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Niccolò Machiavelli. Il Principe 1513. “ Esperienza delle cose moderne e lezione delle antique ”. Le concezioni di M. scaturiscono dal rapporto diretto con la realtà storica (la verità effettuale) In lui vi è la coscienza lucida e sofferta della crisi che l ’ Italia sta attraversando
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Niccolò Machiavelli Il Principe 1513
“Esperienza delle cose moderne e lezione delle antique” • Le concezioni di M. scaturiscono dal rapporto diretto con la realtà storica (la verità effettuale) • In lui vi è la coscienza lucida e sofferta della crisi che l’Italia sta attraversando • Gli stati italiani perdono la loro indipendenza politica e divengono satelliti delle potenze europee (Francia, Spagna) che si disputano il territorio della penisola
“Esperienza delle cose moderne e lezione delle antique” Gli Stati regionali italiani: • Frammentazione politica • Realtà deboli e instabili • Utilizzo di truppe mercenarie Gli stati europei: • Francia, Spagna • Unità politica • Centralizzazione dei poteri • Eserciti nazionali
“Esperienza delle cose moderne e lezione delle antique” • Regno di Napoli: conquistato dai Francesi nel 1494, poi definitivamente dagli Spagnoli nel 1503 • Ducato di Milano: sottomesso ai Francesi nel 1500 • Venezia: salva a stento la propria indipendenza nel 1509 • Gli Stati italiani rischiano di subire l’egemonia delle potenze straniere • E’ necessario dunque un Principe che possegga la virtù politica (non necessariamente coincidente con quella morale) per costituire in Italia uno Stato forte e ben ordinato, garantendo il perseguimento del bene comune
“Esperienza delle cose moderne e lezione delle antique” • L’esperienza è ricavabile anche dalla lettura degli autori antichi oltre che dalla “verità effettuale” • Nei libri dei classici è accumulata una ricca esperienza diretta del reale
Un metodo scientifico • Partire dall’osservazione diretta della realtà, • dai dati empirici offerti dall’esperienza • è l’aspetto che caratterizza il metodo scientifico moderno • quello che sarà poi di Galileo e delle scienze fisico-naturali • Machiavelli, prima ancora di Galileo, applica questo metodo alle scienze dell’uomo, le scienze che studiano il suo operare politico
La concezione naturalistica dell’uomo • Per M. l’uomo è un fenomeno di natura al pari di altri • I suoi comportamenti non variano nel tempo, come non variano il corso del sole e delle stelle o i cicli delle stagioni • Per questo è convinto che, studiando il comportamento umano attraverso le fonti storiche e l’esperienza diretta, si può arrivare a formulare delle vere e proprie LEGGI di validità universale, applicabile infallibilmente ad ogni situazione (teoria razionale dell’agire politico) • Se il comportamento dell’uomo non varia, l’agire degli antichi, in particolare, può offrire un modello e una lezione al nostro agire di oggi (principio rinascimentale dell’imitazione)
Il giudizio pessimistico sulla natura umana • Per M. gli uomini sono malvagi • Le leggi della convivenza umana sono dure e spietate • Perciò il Principe non può seguire sempre l’ideale e la virtù “non può fare in tutte le parti la professione di buono” perché andrebbe incontro alla rovina • Deve sapere anche essere “non buono”, “saper entrare nel male”, dove lo richiedano le esigenze dello stato
La figura del centauro • Il Principe deve essere umano oppure feroce come una bestia, a seconda delle circostanze • M. propone per il politico l’immagine del centauro, che è appunto mezzo uomo e mezzo bestia • Non bisogna per questo credere che M. sia un diabolico consigliere di atti immorali e perversi • In M. c’è un sofferto travaglio morale.
L’autonomia della politica dalla morale • M sa che certi comportamenti del Principe (venir meno alla parola data, uccidere senza pietà i nemici etc.) sono moralmente ripugnanti • Ma ha il coraggio di andare sino in fondo • Questi comportamenti che sono “malvagi” secondo la morale, sono “buoni”, cioè efficaci e produttivi, in politica perché assicurano il bene dello stato • Viceversa altri comportamenti che sarebbero “buoni” moralmente, risultano “cattivi” in politica perché indeboliscono lo stato • La politica dunque deve essere a-morale.
