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Francescano senza ottimismo. JACOPONE DA TODI. Distanza storica da Francesco: JACOPONE Vive il ritorno del modello teocratico con Bonifacio VIII. JACOPONE DA TODI. Studiò diritto a Bologna, poi ritornò nella sua città dove fu avvocato e notaio. VITA MONDANA. JACOPONE DA TODI.
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Francescano senza ottimismo JACOPONE DA TODI
Distanza storica da Francesco: JACOPONE Vive il ritorno del modello teocratico con Bonifacio VIII JACOPONE DA TODI
Studiò diritto a Bologna, poi ritornò nella sua città dove fu avvocato e notaio. VITA MONDANA JACOPONE DA TODI
Nel 1268, durante una festa, gli morì la moglie, in seguito al crollo del pavimento della sala, e Jacopo scoprì, sotto le eleganti vesti di lei, uno strumento di penitenza, il cilicio. Sconvolto Jacopo abbandonò ogni cosa, professione, parenti, amici, distribuì ai poveri ogni suo avere e visse per dieci anni vita di penitente. Le sue penitenze sono piuttosto esasperate, assurde. Dopo 10 anni fu ammesso nell’ordine francescano (era partidario degli Spirituali) e qui studiò teologia e compose le sue laudi. JACOPONE DA TODI
Conversione 1268 Rifiuto valori mondani Diventa francescano Carcere e scomunica Alcune opere latine STABAT MATER LE LAUDI JACOPONE DA TODI E LO SPIRITO DI LIBERTÀ
Benedetto Caetani, nato ad Anagni nel 1235, fu eletto Papa col nome di Bonifacio VIII, il giorno della vigilia di Natale del 1294 dal Conclave radunatosi nel Castelnuovo di Napoli, in base alla costituzione di Gregorio X sull'elezione pontificia, dieci giorni dopo il "gran rifiuto" di Celestino V. Il suo papato durò dal 1294-1303 Il primo, vero e proprio, atto politico di Bonifacio VIII fu quello di ratificare il trattato (precedentemente vergato da Celestino V) tra Carlo II e Giacomo II d'Aragona, in base al quale la Sicilia si sarebbe riunita al regno angioino. BONIFACIO VIII
Jacopone scrisse durante la priogionia (1298-1303) questa epistola in versi, ardente supplica a papa Bonifazio VIII perché lo liberi dalla scomunica, ma fa, al tempo stesso una dignitosa e forte affermazione della propria innocenza e della propria inalterata e autentica professione di vita cristina. Bonifacio VIII invia Carlo di Valois in delegazione dalle fazioni guelfe", 1301, miniatura di scuola fiorentina - Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana O papa Bonifazio
JACOPONE DA TODI La poesia e il rapporto con la scienza • La scelta umile del dialetto umbro popolare nelle laudi, è accompagnata comunque dal bagaglio intellettuale del poeta: termini attinti dal latino ecclesiastico, dal gergo giuridico, e dalla lirica d'amore arricchiscono l'opera di Iacopone, insieme alla tensione espressiva unica e a varie scelte originali, come quella della drammatizzazione. • L’ABISSO TRAGICO TRA DIO E L’UOMO • L'interesse negli studi teologici è in apparente contraddizione con la polemica tipica degli Spirituali dell'ordine francescano nei confronti della scienza: in realtà l'oggetto della contestazione non è l'istruzione in sé, ma il desiderio di gloria legato alla fama di cultura. Quindi la critica di Iacopone si concentra contro tutto ciò che cancella l'umiltà, pilastro della vita dei francescani anche nell'ambito dello studio.
JACOPONE DA TODI O Segnor, per cortesia PAG 130 Non solo per eccesso e sovrabbondanza di amore verso Dio Jacopone invoca su di sé ogni male, non solo per distaccarsi dal corpo e concepire quell’odio del mondo che condizione prima di rinovamento del mistico amore, ma anche, come spiega alla fine, per espiare quei peccati coi quali anch’egli, come ogni peccatore ha crocefisso Cristo, amore supremo. Jacopone invoca su di sé ogni infermità, poi di essere abbandonato da tutti, colpito da ogni sorta di sciagura, sia in questa vita, sia dopo la morte. È un crescendo di fantasie cupe, scandite con un ritmo implacabile, un desiderio di atroce dissolvimento, che sfocia sul grido di dolore e pentimento, più umanamente persuasivo, dell’ultima quartina (Pazzaglia, p. 153)
O Segnor, per cortesia manname la malsanìa! A me la fevre quartana la contina e la terzana, la doppia cotidiana co la grande etropesìa. A me venga mal de denti, mal de capo e mal de ventre, a lo stomaco dolor pungente e’n canna la squintania; mal de occhi e doglia di fianco e l’apostema al canto manco tiseco me ionga el alco, e d’onne tempo la frenosia. Aia ‘l fegato rescaldato la milza grossa, el ventre enfiato; lo polmone sia piagato con gran tossa e parlasìa. A me venga le fistelli con migliaia di carboncelli, e li granchi siano quelli che tutto ripien ne sia. A me venga la podagra, mal di ciglia sì m’aggrava, la dissinteria sia piaga e l’emorroide a me se dia. A me venga el mal del asmo, iongasece quel del pasmo; como al can me venga el rasmo ed en vocca la grancìa. Jacopone da TodiO Segnor, per cortesia
A me lo morbo caduco de cadere en acqua e’n foco, e ià mai non trovi loco ch’eo afflitto non ce sia. A me venga cechitate, muteza e sordetate, la miseria e povertate, e d’onne tempo attrapparìa. Tanto sia el fetor fetente, che non sia null’om vivente, che non fuga da me dolente posto en tanta enfermarìa. En terrebele fossato che Regoverci è nomenato, loco sia abbandonato, da onne bona compagnia. Gelo granden, tempestate fulgure, troni e oscuritate: non sia nulla avversitate, che non me aia in sua bailia. Glie demonia enfernali sì me sian dati a ministrali, che m’esserciten li mali, c’ho lucrati a mia follia. Enfin del mondo a la finita sì mi duri questa vita, e poi la sceverita, dura morte me se dia. Alegome en sepoltura ventre de lupo en voratura, e l’arliquie e cacatura en espineta e rosarìa. Jacopone da TodiO Segnor, per cortesia
Alegome en sepoltura ventre de lupo en voratura, e l’arliquie e cacatura en espineta e rosarìa. Li miracul po’la morte: chi ce ven aia le scorte, e le vessazione forte con terrebel fantasia. Onn’om che m’ode mentuvare, sì se deia stupefare, co la croce sé signare che rio scontro no i sia en via. Segnor mio, non è vendetta tutta la pena c’ho detta: chè me creasti en tua diletta e eo t’ho morto a villania. Jacopone da TodiO Segnor, per cortesia
Jacopone da Todi Il senso del contrasto morale atteggia tutto per antitesi e contraddizioni, che sono cosí accostamenti di espressioni contrastanti per tono, come di termini di significato contrario. La stessa sintassi jacoponica, che costituisce indubbiamente una delle maggiori difficoltà del testo, è prova di una psicologia inquieta e combattuta: la prevalenza della coordinazione asindetica sulla subordinazione, che dà un andamento spezzato all'espressione e i cambiamenti di costruzione denunciano la continua reazione morale del poeta di fronte al suo oggetto: è mescolato sempre alla visione un giudizio che modifica e altera l'espressione; biasimo, indignazione, disprezzo sono palesi nello stesso atteggiarsi della frase.