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Corso veloce di filosofia per viaggiatori lenti (e curiosi). a cura di Enzo Galbiati. Programma del corso .
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Corso veloce di filosofia per viaggiatori lenti (e curiosi) a cura di Enzo Galbiati
Programma del corso I ciclo: introduzione ai concetti principali (filosofia, amore, bellezza, verità) alla metodologia e agli autori più importanti. Che è lo stesso che dire: Metafisica, Etica, Estetica, Logica. Ma anche Politica. II ciclo: presentazione dell’estetica o filosofa del bello (brutto) o filosofia dell’arte. III ciclo: presentazione dell’etica / delle etiche IV ciclo: politica cioè di nuovo all’introduzione, alla filosofia.
T. S. Eliot, Little Gidding, V, 26-29, in Four Quartets, Londra, 1958: "We shall not cease from exploration / And the end of all our exploring / Will be to arrive where we started / And know the place for the first time" “Noi non dobbiamo cessare di esplorare perché il fine di tutta la nostra esplorazione sarà quello di arrivare là dove cominciammo e di conoscere quel posto per la prima volta”
Programma del II corso I Incontro: Venerdì 25 febbraio: “Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace?: introduzione alla estetica come filosofia del bello”: presentazione del II corso attraverso un excursus storico sulle concezioni estetiche; come testo da commentare alcune immagini tratte dalla storia dell’arte. II Incontro: Venerdì 4 marzo: “La Bellezza nella storia della filosofia e dell'arte”; come testo da commentare alcune pagine tratte dalla Poetica di Aristotele; III Incontro: Venerdì 11 marzo: “Elogio della Bruttezza: il Brutto può essere anche Bello?”; un excursus storico sulle concezioni estetiche del brutto; come testo da commentare alcune immagini tratte dalla storia dell’arte. IV Incontro: Venerdì 18 marzo: “Il Bene è bello: l'estetica trova il suo senso nell'etica”; come testo da commentare alcuni brani di A. Schopenhauer “Il mondo come volontà e rappresentazione”
Cosa è l’Estetica? (1) ESTETICA (inglese: Aesthetics; francese: Esthétique, tedesco: Aesthetik): la parola aesthetica ha origine dalla parola greca αἴσθησιςche significa sensazione e dalla parola αἰσθάνομαιche significa percezione mediata dal senso. Originariamente l'estetica infatti non è una parte a sé stante della filosofia, ma semplicemente l'aspetto della conoscenza che riguarda l'uso dei sensi. Dal 1700 in poi con questo termine si designa la scienza filosofica dell’arte e del bello e più in generale qualsiasi analisi, indagine o speculazione che abbia per oggetto l’arte e il bello, a prescindere da ogni dottrina o indirizzo specifico.
Cosa è l’Estetica? (2) Gli autori e le opere: Aristotele: Poetica(circa 334 – 300 a. C.) Giambattista Vico : "Princìpi di Scienza nuova d'intorno alla comune natura delle nazioni"(1744) Alexander GottliebBaumgarten: "Aesthetica" (1750) Edmund Burke : "Un'indagine filosofica sull'origine delle nostre idee di Bello e Sublime" (A PhilosophicalEnquiryinto the OriginofOurIdeasof the Sublime and Beautiful, 1757) Immanuel Kant: "Critica del giudizio" (KritikderUrteilskraft, 1790) Friedrich Schiller: "Kallias o sulla bellezza" (KalliasoderÜberdieSchönheit, 1794) ; "L'educazione estetica dell'uomo in una serie di lettere", 1795 ; "Sulla poesia ingenua e sentimentale" (Übernaive und sentimentalischeDichtung, 1795) Friedrich Schelling: "Sistema dell'idealismo trascendentale" (System destraszendentalenIdealismus, 1800)
