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del ceto imprenditoriale veneto-4 LEONE WOLLEMBORG (1859-1932) . e le Casse Rurali . slides lezione 17.03.2010.
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del ceto imprenditoriale veneto-4LEONE WOLLEMBORG(1859-1932).e le Casse Rurali.slides lezione 17.03.2010
Importante possidente fondiario, israelita, Leone Wollemborg fu economista, studioso di problemi bancari, e deputato per sei legislature del collegio di Cittadella (1892-1913). Nel 1914 fu nominato Senatore. Sottosegretario alle Finanze nel governo Pelloux, divenne titolare di quel Dicastero con Zanardelli; dal cui governo si dimise per la bocciatura del suo progetto di riforma tributaria, che spostava buona parte del carico fiscale dalle imposte indirette (e quindi sui consumi) alle imposte sul reddito e sul patrimonio.
questa preoccupazione per l’eccessivo carico delle imposte indirette, che pesavano [ pesano ] soprattutto sui ceti a basso reddito, è il riflesso di una attenzione ai ceti disagiati verso i quali si indirizzò l’opera di Wollemborg dal 1883, quando costituì nel padovano, a Loreggia, dove la sua famiglia aveva estesi possedimenti, la prima Cassa Rurale italiana.
sfasata di circa un ventennio rispetto l’avvio delle Banche popolari luzzattiane, la sua iniziativa traeva ispirazione dall’esperienza del pastore luterano F.W. Raffeisen, che in Renania aveva costituito, a partire da metà ‘800, numerose Casse rurali dedite al credito agrario.
Nelle Casse Raffeisen, il credito era basato sulla parola (o, meglio, sull’onore) e veniva concesso solo a chi era socio. Anch’esse fondate sulla responsabilità illimitata, esse si differenziavano dalle Unioni di Credito (il modello mutuato da Luzzatti per le Banche popolari) per il fatto che gli utili non venivano ripartiti tra i soci, ma andavano ad aumentare il capitale, e quindi la disponibilità per ulteriori prestiti.
si trattava di istituzioni accentuatamente solidaristiche, e rurali, ed il Wollemborg se ne fece promotore nel nostro paese per le difficoltà che l’agricoltore incontrava non solo negli investimenti per l’ammodernamento delle colture, ma soprattutto per il capitale di giro nel ciclo agricolo. • a ciò si aggiungeva la piaga dell’usura, praticata sia da operatori senza scrupoli interessati ad impossessarsi dei fondi dei piccoli proprietari, ma anche da grandi proprietari nei confronti dei propri fittavoli.
Se nelle Banche Popolari la leadership borghese divenne presto evidente, nelle Casse rurali - pur funzionandovi gli stessi meccanismi del patronage capitalista - il ceto della grande possidenza non giocò mai un ruolo egemone. • La grande possidenza fu presto emarginata quando a Wollemborg, che pure in un quindicennio aveva dato vita in Veneto e nel bresciano a circa 70 Casse, poi affievolendo l’interesse per queste istituzioni, si sostituì il protagonismo dei “cattolici intransigenti.
Il movimento cattolico “intransigente” si sostituì rapidamente al filantropo israelita nella promozione di tali istituti di credito. • Fu il cappellano di Gamberare di Mira (Ve), don Luigi CERRUTI, a divenire il più convinto assertore di un impegno confessionale nel campo del credito, organizzando allo scopo la capillare rete delle parrocchie.
In poco meno di un decennio – e a a partire dallo stesso modello di Raffeisen, rivisitato da una forte tensione integralista – don Cerruti realizzò una espansione a macchia d’olio di Casse rurali di matrice cattolica. • Alla vigilia del ‘900, la rete delle Casse da lui promosse superava il numero di 400 tra Veneto e buona parte della Lombardia, soprattutto nel bresciano e nel bergamasco.
Le Casse rurali d’impronta laica del Wollemborg, seppur non scomparvero, cedettero così il passo ad un modello esplicitamente confessionale, concepito per sottrarre le piccole proprietà ed affittanze contadine sia alla influenza della possidenza liberale, di cui Wollemborg fu in Veneto autorevolissimo esponente, che al contagio delle idee socialiste. • Modello confessionale in quale senso? Solo chi era un buon cattolico, e “praticante”, poteva divenire socio di tali Casse e ottenere credito… Da cui un rigido controllo del clero.
Erano i parroci ad essere i promotori di tali Casse, direttamente o tramite un esponente autorevole della comunità parrocchiale, che assumeva poi la presidenza della Cassa. • In qualche caso, tuttavia, era lo stesso parroco a divenirne presidente, e comunque le Casse avevano quasi sempre la loro prima sede sociale presso la casa parrocchiale. E’ questo un aspetto interessante ai fini dello studio di questa tipologia bancaria, dato che i documenti iniziali delle attuali Banche di Credito Cooperativo, eredi delle Casse Rurali, si trovano solo negli archivi parrocchiali o delle Curie vescovili…
Le Casse Rurali di don Cerruti costituirono il tassello definitivo (e strategico) nella strategia del movimento cattolico “intransigente” di rendere le parrocchie un momento di coagulo delle comunità rurali. • Questa strategia si sviluppò attraverso la costruzione di reti solidaristiche al servizio e a difesa dei piccoli coltivatori, sia contro la propaganda socialista sia contro lo stato liberale: - cooperative di consumo - latterie sociali - cantine sociali
Dell’evoluzione della Casse Rurali: - progressivo venir meno del controllo religioso - allargamento del numero dei soci, e attività di deposito e di prestito estesa anche ai non soci - anni ‘30 del ‘900 da “Casse Rurali” a “Casse Rurali e Artigiane” estese più o meno omogeneamente in tutta Italia - anni ’90 del ‘900 da “Casse Rurali e Artigiane” a “Banche di Credito Cooperativo-BBC” oggi il sistema delle BBC costituisce la terza realtà creditizia del paese con una quota di mercato attorno al 15%