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Spiritualità a confronto, controversie religiose in India. Prof. Saverio Martignoli , Università di Bologna. Spiritualità a confronto: controversie religiose in India1
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Spiritualità a confronto, controversie religiose in India Prof. Saverio Martignoli, Università di Bologna
Spiritualità a confronto: controversie religiose in India1 .Brahmana e sramana (prassi argomentativa: vedi Amartya Sen) (Il Buddha, freccia, Vacchagotta, 2.Asoka e il pluralismo religioso 3.Bhagavadgita contro riti e prassi sacrificale4.Santaraksita o Santideva 5.Rammohan Roy 6.Muir e Haracandra 7.Bankim e l’eccedenza del dharma 8.Schweitzer e Radhakrishnan-Buddhismo Discorso a Vacchagotta sul fuoco:1 «O Vaccha, pensare che "il mondo è eterno", [...] "il mondo non è eterno", "il mondo è finito", "il mondo è non finito", "il principio vitale e il corpo sono la stessa cosa", "il principio vitale è una cosa e il corpo è un'altra", "il Tathågata, dopo la morte, è", "il Tathågata, dopo la morte, non è", "il Tathågata, dopo la morte, è e non è", "il Tathågata, dopo la morte, né è né non è", questo, Vaccha, significa tendere a una visione speculativa, attenersi a una visione, alle giungle delle visioni, ai contorcimenti delle visioni, alla zuffa delle visioni, ai vincoli delle visioni. Ciò è accompagnato da angoscia [...]; non conduce al distacco [...] né al nibbåna. Io, o Vaccha, ritenendo che questo sia un pericolo, non mi accosto a queste visioni speculative».- Jainismo Tutti gli arhat e i bhagavat del passato, del presente e del futuro, tutti così dicono, così dichiarano, così proclamano, così spiegano: "non si deve uccidere, né trattare con violenza, né maltrattare, né tormentare, né scacciare alcuna creatura che respiri, che esista, che viva, che senta". Ecco il puro, immutabile, perenne dharma, proclamato dai sapienti che comprendono il mondo».2
Açoka, Editto XII su roccia • .-Il re Piyadassi3 caro agli dèi onora tutte le confessioni,4 quelle di coloro che se ne sono andati e quelle di coloro che stanno a casa,5 con doni e onori di vario tipo. Ma il caro agli dèi non ritiene tanto importanti i doni o gli onori, quanto che ci sia crescita essenziale6 per tutte le confessioni. La crescita essenziale poi è di molte specie; e tuttavia questa è la sua radice, la moderazione nelle parole: cioè il fatto che l'onorare la propria confessione o il biasimare la confessione altrui non avvengano inopportunamente, o avvengano con delicatezza se se ne presenta una qualunque opportunità. Ma ogni occasione è opportuna per onorare la confessione altrui. Così facendo uno fa crescere di molto la propria confessione e rende servizio alle altre. Chi fa diversamente danneggia la propria confessione e non rende servizio alle altre. Infatti chi onora la propria confessione o biasima sempre l'altrui, per devozione alla propria confessione, pensando di mettere in buona luce la propria confessione, costui invece così facendo nuoce ancor più7 alla propria confessione. È il convenire insieme8 che è bene, cioè che gli uni prestino ascolto al dhaμma9 degli altri e lo rispettino. Così infatti è il desiderio del caro agli dèi, che tutte le confessioni coltivino l'istruzione e insegnino ad agire bene. E coloro che sono dediti all'una o all'altra di esse devono dire: «Il caro agli dèi non ritiene tanto importanti i doni o gli onori, quanto che ci sia crescita essenziale per tutte le confessioni». E numerosi sono impegnati a questo scopo: sovrintendenti al dhaμma e sovrintendenti di sorveglianza alle donne e attendenti all'agricoltura e altri corpi di funzionari.10 E questo ne è il frutto, che si produce la crescita della propria confessione e la messa in luce del dhaμma .-
Dhammapada 157. Se un uomo ritiene se stesso cosa cara, faccia buona guardia a se stesso. Per una almeno delle tre vigilie della notte il saggio deve vegliare .158. Per prima cosa faccia rientrare se stesso in ciò che gli è proprio, poi istruisca gli altri: il saggio non deve agire male 159. Renda se stesso quale insegna agli altri di essere.solo ben domo potrà domare; giacché il proprio sé è difficile da domare .160. Ciascuno è signore di se stesso: infatti quale altro signore potrebbe esserci? Ben domando se stessi, infatti, si trova un signore difficile a trovarsi. 161. Il male proprio da se stessi è compiuto, nasce da se stessi, ha origine in se stessi: esso frantuma lo stolto come il diamante una pietra preziosa .162. Chi ha una condotta estremamente cattiva, come un albero såla assediato dai rampicanti si rende come lo desidera il nemico. 163. Facili da compiere sono le cose cattive, e quelle che danneggiano se stessi. Ma quelle vantaggiose e buone sono massimamente difficili. 164. Lo stolto che disprezza l'insegnamento degli arhat, dei nobili, di chi vive secondo il dhamma, a causa di falsa dottrina maturando si prepara all'autodistruzione, come i frutti del ka¥¥haka11 165. Da se stessi è compiuto il male, da sé proviene il comportamento impuro; da se stessi non è compiuto il male, da sé proviene la purificazione. Purità o impurità hanno in sé [la loro origine], nessuno può purificare un altro .12166. Non si trascuri il proprio scopo per seguire lo scopo di un altro, per quanto grande, dopo aver riconosciuto il proprio scopo, al proprio scopo si resti intenti.