Cosa è l’Estetica? (3) Gli autori e le opere: Johann GottfriedHerder: "Calligone" (Kalligone, 1800) Georg Wilhelm Friedrich Hegel: "Estetica" (VorlesungenüberdieÄsthetik) Arthur Schopenhauer : Il mondo come volontà e rappresentazione (DieWeltalsWille und Vorstellung, 1818) Friedrich Nietzsche: "La nascita della tragedia dallo spirito della musica" (DieGeburtderTragödieausdemGeistederMusik, 1872) Benedetto Croce: "Estetica come scienza dell'espressione e linguistica generale", 1902 Walter Benjamin : "L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica" (DasKunstwerkimZeitalterseinertechnischenReproduzierbarkeit, 1936-37) Theodor W. Adorno: "Filosofia della nuova musica" (PhilosophiederneuenMusik, 1949) ; "Teoria estetica" (ÄsthetischeTheorie, 1970)
Cosa è l’Estetica? (4) Così Kant nella Critica del Giudizio (il giudizio estetica è il giudizio sull’arte e sul bello) ma non nella Critica alla ragion pura dove l’Estetica trascendentale indica la dottrina delle forme a priori della conoscenza sensibile (spazio e tempo). Oggi però ESTETICA l’aspetto fisico (capelli, volto, denti, parti del corpo ecc.) gradevole secondo un certo criterio solitamente dettato dalla moda, dalle convenzioni e dalle circostanze storiche e sociali
Cosa è l’Estetica? (5) Il rapporto tra arte e bello è mutato radicalmente nei secoli. Un tempo era rapporto fra artista e committente, entrambi alla ricerca della gloria e dell’assoluto. Oggi invece l’opera non chiede di essere contemplata, non ci placa con la sua bellezza, non si incarica della nostra felicità, ma cerca di stupirci con l’originalità, lo shock e il prezzo. Non più committenti ma un sistema complesso fra critico, artista, giornalista, gallerista, museo, affari.
Il bello e l’arte nell’antichità Nell’antichità arte e bello erano ritenute indipendenti: la dottrina dell’arte era infatti chiamata con il nome del suo stesso oggetto (poetica da ποίησις = poìesis: fare) cioè arte produttiva e produttiva di immagini. Il bello invece, in quanto non incluso nel novero degli oggetti producibili, cadeva fuori dalla poetica e veniva considerato a parte.
Il bello e l’arte per Platone Il bello per Platone è la manifestazione evidente delle idee cioè dei valori ed è perciò la più facile e ovvia via di accesso a tali valori (Fedro, 250 e). L’arte è imitazione delle cose sensibili o degli eventi che si svolgono nel mondo sensibile e costituisce piuttosto un rifiuto a muovere al di là dell’apparenza sensibile verso la realtà e la verità - i valori (Repubblica, X, 598 c).
Il bello e l’arte per Aristotele Il bello per Aristotele consiste nell’ordine, nella simmetria e in una grandezza che si presti ad essere facilmente abbracciata dalla vista nel suo complesso (Poetica, 7, 1450 b 35 sgg.). Anche per Aristotele l’arte è imitazione, anche se la sottrae, con la nozione di catarsi (dal greco κἁθαρσις – katharsis: "purificazione”; è un termine utilizzato per indicare la cerimonia di purificazione che si ritrova in diverse concezioni religiose), a quella specie di confinamento alla sfera sensibile cui Platone l’aveva condannata.
La storia della Bellezza (1) 1. La bellezza come proporzione e armonia (il numero e la musica, la proporzione architettonica, il corpo umano, l’aderenza allo scopo) La sezione aurea o rapporto aureo o numero aureo, nell'ambito delle arti figurative e della matematica, indica il rapporto fra due lunghezze disuguali, delle quali la maggiore è medio proporzionale tra la minore e la somma delle due. In formule: se abbiamo un segmento diviso da tre punti chiamati A, B, C, il rapporto aureo è: (AB+BC)/AB= AB/BC = ɸ (si legge phi)
La storia della Bellezza (2) Tale rapporto vale approssimativamente 1,6180 ed è esprimibile per mezzo della formula: ɸ = (1+ √5)/2= circa 1,6180033988 con la trigonometria: ɸ = sen72°/sen.36°= circa 1,6180033988... Il valore così definito, che esprime la sezione aurea, è un numero irrazionale (cioè non rappresentabile come frazione di numeri interi) e algebrico (ovvero soluzione di un'equazione polinomiale a coefficienti interi).
