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Roberto Bonomi

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Presentation Transcript


  1. Negli ultimi 30 anni ho trascorso buona parte del mio tempo con il prof. Vittori ed il prof. Carmelo Bosco (mio grande amico), prima come esperto di elettronica ed informatica nel progettare apparecchiature di rilevamento dati utilizzate per meglio comprendere alcuni fenomeni legati al training e poi come allenatore. Le nostre esperienze sono sempre state e sono, tuttora, discusse insieme e questo modo di confrontarci ha portato alla rivisitazione, in alcune parti, di un “metodo” che era già ampiamente stato definito negli anni 80. Nella mia esposizione, per la correttezza e chiarezza con cui sono espresse, spesso cito testualmente quanto scritto dal prof Vittori, consapevole come sono, che difficilmente riuscirei ad essere chiaro e preciso quanto Lui. La corsa veloce è, certamente, l’unica specialità sportiva le cui prestazioni sono legate all’utilizzazione di tutte le espressioni di forza di cui la muscolatura è capace e quindi è facile comprendere quanto questo fenomeno resti del tutto insolito e singolare. Richiede, quindi, una articolazione più complessa dei mezzi dell’allenamento ed una loro organizzazione sempre più sofisticata ed artificiosa, rispetto alle strategie metodologiche adottate dalle discipline di forza per antonomasia, quali il sollevamento pesi ed i lanci dell’atletica e dalle quali, per questa attività specifica, è più prudente prendere le distante, piuttosto che i consigli. Roberto Bonomi

  2. La Scuola Italiana della Velocità nasce intorno agli anni settanta ad opera del prof Vittori. La Scuola Nazionale di Atletica Leggera di Formia era molto frequentata da atleti, tecnici e ricercatori e ci si ponevano molte domande riguardanti i mezzi di allenamento, la bioenergetica muscolare delle varie specialità, i modelli tecnici–biomeccanici, quelli ritmici e di distribuzione dello sforzo. Il fermento era grande quanto la voglia di conoscere, gli atleti erano disponibili e si poteva molto sperimentare e tutti insieme speculare sulle esperienze fatte. Dopo non molto tempo si cominciò a sentire l’esigenza di capire anche la funzionalità del sistema nervoso. Da molto tempo, ormai, la nostra attenzione è rivolta principalmente alla ricerca di strategiecapaci di migliorare la funzionalità del sistema nervoso essendo perfettamente coscienti che le future riserve di prestazione vanno cercate proprio in questo campo Roberto Bonomi

  3. È unagrandezza fisicache ci dà la misura dello spostamento di un corpo. Essanon è, come molti la definiscono, una qualità fisica elementare di base, ma è una grandezza o un indicatore che rappresenta il rapporto tra lo spazio percorso ed il tempo impiegato a percorrerlo, ed è conseguente all’effetto dell’applicazione di una forza. Che cos’è la velocità Risulta, quindi, indispensabile risalire alle cause che producono tale effetto, affinché il relativo training contenga i mezzi e la struttura per influenzarne la crescita. La velocità, quindi, va vista come un complesso di capacità e idoneità che trova nelle diverse espressioni della forza muscolare il presupposto dinamico fondamentale. È per tale motivo che molta attenzione viene focalizzata sulla forza e sulle tante forme del suo sviluppo Roberto Bonomi

  4. La capacità di correre velocemente è influenzata da vari fattori quali: forza muscolare come espressione di base della capacità contrattile come espressione di forza speciale come espressione di forza specifica tecnica corsa comeperfezionamento stesso della tecnicae della partenza dai blocchi e della decontrazione ritmica corsa comeottimizzazione del rapporto tra la lunghezza e la frequenza dei passi, in funzione della distanza e, quindi, della velocità Roberto Bonomi

  5. Ho fatto prima riferimento all’importanza del S.N.C. ed alla attenzione che noi poniamo nel trattare i fattori di prestazione legati ai processi coordinativi e di regolazione dell’azione. A supporto di tale ipotesi Vi mostro una diapositive relativa ad uno studio del 1988 Contrazione tetanica e volontaria Esistono studi effettuati su atleti di diverse età che hanno evidenziato come si modifica la curva forza/tempo quando, attraverso stimolazione artificiale, viene prodotta una contrazione tetanica. In tali studi è evidente che soggetti di più scarsa qualificazione producono maggiori differenze tra i parametri derivanti dall’impegno di forza volontaria e quelli della stimolazione artificiale. Se ne deduce che un allenamento pluriennale ben strutturato migliora il meccanismo nervoso di regolazione della funzione contrattile del muscolo che a sua volta permette di utilizzare, in forme più o meno complete o evidenti, il potenziale motorio riferito ad uno sforzo volontario. Modificazioni delle curve medie “forza-tempo” di un contrazione tetanica provocata artificialmente (A) e di una contrazione volontaria (B) Yury Verchoshansky 1988 Roberto Bonomi

