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ATENE, ROMA E OGGI. LA CITTADINANZA. LA CITTADINANZA AD ATENE.
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ATENE, ROMA E OGGI LA CITTADINANZA
LA CITTADINANZA AD ATENE Atene, nel caso delle democrazie, ha un corso molto travagliato di costituzioni. Dal VI secolo a.C., con Solone, uno dei primi personaggi politici di Atene di cui abbiamo precise notizie, fu un grande riformatore. Dapprima, soppresse la schiavitù per debiti, poi, con la costituzione timocratica, il potere venne distribuito in base al censo. Su questo tipo di “democrazia” , a parte le donne e gli schiavi, il resto dei cittadini poteva partecipare alla vita politica. Dopo questo modello di “Stato”, Atene subisce una presa di potere da parte di Pisistrato chiamata tirannide. Egli favorì i contadini con dei prestiti e istituì dei “giudici di villaggi” per limitare la prepotenza degli aristocratici nelle campagne. Nel 508 a.C., Clistene riuscì far approvare l’uguaglianza politica davanti alla legge (isonomia). Poi divise il territorio dell’Attica in tre grandi regioni:l’entroterra, la costa e la città. Con questa democrazia, il cittadino aveva uguali interessi politici e commerciali a tutti gli altri cittadini della stessa regione. Importante riforma istituita da egli fu l’ostracismo. Esso serviva a eliminare i politici che erano di pericolo allo stato. Però, il problema c’era quando si ostracizzava una persona solo perché aveva idee ritenute non opportune.
SOLONE, PISISTRATO E CLISTENE PISISTRATO CLISTENE SOLONE
LA CITTADINANZA A ROMA • Essere cittadino romano comportava una notevolissima serie di privilegi, variabili nel corso della storia, a creare diverse "gradazioni" di cittadinanza. Nella sua versione definitiva e più piena, comunque, la cittadinanza romana consentiva l'accesso alle cariche pubbliche e alle varie magistrature (nonché la possibilità di votarle nel giorno della loro elezione), la possibilità di partecipare alle assemblee politiche della città di Roma, svariati vantaggi sul piano fiscale e, importante, la possibilità di essere soggetto di diritto privato, ossia di poter presentarsi in giudizio attraverso i meccanismi dello ius civile, il diritto romano per eccellenza.
LA CONCESSIONE POLITICA • La concessione della cittadinanza anche agli stranieri cominciò a diventare un problema e una necessità nel momento in cui Roma cominciò la sua fase d'espansione sia territoriale che commerciale, venendo quindi a contatto con popoli che mal sopportavano la serie di privilegi che erano loro negati. Ecco quindi che la concessione della cittadinanza cominciò a diventare anche uno strumento di controllo politico oltre che di potere, giungendo spesso come conquista delle varie popolazioni sottomesse dopo periodi di tensioni e conflitto.
LA CONCESSIONE COME MERITO E RICONOSCIMENTO • La cittadinanza poteva essere inoltre conferita su base individuale, dapprima dal popolo riunito in assemblea (tramite una lex) o da un atto del magistrato autorizzato ex lege, successivamente dalla volontà dell'imperatore, sulla base di meriti di vario tipo. Si poteva inoltre ottenere la cittadinanza di diritto come premio per alcuni servizi, in particolari circostanze: • Dopo aver servito a Roma per qualche anno nel corpo dei vigili • Dopo aver speso una cospicua parte del patrimonio personale per costruire una casa a Roma • Dopo aver portato a Roma frumento per un certo numero di anni • Dopo aver macinato grano a Roma per anni • Questi ultimi modi di ottenimento erano però riservati soltanto a coloro che possedevano la cittadinanza latina, una via di mezzo tra la condizione di romano e di straniero.
OTTENIMENTO PER NASCITA • L'ottenimento della cittadinanza avveniva ovviamente soprattutto per condizione di nascita, evento per il quale tuttavia sono necessarie alcune condizioni. La situazione meno problematica è per il figlio di cittadini romani legati in matrimonio legittimo: sarà senza dubbio un civis. Normalmente gli stranieri non possono contrarre un negozio di ius civile, qual è il conubium, e pertanto teoricamente il problema non si pone, nemmeno qualora uno dei due genitori fosse cittadino. In realtà tuttavia il conubium, cioè il diritto di contrarre un matrimonio legittimo, poteva venire concesso ai singoli o a particolari condizioni di cittadinanza, come quella di latino.
