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DOVE VA LA PSICOANALISI Paradigmi teorici e Modelli di cambiamento. S I R P I D I Anno Accademico 2010-2011 Teorie psicodinamiche Prof. Rosario Di Sauro. Freud e la psicoanalisi. Il miglior modo per comprendere la psicoanalisi è ancor quello di seguirne la genesi e lo sviluppo.
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DOVE VA LA PSICOANALISI Paradigmi teorici e Modelli di cambiamento S I R P I D I Anno Accademico 2010-2011 Teorie psicodinamiche Prof. Rosario Di Sauro
Freud e la psicoanalisi Il miglior modo per comprendere la psicoanalisi è ancor quello di seguirne la genesi e lo sviluppo. (Freud, 1922)
“In psicoterapia psicoanalitica si è passati da una concezione di patologia basata sul conflitto ad una basata su un arresto dello sviluppo evolutivo in termini di capacità di emozionalità matura. Questo processo, ha determinato un graduale spostamento nell’intendere il cambiamento terapeutico: la dove prima, infatti, esso era visto come itinerario esclusivamente intrapsichico (Freud) ora è considerato come un divenire relazionale attraverso il quale si modificano le relazioni oggettuali (Mitchell).
Il positivismo freudiano • Freud, interpreta la realtà psichica in una prospettiva monopersonale. • In tale prospettiva è lecito affermare che tutto ciò che accade fra terapeuta e paziente sia da ascrivere alla dinamica intrapsichica di quest’ultimo. • Tuttavia, questa visione non toglie del tutto il senso delle relazioni( basti pensare all’edipo, ad es.) • Secondo Freud, comunque, i rapporti sono un mezzo per la soddisfazione istintuale, mentre la relazione affettiva un derivato secondario.
“Gli stimoli provocati dall’esterno o dal corpo, danno inizio ad uno stato di tensione, che cerca una scarica motoria o secretoria che provochi il rilasciamento; ma tra lo stimolo e lo scarico si interpongono forze contrarie alla tendenza scaricante. Lo studio di tali forze inibitrici, della loro origine e dei loro effetti sulla tendenza di scarico, è il primo oggetto degli studi psicologici. Mancando queste contro-forze non vi sarebbe psiche, ma soltanto riflessi. […] la psicologia psicoanalitica non cerca puramente di descrivere i fenomeni psichici, ma di spiegarli come il risultato della interazione e controreazione di forze, vale a dire in modo dinamico.”
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La psicologia dell’Io Il modello topografico, inizialmente utilizzato da Freud per spiegare la dinamica intrapsichica, fu ufficialmente sostituito nel 1922 dal modello strutturale (L’Io e l’Es). Tra gli effetti di questo passaggio vi fu la sottolineatura del ruolo svolto dall’Io e dai meccanismi di difesa – si pensi al lavoro di Anna Freud del 1936 – e il conseguente spostamento d’accento dal concetto di pulsione a quello di difesa. La psicologia dell’Io (Heinz Hartmann, David Rapaport, Edith Jacobson) spostò però anche l’equilibrio tra realtà esterna ed interna, parlando delle esperienze buone che l’ambiente può o evita di fornire (Bateman, Holmes, 1998). E’ riconducibile a questo filone anche il lavoro di Erik Erikson sullo sviluppo psicosocioevolutivo (Gabbard, 1992). In questi ultimi decenni si è assistito ad un processo di integrazione tra la psicologia dell’Io e la teoria delle relazioni oggettuali, ad esempio nel lavoro di Kernberg.
ERIK ERIKSON • Erikson è certamente molto importante per lo studio dell’identità e dell’evoluzione psicosociale. • I suoi stadi contemplano l’evoluzione e l’elaborazione di antinomie stadiali: • Orale sensorio (fiducia di base-sfiducia) • Muscolare anale (autonomia-vergogna e dubbio) • Locomotorio genitale (spirito di iniziativa-senso di colpa) • Latenza (industriosità-senso di inferiorità) • Adolescenza (identità-dispersione) • Gioventù (intimità-isolamento) • Adulto (generatività-stagnazione) • Maturità (integrità dell’io-disperazione)
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Teoria delle relazioni oggettuali A differenza della psicologia dell’Io, in cui il ruolo primario è attribuito alle pulsioni ed il principale obiettivo è individuato nella riduzione della tensione, il modello relazionale si fonda sulla convinzione che l’individuo sia sempre alla ricerca dell’oggetto in quanto tale e non come mezzo per la scarica pulsionale (Fairbairn, 1952). Detto in altri termini, le pulsioni emergono nell’ambito di una relazione (ad es. la diade madre-bambino) e non possono mai essere distinte da questa. ( vedi anche tutta l’evoluzione dell’infant research, anche se con stascici e polemiche molto forti, Bonaminio e Fabozzi,2005) La teoria delle relazioni oggettuali implica la trasformazione delle relazio-ni interpersonali in rappresentazioni interiorizzate di relazioni. Emerge quindi l’idea di un mondo interno popolato dal sé, dagli oggetti e dai loro rapporti. In questo modello si attribuisce notevole importanza sia al mondo esterno sia ai rapporti che si sviluppano tra questo ed il mondo interno: in questo senso si può ricordare che Fairbairn concepì gli oggetti interni e le fantasie connesse come gli esiti dei possibili fallimenti degli oggetti esterni e che Winnicott (1965) sottolineò l’importanza del cosiddetto “spazio transizionale”.