  6. La forza muscolare risulta essere anche un prodotto dell’allenamento; esso come effetto produce un adattamento nell’organismo. Questa capacità di adattamento dell’organismo deriva da un particolare equilibrio generale che coinvolge fenomeni neuro-endocrini molto complessi. È quello che Hans Selye ha definito “Sindrome Generale di Adattamento”, chiarendo che se veniamo sottoposti ad azioni stressanti (freddo, caldo, rumore, emotività, fatica, ecc.), il nostro organismo reagisce e oltre a darerisposte specificherelativamente ai settori sollecitati, risponde sempre con un adattamentoaspecificotendente a riportarlo in equilibrio con l'ambiente. È, quindi evidente, che l’allenamento della forza, oltre a sollecitare aspetti biochimici e conseguenti modificazioni morfologiche, attiva anche risposte neurogene specifiche. Il sistema nervoso gioca un ruolo determinante soprattutto nella coordinazione della risposta all’azione stressante e cioè sull’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. I primi miglioramenti che si riscontrano in risposta agli interventi di training, sono dovuti a fattori neuromuscolari quali il reclutamento e sincronizzazione delle unità motorie, coordinazione intra ed intermuscolare, miglioramento dei riflessi da stiramento e di inibizione degli organi tendinei del Golgi. A questa prima risposta, fase autonoma, segue una risposta ormonale molto più complessa detta fase metabolica legata ai processi di incremento della sintesi proteica ed in particolar modo all’aumento della sezione trasversa del muscolo. Va tenuto presente che tutte queste modificazioni sono accompagnate da variazioni ormonali (Guezenec et al. 1986) che sono correlate sia al tipo di lavoro che alla velocità di esecuzione (Bosco et al. 1999). Inoltre i tempi di recupero tra le serie, così come il numero delle serie effettuate, sono di fondamentale importanza per la creazione di adattamenti specifici Roberto Bonomi

  7. Il fondamento dell’allenamento Questa capacità dell’organismo di rispondere con un incremento delle proprie disponibilità energetiche e funzionali alle sollecitazioni stressanti rappresenta anche il “fondamento del training” “il cui significato complesso è difficilmente riassumibile in sintesi che ne colgano tutti gli aspetti che sono di ordine pedagogico, psicologico, didattico, bioenergetico, tecnico nonché filosofico.” (Vittori) Roberto Bonomi

  8. L’allenamento del giovane La prima cosa da ricordare é che allenare un giovane promettente o di talento, non vuol dire allenare un "campione in erba". Sarebbe un errore pericoloso e grossolano, lasciarsi suggestionare dai contenuti degli allenamenti di un campione ritenendone sufficiente la riduzione delle quantità e delle intensità per adeguarlo alle esigenze di un giovane, ma diverse debbono essere soprattutto la qualità ed il tipo dei mezzi e delle esercitazioni da scegliere come contenuti dell'allenamento. L'attività fisica giovanile • L'attività fisica giovanile a lungo termine dovrebbe prevedere principi e comportamenti didattici di avviamento che progressivamente conducano: • dall'elementare al complesso • dal facile al difficile • dal generale allo specifico • dal globale al particolare Roberto Bonomi

  9. Le capacità di trasmissione Le forti spinte di sviluppo complessivo nell'età giovanile incidono sulla crescita globale delle capacità di rendimento e rendono più sensibile ed attivo il processo di trasferimento o trasmissione allargata a comparti dell'organismo anche diversi da quelli sollecitati dall'esercizio. Nell'età dello sviluppo è, quindi fondamentale sfruttare queste capacità di trasmissione dell'organismo, mentre, quando le spinte della crescita diminuiscono o finiscono del tutto, e necessario provvedere a qualificare sempre più l'allenamento con la scelta dei mezzi nuovi, più diretti e specifici che, arricchendo le metodologie, siano ancora capaci di produrre miglioramento anche in assenza dello sviluppo fisico. I fattori di crescita Gli ormoni (tirossina, l'ormone somatotropo, ed il testosterone), che promuovono la differenziazione dei tessuti, esercitano una importante azione sulla crescita ultrastrutturale muscolare. Questi ormoni iniziano o aumentano la loro attività, reagendo sensibilmente alle sollecitazioni fisiche quando si entra nella pubertà. Ciò sta a significare che si possono ottenere notevoli miglioramenti nello sviluppo della forza muscolare solo dopo l'aumento della produzione e della liberazione di testosterone (Komi, Hakkinen 1988; Prader 1975). Roberto Bonomi

  10. L'allenamento della condizione fisica L’ambito delle attività di allenamento deve essere vasto, soprattutto della fascia di età compresa tra i 12 ed i 15 anni, per coinvolgere tutte le qualità neuro-muscolari, fisiche ed organiche che permettono al giovane di esprimersi compiutamente nelle diverse specialità previste. Il binomio neuro-muscolare comprende tutte le caratteristiche che da esso dipendono e che trovano, nella forza muscolare, vista nelle molteplici sue manifestazioni, quella più importante ed emblematica. Ci occuperemo, quindi, della forza muscolare in quanto considerata, ed a ragione, la più importante qualità fisica elementare di base, essendo l'unica causa della variazione dello stato di quiete o di moto di un corpo, e, quindi, dell'acquisizione della velocità. “Correre velocemente” dipende da un complesso di idoneità che hanno nella “forza muscolare” la premessa dinamica che le anima. L’allenamento della forza è anche l’addestramento al suo sviluppo ed alla sua applicazione in esercizi specifici di corsa, che trovano, nelle prove ad alta velocità, il culmine della sintesi. L’allenamento, negli anni, deve subire modificazione per adeguarsi alle accresciute capacità del giovane legate alla sua crescita ed alla sua qualificazione. Ciò è possibile utilizzando una grande ricchezza di mezzi capaci di influire ognuno su una determinata capacità a misura che l'atleta si evolve e cresce. Roberto Bonomi

