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La medicina autobiografia e le tecniche espressive narrative. Sciacca (AG) 14/05/2013 Simone Bruschetta – Raffaele Barone. Medicina narrativa.
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La medicina autobiografia e le tecniche espressive narrative Sciacca (AG) 14/05/2013 Simone Bruschetta – Raffaele Barone
Medicina narrativa La Medicina Narrativa, o “Narrative Based Medicine”, nasce con il tentativo di colmare la mancanza della Medicina Basata sull’Evidenza di prendere in considerazione per la cura gli aspetti personali del malato. Si rivolge sia al paziente che al personale medico. Oggi la medicina è presente nella nostra vita quotidiana, e tutti abbiamo ormai familiarità con le strutture del sistema sanitario. Tuttavia, anche a causa della concezione aziendale sempre più adottata dagli ospedali, il rapporto tra medico e paziente sta andando affievolendosi e raffreddandosi. Il paziente viene visto più come un insieme di dati oggettivi, e non come un individuo unico con bisogni e necessità.
Piattaforma virtuale ed interattiva per la narrazione di sé e dell’esperienza della malattia
Medicina narrativa Questa Medicina Narrativa (NBM, Narrative Based Medicine) si riferisce non solo al vissuto del paziente ma anche ai vissuti del medico ed alla loro relazione. Nella vita di tutti i giorni utilizziamo la nostra capacità narrativa per raccontarci agli altri, per dire qualcosa di noi, del nostro passato ma anche delle nostre aspettative future. Allo stesso modo il paziente racconta al medico la propria “storia di malattia”, e questa è la descrizione più vera e completa del suo malessere. Ed è proprio in questa ottica che nasce la medicina narrativa, con l’intento di promuovere lo sviluppo della capacità narrativa in chi soffre, ma anche in chi lavora giornalmente con tale sofferenza, favorendo il reciproco incontro.
Medicina narrativa • Migliora le relazioni tra paziente, famiglia, medici e personale sanitario (Fins J, Guest Rs, Acres Ca., 2000) • Favorisce una diagnosi più approfondita (Byron J.Good, 1999) • Migliora la strategia curativa (Zannini Lucia, 2008) • Riduce la sofferenza (CepedaMs, Chapman Cr, Miranda N, Sanchez R, RodriguezCh, RestrepoAe, Ferrer Lm, Linares Ra, Carr Db., 2008) • Favorisce una migliore aderenza alla terapia (Vermeire E., Hearnshaw H., Van Royen P, 2001) • Verifica e permette un feedback ampio sull'aderenza e la funzionalità della terapia (Greenhalgh T, Chowdhury M, Wood Gw., 2006) • Migliora la qualità del servizio, reale e percepita (Giarelli Guido, 2005) • Aiuta e consolida le scelte (Gordon D, Peruselli C., 2001) • Fornisce materiale utile da analizzare per nuove strategie di cura (Engblom M, Alexanderson K, Rudebeck Ce., 2009) • Favorisce la formazione di comunità che aiutano il paziente a livello sociale, psicologico, etc. (Greenhalgh T., 2009) • Offre benefici per i malati cronici (Greenhalgh T., 2009)
Valore terapeutico della narrazione La malattia non è semplicemente uno stato fisiologico. Ammalarsi non significa solo soffrire fisicamente e vedere il proprio corpo trasformarsi fino a non riconoscerlo più, ma significa anche vedere completamente scombussolate le proprie abitudini, il proprio lavoro e le proprie priorità, le amicizie, gli affetti. In sintesi, la propria vita e la propria identità. La malattia grave e invalidante è una "rottura biografica", un vero e proprio punto di frattura nella trama esistenziale. Si tratta, infatti, di un evento inatteso, che rompe la quotidianità e a cui, chi ne è colpito, fatica a dare un senso. La narrazione, in forma orale o scritta, può offrire uno strumento prezioso al malato per risignificare questa esperienza traumatica ed aiutarlo a ricostruire la nuova identità che ne scaturisce. Narrare l’esperienza di malattia è una strategia che può aiutare il paziente a rimettere insieme "i suoi pezzi", le parti di quel sé che la malattia ha spesso prepotentemente frammentato.
Costruzionismo sociale L’orizzonte teorico nel quale si colloca l’approccio narrativo è rappresentato dal costruttivismo, secondo il quale i processi narrativi sono da intendersi sia come percorsi individuali d’attribuzione di senso, sia come pratiche collettive, socio-culturali o sistematiche di costruzione consensuale o co-costruzione di mondi esperenziali; esso si basa sulla capacità che gli individui hanno di “costruire” e trasformare il proprio mondo e se stessi e di tradurre queste esperienze in termini narrativi.
Psicologia popolare Elemento cardine di una cultura è la cosiddetta psicologia popolare o senso comune, ossia un insieme organizzato di rappresentazioni degli eventi e di teorie intuitive circa l’essere umano, il funzionamento della mente, l’agire. Essa è funzionale al mantenimento della coesione tra i membri di una cultura e fornisce possibili modelli di vita.
Psicologia popolare Uno dei presupposti della psicologia popolare è che la gente abbia credenze e desideri caratterizzati da una certa coerenza. Essa è organizzata su base narrativa piuttosto che concettuale ed ha come oggetto degli individui che agiscono sulla base delle loro credenze e dei loro desideri, che sono volti al conseguimento di particolari fini e che incontrano difficoltà ed ostacoli risolvibili o insormontabili, il tutto nell’arco di un certo intervallo di tempo.