PERDITA DELLA CITTADINANZA • La cittadinanza si poteva perdere (capitis deminutio media) involontariamente o volontariamente: nel primo caso accadeva quando si subiva una condanna criminale o si esercitava il diritto di esilio per evitarla e, ovviamente, quando si perdeva la libertà, a seguito di cattura da parte di popolazione straniera (condizione che il diritto romano riconosceva legalmente) o qualora il creditore esercitava il suo diritto di vendere come schiavo il debitore insolvente. La cittadinanza, così come poteva essere concessa, poteva essere tolta mediante un atto del potere politico: accadde ad esempio con la Lex Licinia Mucia, che negava la cittadinanza agli italici e ai latini, una delle cause dello scatenarsi della guerra sociale e, durante la stessa, tramite un'ordinanza di Silla che volle toglierla alle città di Volterra ed Arezzo. Il caso più classico invece di rinuncia volontaria alla cittadinanza era il trasferimento della residenza in un'altra città, sia che si trattasse di una città straniera che di una latina, secondo lo ius migrandi.
GLI STRANIERI • Inizialmente il termine peregrinus indica l'abitante di una comunità diversa da Roma. Se questa era in conflitto con Roma, i suoi abitanti non avevano alcun diritto o tutela, in caso contrario, essi non possedevano comunque la possibilità di concludere negozi validi per il diritto civile, ma lo potevano fare con i negozi del diritto delle genti, come ad esempio la compravendita. Naturalmente era loro preclusa la possibilità di partecipare alla vita politica dell'Urbe. Con l'espansione del dominio romano il termine peregrinus comincia ad indicare lo status di quelle popolazioni (e quindi dei singoli membri) che si sono sottomesse pacificamente a Roma e che pertanto mantengono una certa autonomia, le loro leggi e i costumi, a distinguerlo dalla condizione di peregrinusdediticius.
LA CITTADINZANZA DI OGGI La cittadinanza italiana si può acquisire: • automaticamente, secondo lo ius sanguinis (per nascita, riconoscimento o adozione, da anche un solo genitore cittadino italiano), oppure secondo lo ius soli (solo nati in Italia da genitori apolidi); • su domanda, secondo lo ius sanguinis (vedi sotto), per aver prestato servizio militare di leva o servizio civile o avendo risieduto in Italia prima della maggiore età (ius soli); • per naturalizzazione, dopo dieci anni di residenza legale in Italia, a condizione di assenza di precedenti penali e di adeguate risorse economiche; il termine è più breve per ex-cittadini Italiani e loro immediati discendenti (ius sanguinis), stranieri nati in Italia (ius soli), cittadini di altri paesi dell'Unione Europea, rifugiati e apolidi. • per matrimonio con un cittadino italiano, dopo due anni di residenza legale in Italia o dopo tre anni di matrimonio se residenti all'estero (termini ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi), a condizione di assenza di precedenti penali. Le cittadine straniere che hanno contratto matrimonio con un cittadino italiano prima del 27 aprile1983 acquisivano automaticamente la cittadinanza italiana. • su domanda, per essere nati in territori già italiani. • su domanda, per essere nati in territori già appartenenti al disciolto Impero austro-ungarico.
IL DIRITTO ALLA CITTADINZANZA PER IUS CIVILIS Il diritto alla cittadinanza per ius sanguinis non si prescrive, ma per poterlo esercitare occorrono che si verifichi una delle seguenti condizioni: • ogni genitore deve essere stato cittadino italiano alla nascita del figlio; • l'antenato italiano nato prima del 17 marzo1861 (proclamazione del Regno d'Italia) deve essere morto dopo tale data ed essere morto in possesso della cittadinanza italiana; • l'antenato donna trasmette il diritto alla cittadinanza ai discendenti nati primo il 1º gennaio1948 (entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana) solo in ipotesi residua secondo l'articolo 1 comma 2, Legge 13 giugno 1912, n. 555, se il padre era ignoto, se il padre era apolide, se i figli non seguivano la cittadinanza del padre straniero secondo la legge dello Stato al quale questo apparteneva, ossia se il paese imponeva o concedeva la cittadinanza estera solo per ius soli e non per ius sanguinis.
RINGRAZIAMENTI PER FARE QUESTA RICERCA SONO STATI USATI I MOTORI DI RICERCA “GOOGLE” E “WIKIPEDIA” E I LIBRI DI STORIA “CLIO DOSSIER B” E “CLIO DOSSIER C”. GRAZIE.