La storia della Bellezza (3) Sia le sue proprietà geometriche e matematiche, che la frequente riproposizione in svariati contesti naturali e culturali, apparentemente non collegati tra loro, hanno impressionato nei secoli la mente dell'uomo, che è arrivato a cogliervi col tempo un ideale di bellezza e armonia, spingendosi a ricercarlo e, in alcuni casi, a ricrearlo nell'ambiente antropico quale “canone di bellezza”. Testimonianza ne è forse la storia del nome che in epoche più recenti ha assunto gli appellativi di "aureo" o "divino", proprio a dimostrazione del fascino esercitato.
La storia della Bellezza (4) Il rapporto tra i due segmenti è la sezione aurea. Un rettangolo in cui il rapporto fra altezza e lunghezza è uguale al numero aureo è detto rettangolo aureo. Sono rettangoli aurei la parte frontale del Partenone (secolo V a.C.), e le facciate di molti palazzi rinascimentali, ma anche molte costruzioni moderne, come il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite.
La storia della Bellezza (5) Un’interessante proprietà geometrica del rettangolo aureo è la seguente: se ne tagliamo via un quadrato costruito sul lato minore, ciò che resta è ancora un rettangolo aureo. Il procedimento può essere idealmente ripetuto all’infinito Iscrivendo in ognuno dei quadrati un quarto di circonferenza, si ottiene una spirale detta spirale aurea, che è una spirale logaritmica. Questa è la forma della conchiglia del nautilus, e delle linee di infiorescenze del girasole.
La storia della Bellezza (6) Famosa è la rappresentazione di Leonardo dell'uomo di Vitruvio in cui una persona è inscritta in un quadrato e in un cerchio. Nel quadrato, l'altezza dell 'uomo (AB) è pari alla distanza (BC) tra le estremità delle mani con le braccia distese . La retta x-y passante per l'ombelico divide i lati AB e CD esattamente in rapporto aureo tra loro. Lo stesso ombelico è anche il centro del cerchio che inscrive la persona umana con le braccia e gambe aperte. La posizione corrispondente all'ombelico è infatti ritenuta il baricentro del corpo umano.
La storia della Bellezza (7) Una famosa rappresentazione della figura umana in proporzioni auree è anche la Venere di Botticelli nella quale si possono individuare diversi rapporti aurei (1:1,618). Oltre all’altezza da terra dell’ombelico e l’altezza complessiva, è aureo anche il rapporto tra la distanza del collo del femore al ginocchio e la lunghezza dell’intera gamba o il rapporto tra il gomito e la punta del dito medio e la lunghezza dell'intero braccio.
La storia della Bellezza (8) Altri esempi del nostro corpo possono essere ricondotti alla sezione aurea. Se misuriamo le dita della nostra mano, noteremo che i rapporti tra le lunghezze delle falangi del dito medio e anulare sono aurei. Così come è aureo il rapporto tra la lunghezza del braccio e l'avambraccio, tra la lunghezza della gamba e la sua parte inferiore.
La storia della Bellezza (9) La prova più evidente di come il rapporto aureo può influenzare in modo notevole il nostro occhio è data dal volto umano. L'uomo ha acquisito nel corso del tempo un concetto di bellezza che si credeva fosse dovuto ad un puro istinto, ma se andiamo ad esaminare un volto che definiamo "bello“ è facile scoprire come le distanze tra gli elementi che compongono il viso sono strettamente legati alla proporzione aurea.
La storia della Bellezza (10) Nella figura di un volto possiamo individuare numerosi rapporti aurei: A/a= tra l'altezza e larghezza del viso. B/b= posizione della linea degli occhi rispetto al mento ad alla fronte. C/d= posizione della bocca rispetto al mento ed agli occhi. D/d= altezza e larghezza del naso. E/e= lunghezza ed altezza del profilo della bocca. F/f= larghezza degli occhi e la loro distanza. H/h= distanza degli occhi rispetto al centro di simmetria del viso.