BHAGAVADGITA. 45 I Veda hanno per oggetto i tre costituenti13 . Liberati, o Arjuna, dei tre costituenti, trascendi le coppie dei contrari, sta fermo nella purezza, abbandona il possesso, domina te stesso. 46. Quali e quanti sono i bisogni di un uomo nei confronti di uno stagno, pieno d'acqua confluitavi da ogni parte, tali e tanti sono quelli di un Brahmano che ben discerne nei confronti di tutti i Veda14 .47. Occupati solo dell'azione, non occuparti mai dei frutti. Non essere mai spinto ad agire dal frutto delle tue azioni, né, d'altro lato, abbi attaccamento per l'inazione15. 48. compi le tue azioni, o Arjuna, stando ben fermo nello yoga, avendo abbandonato l'attaccamento. Sii uguale nel successo e nell'insuccesso. Lo yoga, si dice, è uguaglianza16 49. L'azione invero è di molto inferiore allo yoga dell'intellettto, o Arjuna. Cerca protezione nell'intelletto. Miserabili sono coloro che son mossi dal desiderio dei frutti17 .50. Chi è così unito all'intelletto, abbandona qui ambedue queste cose, il male e il bene Perciò consacrati allo yoga. Lo yoga è l'abilità nelle azioni18 .51. I saggi, uniti all'intelletto, rinunciano ai frutti provenienti dalle azioni, e, liberi dal legame della nascita, vanno nel piano senza macchia.
Haracandra, polemica con Muir (1840)Discepolo: 1.62 Circa il tipo di liberazione [mukti] proposto nella dottrina religiosa di Muir, che cosa dici, o Maestro, di simile o di diverso [rispetto a quanto egli dice]?Maestro: 1.63 A questo proposito ti invito ad esaminare, o discepolo, se sia possibile una forma di beatitudine eterna come quella descritta da Muir. 1.64 È evidente che senza corpo in questo mondo non si esperisce la felicità; ma se c’è il corpo negli stati di liberazione, allora anche lì la sofferenza non sarà impedita .1.65 Inoltre, allorché Muir dice che le anime [åtman] sono create da Dio, sorge il sospetto che Dio possa essere parziale, 1.66 Altrimenti come potrebbe accadere che un’anima sia felice e un’altra infelice o che abbiano o meno in egual misura il desiderio di compiere buone oppure cattive azioni?[...] Discepolo: 1.67 Nelle scritture indiane [bhåratîya] si indica il sentiero del dharma sulla base dalla suddivisione nei quattro var±a. Come può rendere servizio ad esso chi sia nato in un altro paese?
Maestro: 1.68 Solo quattro sarebbero i var±a creati al tempo della creazione: per essi nel primo yuga [k®te] Brahmå stabilì le caratteristiche del buon dharma [sudharma]. 1.69 Come potrebbero rendere servizio al dharma vedico eterno [vedadharma¿sanåtana¿] coloro che, come gli occidentali [yavana] e gli altri, per essersi comportati male sono decaduti dal loro proprio dharma? 1.70 Dieci sono le caratteristiche del dharma: fermezza, costanza, controllo, astensione dal furto, purezza, raffrenamento dei sensi, pensiero ispirato, sapienza, verità, astensione dall’ira . 1.71 Dopo aver trascorso l’intera vita seguendo questi dharma generali [sådhåra±a], ottenuta nella prossima vita l’induità [hindutva], essi saranno qualificati [adhikårin] per il dharma.
