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GLO Politiche dello sviluppo P. Ponti. POLITICHE IDRICHE. Acqua e…. Prima di tutto: consumo umano diretto, sopravvivenza. La gestione delle risorse idriche è pero legata anche a: Politiche sanitarie Politiche agricole Conservazione dell’ambiente Politiche industriali
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GLO Politiche dello sviluppo P. Ponti POLITICHE IDRICHE
Acqua e… Prima di tutto: consumo umano diretto, sopravvivenza La gestione delle risorse idriche è pero legata anche a: • Politiche sanitarie • Politiche agricole • Conservazione dell’ambiente • Politiche industriali • Politiche energetiche • Politica estera
I temi fondamentali 1. Scarsità 2. Definizione dei confini 3. Scelta della tecnologia 4. Funzioni naturali ed esternalità 5. Accesso e titolarità
1. Cos’è la scarsità? • Paese o area con risorse idriche insufficienti per soddisfare tutti i bisogni di consumo ritenuti importanti (dagli stakeholder locali) • Paese o area con sufficienti risorse idriche, ma: • assenza di un'appropriata rete di infrastrutture di fornitura • inefficiente struttura gestionale • sprechi, abusi, usi inappropriati Le tre cause sono spesso collegate, ma possono emergere in inverso ordine di priorità ed essere a loro volta causate da: 1. una generale carenza di risorse economiche destinate allo scopo di migliorare o aumentare le strutture e i sistemi di fornitura 2. un impianto di norme inadeguato o incompleto 3. mancanza di risorse (formative, relazionali), necessarie per l'applicazione istituzionale-organizzativa delle norme 4. potere di controllo delle risorse mal distribuito Un'area può non soffrire di scarsità al momento presente ma essere sulla strada verso una scarsità futura a causa dei regimi di consumo attuali
Scarsità: come quantificare? (1) Come quantificare, o almeno determinare più concretamente, la scarsità? Qualcuno ha provato a dare delle cifre rispetto alla quantità minima individuale per una esistenza “dignitosa”. Ci si riferisce alla quantità d'acqua necessaria per sopravvivere, cucinare, lavarsi, lavare i propri vestiti e i propri oggetti fondamentali. 20 litri al giorno per persona – OMS 40 litri al giorno per persona – Comitato per un Contratto Mondiale per l'Acqua (società civile) Ogni confine tracciato a livello teorico avrà sempre dei problemi di significato reale, soprattutto per una questione di abitudini culturali: ci sono popolazioni che hanno vissuto con disponibilità inferiori senza percepire la scarsità, mentre nelle società occidentali tali quantità sono considerate irrisorie e completamente insufficienti Determinare dei valori “soglia” può essere utile per: - valutare i risultati ottenuti da diversi sistemi di approvvigionamento e/o gestione - aumentare la consapevolezza e stabilire priorità nell'utilizzo
Scarsità: come quantificare? (2) Al di là dell'acqua necessaria per le funzioni umane basiche, si possono stabilire delle cifre “limite” che includono delle stime degli altri usi dell'acqua. Secondo la World Meteorological Organization (WMO), Nazioni Unite: • Stress idrico: un'area con meno di 1.700 metri cubi d'acqua per persona all'anno (circa 4.650 litri per persona al giorno) → “possibili carenze idriche con gravi conseguenze” • Conflitto idrico: meno di 1000 metri cubi (circa 2.740 litri) → “conseguenze più gravi su produzioni alimentari e sviluppo economico, anche in presenza di tecnologie relativamente avanzate” (WMO, 1997). Queste cifre sono ben più alte delle precedenti perché i consumi idrici per l'agricoltura e l'industria sono attualmente molto più consistenti del consumo umano diretto.
Scarsità locale e scarsità globale Una scarsità “vera” riguarda soltanto l’Africa saheliana e le regioni abitate subdesertiche in Asia e in Australia” mentre, nella maggior parte dei casi, un ruolo preponderante viene giocato dalle decisioni politiche in merito all'allocazione delle risorse idriche, principalmente verso l'agricoltura intensiva rivolta all'esportazione di alcuni prodotti agricoli estremamente diffusi. L'acqua dolce rinnovabile disponibile nel mondo è stimata intorno ai 7.400 metri cubi per persona all'anno, ben al di sopra del livello di stress idrico (1.700 metri cubi) → Le crisi idriche per il momento sono esclusivamente locali, mentre con “crisi idrica mondiale” si intende l'aumento dei fenomeni di scarsità locale. UNDP prevede che, se si prosegue nei trend attuali di sovra-utilizzo, dispersione e contaminazione delle risorse, la scarsità diventerà effettivamente globale (aggregata) entro il 2050.
