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Il giorno della memoria. DITTATURA. GENOCIDIO. IDEOLOGIA RAZZISTA. TOTALITARISMO. Riassunto cronologico. Il Mein Kampf e le aberrazioni del nazismo. Nel Mein Kampf, testo guida dell’ideologia nazista, si possono individuare i fondamenti del pensiero e dell’azione di Hitler:.
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Il giorno della memoria DITTATURA GENOCIDIO IDEOLOGIA RAZZISTA TOTALITARISMO
Il Mein Kampf e le aberrazioni del nazismo Nel Mein Kampf, testo guida dell’ideologia nazista, si possono individuare i fondamenti del pensiero e dell’azione di Hitler: negli ebrei sono concentrati tutti i mali della società l’ebreo trama contro la nazione tedesca e cerca di soffocarla dall’ebraismo nascono le ideologie dannose la nazione tedesca umiliata e martoriata potrà risollevarsi solo affidandosi a un capo assoluto la razza tedesca, la razza ariana, è l’unica pura e deve combattere con ogni mezzo per conservare questa situazione di assoluta perfezione la Germania è troppo compressa nelle proprie frontiere «Il mio movimento è basato su una concezione razzista del mondo. Lo stato ha il fondamento nell’esistenza di una razza superiore civiltà. Nel caso in cui la razza ariana, portatrice di civiltà, scomparisse, non sussisterebbe più alcuna civiltà […]. Gli ebrei diventano fenomeni di decomposizione di popoli e razze, distruttori della civiltà umana»
Le leggi di Norimberga Legge per la cittadinanza del Reich (15 settembre 1935). Articolo 1 1. È cittadino dello Stato colui che fa parte della comunità protettiva del Reich tedesco, con il quale ha dei legami che lo impegnano in maniera particolare […]. Articolo 2 1. Cittadino del Reich è soltanto l’appartenente allo Stato di sangue tedesco o affine il quale con il suo comportamento dia prova di essere disposto ad adottare e servire fedelmente il popolo e il Reich tedesco. 2. Il diritto alla cittadinanza del Reich viene ottenuto attraverso la concessione del titolo di cittadino del Reich. 3. Il cittadino del Reich è e il solo depositario dei pieni diritti politici a norma di legge […]. Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco(15 settembre 1935). Articolo 1 1. Sono proibiti i matrimoni tra Ebrei e cittadini dello Stato di sangue tedesco o affine. I matrimoni già celebrati sono nulli se celebrati all’estero per sfuggire a questa legge. Articolo 2 1. Sono proibiti i rapporti extramatrimoniali tra Ebrei e cittadini di sangue tedesco o affine […].
Il manifesto della razza Il 15 luglio 1938 su tutti i quotidiani italiani comparve il documento noto come Manifesto degli scienziati razzisti, firmato da dieci docenti universitari, che poneva le basi teoriche del razzismo fascista. Era costituito da dieci paragrafi i cui titoli da soli bastano a rendere l’orrore e la mancanza di scientificità. • Le razze umane esistono • Esistono grandi e piccole razze • Il concetto di razza è un concetto biologico • La popolazione dell’Italia attuale è di origine ariana • Esiste ormai una pura razza italiana • È tempo che gli italiani si proclamino razzisti • Gli Ebrei non appartengono alla razza italiana • I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli italiani non devono essere alterati in nessun modo
La vergogna delle leggi razziali Regio decreto-legge 7 settembre 1938-XVI, n.1381 Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri Art.1 Dalla data di pubblicazione del presente decreto-legge è vietato agli stranieri ebrei di fissare stabile dimora nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell’Egeo. Art.2 Agli effetti del presente decreto-legge è considerato ebreo colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica. Art.3 Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte a stranieri ebrei posteriormente al 1° gennaio 1919 s’intendono ad ogni effetto revocate. Art.4 Gli stranieri ebrei che, alla data di pubblicazione del presente decreto-legge, si trovino nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell’Egeo e che vi abbiano iniziato il loro soggiorno posteriormente al 1° gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei Possedimenti dell’Egeo, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente decreto. Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno espulsi dal Regno a norma dell’art. 150 del testo unico delle leggi di P.S., previa l’applicazione delle pene stabilite dalla legge.
