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La VIA CRUCIS contemplando la Sindone di Torino

La VIA CRUCIS contemplando la Sindone di Torino. transizione manuale delle diapositive e delle didascalie . PRESENTAZIONE.

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La VIA CRUCIS contemplando la Sindone di Torino

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Presentation Transcript


  1. La VIA CRUCIS contemplando la Sindone di Torino transizione manuale delle diapositive e delle didascalie

  2. PRESENTAZIONE La Sindone di Torino è un lenzuolo funerario di lino (mt 4,36 × 1,20) che presenta con impressionante realismo i segni delle ferite e della morte di un crocifisso: l’Uomo della Sindone. Nel 1898, il fotografo astigiano Secondo Pia scopriva con sorpresa e commozione come essa fosse il “negativo fotografico” di un’immagine prodotta dal sangue. Da allora, numerose branche della scienza (più di una trentina) l’hanno fatta oggetto di accurate indagini. Lo studio scientifico ha il compito di accertarne l’origine, i percorsi storici, la natura e la formazione dell’immagine, l’identità di colui che vi è stato avvolto, le coincidenze con i racconti evangelici, senza presumere di affermare o negare quanto esula dalla sua competenza ed appartiene invece all’ambito della fede. Anche la Sindone, dunque, invita la scienza e la fede ad accogliersi e ad integrarsi, non a contrapporsi.

  3. Allo stato attuale, le indagini scientifiche sulla Sindone permettono di ritenere molto elevata la probabilità (ma per numerosi studiosi è una certezza) che essa risalga al Crocifisso di cui narrano i Vangeli: Gesù di Nazareth, i cui discepoli da duemila anni credono essere il Cristo, il Figlio dell’uomo e Figlio di Dio, morto e risorto per la salvezza degli uomini. Nel corso dell’Anno Giubilare 2000, Papa Giovanni Paolo II ne volle l’ostensione pubblica e si recò egli stesso in pellegrinaggio per venerarla, se non come “reliquia accertata”, tuttavia come “icona eloquente” che, sia pure nel rispetto della scienza, rimanda inequivocabilmente la mente e il cuore alla Passione-Morte-Risurrezione di Cristo. E’ con questa intenzione che la contemplazione della Sindone viene proposta come “Via Crucis” a chi cerca nella Croce e in Gesù che l’ha portata non più il simbolo di un patibolo ma una pedagogia alla fede, un conforto nel dolore, una scuola di carità, una speranza nella vita eterna.

  4. PREGHIERA INIZIALE Signore Gesù, raccolto davanti al misterioso telo della Sindone ed accantonate con rispetto le considerazioni sul suo studio scientifico, mi soffermo nella contemplazione delle dolorose ferite e del volto mite e solenne dell’Uomo che vi fu avvolto. Tutto mi conduce a te e al cammino della tua Croce.   Fa’, o Signore, che il ricordo della tua Passione imprima la tua imma-gine non su di un lino, ma sulla mia stessa anima, rinnovandola con il tuo perdono e con la tua grazia. Amen

  5. I stazione GESÙAGONIZZA In preda all’angoscia, Gesù pregava più intensamente, e il suo sudore divenne come gocce di sangue che cadevano a terra. Poi, rialzatosi, andò dai discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza. E disse loro: “Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione”. (Lc 22,31) La Sindone è una fotografia ottenuta con il sangue. II primo sangue Gesù lo versa nell'orto degli olivi. San Luca, medico, ci riferisce che il suo sudore diventa sanguigno. La sudorazione ematica, cono-sciuta anche oggi in medicina, avviene quando il fisico è sotto-posto ad una violenta emozione: i vasi capillari si rompono ed emettono sangue, che si mescola ad una sudorazione diffusa ed imponente. E’ la prima volta che Gesù chiede qualcosa per sé ai suoi amici: vorrebbe averli vicini nella sua angoscia, in preghiera. Ma essi dormono. Signore, insegnami a condividere con te anche il tempo del dolore e di sostare in preghiera per essere da te sorretto e incoraggiato quan-do giunge per me l’ora della tenta-zione e della prova.

