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La Sinistra Storica. Percorso. La “rivoluzione parlamentare” Il Trasformismo La questione sociale La riforma della scuola La riforma elettorale La politica economica La politica estera. La “rivoluzione parlamentare”.
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Percorso • La “rivoluzione parlamentare” • Il Trasformismo • La questione sociale • La riforma della scuola • La riforma elettorale • La politica economica • La politica estera
La “rivoluzione parlamentare” • Marzo 1876 - si conclude il lungo periodo di governo della Destra storica • Il debole governo Minghetti cadde il 18 marzo 1876, a seguito della mancata approvazione parlamentare della statalizzazione di 4 società ferroviarie private allora esistenti in Italia. • Alcuni deputati della Destra (10) votarono con la Sinistra, mutando la maggioranza parlamentare.
Depretis Primo ministro • Questo fece sì che il re Vittorio Emanuele incaricasse della formazione del nuovo governo Agostino Depretis (1813-1887) il leader della Sinistra. • Mazziniano in gioventù, era stato ministro in alcuni governi della destra fino al 186, poi era passato all’opposizione . • Passaggio di consegne confermato, pochi mesi dopo, nel novembre dello stesso anno, da una netta vittoria elettorale (414 seggi vs 94)
La Sinistra • La forza politica salita al potere nel 1876 era composta da tre correnti principali. • La prima, la "sinistra storica piemontese", derivava dal vecchio "centro sinistra" di Urbano Rattazzi (componente di sinistra del "connubio" cavouriano) e si collocava su una posizione liberale prudentemente progressista: essa faceva capo a A. Depretis. • La seconda componente di cui facevano parte uomini come Benedetto Cairoli e Giuseppe Zanardelli, costituiva la vera e propria "sinistra storica nazionale", prodotto dell'evoluzione delle vecchie componenti risorgimentali mazziniane, garibaldine e federaliste disponibili a un compromesso con la monarchia e a una parlamentarizzazione dell'azione politica. • La terza corrente, infine, era rappresentata dalla "sinistra meridionale" i cui principali esponenti, erano su posizioni decisamente moderate e intenzionati a dare rappresentanza politica "alle aspirazioni della borghesia terriera del Sud,
Il trasformismo • Nel gruppo degli uomini di governo furono inseriti alcuni dei radicali più famosi e rumorosi, come Nicotera e Francesco Crispi, e il Mezzogiorno ottenne una più larga rappresentanza nel nuovo ministero. • La maggior parte dei membri dei nuovo gabinetto non erano mai stati ministri prima d'allora. • Agostino Depretis come presidente del consiglio cercò di promuovere, forse con eccessiva facilità, la fusione fra gruppi e interessi di ogni sorta.
Il Trasformismo • Le elezioni del 1882 riducono la base del governo e premiano l’Estrema. • Depretis ricerca di consensi anche nell’opposizione, nasce il trasformismo: • Si governa con “maggioranzevariabili”, diverse in base al tipo di provvedimento, • spesso mercanteggiate e compensate con favori (clientelismo).
In queste condizioni i governi non avevano programmi precisi, si ricomponevano di volta in volta con uomini della Destra o della Sinistra. • Così le differenze fra gli esponenti dei due gruppi, che non erano mai state rilevanti per quanto riguarda la loro origine sociale, lo divennero ancora meno in seguito alla politica di compromessi e di favoritismi grazie ai quali il governo di Depretis si garantiva l'appoggio dei deputati dell'opposizione, annullando i contrasti derivanti dalla diversità delle idee che esistevano, per esempio sulle riforme da fare o sulla politica estera. • Quindi nel "trasformismo" si manifestava il venir meno dell'antico contrasto di princìpi tra Destra e Sinistra storica di fronte all'emergere di nuovi comuni nemici: il socialismo e il movimento operaio.
Il programma con cui la sinistra si era candidata a divenire la forza di governo e che era stato esposto da A. Depretis in un famoso discorso tenuto il 10 ottobre1875 a Stradella (Pavia), aveva un carattere nettamente laico, democratico e progressista, incentrato su alcune grandi riforme: • istruzione elementare obbligatoria, gratuita e laica; • decentramento amministrativo; • ridistribuzione del carico fiscale a favore delle aree meno favorite; • riforma elettorale con un ampliamento del suffragio.