  11. L'allenamento della condizione fisica Il complesso delle capacità che influisce sulla velocità della corsa è costituito da: le diverse manifestazioni della forza; massima dinamica, esplosiva, esplosivo-elastica, esplosivo-elastico-riflessa; la capacità di compiere rapidi passi di corsa; la capacità di compiere ampi passi di corsa; la capacità di interpretare il miglior compromesso nello sviluppo dei due suddetti parametri, per realizzare la massima velocità possibile dell'atleta; e) la capacità di realizzare la più efficace e redditizia tecnica di cosa veloce; la capacità di decontrazione, nello sviluppo di alte velocità, cioè facilità e scioltezza dei movimenti; un basso grado di viscosità muscolare che il lavoro di forza rischierebbe di compromettere se non si sposasse con una massiccia esercitazione di "rodaggio " tendente a riportare la muscolatura a scorrere agevolmente e rapidamente. (Vittori) Roberto Bonomi

  12. L'allenamento della forza - Fascia 12/13enni L'obiettivo principale dell'allenamento della forza in questa età è quello di conoscere e scoprire tutte le disponibilità potenziali del giovane che sono di ordine fisico-organica, tecnico-abilitativa, psico-temperamentale e di favorire uno sviluppo muscolare armonico ed equilibrato. L'esercitazione di forza, a questa età, va effettuata sempre in tutti i periodi dell'anno, poiché deve accompagnare lo sviluppo di crescita del giovane e deve essere rivolto a tutti i distretti corporei in modo tale da favorire un accrescimento muscolare equilibrato ed armonico. Una particolare attenzione deve essere riposta ai distretti muscolari della muscolatura degli arti inferiori (del piede, della gamba, della coscia, del bacino e dell'addome) sia flessoria che estensoria che più da vicino ci riguardano perché responsabili della propulsione. Roberto Bonomi

  13. L'allenamento della forza - Fascia 12/13enni Gli esercizi che, si eseguono tutti a carico naturale e che più di altri, in questa fascia di età, risultano essere efficaci per gli effetti che hanno sulla espressione veloce della forza estensoria degli arti inferiori, sono: andatura con piegate con e senza balzo piegate divaricate successive con balzo. Si differenzia dal precedente poiché le piegate a gambe divaricate si eseguono sul posto e su di un arto alla volta. Si eseguono anche con doppio molleggio, preparatorio del balzo piegate divaricate alternate con balzo. L'esercizio pressoché simile al precedente si differenzia da questo nella sola variante ritmica dell'alternanza delle gambe che si determina durante la fase aerea del balzo. Si esegue anche con doppio molleggio. Roberto Bonomi

  14. L'allenamento della forza - Fascia 12/13enni Altre esercitazioni che presentano grande significato e che seguiranno il giovane in tutto il suo cammino di atleta, sono: i balzi orizzontali, alternati e successivi i balzi a rana la corsa balzata Per salvaguardare l'integrità fisica del giovane atleta, è necessario effettuare i balzi su terreno erboso con scarpe di gomma o ancor meglio con scarpe da salto triplo perché più protettive. Il contatto a terra deve avvenire, nei balzi, con tutta la pianta, o con la parte metatarsale, nella corsa balzata. Un contatto con la punta del piede creerebbe danni al tendine d'Achille ed utilizzare una cintura di cuoio rigido per salvaguardare la parte lombare del rachide. Roberto Bonomi

  15. L'allenamento della forza - Fascia 12/13enni La cosa che più interessa è la diversità tecnica e dinamica tra i balzi alternati e la corsa balzata che di solito, nella pratica si fa difficoltà a realizzare. Gli scopi sono di ottenere risposte di miglioramento su capacità diverse. L'obiettivo dei balzi alternati è quello di migliorare la loro lunghezza, poiché ciò significa avere espresso più forza in tempi più brevi, ed avere impresso al corpo una maggiore velocità che in ogni balzo lo porta più lontano. Nella corsa balzata l'obiettivo è invece, quello di realizzare il miglior compromesso tra la lunghezza dei passi e il tempo impiegato a percorrere la distanza che si è decisa. (Vittori) Roberto Bonomi

  16. Balzi alternati (es. speciale) Balzi alternati (da Vittori) Nei balzi alternatil'accorgimento cui porre l'attenzione riguardal'appoggio a terra dei piedi che deve avvenire con tutta la pianta,senza la precedenza del tallone ma tanto meno della punta del piede che solleciterebbe pericolosamente "l'iperstiramento" del tendine achilleo. Roberto Bonomi

  17. Corsa balzata (es. speciale) Corsa balzata (da Vittori) Nella corsa balzata, invece, proprio per la ricerca di una sufficiente velocità,il contatto del piede deve avvenire con il metatarso e con la caviglia ben tesa e compatta, a sostenere il tallone che, in nessun modo deve franare a terra ad impedire il rapido rimbalzo. Roberto Bonomi