2. I confini delle politiche idriche Quasi dappertutto nel mondo la gestione – o almeno la regolazione dell'uso – delle risorse idriche è una responsabilità delle autorità amministrative relative alle entità politiche (Stato, enti locali) MA... • i confini amministrativi raramente coincidono con quelli del bacino idrografico • Molti fiumi coincidono con dei confini nazionali o regionali • Alcune fonti sono condivise da vari stati nazionali • Alcune fonti d'acqua sono più “mobili” (fiumi) → interessi di chi sta a monte e di chi sta a valle • Anche le falde acquifere non sempre rispettano i confini
Esempi: il bacino del Nilo • Acqua e interessi geopolitici • Si veda • http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=1279
3. La tecnologia • Efficienza: evitare sprechi di risorse monetarie e di risorse idriche • Sostenibilità economica: durata del tempo, disponibilità e controllo dei materiali per la manutenzione e relative competenze • Sostenibilità ambientale: prelievo entro i limiti MA la scelta della tecnologia non è solo una questione tecnica, riguarda anche: • Compatibilità e armonizzazione culturale • Compatibilità delle modalità di gestione (le opzioni possibili dipendono anche dalle scelte tecniche)
4. Funzioni naturali ed esternalità La scelta delle politiche e dei programmi per l'approvvigiona- mento idrico ha al centro le funzioni “umane” dell'acqua, ma non bisogna dimenticare che: • L'acqua ha “funzioni” basilari per l'equilibrio dei sistemi ambientali (ci sono grandi dighe che hanno provocato cambiamenti nel microclima locale!) • I processi naturali non sono (facilmente) reversibili: non basta riportare “la stessa acqua di prima” per far tornare a vivere una zona desertificata • Gli ecosistemi svolgono funzioni fondamentali per la stessa vita umana, impossibili da misurare (bonificare le paludi vuol dire anche perdere moltissima biodiversità...) • Le altre specie animali non hanno “parola”... ma non è detto che non abbiano diritti! (→ c'è chi dice “specismo”, ovvero discriminazione degli esseri umani verso le altre specie)
5. Accesso e titolarità Per i classici dell'economia, l'acqua è un “bene libero”, non un “bene economico”: altissimo valore d'uso ma valore di scambio praticamente nullo: “L'acqua e l'aria sono utilissime; eppure, nelle circostanze ordinarie, non si può ottenere nulla in cambio di esse” (Ricardo, 1817) → “nelle circostanze ordinarie” sottende la questione della scarsità, ma oggi possiamo leggerlo anche come un riferimento alle condizioni politiche e culturali che rendono possibile la mercificazione. L'acqua, oltre ad essere un bene necessario per la sopravvivenza umana, è un bene insostituibile; le due caratteristiche sembrano essere condivise solo dall'acqua e dall'aria Differenze “quantitative” → conseguenze “qualitative” (cioè un litro in più o in meno può determinare la vita o la morte di una persona Ma c'è una differenza sostanziale tra aria e acqua: l'acqua è accumulabile e trasportabile → mercificabile
Gli attori in gioco e le arene - Organismi internazionali - Stati nazionali - Enti locali - Soggetti della società civile - Imprese multinazionali I luoghi del confronto: - Forum internazionali (ufficiali e alternativi) - Parlamenti nazionali e locali - Regioni geografiche: bacini idrografici
Gli accordi internazionali Premessa importante Non è fondamentale sapere a memoria tutte le tappe, ma capire: 1. il passaggio graduale da una logica del diritto di accesso all'acqua a quella del riconoscimento di un semplice “bisogno” umano, premessa necessaria per la mercificazione delle risorse idriche 2. il graduale inserimento nel dibattito internazionale di altri attori oltre agli stati nazionali: le imprese multinazionali e i soggetti della società civile
1968 - “Carta Europea dell'Acqua” Promulgata a Strasburgo nel 1968 dal Consiglio d'Europa → un trattato che non coinvolge i Paesi del Sud del mondo. Alcuni dei punti fondamentali, tuttora critici nel dibattito internazionale, venivano presi in considerazione secondo un orientamento chiaro. - 4° punto: “La qualità dell'acqua deve essere tale da soddisfare le esigenze delle utilizzazioni previste; ma deve specialmente soddisfare le esigenze della salute pubblica.” → L'acqua non viene quindi definita un bene “pubblico”, ma vengono riconosciute come prioritarie alcune funzioni pubbliche, per soddisfare interessi collettivi prima che individuali. - 10° punto: l'acqua è un “patrimonio comune il cui valore deve essere riconosciuto da tutti”. - 12° punto: “L'acqua non ha frontiere. Essa è una risorsa comune che necessita di una cooperazione internazionale”. Infine: “La gestione delle risorse idriche deve essere inquadrata nel bacino naturale, piuttosto che entro frontiere amministrative e politiche”.