  6. II stazione GESÙ È PERCOSSO AL VOLTO E’ il primo oltraggio della passione, poi le percosse non si contano più. II volto di Gesù, nella Sindone, con-serva le tracce di queste violenze. Appaiono evidenti le tumefazioni: sotto l'occhio destro, su tutta la guancia destra fino al labbro e al mento, al naso, fratturato per vio-lente percosse (Lc 22,63) che hanno contuso e distorto il setto nasale. II volto rappresenta la parte più no-bile ed eloquente dell'uomo: ne rive-la i sentimenti, i tratti dell’animo, la bellezza interiore. Sfigurare il volto assume il significato dell'offesa più grave. Gesù accetta anche questa umiliazione, ricordando la profezia che affermava: “Non ho nascosto il mio volto a coloro che mi scherni-vano e mi percuotevano” (Is 50, 6). Uno dei servi che gli stava accanto gli diede uno schiaffo (Gv 18,22) Signore, fammi comprendere che le umiliazioni, anche le più ingiuste, mi avvicinano a te e vincono l’odio se mi affido alla forza della verità, della mitezza e del perdono.

  7. III stazione GESÙ È FLAGELLATO Gesù è stato legato con le mani in alto e con il viso rivolto alla colonna. Le ferite provocate dalla flagellazio-ne si contano in numero maggiore sul dorso che non sul torace e non sono presenti sugli avambracci. Il flagello usato per questa tortura, fatto di strisce di cuoio, termina con una coppia di sfere di piombo che, nell'impeto della sferzata, si confic-cano nella carne e si ritraggono lacerandola. Quanti i colpi? Sulla Sindone se ne contano più di un centinaio: più di quaranta sferzate con una frusta che porta due strisce. Sotto i colpi ripetuti, il corpo di Gesù prima si arrossa, poi diventa livido e si spacca, finché il sangue sprizza dai solchi e cola sul lastricato. “Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca” (Is 53,7) Allora Pilato rilasciò loro Barabba; poi, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo con-segnò nelle loro mani. (Mt 26,27) Signore, aiutami a cercare in te il perdono delle mie colpe, ricordando che “hai portato nel tuo corpo i nostri peccati … e che dalle tue piaghe noi siamo stati guariti.” (1 Pt 2, 24)

  8. I chirurghi sanno bene quanto san-guini una ferita alla testa. La Sindone segnala con evidenza un'abbondante colata di sangue sulla fronte. II coagulo parte dalla vena frontale e scende sinuosamente fino a raggrumarsi sul sopracciglio sinistro, prendendo la forma di un “3” rove-sciato, dovuta al corrugarsi della fron-te nello spasimo del dolore. La maggiore densità dell'emorragia si riscontra sulla nuca. Nelle convulsioni delle ore passate sulla croce, la testa, sollevandosi, sfrega contro il patibolo e le spine dilaniano il capo del Signo-re. “Ecco il vostro re!” (Gv 19,14) Era venuto per instaurare un regno di amore, e invece è perseguitato dall’o-dio di coloro che aveva beneficato, abbandonato dagli apostoli, rinnegato da Pietro, tradito da Giuda. E vede tutti i peccati dell’umanità. Anche i miei peccati. IV stazione GESÙ È CORONATO DI SPINE Lo vestirono di porpora e, intrecciata una corona di spine, gliela misero sul capo; piegando il ginocchio davanti a lui, lo schernivano dicendo: “salve o re dei giudei”. E gli percuotevano la testa con una canna. (Mt 15,17-18) Signore, porti il tuo dolore senza misura ricolmandolo con il tuo amore divino. Accetta il mio pentimento e questa mia fede, debole ma sincera, che riconosce solo in te il suo vero Re.