  18. L'allenamento della forza - Fascia 14/15enni Le strategie e gli obiettivi, in questa fascia di età, restano le stesse della precedente ed anche gli esercizi che si utilizzano sono gli stessi ma con l'aggiunta di un sovraccarico rappresentato da cinture zavorrate, il cui peso può variare da 3-4 kg fino a 10 kg circa in modo tale che sia possibile stimolare più efficacemente la capacità contrattile del muscolo e del suo lavoro recessivo. Infine, verso i 15 anni, si inizia ad utilizzare il bilanciere, con cui già in precedenza si erano effettuate esercitazione mirate all’acquisizione della tecnica esecutiva, senza o con un leggero carico aggiuntivo. I primi esercizi da imparare sono le due alzate classiche del sollevamento pesi: lo slancio e lo strappo ed anche passaggi parziali come: tirata di schiena, senza intervenire con le braccia, portando il tronco leggermente arcuato, oppure, tirata di schiena e tirata al petto con l'intervento rapido della flessione delle braccia; oppure girata al petto, o, partendo con il bilanciere al petto eseguire spinte in alto delle braccia, o con piegamento simultaneo delle gambe o con la divaricata. In questo ultimo caso, si porta avanti, una volta, una gamba ed una volta, l'altra. Anche in questa fascia d'età la forza va esercitata ancora durante tutti i periodi dell'anno. Roberto Bonomi

  19. Lo strappo E’ un esercizio di alzata ad altissimo dinamismo e di grande difficoltà esecutiva che prevede lo spostamento di un bilanciere da terra fin sopra la testa in un’unica soluzione, cioè con continuità. L’esecuzione prevede una rapida successione di interventi muscolari che partono dalle gambe ed arrivano fino alle braccia interessando tutta la muscolatura della pelvi, del tronco e del cingolo scapolo-omerale. Roberto Bonomi

  20. Lo strappo Stimola una rapida attivazione del sistema nervoso centrale che si traduce in: Coordinazione inter ed intramuscolare Capacità di sincronizzazione Capacità di coordinazione Contrazione concentrica esplosiva Contrazione eccentrica Può essere eseguito con accosciata totale, mezza ed ¼ ed un atleta dovrebbe sollevare almeno un sovraccarico uguale al proprio peso corporeo. Roberto Bonomi

  21. Lo slancio È un esercizio che riflette le problematiche dello strappo, ma si differenzia da esso perché viene eseguito in due tempi: uno di girata al petto e l’altro di spinta (slancio) delle braccia in alto con ceduta e divaricata delle gambe. Il carico da sollevare dovrebbe almeno essere del 60% superiore a quello dello strappo. Roberto Bonomi

  22. L'allenamento della forza - Fascia 16/17enni In questo periodo, gradualmente, l'attività di allenamento perde il significato d’indagine ed assume sempre più la struttura organica di un programma più specifico e qualificante mirante alla crescita della: condizione fisica tecnica specifica dell’atleta I cambiamenti metodologici, sulle strategie precedenti sono: l'aumento dei carichi utilizzati negli esercizi di alzate classiche che , ora, vengono inserite nel riscaldamento; la crescita del sovraccarico per gli esercizi di forza veloce della muscolatura estensoria degli arti inferiori, prevedendo l'uso del bilanciere con carichi leggeri che si adeguino alle accresciute capacità di forza del giovane, senza comprometterne l'espressione dinamica. l’inserimento, verso i 17 anni di età di quelle esercitazioni che diventeranno, poi, fondamentali per lo sviluppo della forza: lo squat, o piegamento-estensione massimali semi squat, o semi piegamento-estensione, con carico più elevato, ma esecuzione veloce; Roberto Bonomi

  23. L'allenamento della forza - Fascia 16/17enni In questo periodo, infine, per facilitare l’utilizzo in forma reiterata (ciclica) delle capacità di forza acquisite con gli esercizi precedenti vengono inseriti gli sprint in salita su 30/40/50 m, per gli sprinter e fino a 80/100 m per i 400isti con una pendenza del 12% ca. da ripetere 8/10 volte con pause variabili da 3’/4' fino a 6’/8‘ per le distanze più lunghe, mentre le esercitazioni ritmiche nelle varie forme e combinazioni, accompagnano l’allievo per tutta la sua vita di atleta. L'allenamento della forza - Fascia 18/19enni E in questi anni che l'atteggiamento didattico dell'allenatore deve mutare per assumere comportamenti più rigorosi, più incisivi, per organizzare nuovi contenuti di qualità specifica che supportino, con una incidenza diretta, singole capacità, precedentemente coinvolte globalmente. Gli esercizi con sovraccarico da usare per l'allenamento della muscolatura antigravitazionale (o estensoria) degli arti inferi, considerati i prototipi delle varie espressioni di forza sono, oltre ai due già enunciati, lo squat ed il 1/2 squat, anche gli altri due, il mezzo squat jump da fermo ed il 1/2 squat jump continuo con contromovimento. (Vittori) Roberto Bonomi