Per analogia, il rapporto terapeutico viene considerato ora come lo scambio fra terapeuta e paziente in quanto entrambi attori e protagonisti della relazione, anche se del paziente, a seconda dell’approccio interpersonale del terapeuta, viene messo in risalto o il ruolo dell’osservatore che partecipa o del partecipante che osserva. Questa prospettiva si chiama INTERSOGGETTIVISMO.(Stolorow, Atwood,1994)
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Il modello Klein-Bion La Klein è nota per aver proposto le “posizioni” schizo-paranoide e de-pressiva. E’ possibile considerare queste due posizioni come “costellazioni di fantasie, angosce e difese che vengono mobilitate per proteggere l’individuo dalla distruttività interna”(Bateman, Holmes, 1998). Nella posizione schizo-paranoide, ad esempio, l’angoscia ruota intorno al rischio di annichilimento e di disintegrazione a cui il neonato reagisce attivando meccanismi di scissione e proiezione. Le esperienze cattive vengono scisse e proiettate sull’oggetto – assumendo pertanto un carat-tere persecutorio – mentre quelle positive, ugualmente scisse e proietta-te, ne comportano l’idealizzazione. La sostanziale differenza dalle posizioni freudiane risiede nel fatto che mentre Freud considerava le pulsioni fenomeni astrutturati e sostanzial-mente dipendenti dal soggetto (stadi evolutivi), per la Klein le pulsioni sono intrinsecamente legate agli oggetti, anche se con questo termine si tende a sottolineare più l’aspetto di rappresentazione interna. Nel modello kleiniano, l’inconscio dell’individuo possiede dunque fin dall’inizio fantasie inconsce ed esse, così come la distruttività, non derivano dalla frustrazione – come affermava Freud – ma sono innate e “primarie”. In definitiva possiamo dire che dal 1935, la Klein diede origine allo spostamento della teoria (concetto di posizione e di oggetto totale), che favorì la teoria delle relazioni oggettuali.
Il modello Klein-Bion (segue) Allievo della Klein, Bion (1962) fece un ulteriore passo in avanti rispetto al mondo relazionale proponendo il concetto di “contenitore e contenuto”. Per Bion, uno snodo importante è individuabile nell’assenza dell’oggetto, momento in cui il bambino sperimenta forti emozioni (odio, invidia, dolore, angoscia, ecc.) che gli risulterebbero incomprensibili se non intervenisse la cosiddetta “funzione alfa” (una funzione simbolica dell’Io) grazie alla quale è possibile rendere tali emozioni pensabili. In caso di fallimento di questo processo di elaborazione, le emozioni si connotano come “elementi beta” che saranno o espulsi attraverso l’acting out o mantenuti nella mente come elementi incomprensibili (Galimberti, 1999). In questa dinamica, un ruolo fondamentale è svolto dalla “madre- contenitore”, in cui il bambino colloca (si pensi alla identificazione proiet-tiva) le proprie emozioni. La funzione materna sarebbe dunque quella di elaborare tali emozioni, restituendole al bambino in forma meno “tossica”. Grazie a questo processo interattivo, il bambino acquisisce una capacità elaborativa e riesce a dar senso a sé e alla propria esperienza.
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La psicologia del Sé La teoria di Kohut (1971, 1977) ha preso spunto sia dalla Psicologia dell’Io che dalla Teoria delle relazioni oggettuali, descrivendo una struttura sovraordinata derivata dalle rappresentazioni mentali interne all’Io (cosa che costituiva una elaborazione della nozione di rappresen-tazione di sé) ma con una propria linea di sviluppo che incorpora desideri istintuali e difese. A differenza di Hartmann, che era partito dal concetto di Io, Kohut ha elaborato la propria teoria sul concetto di narcisismo primario, ipotizzando che l’amore di sé sia necessario per il benessere dell’individuo. Nella sua prospettiva, il Sé – e ancor più il narcisismo – avrebbe un percorso evolu-tivo indipendente e determinante per l’assetto del soggetto. La chiave di volta della Psicologia del Sé è il concetto di oggetto Sé, in cui i genitori hanno la funzione di rendere possibili le relazioni “narcisistiche”. E’ per questo motivo che nella terapia i fattori relazionali sono importanti, inaltri termini il paziente “usa” il terapeuta come oggetto-sé per supplire alla sua mancanza. La psicologia del sé di Kohut ha comportato importanti implicazioni per la tecnica analitica dove viene centralizzata la relazione nel qui ed ora e l’empatia con il terapeuta.
