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Università Mediterranea di Reggio Calabria FACOLTA’ DI ARCHITETTURA. “ANALISI DEL RISCHIO GEOLOGICO ED IDROGEOLOGICO - Corso A –”. Dott. M.C. Mandaglio. Rischio idrogeologico. MOVIMENTI DI PENDIO. Movimenti di pendio Fanno parte dei PROCESSI ESOGENI DI EROSIONE. Definizione di “frana” :
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Università Mediterranea di Reggio Calabria FACOLTA’ DI ARCHITETTURA “ANALISI DEL RISCHIO GEOLOGICO ED IDROGEOLOGICO- Corso A –” Dott. M.C. Mandaglio Rischio idrogeologico
Movimenti di pendio Fanno parte dei PROCESSI ESOGENI DI EROSIONE. Definizione di “frana”: “Movimento di una massa di roccia, terreno o detrito lungo un pendio”[CRUDEN & IAEG Commission, 1991] Comprende una grande varietà di fenomeni, in termini di: - tipo di materialecoinvolto, - tipo e velocità di movimento, - dimensioni della massainfrana, - presenza o assenza di un’unica superficie di scorrimento.
Tipi di pendio classificati secondo genesi e materiale coinvolto Importanza del tipo di pendio per: significatività del modello geologico, idrogeolo-gico e geotecnico, fattore di sicurezza iniziale, cause dell’instabilità, meccanismo di rottura, velocità del movimento, evoluzione post-rottura, intensità (magnitudo) del fenomeno, pericolosità del fenomeno.
Classificazione delle frane, secondo il cinematismo prevalente ed il tipo di materiale geologico coinvolto [Varnes, 1978; Cruden & Varnes, 1993]
PRINCIPALI TIPI DI FRANA in funzione del cinematismo del movimento:
Cause delle frane Cause (o fattori)che concorrono a generare l’instabilità di un pendio: cause intrinseche(o interne) cause esterne: - cause preparatorie(o predisponenti), - cause scatenanti (o innescanti). • Importanza di riconoscere la/le causa/e di una frana: • per la scelta dei criteri d’intervento più adatti alla stabilizzazione della frana; • Þper la prevenzione di ulteriori fenomeni di instabilità in aree • limitrofe e simili sotto il profilogeologicoe geotecnico.
(Cause delle frane) Modalità d’azione dei diversi fattori d’instabilità dei pendii: a) luogo d’azione ==> b) funzione svolta ==> c) evoluzione temporale ==>
S = W sin () N = W cos() R = Ntan()+cA L’instabilità di un pendio si verifica quando, lungo una potenziale superficie di scorrimento, il rapporto fra la resistenza al taglio disponibile(dipende dafe c) e lo sforzo tangenziale mobilitato (dipende da componente tangenziale forza peso)è uguale a 1
Le condizioni di instabilità (F = 1) si possono verificare a seguito di: • Þ A) processi che conducono ad un aumento di S; • Þ B) processi che conducono ad una diminuzione di R; • C) entrambi i tipi di processi.
A) FATTORI CHE TENDONO AD AUMENTARE S • Rimozione di supporto laterale • Sovraccarico del pendio: • Pressioni laterali:spinte dell’acqua nelle fratture o in caverne; congelamento dell’acqua nelle fratture; rigonfiamento di rocce argillose; •Movimenti della crosta terrestre: modifica dell’inclinazione del pendio a seguito digrandi deformazioni crostali, fenomeni di subsidenza, faglie attive; • Sforzi transitori (sollecitazioni cicliche ad alta frequenza): terremoti; microsismi da attività vulcanica; franamento per crollo di grandi masse rocciose sul fondovalle; attività antropiche (esplosioni, traffico stradale, macchine vibranti); Duplice effetto: - aumento temporaneo degli sforzi tangenziali mobilitati e - diminuzione dellaresistenza al taglio
B) FATTORI CHE TENDONO A DIMINUIRER • Fattori intrinseci (del materiale allo stato iniziale): Composizione:terreni organici, t. ad elevata componente argillosa (argille, rocce argillitiche), rocce soggette ad argillificazione, t. con elementi lamellari (mica, serpentino); Struttura (micro-,macro- o meso-):disposizione sciolta delle particelle(argille, loess, sabbiefini, piroclastiti, argille sensitive); superfici di strato o di scistosità, faglie, fratture, giacitura dei giunti rispetto al pendio, alternanza di strati a diversa permeabilità o resistenza meccanica; Orientazione del pendio: ad es. verso Sud (=> rapido scioglimento del manto nevoso); • Sforzi transitori (sollecitazioni cicliche ad alta frequenza): terremoti; microsismi, vibrazioni, ecc.; Duplice effetto: - diminuzione della resistenza, con possibilità di liquefazione; - rottura di legami intergranulari e diminuzione della resistenza per coesione. e inoltre - aumento temporaneo degli sforzi tangenziali mobilitati;==>