Psicologia popolare E’ strutturata sulla base delle proprietà della narrazione: • La sequenzialità: ogni narrazione è composta da una sequenza di avvenimenti e di stati mentali; ogni componente acquista significato in ragione della sua collocazione all’interno della sequenza complessiva, ossia la trama. • L’indifferenza ai fatti: la narrazione può essere reale o immaginaria, vi è una relazione anomala tra il senso ed il riferimento esterno; la trama generale è determinata dalla sequenza delle frasi piuttosto che dalla verità o falsità di esse. • La gestione dell’eccezionale in rapporto all’ordinario: ogni narrazione possiede strumenti per rendere comprensibile lo straordinario e l’insolito. “La funzione del racconto è quella di trovare uno stato intenzionale che mitighi o almeno renda comprensibile una deviazione rispetto a un modello di cultura canonico” (Bruner).
Contesti terapeutici Gli atteggiamenti e le aspettative da parte dei contesti di vita, di cura e di lavoro, rispetto alla malattia e allo stesso paziente, sono fondamentali fattori clinico-sociali, che influenzano attivamente il processo di guarigione, soprattutto in salute mentale. In tali contesti, se i pazienti sono sostenuti da un atteggiamento di fiducia e da una aspettativa di speranza, potranno allora sempre meglio narrare e narrarsi al fine di costruire rappresentazioni di se e del mondo che siano convenzionalmente condivise e contrattabili dai molteplici soggetti che con i quali intrecciano relazioni sociali.
Dispositivi di narrazione autobiografica Permettono ai pazienti di affrontare la contrattazione contestuale sulle rappresentazioni di sé e del mondo, anche attraverso pratiche concrete come l’espressione artistica. Permettono a tutti soggetti coinvolti di sostenere un livello di comunicazione fondato sul linguaggio della realtà. Gli “atti parlanti” che gli attori di tali pratiche si scambiano, potranno così veicolare molti più significati di quelli che a prima vista, noi quotidiani fruitori di linguaggio simbolico, siamo abituati a leggervi
Raccontare la guarigione La guarigione è molto più frequente di quanto siamo, comunemente, disposti a credere. Gli studi sull’evoluzione a lungo termine dei disturbi schizofrenici che sono stati condotti a livello internazionale negli ultimi 20 anni, hanno mostrato che le percentuali di guarigione superano il 50%, nel caso in cui il periodo di valutazione sia sufficientemente lungo. Ciò significa che la guarigione, anche se lentamente, arriva molto più spesso di quanto sono propensi a credere gli stessi professionisti della salute mentale.
Storie dei sopravvissuti Oltre ai risultati delle ricerche scientifiche, si sono andate accumulando, negli ultimi decenni, centinaia di testimonianze personali di persone che hanno attraversato e superato l’esperienza schizofrenica. E’ stato proprio per facilitare la moltiplicazione dei racconti autobiografici di coloro che sono “sopravvissuti” all’esperienza psicotica che è nata una letteratura popolare e di auto-aiuto. Essa racconta le modalità personali di affrontare la malattia, il lento e faticoso processo di guarigione da essa e soprattutto la vita dei pazienti, le loro storie familiari, nei cui intrecci spesso si intravede un nuovo senso alla propria ed altrui sofferenza mentale.
Il movimento della Recovery Alcune riviste scientifiche internazionali ne hanno promosso la conoscenza e la diffusione. Si sono moltiplicati i libri scritti da persone che hanno saputo attraversare e superare queste esperienze. Essi ci consentono di restituire significato, comprensibilità, spessore esistenziale ad elementi che la medicina, la psichiatria ha ridotto a sintomi, a segni incomprensibili di una malattia che avrebbe soltanto una qualche remota causa biologica.
«Quando ripensiamo a ciò che abbiamo vissuto, creiamo un altro da noi. Lo vediamo agire, sbagliare, amare, soffrire, godere, mentire, ammalarsi e gioire: ci sdoppiamo, ci bilochiamo, ci moltiplichiamo. Assistiamo allo spettacolo della nostra vita come spettatori: talora indulgenti, talaltra severi e carichi di sensi di colpa, oppure, sazi di quel poco che abbiamo cercato di vivere fino in fondo».Non occorre essere né scrittori né filosofi di professione, per iniziare la propria autobiografia; è un esercizio naturale, perché «ciascuno, in fondo, non fa altro che raccontare agli altri se stesso». Il desiderio di parlare della propria esperienza nasce come un istinto, una necessità, o meglio, matura nella nostra esistenza come una vera e propria passione dell’anima. Aspiriamo tutti a una forma unitaria, coerente, da riempire con le nostre discordanze e variazioni.
Psicoterapia transgenerazionale: guarire le ferite familiari e ritrovare se stessi trai legami nascosti nell'albero genealogico La psicogenealogiaé una tecnica, sistemica, familiare e transgenerazionale con delle forti connotazioni psicanalitiche, che si é sviluppata negli anni '80 grazie alle ricerche di Anne AncelinSchützenberger. Essa chiama psicogenealogia il lavoro con il genosociogramma. Secondo questo approccio, i traumi, i segreti, i conflitti vissuti in modo drammatico, possono condizionare, per trasmissione transgenerazionale inconscia, i discendenti che possono diventare portatori di disturbi e malattie come di comportamenti bizzarri e inesplicabili. Riappropriarsi della propria storia personale e familiare, inserirsi meglio in una discendenza e in una leggenda e mettere ordine nel "cantiere" lasciato dai nostri avi.