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La teoria dell’attaccamento Partendo da una formazione psicoanalitica, Bowlby ha elaborato una teoria che cerca di integrare psicoanalisi, psicologia cognitiva, etologia. Il focus della sua teoria è individuabile nel sistema di attaccamento, uno dei quattro sistemi (gli altri sono quelli di esplorazione, affiliativo e paura-attenzione) che regolano il comportamento del bambino. Si definisce “comportamento di attaccamento” ogni forma di azione che tende ad ottenere o a mantenere la vicinanza con un altro differenziato e preferito. Il comportamento di attaccamento è innescato dalla separazio-ne o dalla minaccia di separazione dal caregiver. Per Bowlby, il bambino non è spinto tanto da pulsioni e bisogni fisiologici (ad es. alimentari) – come affermato da Freud e dalla Klein – quanto da una motivazione primaria a costruire relazioni con adulti che possano prendersi cura di lui. La psicopatologia sarebbe quindi l’esito di un fallimento nella relazione di accudimento, in questo senso esisterebbe un link con la Psicologia del Sé e con la teoria di Bion. In questa prospettiva è tuttavia forte l’attenzione alla dimensione concreta dell’interazione madre-bambino, con una conseguente sottovalutazione del mondo fantasmatico.
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La prospettiva ermeneutico costruttivista Le critiche allo statuto scientifico della psicoanalisi, ma anche la crisi dell’atteggiamento positivistico sotteso al lavoro di Freud, ha spinto molti psicoanalisti a porre in discussione la metapsicologia freudiana – si pensi a George Klein e a Merton Gill – e ad abbandonare l’idea che l’oggetto dell’intervento terapeutico sia la realtà storica dell’individuo. La prospettiva ermeneutico costruttivista si fonda sull’assunto che la psi-coanalisi e la psicoterapia non sono che forme particolari di dialogo all’interno del quale si sviluppa una specifica narrazione del sé. L’insight stesso, ad esempio, non è altro che una ri-narrazione delle esperienze individuali formulata in modo da differenziarsi positivamente dalle precedenti ed usuali costruzioni narrative del soggetto. “Raccontiamo eternamente delle storie su noi stessi. Vi sono molti motivi per affermare che, nel narrarle agli altri, compiamo delle azioni narrative dirette. Ma, affermando che le raccontiamo anche a noi stessi racchiudiamo una storia in un’altra.” (Schafer, 1984) Elemento centrale di questa prospettiva è il concetto di verità narrativa (Spence, 1987): il cambiamento risiede pertanto nella capacità del terapeuta di concorrere allo sviluppo di una nuova narrazione della storia di vita del paziente.
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Il modello interpersonale Si tratta di un modello elaborato dai cosiddetti neofreudiani – tra gli altri Sullivan, Horney, Fromm – che esaspera la prospettiva interpersonale (fondante il modello delle Relazioni Oggettuali) e sottolinea il ruolo svolto dalle istituzioni nella genesi e nella categorizzazione del disturbo mentale Come negli altri paradigmi psicoanalitici, anche gli interpersonalisti ritengono che l’interazione precoce fra madre e bambino svolga un ruolo fondamentale nello sviluppo della personalità, ma negano – a differenza della teoria kleiniana – che il ruolo principale sia svolto dal mondo interno del bambino. Viene inoltre capovolto il modello strutturale di origine freudiana: l’ango-scia non si originerebbe dalla spinta pulsionale al soddisfacimento ma verrebbe sollecitata dall’esterno e sarebbe quindi una risposta allo stato mentale dell’altro (aspetto che rinvia alle teorie sul deficit). L’esperienza dell’angoscia induce la strutturazione di strategie interperso-nali permanenti il cui fine è la stabilizzazione di un senso di sicurezza. Sia pure con un impoverimento rispetto alla ricchezza e alle elaborazioni sul mondo fantasmatico tipiche di altre teorie, il modello interpersonale ha sottolineato l’importanza del qui-ed-ora.
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Il corpo in psicoanalisi • Il ruolo del corpo in psicoanalisi sta prendendo sempre più piede, sia partendo dall’assunto freudiano : che l’Io è prima di tutto entità corporea, che collegato alla prospettiva intersoggettiva. • L’implicito ed il non verbale stanno assumendo sempre più pregnanza nell’interpretazione dell’accadere psichico in terapia. • Nel campo bipersonale ci sono due soggettività che si incontrano nell’unitarietà dell’essere BIOPSICOSOCIALE.