La storia della Bellezza (11) 2. La luce e il colore nel medioevo (luce e colori, Dio come luce, luce ricchezza e povertà, il simbolismo dei colori, teologi e filosofi). 3. Dalla pastorella alla donna angelicata (il simulacro, la bellezza soprasensibile, le VENERI) 4. Dame ed eroi (la bellezza pratica e la bellezza sensuale) 5. Dalla grazia alla bellezza inquieta (verso una bellezza soggettiva e molteplice, il manierismo, la crisi del sapere, la melanconia, la tensione verso l’assoluto, agudeza/Wit/concettismo)
La storia della Bellezza (12) 6. La ragione e la bellezza (dialettica della bellezza, rigore e liberazione, classicismo e neoclassicismo, donne e passioni, il libero gioco della bellezza, la bellezza crudele) 7. Il sublime 8. La bellezza romantica e romanzesca, la bellezza vaga del “non so che”, romanticismo e rivolta, verità mito e ironia, torbido / grottesco / melanconico, romanticismo lirico)
La storia della Bellezza (13) 9. La religione della bellezza (la religione estetica, il dandy, la carne / la morte / il diavolo, l’arte per l’arte, à rebours, il simbolismo, il misticismo estetico, l’estasi nelle cose, l’impressione) 10. La bellezza delle macchine?? 11. Dalle forme astratte al profondo della materia (la rivoluzione contemporanea della materia, l’oggetto trovato, dalla materia riprodotta a quella industriale) 12. La bellezza dei mass media (bellezza della provocazione o Bellezza del consumo?, l’avanguardia ovvero la bellezza come provocazione, la bellezza di consumo).
La catarsi di Aristotele La catarsi è la liberazione da ciò che è estraneo all'essenza o natura di una cosa e che perciò la disturba o corrompe. Il termine è di origine medica e significa purga, purificazione da un male. In Aristotele indica quella specie di liberazione o di rasserenamento che l'uomo subisce ad opera della poesia, del dramma e della musica. La catarsi dunque come una specie di cura delle affezioni (corporee e/o sprituali) che non le abolisce ma le porta alla misura in cui esse sono compatibili con la ragione.
La Poetica di Aristotele Citazione da Poetica 1449 b 24: Tragedia è dunque imitazione di un'azione seria e compiuta, avente una propria grandezza, con parola ornata, distintamente per ciascun elemento nelle sue parti, di persone che agiscono e non tramite una narrazione, la quale per mezzo di pietà e paura porta a compimento la depurazione di siffatte emozioni.
Cosa è la tragedia greca: struttura • La tragedia greca è strutturata secondo uno schema rigido: • la tragedia inizia generalmente con un prologo (da prò e logos, discorso preliminare), che ha la funzione di introdurre il dramma; • segue e la pàrodo, che consiste nell'entrata in scena del coro attraverso dei corridoi laterali, le pàrodoi; • l'azione scenica vera e propria si dispiega quindi attraverso tre o più episodi (epeisòdia), intervallati dagli stasimi, degli intermezzi in cui il coro commenta, illustra o analizza la situazione che si sta sviluppando sulla scena; • la tragedia si conclude con l'esodo (èxodos).
La tragedia e i suoi attori La tragedia veniva inscenata da un gruppo di 15 persone, chiamato Coro, narrava l'antefatto cantandolo. Dal coro si staccavano poi dai 2 ai 5 attori che mettevano in scena lo spettacolo. Ma ben presto prende importanza l'attore (il "protagonista"), che viene affiancato da un secondo attore ("deuteragonista") e poi (ad opera di Sofocle) da un terzo ("tritagonista"). A causa dell'interazione tra gli attori, che dialogano tra di loro, ecco che il baricentro dell'azione si sposta sul loro dialogo.
Il ruolo del coro Il Coro tende a diventare quasi uno sfondo scenico, agendo in modo complesso con l'azione. Gli attori recitano in trimetri giambici, metro che produce una cadenza molto vicina al parlato e non sono accompagnati da musica, mentre il Coro è continuamente accompagnato dal suono del flauto. Il compito del Coro è anche quello di spiegare al pubblico azioni e reazioni che avvengono sulla scena, le quali, per motivi ovvi, non sono di facile e immediata comprensione;il Coro è neutrale rispetto agli attori e alle loro azioni, e svolge la funzione di "narratore". I cittadini greci infatti erano obbligati a partecipare agli spettacoli, in modo che tramite questi si arrivasse a quella purificazione dei mali e presa visione dei proprio limiti che era chiamata da Aristotele catarsi.