  24. Fattori genetici e neurali nell’adattamento del muscolo scheletrico Il movimento umano dipende dalla trasformazione di energia chimica in energia meccanica. Questa trasformazione avviene attraverso l’azione del muscolo scheletrico. Esso è un tessuto assai mutevole il quale sia nella struttura che nella funzione si adatta alle richieste ricevute e, fortunatamente per noi allenatori, come per la maggior parte dei tessuti biologici, le modificazioni indotte da stimoli stressanti, producono, in esso, cambiamenti prevedibili. Le componenti fisiologiche e la dimensione, si modificano rapidamente durante l’infanzia e raggiungono la massima capacità funzionale tra i 20 e 30 anni di età per poi regredire nel tempo. Roberto Bonomi

  25. ISOMETRICA (statica) NON-ISOMETRICA (dinamica) CONCENTRICA ECCENTRICA ISOTONICA ISOCINETICA (accelerazione costante) (velocità costante) Tipi di contrazione muscolare La contrazione muscolare può essere: ISOMETRICA – ECCENTRICA - CONCENTRICA Roberto Bonomi

  26. Andiamo adesso a vedere cosa accade quando analizziamo e classifichiamo la forza sia in funzione della sua espressione massimale che dell’attività del S.N.C. Da ciò risulta evidente che per ottenere i migliori risultati, è opportuno che i regimi di lavoro vengano combinati, cioè il carico in regime concentrico deve essere integrato da un carico in regime eccentrico. la classificazione dei diversi tipi di contrazione muscolare fatta in funzione della forza massima trova: • al primo posto il lavoro muscolare eccentrico • al secondo quello isometrico • al terzo quello concentrico In funzione, invece, dell’attività di regolazione del sistema nervoso centrale il ruolo dominante è rappresentato dal regime di lavoro muscolare concentrico Roberto Bonomi

  27. Le risposte adattive Va tenuto presente che la dominanza percentuale di un regime di lavoro rispetto all’altro sposta l’effetto del lavoro o sul versante della forza o su quello della velocità dei movimenti.Infatti con l’aumento della velocitàdi contrazione muscolare la forza sviluppata diminuisce anche se l’impegno è massimale, il che significa che tale tipo di lavoro poco agisce sulla costruzione della forza massima cosa che invece permette di fare il lavoro a bassa velocità con carico elevato Le trasformazioni morfo-funzionali che si producono nei muscoli sottoposti a lavoro specifico, sono dovute a molti fattori quali: • Il tipo di contrazione muscolare (concentrica, eccentrica, • isometrica) e, quindi, la loro combinazione • la forza e la velocità della contrazione muscolare • la posizione dell’atleta che determina le condizioni anatomiche del lavoro muscolare • l’ampiezza dei movimenti ed il conseguente angolo della articolazione o del momento angolare che permette di realizzare il massimo impegno di forza Roberto Bonomi Tali parametri sono tutti determinati dalla entità del sovraccarico

  28. I limiti della forza volontaria Tutti i metodi di allenamento classici si basano sull’impegno della forza volontaria e sulla capacità dell’atleta di mobilitare al massimo il suo potenziale motorio. Ciò sta a significare che maggiore è l’impegno della forza volontaria durante il sollevamento di un sovraccarico, maggiore sarà la velocità con la quale esso sarà spostato, fin quando, aumentando gradualmente l’entità del carico da sollevare, si arriverà ad un punto in cui, per quanto elevata sarà la forza di volontà, il carico non sarà più sollevabile. Ne consegue che il limite dell’effetto allenante di un tale metodo è determinato dai limiti della forza che il soggetto è in grado di esprimere volontariamente in quel determinato momento. Sappiamo, però, che in determinati stati di necessità estrema o di ipnosi, l’uomo riesce ad esprimere capacità straordinarie. E’ conseguente pensare che in tali situazioni estreme la natura permetta di mobilitare possibilità “nascoste” o di “riserva”. Roberto Bonomi

  29. I limiti della forza volontaria Capacità “nascoste” o di “riserva” • Hollmann e Hettinger (1976) hanno analizzato e classificato tali possibilità definendo in particolare quelle del sistema nervoso e muscolare come segue: • riserve utilizzate nei movimenti automatici = 15% • riserva “fisiologica” = 20% • riserve “speciali” caratterizzate da intensità e durata elevata mobilitate in situazioni difficili di attività muscolare = 35% • riserve “automaticamente protette” =30% • Analizzando tale classificazione è lecito pensare che nella normale attività di allenamento vengano principalmente utilizzate solo i primi due tipi di riserve dell’organismo, mentre allenamenti più evoluti e sofisticati potrebbero portare all’utilizzo più o meno completo anche delle riserve “speciali” . • La difficoltà nell’utilizzo degli ultimi due tipi di riserve sembra dovuta alla “inibizione protettiva” del sistema nervoso centrale, che costringe l’organismo a sospendere o diminuire l’intensità del lavoro nel momento in cui si registrano livelli di stimolo superiori alla soglia di protezione di tale sistema. Roberto Bonomi