  9. V stazione GESÙ PORTA LA CROCE Gesù porta sulle spalle il “patibulum”, il braccio trasversale della croce che dovrà poi essere agganciato su quello verticale, infisso permanentemente nel luogo del supplizio. La lunghezza, sufficiente ad accogliere l'apertura delle braccia, è almeno di due metri, ed il peso quindi è di oltre mezzo quintale: notevole per un uomo norma-le, immenso per un uomo malmenato e dissanguato. La trave è tenuta obliqua sulla spalla destra, già coperta di piaghe che si riaprono e si allargano. Alle cadute, il peso schiaccia tutto il corpo: la contusione più ampia della spalla destra e quella della scapola sini-stra si spiegano col peso e con l'esco-riazione del legno nel trasporto della croce e nelle cadute. Sulla tunica che Maria ha tessuto, una enorme macchia di sangue va sempre più allargandosi. Ed egli, portando la sua croce, s'incam-minò verso il luogo detto Calvario.. (Gv 19, 16) Signore, fammi comprendere ed accet-tare che “il tuo giogo è soave e il tuo peso è leggero” e che vuoi condividerlo con me per condurmi lungo il cammino della vera vita. (Mt 11, 30)

  10. VI stazione GESÙ CADE PIÙ VOLTE Cadere su una strada, lastricata o sterrata ed accidentata che sia, com-porta inevitabilmente dolorose contu-sioni ed escoriazioni alle ginocchia. Se poi chi cade porta un peso sulle spalle, i traumi sono ancora maggiori. Un uomo che incespichi mentre porta un carico sulla spalla destra cade ap-poggiandosi per primo sul ginocchio destro. La Sindone, oltre che presentare que-sto ginocchio più tumefatto, ne mette in maggior evidenza le ferite. “Aiutatevi l'un l'altro a portare i vostri pesi.” (Gal 6, 2) Costrinsero a forza un certo Simone di Cirene, che tornava dai campi, a portare la sua croce. (Mc 15, 21) Signore, sei caduto a terra per poter raggiungere ogni uomo umiliato dal peccato, e risollevarlo, insieme a te, nella sua dignità. Solleva anche me, Signore, ed inse-gna a tutti noi ad aiutarci fraterna-mente portando insieme i pesi che ci opprimono.

  11. Giunti sul Calvario, strappano a Gesù la tunica che aderisce alle piaghe. Poi lo distendono a terra, mentre la polvere e la ghiaia impastano le ferite. Lo afferrano per le braccia e lo stirano a forza sul patibolo. Un chiodo lungo, quadrato e appuntito, è appoggiato al polso, poiché il palmo non avrebbe retto al peso e si sarebbe lacerato. I colpi del grosso martello aprono e dilaniano la piaga finché il chiodo non si conficca nel legno. La lesione del nervo mediano ha fatto ripiegare sotto il palmo il pollice, che, infatti, nella Sindone non appare. La lesione dei grossi tronchi nervosi dà lo spasimo più atroce che un uomo possa sopportare: i nervi feriti rimangono a contatto col chiodo, sul quale tra poco tutto il peso del corpo farà sentire la trazione e li farà vibrare ad ogni scossa. Per l'altro braccio gli stessi gesti e gli stessi dolori. VII stazione GESÙ È INCHIODATO ALLA CROCE “Se non gli vedo nelle mani il foro dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi, non credo...” “Metti qua il tuo dito, e guarda le mie mani.” (Gv 20, 25 e 27) Signore, ti offro le mie mani, perché tu possa continuare ad aiutare, servire, curare, benedire, pregare, anche quando sono inchiodate al dolore o immerse nell’attività.

  12. VIII stazione GESÙ È INNALZATO SULLA CROCE Rimettono in piedi il condannato, sollevandolo dalle estremità del palo trasversale. Quindi, facendolo cammi-nare all'indietro, lo addossano al palo verticale. Poi, con un'energica spinta verso l'alto, agganciano il patibolo alla sommità dello stipite. Le spalle di Gesù, già scarnificate dalla flagella-zione e dal carico della croce, stri-sciano dolorosamente all'insù contro il legno ruvido. Inchiodano i piedi: il sinistro sopra il destro, con un solo chiodo. Nella Sindone il piede destro ha lasciato un’impronta minore rispetto al sini-stro: nel sepolcro ha conservato la rigidità cadaverica della croce. Non manca chi inveisce vergogno-samente: “Non sei tu il Cristo? Dun-que salva te stesso e noi.” (Lc 23, 35.39) Ed io, quando sarò elevato da terra, attirerò a me tutti gli uomini. (Gv 12,32) Signore, com’è difficile intravedere la salvezza in Uno che sta per morire! Insegnami a vedere il bene anche nelle avversità, nell’umilia-zione, nel sacrificio compiuto per amore.