L’elogio di Aristotele Nella Poetica (1452 b) Aristotele afferma che la situazione più adatta alla tragedia greca è quella di un uomo che non abbia qualità fuori dal comune né per virtù né per giustizia, e che si ritrovi a passare da una condizione di felicità ad una di infelicità, non per colpa della propria malvagità, ma a causa di un errore. Il mutamento può avvenire a causa di una peripezia o di un riconoscimento, oppure, nei casi migliori, di entrambi (Poetica 1452 a). Questo, come riconosce Aristotele stesso, è il caso della tragedia di Sofocle “Edipo re”, che in questo modo rappresenta uno degli esempi più paradigmatici dei meccanismi di funzionamento della tragedia greca.
Edipo re di Sofocle (1) « Questo giorno ti darà la vita e ti distruggerà » (Tiresia ad Edipo, Edipo re, v. 438) Edipo re (in lingua originale Οιδίπoυς τύραννoς , Oidípus týrannos) è una tragedia di Sofocle, ritenuta il suo capolavoro, nonché il più paradigmatico esempio dei meccanismi della tragedia greca. La data di rappresentazione è ignota, ma si ipotizza che essa possa collocarsi al centro della attività artistica del tragediografo (430-420 a.C. circa).
Edipo re di Sofocle (2) Trama in sintesi Interpretazioni della tragedia: La fragilità dell’esperienza umana Volontà divina e responsabilità individuale La tragicità del conoscere L’interpretazione psicanalitica
La Poetica di Aristotele - di nuovo Citazione da Poetica 1449 b 24: Tragedia è dunque imitazione di un'azione seria e compiuta, avente una propria grandezza, con parola ornata, distintamente per ciascun elemento nelle sue parti, di persone che agiscono e non tramite una narrazione, la quale per mezzo di pietà e paura porta a compimento la depurazione di siffatte emozioni.
La versione di Nietzsche La nascita della tragedia dallo spirito della musica L’arte è legata alla duplicità di Apollineo e Dionisiaco: lo spirito apollineo (domina l'arte plastica che è armonia di forme) designa la contemplazione estetica di un mondo immaginato e sognato, di un mondo della bella parvenza come liberazione dal divenire, dal dolore, dalla morte. Nel nome di Dioniso (che domina la musica che è priva di forma) invece il divenire viene esaltato come voluttà smaniante, ebbrezza ed esaltazione entusiastica.
Apollineo e dionisiaco (1) Soltanto in virtù dello spirito dionisiaco i Greci riuscirono a sopportare il dolore dell'esistenza. Sotto l'influenza della verità contemplata l'uomo greco vedeva dappertutto l'aspetto orribile e assurdo dell'esistenza: l'arte gli venne in soccorso, trasfigurando l'orribile e l'assurdo in immagini ideali, per virtù delle quali la vita fu resa accettabile. Entrambe le tendenze sono istinti artistici della natura stessa e sul loro antagonismo si sviluppò l’arte greca.
Apollineo e dionisiaco (2) Per il greco diventare apollineo significò infrangere la propria voglia di mostruoso e di ignoto e mutarla in una volontà di misura. Su questo sfondo la teogonia olimpica della gioia si sviluppò per lento trapasso dalla teogonia titanica del terrore, in virtù dell’apollineo istinto di bellezza. In questa luce di sogno sereno germogliarono le arti plastiche e l’epica, che sono contemplazione pura, e perciò fredda e misurata, di immagini, e che imitano nel loro linguaggio il mondo della visione. In senso opposto a queste arti contemplative, la musica appare quale volontà che si esprime come arte dell’ebbrezza, mentre nella tragedia all’artista dionisiaco, per effetto del sogno apollineo, il suo stato orgiastico si rivela in un’allegorica immagine di sogno
Apollineo e dionisiaco (3) La trasfigurazione fu compiuta dallo spirito dionisiaco, modulato e disciplinato dallo spirito apollineo e dette luogo alla tragedia e alla commedia. La tragedia nasce dal coro tragico, composto di satiri, che rappresenta il vero e proprio elemento dionisiaco. Il satiro è l’immagine originaria dell’uomo ebbro per la vicinanza del dio: è il simbolo di un’esistenza più profenda di quella dell’uomo di cultura e raffigura, con la sua esperienza dionisiaca, l’autentica verità in confronto al fenomeno che passa: nasce di qui la consolazione metafisica della tragedia, nel sentimento dell’eternità dell’essere oltre il continuo morie delle apparenze.