  30. Obiettivo programma di allenamento Quanto detto per evidenziare che un programma pluriennale di allenamento deve realizzare un migliore utilizzo delle capacità funzionali dell’organismo conseguenti alla possibilità di utilizzare la categoria delle riserve ”speciali” o “protette”. Ciò è possibile facendo uso di strategieche comprendono esercitazioni in cui uno stimolo meccanico esterno "costringe" il sistema nervoso centrale ad aumentare l’intensità della corrente di impulsi inviata alla periferia muscolare. Un esempio di ciò è rappresentato da esercizi che riutilizzano a tale scopo l’energia cinetica, accumulata dal corpo o da un attrezzo durante la caduta libera da una certa altezza. (Y. Verchoshansky 1961;1963;1967;1969). Se nel lavoro classico con sovraccarichi la tensione muscolare dipende soprattutto dalla forza contrattile volontaria, in tali esercitazioni la mobilitazione dell’attività muscolare ha un carattere “forzato” determinato da fattori esterni. Roberto Bonomi

  31. Le “tracce” dell’esercizio Dalla fisiologia dell’apparato neuro-muscolare sappiamo, inoltre, che ogni stimolo che aumenta l’intensità dell’attività muscolare, anche se di breve durata, lascia una "memoria" nel sistema nervoso. Queste "tracce", che durano per un determinato periodo di tempo dopo la sospensione dell’azione dello stimolo, possono influire notevolmente sull’attività muscolare successiva, ed in particolare possono aumentarne l’effetto. (Iliev 1970; Kodikin 1976; Tatian 1974; Verchoshansky 1970) Seguendo tale principio è possibile utilizzare una maggiore eccitabilità del sistema nervoso centrale prodotta da precedenti tensioni muscolari massimali di breve durata allo scopo di aumentare la potenza del lavoro specifico successivo. Un tale metodo, quindi, prevede due lavori successivi. Il primo (lavoro tonificante) viene eseguito a velocità bassa e prevede l’utilizzazione di un sovraccarico di peso elevato e un numero limitato di ripetizioni, mentre il secondo lavoro (di sviluppo) è caratterizzato da un impegno esplosivo concentrato di forza, eseguito contro una resistenza esterna minore e prevede un numero di ripetizioni notevolmente maggiore rispetto al primo lavoro. Le “tracce” nel sistema nervoso e la loro influenza sull’effetto del lavoro successivo sono determinate da molti fattori, in particolare, dall’intensità dello stimolo tonificante, dal gradodiaffaticamento dell’organismo e dalla pausa tra il lavoro precedente (tonificante) e quello successivo. Roberto Bonomi

  32. Le esercitazioni a carattere “forzato” Tutta la serie di esercitazioni che prevedono contromovimento e rimbalzi sia con che senza sovraccarico permettono in maniera più o meno determinante di: • elevare la forza a livelli superiori di quanto possibile con lavoro volontario • diminuire i processi d’inibizione dovuti ai recettori del Golgi sul riflesso miotatico • migliorare la sensibilità del fuso muscolare • migliorare il tempo restituzione (inversione eccentrico-concentrico) E’ importante sapere chetutte le esercitazioni atte a produrre tali effetti si basano sulla capacità dell’atleta di resistere a forze esterne elevate. Ciò comporta dei rischi che possono essere, in parte, evitati attraverso una costruzione attenta ed efficace che tenga conto dello sviluppo temporale dell’allenamento e sia, quindi, capace di creare i presupposti funzionali necessari alle fasi successive. Roberto Bonomi

  33. La contrazione eccentrica Le forze di maggior intensità si sviluppano nel muscolo quando le forze esterne superano quelle prodotte dal muscolo stesso e si sommano all’allungamento del muscolo, producendo una contrazione eccentrica. Tale tipo di contrazione spesso produce danno alle componenti contrattili e citoscheletriche delle fibre muscolari stesse, con conseguente sensazione di debolezza e percezione di indolenzimento (DOMS - delayed onset muscle soroness). I muscoli si adattano sia strutturalmente che funzionalmente alle costanti contrazioni in allungamento eccentrico elevate e questi adattamenti possano aiutare sia a prevenire infortuni muscoloscheletrici, sia per incrementare la prestazione sportiva. In ogni caso il danno muscolare non sembra essere una conseguenza obbligata a seguito di contrazioni eccentriche elevate. Essa, quindi, più correttamente deve essere considerata come un adattamento di protezione e come una stimolazione con effetti positivi per il muscolo (e il tendine).Un dato riscontrato è che perfino i protocolli di allenamento eccentrici più leggeri che non producono nemmeno il più piccolo danno muscolare sono sufficienti a garantire questo tipo di protezione. Roberto Bonomi

  34. I vantaggi del lavoro eccentrico Il lavoro eccentrico , quindi, offre determinati vantaggi perchè protegge il muscolo da danni stimola l’ipertrofia delle fibre veloci produce un veloce adattamento neurale ed inoltre, in risposta al danno cellulare, stimola la formazione di nuovi sarcomeri Durante tale tipo di contrazione si riscontrano livelli di forza decisamente più elevati di quelli che si rilevano in altri tipi di contrazione Il delta di forza contrazione eccentrica-isometrica FECC - FIC = F La differenza di forza che si evidenzia tra lavoro eccentrico ed isometrico è spesso molto elevata ed è dovuta: reclutamento di nuove unità motrici aumento della frequenza di stimolo Roberto Bonomi miglioramento della stifness e delle componenti elastiche del muscolo

