1 / 12

Il rituale dell’interazione

Il rituale dell’interazione. Che cosa rende possibile l’ordine sociale (integrazione sociale)?.

jonathon
Download Presentation

Il rituale dell’interazione

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. Il rituale dell’interazione

  2. Che cosa rende possibile l’ordine sociale (integrazione sociale)? • Per rispondere a questa domanda, il sociologo Durkheim formulò, già agli inizi del XX secolo nella sua opera Le forme elementari della vita religiosa (1912), una teoria in grado di spiegare (oltre il paradigma utilitarista e quello idealista) sia la permanenza (riproduzione) sia il mutamento (produzione) dell’ordine sociale: - I sentimenti e valori (impliciti) condivisi, si sviluppano attraverso una serie di pratiche sociali aventi caratteristiche specifiche: i rituali

  3. Il rituale sociale • Le caratteristiche del rituale sociale sono: • un insieme di pratiche sociali messe in atto da un certo numero di persone, contemporaneamente, nello stesso luogo (riunione fisica); • Gesti ripetuti e codificati; • Condivisione da parte di queste persone di uno stesso focus di attenzione; • Una stessa tonalità emozionale; • Presenza di simboli che rappresentano l’appartenenza al gruppo (oggetti sacri), con conseguente aumento della fiducia reciproca e la creazione di un sentimento di opposizione verso quelli che rifiutano questi simboli. • La religione, come ha mostrato Durkheim, è la forma archetipa del rituale sociale.

  4. Le forme elementari della vita religiosa (1912) • Studia il totemismo australiano perché, all’epoca, considerata la più elementare forma di religione: da qui è possibile ricostruire l’essenza (sociale) della religione (come fatto sociale “universale”); • Principali conclusioni di Durkheim: • Gli interessi religiosi sono la trasfigurazione simbolica del culto della società (dunque degli interessi morali e sociali); • Ogni società si dà gli dei di cui più a bisogno per mantenere la sua coesione (religiosità= coesione sociale).

  5. Le forme elementari della vita religiosa (1912) • La categoria del religioso è costituita dalla divisione del mondo tra ciò che è profano (= quotidiano) e ciò che è sacro (= cose proibite, separate, degne di fascinazione e timore); • Una religione è un insieme coerente di riti, credenze e pratiche relative a cose sacre; una chiesa è una comunità morale e umana dove è professata una religione.

  6. Le forme elementari della vita religiosa (1912) • Totemismo: identità tra totem, animale\pianta totemica, tribù; questo universo di cose sacre è tenuta insieme da una forza superiore al di sopra del singolo individuo; • L’oggetto del culto è questa forza superiore che tutti trascende eppure tutti riguarda; quindi:

  7. Le forme elementari della vita religiosa (1912) • La “forza del divino” (compresa la sua forza normativa) è simile alla “forza della collettività”: autorità morale e legame con gli altri; • Le cerimonie religiose, i riti collettivi (indipendentemente dal contenuto sostanziale delle credenze) hanno tutte la caratteristica di rendere partecipe l’individuo della forza del gruppo (comunione) e lo trascina fuori di sé (con un’effervescenza controllata) dandogli la sensazione di essere parte di qualcosa di superiore; • La religione, il sacro, è culto della società, sacralizzazione del collettivo, trasfigurata (in termini moderni: religiosità=identità soc.)

  8. Rituali intenzionali e naturali • In base al livello cui si riferiscono, possiamo distinguere i rituali macro-sociali (e.g. feste pubbliche), micro-sociali (e.g. matrimoni) e occasionali (e.g. interazioni della vita quotidiana – Modello drammaturgico di Goffman). • In base al grado di consapevolezza degli attori, possiamo distinguere i rituali intenzionali, cioè quei rituali istituzionalizzati, facenti parte di un certo repertorio culturale, a cui gli attori sociali prendono parte consapevolmente; e i rituali naturali quando le persone vi prendono parte inconsapevolmente (come gli incontri “stereotipati” della vita quotidiana, ma anche la partecipazione a manifestazioni politiche ecc.). Nel caso dei rituali naturali, si parla di funzione latente del processo sociale, occasione o evento che si sta osservando\svolgendo.

  9. La teoria rituale delle culture di classe • Mira a spiegare le differenti culture degli individui in una società stratificata. • In una tale società esistono due dimensioni di stratificazione che si manifestano chiaramente nella vita quotidiana: • Verticale: si fonda sul potere e sulle risorse che danno potere (ricchezza, istruzione, posizione politica ecc.). Il dare e ricevere ordini è la manifestazione più evidente di questa dimensione. • Orizzontale: fa riferimento alla sfera della socievolezza e dell’amicizia, cioè della formazione e della riproduzione di gruppi informali definiti anche gruppi di status. Al loro interno, si sviluppano culture di gruppo particolari (prodotte e riprodotto tramite rituali sociali caratteristici) e, inoltre, ogni gruppo è stratificato in base a vari fattori (attrazione\repulsione tra le persone). • Queste due dimensioni sono interdipendenti tra loro (ma anche autonome) e rendono molto complicata la struttura sociale: si pensi ai fenomeni di trasversalità analizzati dalle teoria del conflitto, ad esempio la divisione in classi che è attraversata dalla differenziazione in base a gruppi etnici (gruppi di status).

  10. La teoria rituale delle culture di classe • La sociologia americana ha spesso enfatizzato la dimensione orizzontale mentre quella europea ha preso quasi solo in considerazione la dimensione verticale (derivando quella orizzontale da mere dinamiche di potere). • La teoria rituale consente di prendere contemporaneamente in considerazione entrambe le dimensioni e il modo in cui funzionano nella vita quotidiana, tra le varie classi: Dimensione verticale (detta anche griglia): a) dare ordini corrisponde al dominio della rappresentazione o rituale e comporta alcuni tipi di personaggio; b) Maggiore è la presenza della coercizione e della minaccia più visibili sono i rituali di deferenza; c) Socializzazione anticipatoria e dinamica dei gruppi di riferimento d) l’enfasi eccessiva sui rituali del potere, porta al ritualismo\rigidità burocratica.

  11. La teoria rituale delle culture di classe • Dimensione orizzontale (detta anche di gruppo): • Maggiore è la densità sociale più alta è la pressione al conformismo (“locale”) e a valori meno individualisti e astratti; • La diversità o uniformità delle comunicazioni sociali determina se i simboli del gruppo saranno astratti\concreti, reificati\relativistici (densità di network).

  12. Il modello multidimensionale di Douglas • A partire dalla tematizzazione e dall’analisi delle dimensioni verticali e orizzontali delle culture di classe e della stratificazione, Mary Douglas elabora un’analisi che individua quattro tipi di culture: • Forte griglia\forte gruppo: stratificazione e confini del gruppo netti; barocchismo cerimoniale e di pensiero. • Debole griglia\forte gruppo: orizzontalismo interno e confini del gruppo netti; conformismo; terrore degli estranei (simboleggiato dalla paura di essere avvelenati\contaminati); • Forte griglia\debole gruppo: scarsi legami tra le persone; coalizioni frammentate e uso strumentale, a breve termine, dei rituali sociali; considerevole stratificazione in ranghi; • Debole griglia\debole gruppo: collettività individualistica, regole poco vincolanti, considerevole anomia.

More Related