I provvedimenti legislativi contro gli ebrei furono elaborati dal governo dittatoriale del Regno d’Italia presieduto da Benito Mussolini, furono approvati all’unanimità dalla Camera e a larghissima maggioranza dal senato, furono controfirmati dal re Vittorio Emanuele III • La legislazione antiebraica ebbe per oggetto una parte dei cittadini dello Stato identificata sulla base di caratteristiche aprioristiche • La normativa antiebraica definì le proprie vittime non come ebrei, ossia persone con determinate caratterizzazioni religiose, culturali, ma come appartenenti alla razza ebraica, ossia portatori di caratteri materiali ereditari ineliminabili • Alcune delle disposizioni antiebraiche italiane furono, al momento in cui vennero varate, maggiormente persecutorie di quelle vigenti in Germania • Dal punto di vista fascista essa fu voluta come una riforma progressiva e non come un fatto soggetto ad essere rimesso in discussione • L’abrogazione di qualsiasi legge che fa distinzione contro qualsiasi persona in base a razza, colore o fede fu decretata il 12 luglio 1943 dagli alleati e costituì una delle loro condizioni armistiziali
Le vittime dello sterminio In questa tabella è riportato il numero degli Ebrei vittime dello sterminio, con l’indicazione della percentuale di uccisi rispetto alla totalità di residenti nei singoli Paesi
Tacere è proibito, parlare è impossibile Per i superstiti del lager raccontare è stata una necessità, una priorità assoluta, ma non certo facile. Dalle letture, infatti, emerge che raccontare quel dramma spaventoso significa entrare in una contraddizione spaventosa che Elie Wiesel enuncia così: «Tacere è proibito, parlare è impossibile». Bisogna, cioè, conservare la memoria di quegli eventi, impedire che vengano cancellati dal tempo, ma trovare le parole per dire tanta violenza, tanta disumanità, è forse impossibile. Le parole dello scrittore, del testimone, non sono mai sufficienti, si fermano sempre un passo al di qua dell’incredibile, lasciando al lettore il compito di comprendere fino in fondo con quale angoscia, con quale sofferenza con quale sentimento, milioni di uomini, donne e bambini, hanno dovuto subire quel processo di annientamento dell’umano.
P. Levi: un sopravvissuto ad Auschwitz «Per mia fortuna sono stato deportato ad Auschwitz solo nel 1944, e cioè dopo che il governo tedesco, data la crescente scarsità di manodopera, aveva stabilito di allungare la vita media dei prigionieri da eliminarsi». A questa e a molte altre circostanze relativamente fortunate lo scrittore attribuisce la propria salvezza:«Non si tratta di forza, ma di fortuna: non si può vincere con le proprie forze un lager.Sono stato fortunato. Per essere stato chimico, per avere incontrato un muratore che mi dava da mangiare, per avere superato le difficoltà del linguaggio; non mi sono mai ammalato; mi sono ammalatouna volta sola, alla fine, e anche questa è stata una fortuna, perché ho evitato l’evacuazione del lager: gli altri, i sani, sono morti tutti, perché sono stati rideportati verso Buchenwald e Mathausen, in pieno inverno». Lo scrittore considera il lager la sua vera università, un’esperienza che incide profondamente sulle sue convinzioni e dove gli pare di avere imparato i fatti degli uomini:«Sono diventato ebreo in Auschwitz. La coscienza di sentirmi diverso mi è stata imposta.Qualcuno senza nessuna ragione stabilì che io ero diverso e inferiore: per naturale reazione io mi sentii in quegli anni diverso e superiore».
L’urgenza di raccontare “Se questo è un uomo” è un libro di ricordi e un eccezionale documento storico. Ma è anche una meditazione sul comportamento dell’uomo osservato in una condizione estrema di assoluta miseria, di viltà e di ferocia: di qui il valore morale e universale del libro. La pacatezza del racconto conferisce tanto più valore a una denuncia scrittanon per vendetta, ma a memoria futura, perché nessuno possa dimenticare in quale abisso di orrori può precipitare l’uomo. Lo stesso Levi ha spiegato che il libro «è nato fin dai primi giorni di lager per il bisogno irrinunciabile di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi ed è stato scritto per soddisfare a questo bisogno; in primo luogo quindi a scopo di liberazione interiore». Nel libro si possono pertanto individuare quattro motivazioni alla scrittura: documentare un’esperienza estrema mostrare anche per prevenire le peggiori conseguenze della xenofobia meditare sul comportamento umano in condizioni eccezionali raccontare per liberarsi dall’ossessione
Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case Voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per mezzo pane Che muore per un sì e per un no. Considerate se questa è una donna, Senza capelli e senza nome Senza più forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via, Coricandovi e alzandovi Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfascia la casa, La malattia vi impedisca, I vostri nati torcano il viso da voi
Un racconto retto da un intenso desiderio di capire Il libro si propone come racconto commentato e unisce all’esposizione dei fatti l’interpretazione personale dell’autore-testimone, animato da un intenso desiderio di capire, che è causa non ultima della sua resistenza: «Ricordo di aver vissuto il mio primo anno di Auschwitz in una condizione di spirito eccezionalmente viva. Non ho mai smesso di registrare il mondo e gli uomini intorno a me, tanto da serbarne ancora oggi un’immagine incredibilmente dettagliata. Avevo un desiderio intenso di capire, ero costantemente invaso da una curiosità che ad alcuni è parsa addirittura cinica, quella del naturalista che si trova trasportato in un ambiente mostruoso ma nuovo, mostruosamente nuovo».