  35. Come influiscono i tempi di recupero I tempi direcupero breviinfluenzano maggiormente le modificazioniormonali I tempi direcuperi più ampiinfluiscono di più sull’aspettoneurogeno (Kramer, 1990) Roberto Bonomi

  36. Contrazione unilaterale cioè al lavoro fatto su di un solo arto La forza, così come l’attività elettrica, ottenuta dalla contrazione bilaterale di muscoli omologhi è inferiore rispetto alla somma della forza ottenuta contraendo unilateralmente i due muscoli (Coyle e coll. 1981, Ohtsuki 1981, Howard e coll. 1987). In una esercitazione di ½ squat esplosivo un atleta del peso di 80 kg che lavora con il 200% del proprio peso corporeo, utilizzando entrambe gli arti, deve sollevare un carico di 160kg (quindi solleva 160 + 80 = 240 kg cioè 120 per gamba), al contrario, lavorando su un solo arto, sarà sufficiente sollevare solo 40 kg per avere le stesso carico sul singolo arto (80 kg P.C. + 40 kg sovraccarico). Roberto Bonomi

  37. Che cosa è importante sapere Grande attenzione va posta nel fatto che non debbono essere vanificati gli effetti della “supercompensazione” seguenti il periodo di recupero attraverso esercitazioni o carichi che ne soffochino l’effetto. E’ da ricordare che solo metodi speciali di preparazione della forza adeguati o molto vicini all’esercizio di gara possono garantire l’efficace miglioramento dei meccanismi neuro-motori specifici necessari. L’allenamento, se ben strutturato, deve presentareprogressivitànei carichi,giusta modulazionedell’intensità ericchezzadi miscele. Roberto Bonomi

  38. Che cosa è importante sapere la preparazione speciale di forza richiede ungrande dispendio dienergie nervosequindi gli esercizi che la riguardano debbono essere eseguiti in stato di riposo con una seduta separata di allenamento iniziata in condizioni di freschezza o addirittura dividendo la seduta di forza in due periodi distanziati tra loro di alcune ore onde evitare l’affaticamento del sistema nervoso durante il periodo di allenamento della forza si registra, nei test, un decremento della potenza che viene ampiamente recuperata nei successivi periodi di“ripristino”o di“scarico” è consigliabile unriscaldamentomediante utilizzo di piastre e bilancieri. Al termine di tale fase vanno sempre introdotti esercizi di alzata classica (slancio o strappo o tirate) Roberto Bonomi

  39. Cardiff - 11 ottobre 2008 Grazie per l’attenzione Roberto Bonomi A volte mi chiedo come sia accaduto che sia stato io a formulare la teoria della relatività. La ragione, credo, è che un adulto non si ferma mai a riflettere sui problemi dello spazio e del tempo, perché queste sono cose su cui ha pensato da bambino. Ma il mio sviluppo intellettuale fu tardivo, e di conseguenza io cominciai a interrogarmi sullo spazio e il tempo quando ero già adulto. A. Einstein bonomi_roberto@fastwebnet.it

  40. “Il metodo a velocità variabile” Quanto segue è frutto di anni di esperienze condotte da me e dal Prof. Vittori, fa parte di una comunicazione scritta nel 2005, pubblicata su “Atletica studi”, n° 3-4/2006, ed è relativa ad un metodo per allenare la “forza veloce ciclica” . Va sotto il mone di: “Metodo a velocità variabile, Vittori - Bonomi” ed anche se fa riferimento diretto alla velocità, pur tuttavia, è indice di una filosofia operativa che oltre a risultare interessante è anche facilmente traslabile su realtà diverse. Roberto Bonomi

  41. Obiettivi del metodo sono quelli di assolvere il doppio compito: elevare le punte delle varie espressioni di forza e rapidizzare i tempi della loro estrinsecazione, finché è possibile; oppure, far crescere le punte di forza, facendo rimanereinvariati i tempi della loro manifestazione; o, ancora, diminuire i secondi (tempi), ferme restando le prime, al fine di costruire la maggiore base di efficienza necessaria allo sviluppo di propulsioni di elevata potenza. Roberto Bonomi

  42. I mezzi utilizzati si rifanno a tre esercizi: • lo squat completo = piegamento • massimo degli arti inferiori 2) lo squat parallelo = piegamento parziale con cosce orizzontali 3) il mezzo squat = semipiegamento con cosce a 90° al ginocchio Facilmente si comprende come, il solo passaggio dall’es. 1) agli altri, mantenendo lo stesso carico, permetta una maggiore velocità d’esecuzione purché, nell’esecuzione, si mantenga sempre massima l’intensitàdello sforzo Roberto Bonomi

  43. I mezzi utilizzati Per favorire un perfetto equilibrio e linearità della catena cinetica dei segmenti corporei interessati, assicurando così una esecuzione più veloce possibile, si utilizza un multi-power, sul quale può essere applicata una delle apparecchiature elettroniche per il rilevamento dei dati, importanti anche ai fini di stabilire, per ciascun esercizio, il sovraccarico da usare per la realizzazione della massima potenza. Comunque, anche se soltanto indicativamente, verranno anche proposti i carichi da utilizzare, scaturiti in base alle tante esperienze e, quindi, piuttosto attendibili, e verosimili. Roberto Bonomi