1977 - Conferenza Internazionale di Mar de la Plata Organizzata dalle Nazioni Unite a Mar de la Plata, in Argentina. La definizione dell'acqua come “diritto” nella dichiarazione finale: “Tutti hanno diritto di accedere all'acqua potabile in quantità e qualità corrispondenti ai propri bisogni fondamentali”. La conferenza stabilisce che l'acqua sarà il tema del prossimo decennio dello sviluppo. Nel 1980, l'assemblea generale delle NU proclama l'inizio del “Decennio Internazionale dell'acqua potabile e della sanitation 1981-1990”. Si aggiunge la questione dei servizi igienico-sanitari e dello smaltimento delle acque reflue, secondo l'ottica della gestione integrata delle risorse idriche “gli Stati membri si assumono l'impegno di apportare un miglioramento sostanziale negli standard e nei livelli dei servizi nell'approvvigionamento dell'acqua potabile e risanamento entro l'anno 1990” Per quanto poco definito dal punto di vista della realizzazione pratica, l'obiettivo ha come target tutti gli esseri umani in carenza di acqua, ed è quindi più ambizioso dei MDGs stabiliti 20 anni dopo.
1990 – Conferenza di Nuova Delhi Conferenza finale del Decennio, organizzata dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP). Nella dichiarazione finale: - “gestione integrata di risorse idriche e di rifiuti liquidi e solidi”; - “riforme istituzionali anche per il coinvolgimento totale delle donne nella fase decisionale istituzionale ad ogni livello”; - “gestione comunitaria dei servizi, sostenuta da misure di potenziamento delle istituzioni locali verso il miglioramento e il mantenimento dei programmi sanitari e idrici”; - “solide procedure finanziarie ottenute tramite una migliore gestione dei beni esistenti e utilizzo diffuso di appropriate tecnologie”.
1992 – ICWE Dublino (1) Conferenza Internazionale delle NU su Acqua e Ambiente (ICWE), le cui conclusioni dovranno essere inviate alla conferenza di Rio su ambiente e sviluppo; la conferenza, a cui partecipano anche numerose ONG, si chiude con la Dichiarazione di Dublino: - “un'efficace gestione delle risorse idriche esige un approccio globale che concili lo sviluppo socio-economicocon la protezione degli ecosistemi naturali. La gestione efficace coordinerà l'utilizzo del suolo e dell'acqua nella totalità di un bacino idrico o di una falda acquifera” - “la gestione e la valorizzazione delle risorse idriche devono essere basate sul coinvolgimento partecipativo degli utenti, pianificatori e responsabili politici a tutti i livelli [...] il coinvolgimento e la piena consultazione degli utenti sia per quanto riguarda la pianificazione che l'attuazione dei progetti idrici.”
1992 – ICWE Dublino (2) - “Le donne svolgono un ruolo fondamentale nell'approvvigionamento, gestione e conservazione dell'acqua. […] L'adozione e l'applicazione di questo principio richiede politiche e interventi indirizzati specificatamente ai bisogni specifici delle donne conferendo loro mezzi e potere decisionale a tutti i livelli” [uguale alla dichiarazione di Nuova Delhi] - “L'acqua ha un valore economico in tutti i suoi utilizzi e dovrà essere riconosciuta come bene economico. In virtù di questo principio, è di vitale importanza riconoscere prima di tutto il diritto fondamentale di tutti gli esseri umani all'accesso ad acqua salubre e igiene ambientale ad un prezzo abbordabile. Nel passato, il mancato riconoscimento del valore economico dell'acqua ha comportato sprechi e utilizzi che hanno danneggiato l'ambiente”.