Bankim, Polemica con il reverendo Hastie 1882- Non farò il torto agli istruiti signori [educated gentlemen] che hanno partecipato a questo grande shrad, di supporre neppure lontanamente che essi siano davvero degli idolatri [Idolaters]- cita RadhakantDeb: «Come voi europei date le bambole ai vostri bambini, così noi hindû [Hindoos] diamo questi idoli ai nostri bambini, alle nostre donne non istruite e alla gente comune che non può fare a meno di essi; ma per parte nostra noi non li adoriamo realmente»- «[...] come dice il professor Williams, "la teoria del Vedanta, se portata alla sue estreme conseguenze, deve necessariemente condurre a trascurare ogni attività fisica e intellettuale, e a trascurare ogni coltivazione di sé [self-culture]. Se tutto è Dio, allora Egli e tu ed io dobbiamo essere una sola cosa. Perché si dovrebbero compiere degli sforzi per migliorare se stessi o per il bene degli altri?". In questa fede senza vita» concludeva Hastie «e non solo nell'influenza del clima, troviamo la spiegazione ultima dello storico atteggiamento sognante e inattivo [dreaminess and inaction] degli Hindu»- «Solo il cristianesimo [...] può razionalmente prendere il posto del decadente brahmanesimo, sì da riconciliare i figli dell'India, in una vita pura e beata, con l'universo che li circonda e con se stessi»
Bankim: «la logica conseguenza di quella mostruosa pretesa di onniscienza che certi europei [...] avanzano per se stessi. Nessuna conoscenza è vera conoscenza se non è passata attraverso il setaccio della critica europea. Ogni moneta è falsa a meno che non porti il marchio di una zecca occidentale. L'esistere è impossibile per qualunque cosa che sia al riparo dal loro sguardo indagatore. La verità non è verità, ma fastidioso errore e falsità stantia, se presume di esistere al di fuori dei confini della presa d'atto europea»«Potrei addurre molte ragioni per le quali, nel caso di ogni paese e di ogni popolo, gli indigeni [native] devono, come conseguenza necessaria del loro essere indigeni, comprendere la loro lingua e la loro letteratura meglio di qualuque studioso straniero»«Nel caso delle dottrine religiose, poi, c'è una ragione in più per la quale soltanto l'indigeno può essere un insegnante competente, ed è che egli è un credente. Le dottrine religiose sono, in assenza di quella fede che fornisce loro il loro più alto valore, mere formule morte, lacarcassa senza vita che può comunicare un insegnamento all'anatomista, ma che è priva di utilità per lo studioso della natura umana».
«La religione Hindu: esiste o no una cosa siffatta? esaminate tutta la vasta letteratura scritta dell'India, e non troverete - se non negli scritti moderni dove l'hindu ha ossequiosamente cercato di tradurre la fraseologia dei suoi conquistatori - alcuna menzione di qualche cosa come la religione Hindu».20 Portando il ragionamento alle estreme conseguenze, B. giunge addirittura a negare la pertinenza del termine "religione": «Esaminate l'intero dossier, e non troverete in nessun luogo una parola come "religione". Il termine Dharma, che nei dialetti moderni viene usato come suo equivalente, non venne mai utilizzato nell'India pre-musulmana nel senso di "Religione"»«Per gli altri popoli, le loro relazioni con Dio e con il mondo spirituale sono rigorosamente distinte dalle loro relazioni con l'uomo, con il mondo temporale. [...] Un settore del pensiero che il popolo presso cui esisteva aveva mancato di differenziare,21 si è necessariamente mescolato a tutti gli altri settori del pensiero, e questo è ciò che rende così difficile oggi isolarlo in una entità separata»
Bankim Indagine sul dharma (1884) Discepolo: Ma si può abbracciare qualunque dharma nella stessa misura? -Maestr:o Io non faccio il discorso secondo cui, come uno solo è il cancello di una prigione, così esiste una sola porta anche per il cielo. Le persone che sostengono che tutti i dharma sono falsi tranne quello abbracciato da loro, e che solo loro e quelli che seguono lo stesso dharma andranno in cielo mentre tutti gli altri marciranno all’inferno, ebbene queste persone, siano esse veggenti degli Årya, inglesi orgogliosi del loro sapere o tedeschi versati in tutte le scritture sacre, io le ritengo terribilmente ignoranti. Io non posso pensare neanche per un attimo che Dio sia tanto parziale e di una natura tanto malvagia da aver rivelato solo a un popolo particolare il mezzo per raggiungere il cielo e da aver predisposto l’invio all’inferno per tutti gli altri popoli che stanno sulla terra. A mio giudizio l’inferno c’è soltanto – sia esso l’inferno di questo o dell’altro mondo – per una classe di persone: per coloro che non credono a nessun dharma. E tuttavia io non sostengo che tutti i dharma debbano essere abbracciati nella stessa misura. Il dharma nel qual ci sia una parte maggiore di verità, cioè il dharma nella cui conoscenza dottrinale ci sia maggior verità; il dharma il cui culto produca sotto ogni profilo una purificazione dell’animo e dia luogo all’espressione di tutte le facoltà della mente; il dharma la cui morale sia sotto ogni profilo appropriata all’elevazione dei singoli e del popolo: ebbene questo è il dharma che adotterai. Questo è il dharma migliore.
-Discepolo: A suo parere qualedharmaè fornito di queste caratteristiche? Qual è ildharmamigliore? -Maestro: Il dharmahindûè tra tutti il migliore. AbbraccialoRadhakrishnan e Vivekananda, Interpretazione del tattvamasi