Il carattere autobiografico della vicenda Se questo è un uomo narra la prigionia di Primo Levi dal momento dell’arresto e del trasferimento ad Auschwitz fino alla liberazione che coincide con l’arrivo dei soldati russi. Della vita infernale che vi ha vissuto, Levi descrive tutti gli aspetti, ben consapevole del loro carattere estremo, quasi inverosimile: v la demolizione di un uomo compiuta denudandolo di tutti i suoi oggetti e privandolo del suo nome; vle condizioni di vita insostenibili; vla morte quotidiana dovuta alla fame, al freddo, alle malattie; vle selezioni periodiche per le camere a gas; vla lotta per la sopravvivenza che fa saltare ogni vincolo di solidarietà fra i prigionieri; vl’abbrutimento e l’offuscarsi della sensibilità e dei ricordi.
Sul Fondo: una tragica discesa agli Inferi Nel II capitolo intitolato Sul fondo, Levi descrive la durissima fase iniziale della permanenza ad Auschwitz. È una sorta di discesa agli inferi, in un mondo che non ha niente di umano, dominato dalla prevaricazione violenta e stupida, a cui si contrappone lo smarrimento dei nuovi schiavi, ignari di tutto e totalmente esposti all’offesa dei padroni secondo cui l’unica cosa è obbedire. Dopo il viaggio nel vagone merci e il disbrigo delle formalità dell’arrivo, i prigionieri entrano nella routine quotidiana del Lager e devono apprendere il più in fretta possibile un regolamento complicato. Il capitolo si articola su due piani: quello descrittivo, cioè il racconto e quello riflessivocioè il commento. Il momento della riflessione è introdotto da un verbo al futuro che descrive l’atteggiamento mentale dei prigionieri: conosciuto l’inferno essi si sforzano di prefigurarsi un avvenire (tale sarà lanostra vita). L’inconoscibilità del futuro riconduce però al presente, unico tempo concesso ai deportati (eccomi dunque)
Un dramma infernale grottesco e tragico Il capitolo può anche essere letto come una rappresentazione grottesca e tragica in tre atti: I ATTO: dalla porta di fondo entra un attore (una SS) che recita in una lingua sconosciuta a quasi tutti i presenti. Dai gesti e dai gelidi comandi del tedesco traspare l’abitudine all’odioso compito e il gusto della beffa crudele. II ATTO: comincia la tosatura che si svolge con un ritmo incalzante. I nuovi attori sono dei prigionieri, ben riconoscibili dalla divisa, con funzione di inservienti. La lingua da loro parlata è il polacco. III ATTO: al segnale della campana sta per compiersi il terzo atto del dramma pazzo con la doccia, la disinfestazione e la successiva vestizione. Il movimento è di nuovo frenetico e il finale è tragico: da uomini si vedono trasformati in pupazzi miserabili e sordidi, uguali ai fantasmi intravisti la sera prima.
Il canto di Ulisse Nell’estrema degradazione provocata dal Lager l’aggrapparsi al ricordo letterario esprime il disperato tentativo di salvare qualcosa di umano. I famosi versi Fatti non foste a viver come bruti ma per seguire virtute e conoscenza sono per il narratore un’illuminazione. L’episodio dantesco suscita l’affollarsi di riflessioni e di ricordi: è la parte spirituale dell’individuo che riaffiora e che ha la meglio sulla riduzione dell’uomo ad animale o a cosa. L’ostinato tentativo di ricomporre nella memoria i versi di Dante diviene una forma di resistenza all’annientamento. Il recupero dell’umanità si unisce inoltre al bisogno di socialità: la letteratura serve anche a stabilire il legame con l’altro uomo. L’arrivo tra la folla segna la reimmersione nel quotidiano inferno del lager ed è suggellato dall’ultimo verso dell’episodio dantesco: infin che ‘l mar fu sopra noi rinchiuso.