  13. IX stazione LE TRE ORE DI AGONIA DI GESÙ L’agonia di Gesù si protrae da mez-zogiorno alle tre del pomeriggio. Le due direzioni delle colate di san-gue che fuoriesce dai polsi stanno ad indicare l'alternarsi delle posizioni di Gesù in croce: quando il corpo si ab-bandona accasciato nello sfinimento, il sangue scende lungo l'avambrac-cio fino al gomito. Quando invece Gesù, per dar tregua allo spasimo, si solleva prendendo come appoggio il chiodo dei piedi e porta le braccia parallele al patibolo, allora il sangue cola perpendicolare al braccio e cade a terra. In quei momenti i polmoni prendono un po' di respiro. Perché questo? Perché Gesù vuole parlare: “Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno.” (Lc 23, 34) Era già quasi l'ora sesta, quando le tenebre si stesero su tutta la terra, fino all'ora nona. (Lc 24, 44) Signore, insegnami a chiedere umil-mente il perdono e a riceverlo con gratitudine, ad invocarlo con co-stanza e ad offrirlo con prontezza: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.

  14. X stazione I CRAMPI MUSCOLARI Io tendo le mie braccia verso di te: affrettati, Signore, esaudiscimi! Vedi, non ne posso più! (Salmo 142) Nella Sindone, i muscoli si presentano irrigiditi. II fenomeno dei crampi che talvolta sperimentiamo in un polpaccio o fra le costole, nei crocifissi raggiunge il parossismo, in forma tetanica, e si estende interamente a tutte le membra del corpo. Mentre tutto il peso grava sulle braccia, quasi subito, i crampi insorgono nei muscoli degli avambracci, poi passano alle braccia e si prolungano al tronco fino agli arti inferiori. “Ho guardato attorno: nessuno che mi aiutasse; ho atteso con angoscia: nessuno che mi sostenesse!” (Is. 63) Signore, aiutami a vivere i disagi della vita non nella solitudine e nella disperazione, ma nella comunione con te e nella solidarietà con chi soffre, affinché anche il mio dolore possa testimoniare la fede e sprigionare l’amore verso chi mi è accanto.

  15. XI stazione GESÙ MUORE SULLA CROCE Lucidamente dolorosa la passione, ma ancor più dolorosa la morte. Nella Sindone il torace di Gesù ha un rilievo molto marcato. Nello spasimo della trazione, la gabbia toracica si arresta in stato di dilatazione. I pol-moni non sono più in grado di intro-durre l’aria e, anche per l’imponente emorragia, non provvedono più alla ossigenazione del sangue. Il con-dannato muore tra i dolori per asfis-sia, come se qualcuno lo soffocasse alla gola. E SPIRO’. Adamo aveva ricevuto da Dio il soffio della Vita, persa poi con il peccato; Gesù, il nuovo Adamo, con l’ultimo respiro ci ridona la Vita di Dio rendendo il suo Spirito. Gesù, dopo aver mandato un grande grido, rese lo spirito. (Mt 27,50) Signore, fa’ che io pensi anche alla mia morte e mi prepari ad essa come alla rinascita nella vera Vita.