Apollineo e dionisiaco (4) Dapprima Dioniso, il dio, è solo rappresentato nella commozione orgiastica, poi si fa il tentativo di rappresentarlo in visioni e nasce così il vero e proprio dramma, che trasformando in bellezza le sofferenze produce la serenità. Fino a Euripide e a Socrate Dioniso non cessa di essere unico eroe / protagonista scenico, pur sotto le spoglie dei diversi personaggi (Edipo, Eumenidi, ecc.) delle diverse tragedie. Germe dissolutivo della tragedia classica è il socratismo estetico di Euripide: colui che portò sulla scena non più l’eroe, l’uomo trasfigurato dalla passione dionisiaca del coro che in lui contempla le sofferenze del dio, ma l’omuncolo nell’individualità del suo quotidiano soffrire.
Apollineo e dionisiaco (5) La legge del socratismo / platonismo estetico è che tutto debba essere intelligibile per essere bello: ripugnano a Socrate e Platone l’incommensurabilità del dramma, l’indeterminatezza e la pompa dionisiaca della tragedia. Nasce con Socrate l’uomo teoretico / il filosofo, che crede solo alla potenza dell’intelletto, e ritiene mediante la dialettica di poter arrivare alle radice dell’essere. Questo elemento distrugge la tragedia respingendo l’elemento dionisiaco. Due innovazioni: i Greci non sono solo il popolo della felice ed equilibrata giovinezza; Socrate e Platone come decadenti corruttori contro il dolore tragico universale.
I tre problemi fondamentali dell’Estetica filosofica Il rapporto tra arte e natura Il rapporto fra arte e uomo Il compito (se c’è) dell’arte
Il primo problema Molte definizione dell’arte sono determinazioni del rapporto fra arte e natura (o realtà). Poiché si può intendere l’arte come dipendente o indipendente o condizionata dalla natura, si possono delineare tre diverse concezioni dell’arte sotto questo profilo: L’arte come imitazione L’arte come creazione L’arte come costruzione
Il primo problema: a) arte come imitazione La più antica definizione dell’arte nella filosofia occidentale è quella di imitazione: l’arte è subordinata alla natura o realtà in generale. Platone insiste sulla passività dell’imitazione artistica: il pittore non fa che riprodurre l’apparenza dell’oggetto costruito dall’artigiano; il poeta non fa che copiare l’apparenza degli uomini e delle loro attività senza intendersi veramente delle cose che imita e senza capacità di effettuarle (Rep., 598/599 b). Per Aristotele il valore dell’arte deriva dal valore dell’oggetto che la tragedia imita, cioè dal mito, i caratteri che garantiscono alla tragedia la sua riuscita.
Il primo problema: a) arte come imitazione Aristotele: “come gli essere viventi devono, per essere belli, avere una grandezza che possa facilmente nel suo insieme essere abbracciata dallo sguardo, così il mito deve avere un’estensione che possa facilmente essere abbracciato nel suo insieme dalla mente” (Poet., 1451 a 2). All’artista appartiene il merito dell’opportuna scelta dell’oggetto imitato ma egli non può che riprodurlo nelle sue caratteristiche proprie. Non fa differenza che l’oggetto imitato sia una cosa naturale o intelligibile: la passività dell’imitazione rimane. Così anche Plotino: ciò che l’arte aggiunge alla natura è da essa attinto alla realtà superiore / intelligibile cui tiene rivolto lo sguardo (Enn., V, 8, 2).
Il primo problema: a) arte come imitazione La teoria dell’imitazione è stata a lungo difesa e seguita dai sostenitori del realismo dell’arte,soprattutto nei paesi comunisti o tra coloro che si sono ispirati all’ideologia comunista. Ma in questo caso l’interpretazione che si dà dell’imitazione le toglie proprio quel carattere di passività che la caratterizzava nella sua formulazione classica. Così Gyorgy Lukàcs, che definisce l’arte come rispecchiamento della realtà, intende poi questa realtà come il risultato del rapporto reciproco fra la natura e l’uomo: rapporto che è mediato dal lavoro e dalla società in ogni suo momento storico. Perciò egli vede nell’arte il modo di espressione più adeguato e più alto dell’autocoscienza dell’umanità (Aesthetik I, VIII, par. III).