L’autonomia della politica dalla morale • In politica il criterio di giudizio non può essere quello del bene o del male, del giusto o dell’ingiusto • Ma quello dell’utile o del dannoso politicamente
I precedenti di Machiavelli • Nel medio Evo erano diffusi i trattati intesi a tracciare il modello del principe e a indicare le virtù che egli doveva possedere • Erano gli “specula principis”, gli “specchi del principe”, perché dovevano fornirgli lo “specchio” in cui riflettersi e conoscersi, apprendendo quali dovevano essere i suoi comportamenti • Questi trattati mirano a fornire un’immagine ideale ed esemplare del principe, consigliando di praticare tutte le più lodevoli virtù: clemenza, mitezza, giustizia, liberalità etc. (politica subordinata alla morale) • M., invece, proclama di voler guardare alla “verità effettuale della cosa” e non all’ideale
Il fine giustifica il mezzo? • E’ stato detto che il principio basilare sistema di M. è “il fine giustifica i mezzi”, ma l’affermazione è inesatta • E’ inesatta, perché il verbo “giustificare” introdurrebbe proprio quel criterio morale che M. vuole escludere dal giudizio politico • M. non consiglia la spregiudicatezza dei mezzi all’uomo in genere, e in ogni caso • Certi comportamenti immorali e crudeli sono adottabili solo dal politico, solo per il bene dello stato e solo quando sono strettamente necessari • M. non “giustifica”, constata solo che certi comportamenti, buoni o cattivi che siano, sono indispensabili per conquistare e mantenere lo stato
Principi e Tiranni • Principe è chi opera a vantaggio dello stato e, se usa metodi riprovevoli, lo fa per il bene pubblico • Tiranno è chi è crudele senza necessità e solo a suo vantaggio • Il principe è dunque uno strumento al servizio dei sudditi, in quanto costruisce uno stato ben ordinato, pacifico e sicuro garantendo ai cittadini tranquillità e benessere
Lo Stato e il bene comune • Solo lo stato può costituire un rimedio alla malvagità dell’uomo, al suo egoismo che disgregherebbe ogni comunità in un caos di spinte individualistiche • Per mantenere lo stato sono necessarie precise istituzioni • La religione, le leggi, le milizie
Religio instrumentum regni • A M. non interessa, nella prospettiva del discorso politico, la religione nella sua dimensione spirituale • Gli interessa come “strumento di governo” • La religione obbliga i cittadini a rispettarsi gli uni con gli altri, a mantenere la parola data. Tiene salda la compagine sociale, dà stabilità allo stato
Le leggi e le milizie • Le buone leggi sono il fondamento del vivere civile perché disciplinano il comportamento dei cittadini e li indirizzano a fini superiori • Le milizie sono il fondamento della forza dello stato • Le milizie devono però essere composte di cittadini perché solo così si possono avere truppe fedeli e valorose e perché assumere le armi rafforza i legami del cittadino con la sua patria, contribuendo a stimolare in lui le virtù civili
Principato e Repubblica • La forma di governo che meglio riassume in sé l’idea di Stato per M. è quella repubblicana (res publica = comunità in cui il fine delle azioni e la “cosa pubblica”) • Il principato dunque è una forma di governo d’eccezione e transitoria, indispensabile solo in determinate circostanze, come quella che l’Italia sta vivendo, per costruire uno stato sufficientemente saldo • Lo stato creato dalla “virtù” eccezionale del singolo, per mantenersi, deve evolversi dando vita a un ordinamento repubblicano • La forma repubblicana è quella che meglio può garantire la continuità, perché non si fonda sulle doti di uno solo, che può venire meno in ogni momento, ma su istituzioni stabili
