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Fluorescenza a Raggi X i n Dispersione d i Energia (EDXRF)

Fluorescenza a Raggi X i n Dispersione d i Energia (EDXRF). Introduzione.

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Fluorescenza a Raggi X i n Dispersione d i Energia (EDXRF)

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Presentation Transcript


  1. Fluorescenza a Raggi X in Dispersione di Energia (EDXRF)

  2. Introduzione La tecnica della fluorescenza a raggi X in dispersione di energia (EDXRF) rappresenta una delle più importanti metodiche di analisi non distruttiva per lo studio degli elementi presenti in un campione. In casi particolari, l’analisi XRF può fornire la concentrazione degli elementi all’interno del campione (analisi quantitativa). La commercializzazione di nuovi sistemi di rivelazione e produzione di raggi X di dimensioni contenute, ha permesso, negli ultimi anni, di consolidare la EDXRF come una delle poche tecniche analitiche che permettono analisi non distruttivein situ.

  3. Interazione Fotoni - Materia Fotoni di adeguata energia possono determinare eccitazione o dare luogo alla rimozione di elettroni ove abbiano energie sufficienti a vincere l’energia di legame che tiene l’elettrone legato al suo nucleo. In corrispondenza dell’energia per la quale avviene l’asportazione dell’elettrone dalla sua orbita atomica, si hanno delle brusche variazioni nell’assorbimento, da parte dell’atomo, del fascio dei fotoni incidenti. La scelta di appropriati valori di tensione del tubo a raggi X determina le energie del fascio di fotoni prodotti, incidenti sul campione, e quindi le probabilità che si verifichino tali processi di assorbimento. EDXRF: Raggi X  Campione  Assorbimento  Emissione X

  4. Un atomo di un elemento è in grado di emettere raggi X quando è colpito da una quantità di energia superiore a quella di legame di un elettrone di un orbitale interno. Esiste quindi un valore minimo di energia, al di sotto del quale la riga caratteristica di un elemento, che funge da bersaglio, non viene eccitata. Ogni elemento, colpito da radiazione X sufficientemente energetica emette uno spettro di raggi X caratteristici dell’elemento stesso.

  5. Il fenomeno della Fluorescenza Esempio di processo di Fluorescenza indotta da raggi X: Atomo di Titanio (Z=22) Un elettrone della shell K viene espulso dall’atomo da un raggio X incidente sul campione, dando luogo a una vacanza (effetto fotoelettrico).

  6. Il fenomeno della Fluorescenza Esempio di processo di Fluorescenza indotta da raggi X: Atomo di Titanio (Z=22) Le linee K: Un elettrone proveniente dalla shell L o M riempie la vacanza. Nel processo, viene emesso un raggio X caratteristico di quell’elemento e viene prodotta una vacanza nella shell L o M. L’energia del raggio X caratteristico è pari alla differenza tra le energie di legame delle due shell corrispondenti.

  7. Il fenomeno della Fluorescenza Esempio di processo di Fluorescenza indotta da raggi X: Atomo di Titanio (Z=22) Le linee L Quando una vacanza viene creata nella shell L o dalla radiazione di eccitazione primaria o dall’evento precedente, un elettrone proveniente dalla shell M o N va ad occupare la vacanza. In questo processo viene emesso un “raggio X caratteristico”, tipico di quell’elemento e viene prodotta una vacanza nella shell M o N.

  8. Mada n = 4 a 3 n = 4 Lada n = 3 a 2 n = 3 n = 2 Kadan = 2 a 1 ada n+1 a n bda n+2 a n gda n+3 a n

  9. Rappresentazione delle transizioni elettroniche XRF

  10. Esempio di spettro di fluorescenza Poiché ogni elemento ha un insieme unico di livelli energetici, ciascun elemento produce raggi X con valori di energia caratteristici di quell’elemento. Un tipico spettro dei raggi X prodotti da un campione irraggiato mostrerà vari picchi con intensità differenti. Con apparecchiature adeguate è possibile identificare gli elementi presenti in campioni di ignota composizione attraverso l’analisi dello spettro di emissione elettromagnetico prodotto dai raggi X incidenti sul campione in studio.

  11. Fluorescenza X L’analisi XRF è non distruttiva nell’accezione più rigorosa del termine. Questa caratteristica deriva dal fatto che gli elettroni atomici, coinvolti nelle transizioni che danno luogo all’emissione di radiazione X, sono quelli più interni e perciò per effetto di queste transizioni, non si producono modifiche dei legami chimici nei composti degli oggetti analizzati. Inoltre non è richiesta nessuna preparazione del campione poiché l’energia della radiazione X caratteristica ha, in genere, un valore sufficientemente grande perché sia elevata la probabilità che essa fuoriesca dall’oggetto investigato. Lo strato superficiale in analisi il cui spessore è infatti determinato dall’energia della radiazione emessa ha, nel caso di campioni metallici, una profondità di circa 20 mm.