La riforma della scuola • Legge Coppino emanata il 15 luglio 1877 • Essa incrementava l'obbligo scolastico da due anni (come in precedenza previsto dalla Legge Casati) a tre anni, portandolo dai 6 ai 9 anni di età, rendendo gratuita l'istruzione elementare e prevedendo sanzioni per chi disattendeva l'obbligo (le sanzioni non erano previste nella precedente Legge Casati). • Le spese per il mantenimento delle scuole erano però a carico dei singoli comuni, i quali, nella maggior parte dei casi, non erano in grado di sostenerle e dunque la legge non fu mai attuata pienamente. • Nonostante questo, la Legge Coppino ebbe una rilevante importanza e contribuì in buona misura ad una diminuzione sempre crescente dell'analfabetismo.
Riforma elettorale • Nel 1882 venne approvata la nuova legge elettorale che non introdusse il suffragio universale, tuttavia estese significativamente la percentuale degli aventi diritto al voto: dal 2,2% della popolazione (620.000 elettori) al 6,9% (2.144.000), in tal modo inserendo nel sistema politico una più ampia sezione di società. • Il diritto di voto venne stabilito per tutti i cittadini maschi che avessero compiuto 21 annie che avessero superato l'esame di secondaelementareo che pagassero un'imposta diretta annua di almeno 19,80 lire. • Questa riforma modificò nella sostanza il carattere della vita politica italiana e del sistema di governo: • essa segnò la rottura di quel rapporto personale tra elettori ed eletti che aveva caratterizzato l'età della destra • assegnò alla classe politica compiti di rappresentanza e di mediazione di interesse molteplici e articolati spesso contraddittori, ben più ampi di quelli delle antiche élite.
La Politica economica • All’inizio degli anni ’70 del XIX secolo, le forti tensioni sui mercati internazionali resero palese il ritardo del sistema economico italiano. • Il Parlamento promosse allora due inchieste di fondamentale importanza che mostrarono l’arretratezza agricola di gran parte del Paese e la debolezza del settore manifatturiero. • Ma le inchieste mostrarono anche le grandi disparità esistenti nelle varie regioni e le diverse richieste che, di conseguenza, venivano fatte dai ceti agricoli ed imprenditoriali.
L’inchiesta agraria • Tra il 1872 e il 1885 venne condotta, da una commissione parlamentare presieduta da Stefano Jacini, una grande inchiesta sulle condizioni dell’agricoltura in Italia. • Oltre a ribadire la scarsa produttività dell’agricoltura italiana, dovuta ad una insufficiente meccanizzazione, a un uso sporadico di fertilizzanti chimici, a cattive rotazioni, ecc., l’inchiesta sottolineava l’estrema eterogeneità della situazione nel Paese: accanto a regioni dove esisteva ancora il latifondo medioevale e la terra veniva coltivata con strumenti primitivi, vi erano regioni dove si era già affermata la grande azienda capitalistica specializzata
L’inchiesta industriale • Nel 1874 vennero pubblicati i risultati dell’inchiesta industriale condotta da Luigi Luzzatti e Vittorio Ellena. • Anche in questo settore il ritardo italiano era indiscutibile, soprattutto a confronto con il caso tedesco e ancor più con quello inglese. • Sia gli industriali legati ai settori industriali (seta, lana, alimentare, ecc.) sia quelli impegnati in produzioni nuove (siderurgia, cotone, ecc.), chiedevano di introdurre dazi doganali sui prodotti stranieri. L’inchiesta industriale divenne quindi il primo passo verso l’introduzione del protezionismo.
Il Protezionismo • Il miglioramento dei trasporti unito ai grandi progressi dell’agricoltura americana provocò un brusco calo del prezzo dei prodotti agricoli e dei cereali in particolare. • Gli agricoltori italiani, incapaci di ridurre i costi di produzione, cominciarono a chiedere il ritorno al protezionismo. • anche i produttori manifatturieri (tessili e meccanici), ancora poco competitivi nei confronti degli industriali stranieri, che volevano una qualche forma di protezione. • La prima tariffa doganale protettiva venne così introdotta nel 1878, per poi venire accentuata negli anni successivi. • nel 1887 si adottò una tariffa doganale su tutti i prodotti esteridetta “tariffa generale”
Le conseguenze • La scelta protezionistica non fu solo italiana, ma fu una tendenza prevalente, a partire dal 1873, in tutta Europa. • L’Italia, però, si trovava in una situazione di grande svantaggio rispetto al resto del continente e la decisione di innalzare barriere doganali finì per favorire alcuni settori (cotoniero e siderurgico in particolare), ma penalizzò alcuni settori tradizionali come la seta. • Non bisogna inoltre dimenticare i nefasti effetti della guerra doganale con la Francia per quanto riguarda la produzione di vino, uno dei prodotti più importanti della debole economia del sud. • Gli aumenti dei prezzi dei beni di prima necessità danneggiarono le classi sociali più povere
il forte calo dei prezzi dei prodotti agricoli provocò una grave crisi, che fu particolarmente acuta nella Pianura Padana. In quest’area, infatti, si concentrava la produzione di cereali. • La crisi ebbe alti costi sociali: proprio dalla Pianura Padana (Veneto e Lombardia orientale) partì la prima grande ondata emigratoria diretta verso le Americhe.