Il primo problema: b) arte come creazione • Il concetto di arte come creazione è tipico del Romanticismo (negazione della ragione illuminista, esotismo, soggettivismo e individualismo, concetto di popolo e nazione, studio della storia, ritorno alla religiosità ed alla spiritualità - oltrepassando i limiti della ragione stabiliti dagli illuministi, l’uomo romantico cerca stabili supporti nella fede e nella conseguente tensione verso l’infinito). • Due i concetti fondamentali espressi da Hegel: • l’arte è originalità assoluta e i suoi prodotti non si lasciano ricondurre alla realtà naturale (Estetica I, 240); • come originalità assoluta l’arte è parte / continuazione / manifestazione dell’attività creativa dello Spirito / Dio, al pari della religione e della filosofia (Estetica (I, 147-148).
Il primo problema: b) arte come creazione Accenno alla filosofia di Hegel (così anche Croce e Gentile). Corollario principale di questa concezione è la scarsa importanza attribuita ai mezzi tecnici della espressione artistica e l’insistenza sulla natura spirituale cioè coscienziale dell’arte: “l’opera d’arte raggiunge solo alla superficie l’apparenza della vita giacché nel suo fondo essa è pietra, legno, tela, o, nel caso della poesia, lettere e parole. Ma questo aspetto dell’esistenza esterna non è quello che costituisce l’opera d’arte: l’opera d’arte si origina dallo spirito, appartiene al dominio dello spirito, ha ricevuto il battesimo dello spirito ed esprime soltanto ciò che si è formato sotto l’ispirazione dello spirito” (Estetica I, 55) . Anche Croce nel Breviario di estetica ribadisce la suddetta posizione di Hegel relegando la tecnica espressiva dell’arte a semplice espediente comunicativo.
Il primo problema: c) arte come costruzione La teoria dell’arte come costruzione si ha quando non si considera l’attività estetica né come pure ricettività né come pura creatività, ma come un incontro tra la natura e l’uomo e come un prodotto complesso in cui l’opera dell’uomo si aggiunge, senza distruggerla, a quella della natura. Kant: l’attività estetica come forma del giudizio riflettente, cioè della facoltà che fa scorgere la subordinazione delle leggi naturali alla libertà umana o il finalismo della natura rispetto all’uomo. L’incontro tra la natura e l’uomo (fra la necessità e la libertà) è dovuto proprio al fatto che l’uomo deve realizzare nella natura i suoi fini e perciò trova un sentimento di piacere (cioè di liberazione da un bisogno) quando questa realizzazione gli appare possibile: quando la natura gli si dimostra adatta a servire ai fini umani (Critica del Giudizio, Introduzione, V)
Il primo problema: c) arte come costruzione In questo concetto dell’attività estetica Kant includeva così quello di un incontro tra il meccanismo naturale e la libertà umana: incontro per il quale l’arte non prescinde dalla natura ma la subordina a sé e l’uomo gode di questa subordinazione come di un bisogno appagato. L’immagine con cui Kant espresse più frequentemente il carattere costruttivo (né imitativo né creativo) dell’arte fu quella del GIOCO: “come attività liberale e non mercenaria l’arte è un semplice gioco cioè un’occupazione di per se stessa piacevole che non abbisogna di altro scopo” (Critica del Giudizio, par. 43).
Il primo problema: c) arte come costruzione L’apparenza estetica o sfera del gioco è pertanto il dominio in cui l’uomo e la natura collaborano insieme, la natura limitando e condizionando la libertà umana e la libertà umana, dal canto suo, procedendo a comporre ed unificare i dati naturali. Sulla stessa scia Schiller, Dewey, Pareyson (formazione dell’opera d’arte). Il teorema fondamentale della concezione dell’arte come costruzione è l’identità della produzione artistica con la sua tecnica: al modo in cui la distinzione radicale tra tecnica e produzione è il teorema caratteristico del concetto di arte come creazione. La cosiddetta arte astratta che più delle altre insite sull’identità di tecnica e produzione è, nel suo complesso, una manifestazione di questo modo di intendere l’arte.