  12. Campione Tubo a raggi X Rivelatore Analizzatore PC Spettrale Schema a blocchi dell’apparato sperimentale Schematicamente, una apparecchiatura per l’analisi degli elementi è composta da un tubo a raggi X, da un rivelatore di radiazione X e da un sistema per la registrazione e la catalogazione dei fotoni prodotti dal campione (analizzatore di spettro).

  13. Sistema di fluorescenza X miniaturizzato.

  14. L'Energy Dispersive X Ray Fluorescence (EDXRF) è un metodo molto conosciuto in archeometria in particolare per la sua capacità di effettuare una misura in modo non distruttivo, cioè senza necessità di prelevare campioni. Questo metodo consiste nell'irradiare un campione con raggi X di bassa energia (max 40 keV) ed analizzare la radiazione emergente dal campione stesso. Le linee di fluorescenza rivelate sono un segno non ambiguo della presenza di un elemento nel campione e la sua concentrazione è legata alla intensità della riga misurata. La penetrazione dei raggi X nei campioni varia da poche decine di micrometri come nell'oro, a diverse centinaia di micrometri come in elementi a matrice leggera, esempio i composti organici nei dipinti. Eccellenti risultati si ottengono nell'analisi di leghe metalliche, ceramiche, carta, vetri e pigmenti. Il metodo dell'EDXRF può dare risposte a problemi di conservazione, meccanismi di invecchiamento, tecnologia di produzione, trattamenti superficiali e corrosione. Per ogni materiale e problema cambia chiaramente l'approccio da adottare. Ci sono problemi per i quali è sufficiente una analisi qualitativa, per esempio nella identificazione di un pigmento, altri per i quali è necessaria una analisi semiquantitativa, per esempio la maggiore o minore concentrazione di un elemento determina il colore di un pigmento ed infine alcuni problemi possono essere risolti solo tramite una analisi quantitativa, come nei metalli antichi in cui è necessario conoscere la concentrazione in peso dei diversi elementi per affrontare problemi di tecnologia di fusione.

  15. La fluorescenza X può essere utilizzata, inoltre, non solo per i dipinti su tela, ma anche nella determinazione dei pigmenti utilizzati per i dipinti su tavole, ad affresco, su ceramiche e colorazioni di vetri. La conoscenza dei materiali usati può gettare luce sulle origini del dipinto, aiutare nel lavoro di datazione oppure nell'attribuzione dell'autore tramite la sua tavolozza dei colori, oppure dare risultati essenziali per la scelta di materiali moderni compatibili nell'azione di restauro. La fluorescenza X permette una identificazione veloce e precisa degli elementi che caratterizzano i pigmenti di origine inorganica e permette un'analisi qualitativa delle zone analizzate. La tecnica, infatti, consente l'individuazione degli elementi chimici presenti, ma non dei composti chimici a cui questi elementi appartengono. La capacità di penetrazione dei raggi X è generalmente molto bassa, ma nel caso dei dipinti questa penetrazione è certamente maggiore di una pellicola pittorica e, quindi, le informazioni ottenute non riguardano solamente lo strato più superficiale della porzione esaminata, ma si estendono anche agli strati inferiori. Anche l'analisi dei metalli è un campo particolarmente favorevole per l'EDXRF. L'elevato numero atomico e la densità di un manufatto metallico facilita la produzione dei raggi X di fluorescenza, anche utilizzando sorgenti a bassa intensità ed inoltre, le linee di fluorescenza emesse sono di tutti gli elementi costituenti il metallo. Gli elementi a basso numero atomico, non rilevabili dal sistema, non sono presenti nel campione. Il forte autoassorbimento della radiazione emessa nel campione è un limite intrinseco del metodo, poiché produce una non linearità nella risposta del sistema di misura. Per ovviare a ciò occorre utilizzare un modello fisico del processo di emissione dei raggi X caratteristici.

  16. Applicazioni in situ della tecnica della fluorescenza a raggi X in dispersione di energia (EDXRF) Rivelatore Tubo RX MCA La tecnica della fluorescenza a raggi X, già da tempo ben consolidata per la determinazione di elementi relativamente pesanti (con numero atomico maggiore di 20), ha trovato recentemente notevoli applicazioni anche per la determinazione di elementi leggeri, quali zolfo e cloro, la cui presenza è spesso correlata all’inquinamento atmosferico.