Carta La politica estera • Dopo il 1882 cambia anche, in senso conservatore, la politica estera. • Depretis stringe un’alleanza con Germania ed Austria, la “Triplice alleanza” • Inaugura, inoltre, la politica coloniale italiana in Eritrea
Triplice Alleanza • La Triplice Alleanza fu un trattato per mezzo del quale Impero tedesco, Impero Austro-Ungarico e Regno d'Italia giuravano, il 20 maggio 1882, di aiutarsi a vicenda militarmente in caso di un attacco contro una di esse da parte di due o più potenze straniere. • Germania e Italia in aggiunta si impegnarono al supporto reciproco in caso di attacco da parte della Francia. • In una dichiarazione supplementare (c.d. "dichiarazione Mancini"), comunque, l'Italia specificò che il suo impegno non poteva essere considerato come diretto contro il Regno Unito. Poco dopo aver rinnovato l'alleanza, nel giugno 1902, l'Italia estese segretamente una simile garanzia nei confronti della Francia, annullando in pratica la sua partecipazione all'alleanza.
La politica coloniale • L’Italia fu l’ultimo dei Paesi europei ad intraprendere una politica coloniale. • Più che giustificazioni di carattere economico, l’avventura coloniale italiana sembrava essere dettata da esigenze d’immagine e dalle pressioni di alcuni ambienti industriali sul governo Depretis. • Le successive vicende dimostrarono la sostanziale impreparazione dell’esercito italiano ad un’impresa del genere.
Le spinte coloniali • Le pressioni dell'industria armatoriale, cantieristica, siderurgica che non trovavano in patria sufficienti occasioni di profitto non erano estranee a queste sollecitazioni imperialistiche. Del resto le altre potenze avevano già iniziato da anni a formare i loro imperi coloniali, e negli ultimi tempi queste mire si stavano estendendo a dismisura. • Infatti in questo ventennio di fine del secolo le grandi potenze avevano iniziato a spartirsi il mondo; una vera e propria era imperialistica. • Chi per procurarsi materie prime, chi per estendere i suoi commerci, chi per piazzare nelle esportazioni il surplus della produzione in patria, e chi per accaparrarsi le grandi miniere di oro o di diamanti.
L’imperialismo • . Dopo la Conferenza Internazionale di Berlino (1878) le potenze in tacito accordo pianificarono la spartizione dell'Africa intera e tutto quanto non era stato ancora conquistato. • Inghilterra, Germania, Belgio, Olanda, Russia, Stati Uniti, Italia e Francia iniziarono la "gara" con ogni mezzo, in ogni luogo e in varie forme.
L’avventura coloniale • Fin dal 1869 la Compagnia di navigazione genovese Rubattino aveva occupato la Baia di Assab sulla costa occidentale del Mar Rosso, per crearvi un deposito di carbone. • Nel 1882 il governo italiano comprò la Baia di Assab dalla Compagnia Rubattino. • Messa così una base, che diventò ben presto con l'invio di alcune migliaia di soldati una testa di ponte, nel 1884 occupò la città di Massaua, anch'essa sul Mar Rosso, con lo scopo di farne un porto commerciale delle regioni retrostanti. • Di qui poi l'Italia avanzò verso l'interno, per occupare la parte settentrionale dell'Altipiano Etiopico. L'avanzata e poi l'insediamento fu ostacolato dal Negus Giovanni II, sovrano dell'Etiopia (dagli italiani battezzata Abissinia). • A Dogali500 soldati italiani, comandati dal colonnello DE CRISTOFORIS, furono assaliti e trucidati da orde innumerevoli di Abissini (26 gennaio 1887).