inquinamento luminoso della S.A.It. a non votare la norma; purtroppo non ebbe analogo coraggio la dirigenza U.A.I. dell’epoca. Come legittima reazione a detta norma gli astrofili e gli astronomi, hanno intensificato gli sforzi ottenendo l’approvazione di alcune leggi regionali ben più serie (Lombardia, Emilia-Romagna, Marche, Puglia e Umbria da un lato - ad opera dell’Associazione Cielo Buio - e Lazio e Campania dall’altro, con prescrizioni tecniche tra loro diverse ma non abissalmente distanti).
Laddove invece non si è operato in modo oculato sono stati approvati provvedimenti legislativi blandi o addirittura negativi (come nel caso delle leggi Piemonte e Valle d’Aosta che richiamano espressamente la famigerata norma UNI 10819). Peraltro i progettisti non la rispettano laddove non esistono leggi, nel mentre cercano di imporla, in via sostitutiva, dove queste ci sono. Questo è indubbiamente un comportamento illegale!! Detta norma è stata approvata esclusivamente per provvedere alla salvaguardia della produzione esistente. Infatti i cataloghi dei corpi illuminanti di tutti i tipi non subirono alcuna modifica. Fatto questo che invece si è verificato in modo rapido e generalizzato solo dopo l’approvazione di “leggi serie”. Sovviene un’amara riflessione del grande e compianto Indro Montanelli laddove osservava che negli altri paesi i cittadini si adeguano alle leggi, mentre in Italia le leggi si adeguano agli italiani.
E’ importante sottolineare e ricordare che laddove le norme tecniche, come la UNI 10819, non sono richiamate espressamente all’interno di un provvedimento legislativo, devono cedere il passo alle prescrizioni tecniche specificate dallo stesso. Per questo motivo nel Lazio, come in altre regioni, i limiti di emissioni e la tipologia delle zonizzazioni da applicare sono quelli contenuti dalle leggi vigenti. Nel corso della trascorsa legislatura l’On. Valerio CALZOLAIO si è fatto promotore, presso la Camera dei Deputati, della presentazione di una nuova proposta di legge (697) seguita poi da altre varie.
Sottolineo che in ogni caso non basta ottenere l’approvazione di una legge per combattere l’inquinamento luminoso; bisogna poi impegnarsi e vigilare per farla rispettare da tutti (a cominciare dalla certificazione dei prodotti, che non può essere più affidata a delle semplici autodichiarazioni, non sempre veritiere). Questo è un compito ed un impegno importante per gli astronomi e per gli astrofili, per i comuni e per gli altri enti di controllo, che devono attuare e far rispettare i provvedimenti legislativi esistenti. Un importante contributo può essere svolto dai professionisti del settore con l’adozione, a livello progettuale, di criteri e scelte costruttive coerenti con le legislazioni di riferimento o comunque poco invasivi. Il nostro intervento in questo corso di “Tecnico Ambientale” è volto essenzialmente a questo scopo.
Punti cardine di questo provvedimento sono: • uso di lampioni cut-off a vetro piano per gli impianti stradali; • uso di lampioni ornamentali con ottica e vetri trasparenti; • divieto assoluto di lampioni a sfera o comunque aperti senza adeguata schermatura e di illuminazione dal basso verso l’alto di edifici e altri soggetti non aventi pregio monumentale e/o architettonico; • limite all’inclinazione dei fari e relativa schermatura ; • uso dei dispositivi di risparmio energetico su tutti gli impianti di una certa rilevanza e spegnimento di insegne e monumenti alle ore 24; • “last but not least”, la modifica, entro 4 anni, degli impianti non corrispondenti ai criteri dettati dal Regolamento. Ovviamente quest’ultimo obiettivo è stato raggiunto con un certo ritardo e in modo ancora non completo.