IL CONCETTO DI MIMESI • La mimesi nasce come concetto all’interno del mondo teatrale e si sviluppa come capacità dell’attore di vivere i sentimenti che allo stesso tempo sono le emozioni che il pubblico prova. • Le identificazioni mimetiche sono i trasferimento di stati affettivi. • La mimesi, tuttavia non è imitazione in senso comportamentale, ma è un incontro imitativo e responsivo con un altro essere umano che può condurre ad esperienze affettive indotte mutuamente. • Il “dialogo tonico”, preso a prestito dalla psicomotricità potrebbe aiutarci a comprendere la mimesi.
IL CAMPO BIPERSONALE • Il concetto di campo psicodinamico ereditato dai costrutti di K. Lewin, contemplano una situazione articolata e complessa della relazione analitica • I Baranger misero in evidenza che la relazione terapeutica non può essere compresa se non all’interno di un processo dinamico che investe entrambi i protagonisti • Per i Baranger la coppia analitica è generata da un campo “dinamico” • Il campo è dotato di una propria struttura spazio-temporale orientato secondo linee di forza che regolano le leggi e gli obiettivi di sviluppo • I livelli sono tre: • Il setting, la relazione manifesta e le fantasie inconsce bipersonali( vedi anche il concetto di identificazione proiettiva)
Concetto di inconscio (processi primari) Ruolo e connotazioni dell’oggetto Statuto e caratteristiche del “dato” clinico (verità storica vs. verità narrativa) Declinazioni del concetto di esperienza emozionale correttiva ed atteggiamento del terapeuta Deficit vs. conflitto
COSA CAMBIA IN PSICOANALISI Come si è visto in psicoanalisi non esiste accordo unanime su cosa cambia nella relazione terapeutica; possiamo, tuttavia affermare, che sostanzialmente bisogna considerare il ruolo svolto dal terapeuta nella stessa relazione: non più in una posizione oggettivistica di fronte al transfert, ma alla sua azione all’interno di un modello interpersonale e costruttivistico. Il punto centrale del cambiamento può essere la decodificazione dei messaggi del paziente che fondamentalmente esprime attraverso la memoria implicita, che descrive il comportamento umano madi cui la mente non ne è cosciente.
IL CAMBIAMENTO • L ‘obiettivo generale consiste nell’evidenziare i nessi inconsci che si esprimono attraverso la memoria implicita, che sono tuttavia legati agli stessi processi psicologici cognitivi e affettivi che si associano tramite l’esperienza. • Tuttavia questi processi non sono del tutto raggiungibili e determinano l’obiettivo primario dell’agire terapeutico. • Cambiare i nessi associativi inconsci, in modo articolare: • Quelli che scatenano reazioni emotive problematiche; • Quelli che scatenanano strategie difensive problematiche; • Quelli che sottostanno a modelli interpersonali disfunzionali.
IL CAMBIAMENTO (segue) • IN MODO PARTICOLARE: • I collegamenti fra affetti e rappresentazioni; es un paziente può avere sentimenti di ripugnanza di sé associati con una rappresentazione di sé come cattivo, avido ecc. • La modifica dei nessi inconsci che rappresentano i desideri inconsci. • La modifica dei nessi che costituiscono i convincimenti patogeni inconsci, come ad es. accettare i cambiamenti positivi cioè se il paziente è capace di concedersi felicità o successo ecc. • La modifica delle difese e la formazione deicompromessi.
Le tecniche che favoriscono il cambiamento • LE TECNICHE CHE FAVORISCONO IL CAMBIAMENTO SONO : • Prima di tutto l’Insight e l’interpretazione • Far interiorizzare le funzioni, grazie alle quali il paziente sviluppa la capacità di svolgere una funzione fino a quel momento sconosciuta. • Far interiorizzare gli atteggiamenti, in altri termini la capacità di problem solving. O ancora, la mentalizzazione. (Fonagy 2005) • La self disclosure
CAMBIAMENTO E PSICOLOGIA CLINICA • Il fine di ogni intervento clinico consiste nel tentativo di aumentare sia il benessere sia l’efficienza degli individui che soffrono. • Costituendosi di fatto un continum psicologia clinica-psicoterapia, si evidenziano i processi di cambiamento, sia le modalità con quale avvengono i cambiamenti. (vedi l’analisi della domanda, ed il conflitto relazionale centrale) • Cambiamento e valutazione iniziale.
CONCLUSIONI • Per concludere possiamo dire che : • Il cambiamento è una complessità di eventi che sia il terapeuta quanto il paziente debbono sforzarsi di comprendere alla luce della relazione terapeutica.(dar senso alle cose) • Che non tutte le tecniche terapeutiche sono utili per tutti i pazienti. (analisi della domanda) • Acuire il benessere delle persone