1992 – ICWE Dublino (3 - conclusioni) → L'acqua diventa definitivamente una questione di “sviluppo socio-economico”, ma vincolato alla protezione degli ecosistemi. → Viene specificato che la partecipazione ad ogni livello deve avvenire sia nella pianificazione che nell'attuazione, ma non si parla più di comunità, bensì di singoli individui, peraltro definiti “utenti” e non “cittadini”. → sottolineatura sul ruolo delle donne che, oltre alla possibilità di partecipare, devono ricevere effettivamente mezzi e potere decisionale. → Il punto più importante è il quarto, in cui l'acqua viene definita “bene economico”; il diritto all'acqua si trasforma in diritto all'accesso “ad un prezzo abbordabile” e, così formulato, da diritto umano si trasforma in un diritto del consumatore. Il mancato riconoscimento del valore economico dell'acqua viene considerato una causa di sprechi e utilizzi dannosi per l'ambiente; si tratta di una semplificazione che non tiene conto che: per secoli sono esistiti sistemi di regolazione giuridica che hanno escluso il valore economico dell'acqua e sono stati efficaci dal punto di vista della sostenibilità. La sola definizione di “bene economico” non implica di per sé la mercificazione dell'acqua; la differenza con le precedenti dichiarazioni o convenzioni internazionali sta piuttosto in un'omissione, cioè nel non riconoscere esplicitamente l'accesso all'acqua come un diritto.
1993 – La Banca Mondiale scende in campo La Banca Mondiale (BM) elabora il documento fondatore della “nuova cultura dell'acqua”, → modello gestionale del partenariato pubblico-privato. La BM sostiene che sia la strada corretta per ovviare alla mancanza di fondi che caratterizza il settore pubblico in molti Paesi impoveriti. Nel 1996 la BM fonda il Consiglio Mondiale dell'Acqua che ogni tre anni organizza una conferenza mondiale, denominata “Forum Mondiale dell'Acqua” (FMA); il primo si svolge nel 1997, ma comincia ad avere un peso soprattutto dal secondo, quello del 2000 all'Aja. L'ente e i suoi eventi periodici sono finanziati dalle multinazionali che lavorano nel mercato delle risorse idriche, sia come venditori di acque minerali in bottiglia, sia come fornitori di servizi di approvvigionamento idrico (acquedotti). Le imprese hanno dei rappresentanti nei più alti ruoli direttivi del Consiglio, affianco i rappresentanti degli organismi internazionali. Ai summit partecipano fin da subito i rappresentanti dei governi nazionali, legittimando l'istituzione.
2009 – Forum di Istanbul Il Forum Mondiale dell'acqua entra in crisi di legittimità a partire da tale data, per i seguenti motivi: - La Dichiarazione finale non viene accettata e sottoscritta da tutti - 23 paesi presentano una dichiarazione alternativa in cui si chiede che l'accesso all'acqua sia riconosciuto come un diritto umano universale - alcuni deputati europei, delegati nazionali e membri di orgnismi delle Nazioni Unite disertano il Forum della BM e partecipano a quello “alternativo, organizzato dai soggetti della società civile.
La posizione dell'UE nei Forum mondiali “Risoluzione del Parlamento europeo del 12 marzo 2009 sulle risorse idriche in vista del quinto Forum mondiale dell'acqua a Istanbul dal 16 al 22 marzo 2009” 18° punto: l'UE “chiede, nel contesto del mantenimento della proprietà pubblica e in un quadro regolamentare e giuridico adeguato, che siano permessi sforzi maggiori per coinvolgere il settore privato nella distribuzione dell'acqua”; 20° punto: “ritiene che i sistemi di partnership pubblico-privato, in cui le autorità pubbliche restano proprietarie delle infrastrutture e stipulano un contratto di gestione con il settore privato, possano essere uno degli strumenti per migliorare un accesso abbordabile all'acqua e alle strutture igienico-sanitarie”.
1995 - GATS Occorre ricordare anche il ruolo del WTO nella regolazione del “mercato dei servizi” Nell'ambito dei servizi di approvvigionamento idrico, l'accordo che interviene è il General Agreement of Trade in Services (GATS), attivato nel 1995 Tra i principi di carattere generale, il più importante è quello della “nazione più favorita”, che proibisce ogni forma di discriminazione tra servizi e fornitori di servizi che provengono da diversi Paesi. Un altro principio di carattere generale riguarda la trasparenza, che richiede ai membri dell'OMC di rendere pubbliche tutte le misure legislative e politiche di carattere commerciale e di stilare degli info-enquiring points per rispondere alle richieste di informazioni da parte di altri Paesi.