Virtù e Fortuna • La Virtù è l’insieme delle doti e delle capacità dell’individuo (non virtus cristiana, qualità moralmente positiva, ma virtus romana). Nel principe la virtù è: • a) la perfetta conoscenza delle leggi generali dell’agire politico (ricavabili sia dall’esperienza diretta, sia dalla “lezione” della storia passata) • b) la capacità di applicare queste leggi ai casi concreti e particolari • c) la decisione, l’energia, il coraggio nel mettere in pratica ciò che si è designato • La Virtù del politico è quindi una sintesi di doti intellettuali e pratiche (fusione di teoria e prassi)
Virtù e Fortuna • La Fortuna è un insieme di forze puramente casuali, accidentali, svincolate da ogni finalità trascendente. E’ una serie di fattori esterni all’uomo, che non dipendono dalla sua volontà. La Fortuna è l’oscuro e l’indeterminabile • Quella di M. è una concezione laica e immanentistica che mette tra parentesi la presenza nel mondo della Provvidenza, cioè di un disegno divino indirizzato a un fine (cfr. Medio Evo) • Dalla tradizione umanistica, tuttavia,M. eredita la convinzione che l’uomo può fronteggiare vittoriosamente la fortuna. Egli ritiene infatti che la Fortuna sia arbitra solo della metà delle cose umane, e lasci regolare l’altra metà agli uomini
I modi di opporsi alla Fortuna • In primo luogo la Fortuna può costituire “l’occasione” dell’agire del Principe, la “materia” su cui egli può imprimere la “forma” da lui voluta • Sfruttando “l’occasione”, la “virtù” del Principe si afferma e costruisce il proprio successo, piegando la Fortuna ai propri fini
I modi di opporsi alla Fortuna • In secondo luogo la Virtù umana si impone alla Fortuna attraverso la capacità di previsione, il calcolo accorto • Nei momenti quieti l’abile politico deve pre-vedere i futuri rovesci e predisporre i necessari ripari, come si costruiscono gli argini per contenere i fiumi in piena • In questo modo la Virtù umana può imbrigliare la Fortuna impedendole di fare danno o limitandone gli effetti negativi
I modi di opporsi alla Fortuna • Vi è infine un terzo modo teorizzato da M. per opporsi alla fortuna • Il “riscontrarsi” con i tempi • Cioè la duttilità nell’adattare il proprio comportamento alle varie esigenze oggettive che via via si presentano, alle varie situazioni, ai vari contesti in cui si è obbligati ad operare • In certi casi occorre l’astuzia della volpe, in altri la forza del leone • Questa duttilità è una dote auspicabile, ma quasi mai si ritrova negli uomini (nota pessimistica)
La sfasatura tra il pensiero di Machiavelli e il contesto storico • M. costruisce le fondamenta teoriche di uno Stato moderno, unito e forte, libero dalle spinte disgregatrici del particolarismo feudale e municipale • Ma le condizioni per dar vita a tutto questo In Italia non esistevano più • Le idee di M. troveranno invece applicazione fuori d’Italia, in contesti più avanzati, e contribuiranno a creare i fondamenti teorici dei grandi Stati moderni
La lingua e lo stile • M rifiuta lo stile alto, aulico • Si serve di una prosa agile, chiara, di immediata presa (funzionale allo stretto rapporto che l’opera vuole avere con la prassi, con la realtà politica effettuale, per incidere sul reale e per fornire uno strumento da applicare immediatamente) • Il lessico è fatto di latinismi tecnici e letterari, ma anche di parole comuni e quotidiane, addirittura di termini plebei (poliglottismo di M.) • Il linguaggio di M. rifugge dall’astratto e dal vago e ama le immagini corpose, concrete, materiali (fortuna = fiume, principe = centauro, volpe e leone etc.) • M. non è solo il fondatore della scienza politica, ma anche del moderno linguaggio della prosa scientifica
Machiavelli sul web • http://www.letteratura.it/machiavelli • http://www.lastoria.org/progetto/ • http://www.iisf.it/scuola/Machiavelli/machiavelli.htm • http://www.liberliber.it/biblioteca/m/machiavelli/il_principe/html/sommario.htm