(Cause delle frane – Fattori che tendono a diminuire R) • Modifiche di struttura: Diminuzione della coesione per: - fessurazione (argille sovraconsolidate, argilliti), - decompressione di pendii in masse rocciose; Diminuzione dell’angolo di resistenza al taglio (e/o della coesione), perdisturbo e rimaneggiamento (loess, argille sensitive, sabbie sciolte); • Variazioni di contenuto d’acqua (e di pressione neutra): A seguito di: piogge intense e prolungate; scioglimento del manto nevoso; innalzamento del livello di falda a distanza; deforestazione (aumento del coefficiente d’infiltrazione); modifiche dell’andamento di corsi d’acqua; occlusione di drenaggi; irrigazione; concentrazione localizzata di acque di scorrimento superficiale; costruzione di bacini idrici ==>
(Cause delle frane – Fattori che tendono a diminuire R) • Alterazione (ed altri processi fisici e chimici): Diminuzione della coesione per: - rammollimento di argille sovraconsolidate fessurate o di argilliti, - idratazione di minerali argillosi, - rigonfiamento di argille montmorillonitiche, - essiccazione di argille o rocce argillitiche, - disintegrazione di rocce granulari, - rimozione di cemento per soluzione; Diminuzione dell’angolo di resistenza al taglio, perscambio di ioni in minerali argillosi; • Altre cause esterne: incendio di boschi; azione disgregante da parte delle radici delle piante; tane di animali: tutte con diminuzione della coesione.
Indagini e prove per lo studio delle frane FINALITA’: à Analisi della franosità di un dato territorio (area vasta) (APPROCCIO TERRITORIALE) ÞZONAZIONE (Valutazione di pericolosità e rischio) à Analisi del grado di stabilità e progetto di stabilizzazione di un dato pendio, marginalmente stabile o instabile (APPROCCIO PUNTUALE) ÞCOSTRUZIONE (Stabilizzazione e sistemazione) MEZZI E METODI: Raccolta, analisi ed elaborazione di dati esistenti Osservazioni fotogeologiche Indagini in situ: in superficie, in profondità Messa in opera di strumentazione e monitoraggio Misura o determinazione delle proprietà geotecniche Analisi del grado di stabilità
Analisi della franosità a scala territoriale Approccio territoriale sotto un duplice profilo: a) indagini per la valutazione dei fenomeni franosi; b) utilizzo dei dati raccolti nella pianificazione territoriale. ZONAZIONE: Suddivisione della superficie terrestre (o di una sua parte) in aree, sulla base del rischio, reale o potenziale, derivante da frane o da altri movimenti di massa.
Indagini in situ • PROGRAMMAZIONE DELLE INDAGINI: • ESTENSIONE SPAZIALE: in superficie, in profondità; • - ESTENSIONE TEMPORALE: ciclo climatico annuale, o • almeno le condizioni più gravose; • - ARTICOLAZIONE IN FASI: indagini preliminari, indagini • intensive, eventuali iterazioni; sorveglianza e/o monitoraggio.
Indagini e rilievi in superficie • Rilievo topografico ex novo (eventuale); • Rilevamento geologico di base (litologico e strutturale); • Rilevamento geomorfologico: manifestazioni superficiali del dissesto; aspetti idrologici; tipo e condizioni della copertura vegetale; condizioni d’equilibrio dei corsi d’acqua; • Controllo dei movimenti superficiali: confronto fra foto aeree o fra • immagini satellitari; G.P.S.; con strumenti topografici.
Indagini in profondità • - Metodi di esplorazione diretti: pozzi, trincee, cunicoli, perforazioni di sondaggio (con campionamento); • - Metodi di esplorazione indiretti: prospezioni geofisiche • (sismiche, elettriche, ecc.); prove penetrometriche; • - Prove geotecniche in situ: in cunicolo o scavo; in foro di • sondaggio (in avanzamento); con attrezzature autoavanzanti; • Prove geofisiche in foro di sondaggio; down-hole; cross-hole; • attività microsismica; • - Sonda televisiva. • N.B. L’utilità dei diversi metodi dipende dal tipo di materiale
Prove geotecniche di laboratorio • prove di classificazione (analisi granulometriche, caratteristiche di • plasticità – eventuali analisi chimiche, mineralogico-petrografiche); • prove di permeabilità (in permeametro, in edometro); • prove di resistenza a compressione, eventuali prove di resistenza a trazione; prove di resistenza al taglio, con determinazione dei parametri di resistenza.
Sistemazione dei fenomeni franosi Drenaggi Sovraccarico al piede (gabbioni)
Pericolosità e rischio frane • Considerare attentamente il tipo dipendio coinvolto nei movimenti franosi (in termini di “genesi del pendio” e di “materiale geologico”). Importante per: la valutazione del grado di rischio, i criteri generali per la mitigazione del rischio e le realistiche possibilità d’intervento geotecnico. • 2) Individuare tutte le cause che hanno agito, in tempi diversi, fino a condurre all’instabilità del pendio.
