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NO. SI. Sistema totalmente impiantabile. NO. Condizioni generali scadute. SI. Terapia antibiotica ad ampio spettro. Rimozione catetere (Eventuale sostituzione). Emocoltura. Terapia antibiotica ad ampio spettro. Emocoltura. Germi resistenti Miceti. Germi sensibili.
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NO SI Sistema totalmente impiantabile NO Condizioni generali scadute SI Terapia antibiotica ad ampio spettro Rimozione catetere (Eventuale sostituzione) Emocoltura
Terapia antibiotica ad ampio spettro Emocoltura Germi resistenti Miceti Germi sensibili Terapia mirata Rimozione catetere (Eventuale sostituzione) Presenza di trombo distale
Terapia mirata SI NO Presenza di trombo distale Trombolisi Non efficace Efficace Risposta alla terapia Negativa Positiva Rimozione catetere (Eventuale sostituzione) Permanenza del catetere
La sepsi da catetere è una infezione sistemica caratterizzata dalla presenza di una batteriemia persistente con il relativo quadro clinico generalizzato, da sospettare in caso di febbre di origine sconosciuta o non altrimenti spiegabile; è molto frequente in pazienti immunocompromessi a causa di un intervento chirurgico recente, traumatismi o malattia cronica. Il rischio di sepsi aumenta con il prolungarsi della cateterizzazione e in presenza di ulteriori focolai settici. La diagnosi è di esclusione e si basa sulla valutazione clinica (febbre con brivido, relazione tra una manipolazione del catetere e insorgenza della sintomatologia) e di laboratorio; in generale la diagnosi è certa se vi è una significativa differenza di crescita di colonie (dalle 5 alle l0 volte) tra le emocolture ottenute dal catetere e da una vena periferica. In tutti i pazienti con sospetta sepsi da catetere è indicata una attenta e completa valutazione al fine di escludere altre fonti di infezione mediante un esame fisico completo, urinocoltura, emocoltura, esame colturale dell'espettorato ed Rx torace.
I sistemi totalmente impiantabili (cateteri Broviac ed Hickman ed i sistemi di infusione con camere di rifornimento sottocutanee) vengono posizionati chirurgicamente e sono dotati sia di un rivestimento in dacron in grado di prevenire le infezioni per via ascendente, sia di un sistema di accesso totalmente impiantabile. La loro rimozione può essere indaginosa; ogni sforzo deve dunque essere compiuto per la loro bonifica, tranne nei casi in cui le condizioni generali del malato consiglino una immediata rimozione della spina irritativa.
La rimozione del catetere è giustificata dalla presenza nel lume sia di un eventuale trombo distale infetto sia di un biofilm di glicocalice (materiale extracellulare di natura polisaccaridica prodotto da alcuni ceppi batterici tra cui lo stafilococco) infettato da colonie batteriche. Per i sistemi non a lungo termine la sostituzione può avvenire utilizzando lo stesso sito di introduzione mediante la tecnica di Seldinger su filo-guida; i sistemi totalmente impiantabili richiedono la completa risoluzione del quadro settico ed il successivo riposizionamento attraverso un diverso accesso.
Una terapia antibiotica ad ampio spettro dovrebbe essere eseguita per via parenterale in tutti i casi di sospetta sepsi da catetere. Sulla base del quadro clinico, dell'esame colturale e dell'antibiogramma, non appena questi siano disponibili, potrà essere istituita una terapia mirata.
Nella maggior parte dei casi l'emocoltura evidenzia stafilococchi, spesso multiresistenti, per i quali sono indicati i glicopeptidi (teicoplanina, vancomicina). Nei pazienti in cui il catetere non sia stato rimosso, il ciclo di antibioticoterapia deve avere una durata minima di 7-10 giorni; la percentuale di successo si attesta sul 60% circa.
In caso di sepsi da miceti o da germi resistenti la rimozione del catetere è consigliabile vista la bassa percentuale di successo della terapia in questi casi, ed il rischio raro ma reale di complicazioni endocarditiche. La documentazione di una infezione fungina diffusa è spesso difficile, ma la persistenza di emoculture positive anche dopo rimozione del catetere e la presenza di una endoftalmite micotica ne sono specifici indicatori.
La formazione del trombo all'estremità del catetere può essere evidenziata con studi contrastografici, con l'ecografia della punta ed in base ai valori della pressione di infusione. Il trombo potrebbe contribuire alla persistenza della sepsi e dovrebbe far considerare, in pazienti selezionati, la necessità di una terapia trombolitica.
La trombolisi può essere effettuata con urochinasi (10.000 U in 2 ml di acqua sterile); la soluzione viene iniettata e lasciata in sito per 15 minuti, quindi aspirata insieme ai coaguli. In caso di insuccesso la manovra può essere ripetuta per un massimo di 3 volte in un periodo di 4 ore se il conteggio piastrinico del paziente è maggiore di 20.OOOIkl, una sola volta in caso contrario. Una volta eliminato il blocco, il catetere deve essere lavato con 10 ml di soluzione fisiologica e successivamente eparinato con una soluzione di l00UIml. Per i cateteri venosi a permanenza il lavaggio con soluzione eparinata deve essere eseguito una volta al mese.
La risposta clinica dopo 24 ore di terapia si valuta sulla base della curva febbrile e di altri parametri obiettivi. L'emocoltura è raramente di aiuto, visto il ritardo nell'acquisizione dei risultati. Sepsi ricorrenti ed emoculture occasionalmente o sistematicamente positive, anche in assenza di un quadro clinico definito, indicano la rimozione o la sostituzione della linea di infusione.