1995 – GATS (2) • Il GATS all'inizio prevedeva l'esclusione dei servizi “forniti nell'esercizio dell'autorità governativa”, definendo questi ultimi come “servizi non forniti su base commerciale né in competizione con altri fornitori” privati. • Ma il GATS non dà alcuna definizione di cosa significhi servizio fornito su base commerciale, né il termine competizione viene esplicitato. Inoltre, lo stesso segretariato dell'OMC scrive: “la portata delle regole del GATS si estende a tutte le forme di commercio internazionale nei servizi. • Di fatto i negoziatori durante gli incontri per l'attuazione dle trattato spingono per la liberalizzazione dei mercati delle risorse idriche.
Le proposte della “società civile”: il Contratto Mondiale per l'Acqua 1989 – prima stesura e approvazione a Lisbona del Manifesto per un Contratto Mondiale dell'Acqua, da parte di un gruppo di studiosi di varie discipline e di attivisti. La risposta al processo di mercificazione delle risorse idriche può essere letta polanyiamente come un movimento di autoprotezione della società, di fronte al movimento di espansione del mercato fino ad includere un bene necessario all'esistenza. Il Manifesto afferma quattro principi intorno ai quali propone che la comunità internazionale si impegni a redigere un “Contratto Mondiale”: - L'acqua è un diritto umano universale: l'accesso all'acqua nella quantità e qualità sufficiente alla vita deve essere riconosciuto come un diritto costituzionale umano e sociale, universale, indivisibile ed imprescrittibile.
Le proposte della “società civile”: il Contratto Mondiale per l'Acqua (2) - L'acqua è un bene comune che appartiene alla comunità; gli ecosistemi devono essere considerati come dei beni comuni. Pertanto la proprietà, il governo ed il controllo politico dell'acqua (in particolare la gestione dei servizi idrici) devono essere/restare pubblici, sotto la responsabilità diretta dei poteri pubblici. - Garantire l'accesso all'acqua è un dovere della comunità internazionale che deve trovare le risorse per raggiungere tale scopo. - La gestione dell'acqua deve essere associata alla democrazia ed alla partecipazione dei cittadini e tutelata da un'autorità mondiale: la democrazia necessita la promozione di un “pubblico” nuovo, democratico, partecipato e solidale, l'attivazione di luoghi di partecipazione diretta, di prossimità, che includano i cittadini e le comunità locali, e la valorizzazione di tutte le forme che nei vari continenti e Paesi rappresentano la ricchezza dell'esperienza democratica.
Le proposte della “società civile”: il Contratto Mondiale per l'Acqua (3) Il processo dovrebbe avvenire favorendo a tutti i livelli locali la costituzione di “Consigli dei cittadini”, con poteri effettivi, a sostegno e in rafforzamento delle istituzioni di democrazia rappresentativa esistenti o similari, secondo le pratiche e le culture dei vari Paesi. Il movimento prende posizione su ognuno dei punti del dibattito: 1. Il recupero dei costi, non viene escluso a priori, mentre è considerata inaccettabile la generazione di profitti; 2. Rispetto alle modalità di gestione non si ritiene “che il privato sia per definizione meglio del pubblico”, e sicuramente non possa essere meglio “di una buona gestione caratterizzata dalla partecipazione dei cittadini” 3. “Con l'aumentare della partecipazione privata aumentano le tariffe perché le società per azioni, per definizione, devono generare utili” 4. Critica all'utilizzo del concetto di “bisogno” per definire l'accesso all'acqua, perché ciò implica la responsabilità individuale nella soddisfazione dello stesso, mentre l'affermazione di un diritto significa riconoscere che la collettività ha la responsabilità di creare le condizioni affinché questo diritto possa essere garantito.
