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Pessimismo leopardiano?. A Silvio. Silvio, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale quando bontà parea quella degli occhi tuoi ridenti e inespressivi e tu, lieto e penoso, a cavallo di Mediaset la scalata dell’Italia meditavi?. Tremavan le quiete città e la gente
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Silvio, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale quando bontà parea quella degli occhi tuoi ridenti e inespressivi e tu, lieto e penoso, a cavallo di Mediaset la scalata dell’Italia meditavi?
Tremavan le quiete città e la gente intorno alle tue perpetue filastrocche, allor che all’opre politiche intento sedevi, assai contento di quel terribile avvenir che in mente avevi! Era pensiero doloso: e tu solevi così menàrtelo ogni giorno…
Ma il popolin porgea gli orecchi al suon della tua voce che spargea le promesse, e dorate casalinghe, mirando la tua faccia come plastica stirata, lungi o vicino al mar, lungi o vicino al monte all’urne portàron i funesti voti. Lingua mortal non dice quel che noi sentiamo in seno.
Che pensieri soavi, che speranze, che cori, o Silvio mio! Ma quando la tua speme cotanto si avverò la Presidenza del Consiglio nella melma ci gettò e da allor un odio ci preme maturo ed efferato e tornaci a dolèr di nostra sventura! O Silvio, Silvio, o fido amico di Craxi, perché non rendi poi quel che prometti allor? Perché di tanto inganni i fratelli tuoi? Oh, patria mia! Come cadesti da tanta altezza in così basso loco?
Tu, pria che talùn uccidesse il vermo, da chiuso morbo combattuta e vinta, tu cadesti, o patria poverella. E tu, Silvio, tu sì che vedevi il fiòr dei soldi tuoi poichè il cuor non ti piangea per inganni e corruziòn, or per falso nel bilancio, or per sussidio illecito ai partiti, né teco i tuoi amici ai dì nocivi ragionavan di giustizia! Ahi, sempre lingua mortal non dice ciò che noi sappiamo in vero e che dopo i tuoi processi fallì la tua galera: prescriziòn di quei reati aspettasti così che liscia liscia la passasti!
Anche perìa tra poco la speranza nostra dolce: i tuoi fatti negarono i migliori anni alla nostra gioventù! Ahi come, come passata sei, cara compagna del paese nostro novo, mia lacrimata speme!Questo è il mondo? Questa la sorte delle povere genti?Questi i risultati, i risanamenti, l’opre, gli eventi con cui illudesti color che si fidarono, incoscienti?Ma mentre tu ti affanni, allorchè caduto Prodi, vuoi quel posto adoprando tutti i modi, o Silvio, or che pieno il petto mostri, ora, dicci… è pieno… ma di che?
Ma prima o poi dovrà apparire il vero! Che qualcun, forte di verbo e atti, riesca con forza di pugno a scacciare l’incubo prima di giugno e a sopraffàr quella tua tigna ove regna materia maligna! D’altro allor non brìllin gli occhi tuoi se non di pianto, e per quanto viver sarà per te in terra tu ti getterai, e griderai, e fremerai! Tu, misero, cadrai, e col parrucchino in mano la calotta ignuda e la gelida sconfitta mostrerai per sempre da lontano!!