  44. Strategia metodologica La doppia esigenza, dell’incremento della forza e della velocità della sua manifestazione, viene soddisfatta contestualmente nella stessa unità di allenamento e per ciascuna delle diverse espressioni, scegliendo, di volta in volta ed a seconda delle esigenze dell’atleta, una delle due opzioni: in modo che a fare la differenza metodologica, per favorire una maggiore velocità, sarà, una volta, la diminuzione del carico e, l’altra, la difformità del piegamento al ginocchio. Quale che sia la scelta operata le due esecuzioni si alternano, eseguendo prima quella con carico elevato che influenza di più la forza e, dopo l’altra che stimola di più la velocità. • dimezzamento del carico, qualora nell’alternanza si • usasse lo stesso esercizio 2) apertura dell’angolo di lavoro al ginocchio, come risulta dalle tre posizioni di: squat, di squat orizzontale e di ½ squat Roberto Bonomi

  45. Strategia metodologica Questa alternanza concomitante, costituente un “MODULO”, offre il vantaggio di abbreviare i tempi della traduzione delle capacità di forza in capacità di compiere movimenti veloci, rispetto all’esecuzione in “successione”. Per limitare l’ipertrofia muscolare, mirando più alla stimolazione del S.N.C. come presupposto per la crescita della forza, quasi tutte le serie sono composte da tre ripetizioni, poiché, la eventuale quarta, sarebbe la più lenta, e, quindi la meno efficace, se l’atleta si è espresso, sin dalla prima, alla intensità massima di sforzo (è possibile anche portare a quattro le ripetizioni qualora l’atleta dimostrasse bassa potenza nella prima per una difficoltà ad innervarsi potentemente). Si ribadisce che i movimenti dello Squat orizzontalee del ½ Squatvannoeseguiti alla più alta velocità possibile, per ottenere la massima efficacia. Analizziamo ora gli esercizi per le diverse espressioni di forza Roberto Bonomi

  46. La forza massima relativa Vengono utilizzati tre esercizi: 1) lo squat completo continuo 2) lo squat parallelo continuo 3) il mezzo squat continuo I primi due vengono, chiaramente, considerati i più appropriati per i più lunghi tempi di sviluppo delle tensioni muscolari. Il carico da usare, nei tre esercizi, si stabilisce con l’esercizio di squat e sarà quello che permette soltanto tre ripetizioni, e riadeguato, di volta in volta, quando, per effetto dei miglioramenti, diventerà troppo agevole. Roberto Bonomi

  47. Di seguito viene trattato il metodo con gli esercizi ed i filmati e se rimane tempo si può parlare di vibrazione

  48. La Vibrazione Recentemente, sono stai introdotti metodi fisiologici che riproducono le variazioni delle forze gravitazionali attraverso l'applicazione su tutto il corpo di vibrazioni meccaniche (10mm di spostamento e 5/6 g di accelerazione). Questi sistemi erano stati utilizzati, in passato, nel campo della clinica medica dove gli stimoli vibratori venivano applicati per studiare la risposta dei propriocettori neuromuscolari alle perturbazioni meccaniche indotte. EMG [mV] (arbitrario) Roberto Bonomi Frequenza (Hz) Risposta elettromiografica del tibiale anteriore sottoposto a stimoli vibratori a frequenza variabile

  49. Riflesso da Vibrazione Durante il trattamento vibratorio sia il corpo che i muscoli vengono sottoposti a piccole variazione di lunghezza (stiramento-accorciamento). Il prestiramento rapido di un muscolo elettricamente attivo favorisce la stimolazione del riflesso miotatico ed il conseguente potenziamento muscolare durante la fase di contrazione che segue lo stiramento(Burke e coll.). E’ stato pure rilevato che per i riflessi da vibrazione non viene utilizzata la medesima via efferente di origine corticale come avviene usualmente durante una contrazione volontaria (operano prevalentemente o esclusivamente direttamente sul neurone motoneurone alfa) e che la vibrazione agisce non solo sul tessuto nervoso ma anche su quello muscolare. I parametri fisici che determinano le caratteristiche della vibrazione sono da identificarsi nell‘ ampiezzae nellafrequenza. Sui principi fisiologici del ciclo stiramento-accorciamento del muscolo "Stretch - Sbortening Cycle" (SSC), sono stati impiegati in modo sistematico modelli di allenamento specifici. Roberto Bonomi

  50. Effetti della vibrazione sulla prestazione umana L’utilizzo della vibrazione può prevedere diverse posizioni del corpo e può anche essere eseguita su un solo arto per aumentare il carico. Il protocollo classico, definito da Bosco, prevede l’effettuazione di due serie a carico naturale composte da sei ripetizioni della durata di 60 sec. alternate a 60 sec. di pausa, mentre il recupero tra le serie è di sei minuti. Si è visto che la vibrazione sulla prestazione umana induce • Effetti sulla capacità di salto • Effetti sulla relazione F/V • Effetti sulla relazione P/EMG • Effetti sulla fatica • Effetti sulla risposta ormonale Roberto Bonomi

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