L’amico ritrovato Il tema fondamentale è quello dell’amicizia da intendere come elemento importante della vita dell’uomo, come valore universale che deve unire le persone e deve portarle a mettere in comune ogni cosa, dalle proprie convinzioni ai propri affetti, dall’educazione ricevuta all’amore per gli ideali di libertà e di rispetto reciproco. Alla fine del libro, infatti, Hans si ricongiunge spiritualmente all’amico che aveva lasciato e quel ritrovamento gli fa superare per un attimo il dolore per l’esperienza subita attraverso la morte dei suoi genitori. La morte dell’amico gli fa capire che niente è perduto, che gli ideali sacri dell’umanità tornano sempre a galla dopo un periodo di barbarie anche se per Hans Schwarz «le ferite non sono guarite e ogni volta che ripensa alla Germania è come se venissero sfregate con il sale».
Il film si ispira al ricordo più drammatico della mia infanzia, ha dichiarato il regista e in effetti il titolo reca già in sé l’emozione centrale: l’addio all’infanzia da parte di Julien, personaggio chiaramente autobiografico. La crescita è racchiusa tra due distacchi: il commiato dalla madre alla stazione; il commiato dall’amico e da padre Jean, nel cortile del collegio. Nella sequenza iniziale il bambino, dopo l’abbraccio della mamma, rimasto in silenzio accanto al finestrino, fissa la campagna piatta e spoglia. Nella sequenza finale, il protagonista segue con lo sguardo il gruppo dei prigionieri che si allontana. E proprio alla fine in quell’arrivederci che suona di fatto come un addio il protagonista riconoscerà in Bonnet il fratello vero e in padre Jean il vero padre. A quel punto sarà chiara la grande lezione che il rettore ha trasmesso ai suoi ragazzi: L’educazione, quella vera, sta nell’insegnarvi a fare buon uso della libertà
Schindler’s List: il sangue nero e il sangue rosso Schindler’s List è una pellicola molto intensa, di alto valore documentario, realizzata con il dichiarato intento di tener viva la memoria. Spielberg ha scelto di girare il film quasi completamente in bianco e in nero: la drammaticità e l’orrore dell’Olocausto mostrati a colori, sarebbero stati quasi inguardabili per gli spettatori. E poi, anche nell’immaginario collettivo, i ritratti della seconda guerra mondiale sono sempre in bianco e nero. Nel film, il colore viene utilizzato soltanto in due momenti, per il cappottino rosso di una bambina, nella scena dell’assedio al ghetto ebraico, e per le fiammelle delle candele nella cerimonia del sabato, con il preciso scopo di ricordare che nella realtà i diretti interessati hanno vissuto a colori, e quindi in tutta la loro tragicità, gli eventi raccontati dal film. Del resto Schindler’s List non è una semplice fiction ma una storia autentica: nell’epilogo a colori, i veri ebrei di Schindler, ormai anziani, vanno a deporre una pietra sulla sua tomba.
GUERNICA E LA VISIONE DELLA MORTE IN ATTO «Guernica può dirsi l’unico quadro storico del nostro secolo. È il primo, deciso intervento della cultura nella lotta politica: alla reazione che si esprime distruggendo, la cultura democratica risponde per mano di Picasso» C. G. Argan «Con Guernica abbiamo cominciato a voler vivere, a uscire di prigione, a credere nella pittura e a noi, a non sentirci soli, aridi, inutili, rifiutati; a capire che anche noi pittori esistevamo in questo mondo da fare, eravamo uomini in mezzo agli uomini, dovevamo ricevere e dare» E. Morlotti
Chagall e il martirio del popolo ebreo Crocefissione bianca è un urlo di paura e di compassione per i connazionali perseguitati. La sinagoga infiammata, Vitebsk distrutta, la Torah gettata a terra, il vecchio che scappa salvando il rotolo sacro della legge, l’altro uomo che fugge, lasciando la scala nel fuoco, chiaro riferimento all’ebreo errante, alludono al martirio del popolo ebreo. E il personaggio principale di questa immagine carica di dolore è Gesù di Nazareth coperto da un mantello rituale ebraico: egli, tuttavia non appare come un salvatore, ma come un ebreo martirizzato.
Con l’entrata in vigore delle leggi razziali Chagall è costretto a emigrare e sbarca in America lo stesso giorno dell’invasione tedesca nel suo paese natale. Ne Il bue scuoiato, la tematica dell’orrore porta l’artista a raffigurare al posto del Cristo crocefisso un enorme bue insanguinato e sospeso nell’aria nello scenario notturno di Vitebsk. È un’immagine di terrore e di sangue che diventa un’offerta sacrificale per ristabilire un clima di pace in un mondo appena uscito dalla guerra. Drammatico appare il contrasto tra l’enorme bue tinto di rosso e il tranquillo aspetto innevato del paese sullo sfondo.