Velocità di movimento delle frane: suddivisione in classi di velocità, in funzione della dannosità e delle possibilità d’intervento [da Hungr, 1981 - Cruden & Varnes, 1993]
Valutazione del rischio da frana e criteri di mitigazione A livello normativo nazionale, le procedure di valutazione del rischio da frana (valanghe incluse) sono inquadrate nella Legge n. 267 del 3.08.1998 e successivo D.P.C.M. del 29.09.1998: “Atto di indirizzo e coordinamento per l’individuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui all’art. 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180”(c.d. “Legge Sarno”). Attività suddivisa in tre fasi: • 1ª fase: individuazione delle aree a rischio • 2ª fase: perimetrazione dei livelli di rischio • 3ª fase: programmazione della mitigazione del rischio
1ª fase: individuazione delle aree a rischio • Analisi territoriale su base cartografica a scala non inferiore a 1:25.000; • Raccolta dati (“elementi noti e dati già disponibili”); • Nella fase iniziale, realizzazione di una Carta inventario dei • fenomeni franosi e valanghivi, mediante: • acquisizione di tutta la documentazione disponibile; • acquisizione di materiale aerofotografico (voli a date diverse); • esame di foto aeree; • raccolta di ulteriori informazioni mediante schede (predisposte • dal Servizio Geologico Nazionale); • classificazione dei movimenti franosi secondo Cruden & Varnes; • identificazione del grado di attività (frane attive o quiescenti); • ==>
Esempio di legenda della CARTA INVENTARIO DEI FENOMENI FRANOSI (per i fenomeni valanghivi, legenda a parte) Valanghe: Spostamenti di uno strato o di una massa di neve per una distanza lineare di almeno 50 metri
2ª fase: perimetrazione dei livelli di rischio • Base di partenza: Carta inventario dei fenomeni franosi e valanghivi. • Individuazione della presenza di elementi a rischio: • - incolumità delle persone; • - agglomerati urbani, comprese le aree di espansione; • - insediamenti produttivi; • - impianti tecnologici a rischio; • - infrastrutture a rete e vie di comunicazione d’importanza strategica; • - patrimonio ambientale e beni culturali; • servizi pubblici e privati, impianti sportivi e ricreativi, strutture • ricettive e infrastrutture primarie. • Realizzazione di una Carta degli insediamenti, delle attività antropiche e del patrimonio ambientale di particolare rilievo.
Partendo dalla sovrapposizione delle due carte precedentemente elaborate, realizzazione di una Carta di perimetrazione delle aree a rischio, previa suddivisione del LIVELLO DI RISCHIO secondo 4 gradi: • ·moderato R1 (danni sociali, economici e al patrimonio • ambientale marginali); • ·medio R2 (danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al • patrimonio ambientale); • ·elevato R3 (problemi per l’incolumità delle persone, danni • funzionali agli edifici e alle infrastrutture e danni rilevanti al • patrimonio ambientale); • ·molto elevato R4 (perdita di vite umane, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonioambientale, distruzione di attività socio-economiche).
Utilizzo della Carta di perimetrazione delle aree a rischio a fini di pianificazione territoriale, per l’adozione di MISURE DI SALVAGUARDIA. • Aree a rischio molto elevato (R4). Sono consentitiesclusivamente: • · demolizione senza ricostruzione; • · manutenzione ordinaria; • · riduzione della vulnerabilità di edifici esistenti, senza aumento di • superficie e volume e senza cambiamenti di destinazione d’uso; • · manutenzione ordinaria e straordinaria di opere pubbliche e di • interesse pubblico; • · bonifica e sistemazione dei movimenti franosi. • Aree a rischio elevato (R3). Oltre a quelli precedenti, sono • consentiti interventi di: • · manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, • volti a mitigare la vulnerabilità dell’edificio, senza aumento di • superficie e volume; • ·ampliamento di edifici esistenti, a soli fini di adeguamento • igienico-sanitario.
3ª fase: programmazione della mitigazione del rischio Progettazione di interventi puntuali (sia sull’ambiente geologico e sul territorio, sia su strutture e altre opere antropiche), previe specifiche indagini geologiche, geotecniche, idrauliche, agronomico-forestali, ecc.
Valutazione del rischio da frana e criteri di mitigazione _ Sintesi 1ª fase: individuazione delle aree a rischio Carta inventario dei fenomeni franosi e valanghivi 2ª fase: perimetrazione dei livelli di rischio Carta inventario dei fenomeni franosi e valanghivi + Carta degli insediamenti, delle attività antropiche e del patrimonio ambientale di particolare rilievo. Carta di perimetrazione delle aree a rischio 3ª fase: programmazione della mitigazione del rischio Progettazione di interventi puntuali