  16. La Sindone riporta sulla parte destra dei torace l'impronta di una grossa ferita: una lancia ha trafitto il cuore, svuotan-dolo del sangue e del siero abbondante provocato dalle violenze e dalla doloro-sa agonia. Per gli ebrei il cuore del sacrificio non era nella morte della vittima, ma nell'aspersione del sangue, che essi consideravano come sede della vita. Il sangue che Giovanni vede sgorgare è dunque un vero sacrificio, dono perenne di vita all'umanità morta per il peccato. L'acqua effusa dal suo Cuore, nell’intenzione di Gesù, è il fiu-me dello Spirito Santo che ci manda per trasmetterci la sua vita divina. Gesù è già morto: non soffre per questa ferita. Essa tuttavia raggiunge il cuore della Madre. Nel suo dolore si compie “ciò che manca alla Passione di Gesù, per il suo Corpo che è la Chiesa”(Col 1, 24). Anche per la sua sofferenza ora la Chiesa è Tempio dello Spirito di Dio. XII stazione UNA LANCIATRAPASSAILCUORE Venuti a Gesù, poiché videro che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli aperse il costato con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua. (Gv 19,23) O Vergine Santa, accogli la mia gratitu-dine per aver accettato di divenirmi Madre nel doloroso parto della Croce e conservami sempre sotto la tua materna protezione.

  17. XIII stazione GESÙ È DEPOSTO E SEPOLTO Durante il trasporto al sepolcro, nel ripiegare il corpo di Gesù e nel compor-lo dentro alla Sindone, si produce un'al-tra impronta di sangue. Dalla ferita del costato esce un’imponente colata di sangue che si raccoglie sul fianco e impregna il lenzuolo. Poi, Gesù è ripo-sto nel sepolcro. La vita di Gesù è raccolta tra la mangia-toia e il sepolcro: come non vedere le loro eloquenti analogie? Due “culle” lo accolgono in una grotta che non gli appartiene, due bianchi lini ne avvol-gono premurosamente il corpo, ma là il Verbo di Dio vagisce, qui tace. Tutto si è compiuto per la nostra sal-vezza: là per condividere la nostra esi-stenza terrena, qui per accoglierci nella sua esistenza eterna. Giuseppe d'Arimatea, preso il corpo di Gesù, l'avvolse in una candida sin-done e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che aveva fatto scavare nella roccia. (Mt 27, 59) Signore, ti offro tutto me stesso, dal primo istante della mia vita al mio ultimo respiro. Affido tutto ciò che sono stato, che sono e che sarò, alla tua divina misericordia.

  18. XIV stazione IL VOLTO UMANO DI DIO Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto. (Gv 19, 37) Il volto dell’Uomo della Sindone emana una misteriosa e affascinante bellezza, un tratto singolarmente nobile e solen-ne, si direbbe: regale. Anche sulla croce stava una scritta che diceva come Colui che vi stava morendo fosse un Re. Lì accanto, un ladrone pentito e compas-sionevole lo aveva intuito: “Ricordati di me, quando sarai nel tuo Regno.” “Oggi sarai con me in paradiso”, aveva rispo-sto Gesù. Ora, nel buio e nel silenzio del sepolcro Gesù è morto e tuttavia attende: “ Tu, o Dio, non permetterai che il tuo Santo veda la corruzione.”(Atti 2, 27) Tra non molto, i discepoli ne vedranno il Volto regale e glorioso. Signore, come loro, anch’io ti prego: “ il tuo Volto io cerco, mostrami il tuo volto! ” (salmo 15)

  19. PREGHIERA CONCLUSIVA Signore Gesù, le sofferenze della tua Passione e Croce mi hanno com-mosso e allo stesso tempo consolato. Tu conosci la fragilità dell’uomo e ne perdoni le colpe: rafforza la mia fede, illumina il mio cammino, insegnami a contemplare nel tuo Volto di crocifisso l'Amore divino che sempre sa offrire il conforto nel dolore, la speranza nella prova, la via della vita e la certezza della risurrezione. Amen

  20. “ Volto adorabile di Gesù, sola bellezza che mi rapisce, imprimi in me la tua divina immagine, perché tu non possa guardare la mia anima senza contemplarvi te stesso.“ Santa Teresina di Gesù Bambino pierreci - cremona BUONA SETTIMANA SANTA e BUONA PASQUA

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