Appendice: monopolio naturale e concorrenza Si ipotizzi che in un Paese venga aperto e liberalizzato il mercato dell'acqua e che ci siano varie compagnie private interessate ad entrarvi: 1. All'inizio ci può essere concorrenza per vincere l'appalto per aggiudicarsi il servizio di fornitura dell'acqua nelle varie zone del Paese. Se le regole del bando sono “scritte bene”, vinceranno le aziende migliori (più efficaci/efficienti) 2. Il regime di concorrenza che ne risulterà (dopo il bando di assegnazione) non sarà a livello di scelta per i cittadini, dato che tendenzialmente non ci possono essere diverse reti di fornitura per la stessa area, ma tra zone di servizio; cioè, al massimo, diversi soggetti vinceranno in diverse aree del Paese (ma potrebbe anche vincere la stessa azienda ovunque)
3. La concorrenza potrebbe continuare anche nella fase di gestione solo se si stabilissero dei periodi limitati di durata delle licenze e il servizio nelle varie zone venisse riaffidato man mano alla compagnia più efficiente. 4. Nel medio-lungo periodo, ci sarebbe comunque una tendenza alla concentrazione in mano ad una sola compagnia privata, oppure un accordo di cartello tra le varie compagnie per presentare le stesse condizioni economiche e gli stessi livelli di efficienza, o un accordo di non belligeranza: in ogni caso la creazione di un oligopolio inefficiente per l'utente. 5. In via teorica, questa tendenza potrebbe essere evitata se: a) i cittadini di una zona fossero in grado di scegliere un bene alternativo, in caso di bassa qualità o prezzo troppo elevato dell'acqua; b) se le licenze avessero un tempo limitato (pochi anni), e altri attori economici potessero e fossero interessati a ri- concorrere al nuovo bando di assegnazione
6. Il primo caso non è possibile per la natura del bene (non sostituibile). Il secondo caso conduce ad analizzare un'altra caratteristica specifica del bene acqua e dei servizi di fornitura: i costi d'investimento iniziali sono molto alti e disincentivano l'ingresso di un nuovo attore, rendono molto difficile che un nuovo attore possa competere con uno già presente sul mercato e già dotato di infrastrutture. 7. Queste condizioni portano alla definizione di “monopolio naturale”, cioè un settore in cui i costi medi sono decrescenti grazie alle cosiddette “economie di scala”, per cui: • È impossibile l'applicazione delle regole della concorrenza pura e perfetta • I prezzi non sono determinati sulla base dei costi marginali → I rendimenti marginali sono quindi strettamente crescenti, ovvero il costo di “produzione” dell'ultima unità è inferiore a quello di tutte le precedenti (con “costo di produzione”, nel caso dell'acqua ci si riferisce alla fornitura di una quantità aggiuntiva ad un utente già collegato al sistema di fornitura).
8. Quanto al problema del collegamento di nuovi utenti, è evidente che il fornitore già presente sul mercato gode di un vantaggio competitivo difficilmente intaccabile da un eventuale nuovo operatore. Inoltre, spostandosi da un giudizio di efficienza ad uno di efficacia, il collegamento di nuovi utenti potrebbe essere svantaggioso, dal punto di vista della gestione economica, per un sistema di fornitura. Un gestore privato non è incentivato a collegare delle zone remote con un numero di utenti che non garantisca la copertura dei costi specifici di collegamento. Il problema degli utenti “lontani” a volte può essere risolto più facilmente con molti piccoli operatori, altre volte con un unico operatore centralizzato: non c'è una risposta univoca.
9. Parzialmente differente è il caso del mantenimento della proprietà pubblica delle infrastrutture che vengono però concesse in utilizzo a gestori privati del servizio di fornitura. Per gli eventuali concorrenti del gestore privato non ci sarebbero problemi di investimento iniziale, ma la concorrenza si limiterebbe comunque al momento di ridefinizione della concessione. 10. Per essere efficace, la concessione dovrebbe durare un tempo limitato, con conseguenze negative per la conservazione delle infrastrutture: il concessionario non sarebbe incentivato a svolgere la corretta manutenzione. Fenomeni di questo tipo sono stati osservati in vari settori considerati di monopolio naturale. → Socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti
CONCLUSIONI In caso di liberalizzazione e privatizzazione del mercato dell'acqua, ciò che verosimilmente può accadere è che si costituisca un oligopolio, o meglio vari piccoli o grandi monopoli locali, in cui un ente fornitore acquisisce il diritto di gestire per lungo tempo le risorse idriche in una zona, in una posizione di controllo inattaccabile che gli permette di stabilire un prezzo di vendita dell'acqua in modo arbitrario e volto a garantire profitti economici per l'investitore stesso. Quanto effettivamente accade non si discosta da questo scenario teorico. In conclusione, dato che l'acqua è un bene insostituibile, la gestione di mercato sembra condurre inevitabilmente ad un monopolio, quantomeno nel lungo periodo: la concorrenza tra vari attori e i suoi vantaggi (riduzione dei costi e dei prezzi, aumento della soddisfazione dei cittadini / “consumatori”) non è possibile in questo settore e la gestione privata non trova giustificazioni teoriche.