  17. La Cappella degli Scrovegni, Giotto La figura precedente mostra la foto dello strumento portatile EDXRF sviluppato presso l’Università di Lecce. In particolare si tratta di un tubo della OXFORD INSTRUMENTS con anodo di palladio, raffreddato ad aria. E’ impiegata una tensione all’anodo di 4.5 kV sufficiente ad eccitare le righe L del palladio (Pd-L=2.84 keV, Pd-L1=2.99 keV e L2=3.17 keV con un valore medio di 2.96 keV). In questa configurazione è possibile determinare elementi leggeri come zolfo e cloro. Per elementi pesanti è possibile utilizzare potenziali anodici più elevati con i quali possono essere evidenziati attraverso le righe K o L tutti gli elementi della tavola periodica. Il rivelatore usato è un Si-PIN della AMPTEK (risoluzione 190 eV a 5.9 keV) raffreddato termoelettricamente. Completa il sistema di misura una scheda multicanale (AMPTEK) interfacciata con un computer portatile.

  18. Affreschi di Piero della Francesca - Arezzo Per la determinazione quantitativa del cloro e dello zolfo contenuti in materiali lapidei, vengono realizzate preventivamente delle curve di taratura utilizzando dei campioni contenenti NaCl e CaSO4 in CaCO3 in diverse percentuali in peso. La minima quantità rivelabile è pari a 1.1 % in peso per NaCl e 0.4 % in peso per CaSO4. • In figura è riportato un tipico spettro di fluorescenza ottenuto nel corso di alcune analisi (Affreschi di Piero della Francesca - Arezzo) laddove sono evidenti i picchi relativi alle radiazioni S-K, Cl-K e Ca-K.

  19. Basilica Inferiore di San Clemente a Roma Gli spettri sono relativi ad uno stesso punto di misura, prima (curva in rosso) e dopo aver asportato la polvere che ricopriva l’affresco (curva in nero). Le risultanze sperimentali, in generale, hanno dimostrato che la presenza dei composti dello zolfo è confinata alla sola superficie con spessori dell’ordine di 1020 m o meno.

  20. La Cappella degli Scrovegni, Giotto La stessa tecnica è stata impiegata per analizzare gli affreschi di Giotto della Cappella degli Scrovegni. In particolare sono state eseguite circa 500 misure su 250 aree diverse. Fra gli scopi delle misure c’erano: • accertare e determinare la presenza di zolfo sulla superficie degli affreschi; • in caso di presenza di zolfo, stabilire se con opportuni trattamenti chimici esso diminuiva, o addirittura scompariva completamente; • studiare la composizione chimica dei pigmenti impiegati da Giotto.

  21. La Cappella degli Scrovegni, Giotto Le misure eseguite hanno permesso evidenziare quanto segue: • lo zolfo è stato individuato in tutte le aree analizzate, ad un livello di concentrazione variabile da meno del 1% ad oltre il 10%, a seconda dell’area analizzata e del colore sottostante allo strato di zolfo. Ad esempio sul colore azzurro (azzurrite) la quantità di zolfo si è rivelata assai inferiore che non nel caso di altri pigmenti in generale, e di pigmenti chiari in particolare. Questo può essere dovuto o ad una minore “capacità” del colore azzurro di assorbire zolfo, oppure anche al fatto che lo zolfo si possa mescolare al lapislazzulo (che contiene rame) provocando un’attenuazione maggiore della radiazione X emessa dallo zolfo.

  22. La Cappella degli Scrovegni, Giotto Si è potuto verificare che un opportuno trattamento della superficie con impacchi a base di carta giapponese e carbonato di ammonio o di resina a scambio ionico era in grado di fare diminuire fortemente il contenuto di zolfo superficiale, e che la diminuzione era legata al tempo di trattamento.

  23. La Cappella degli Scrovegni, Giotto Sono state inoltre eseguite delle indagini sulle composizioni elementari di alcune leghe contenenti oro (le aureole dei Santi, le stelle del cielo ecc). Nella figura è riportato uno spettro esemplificativo di analisi di una aureola (aureola di Cristo nella controfacciata).

  24. La Cappella degli Scrovegni, Giotto • Dagli esempi riportati si evince come la tecnica EDXRF eseguita con sistemi portatili, sia, nel campo del monitoraggio ambientale e della diagnostica dei beni culturali, una delle tecniche analitiche più interessanti. • I vantaggiofferti dal sistema EDXRF portatile si possono riassumere nei seguenti punti: • non distruttività del campione analizzato e nessun pretrattamento del campione prima della misura; • buona sensibilità; • limitati tempi di misura (generalmente si lavora con tempi di 200 secondi per acquisizione); • capacità di analizzare più elementi contemporaneamente; • costo per singola analisi molto contenuto; • possibilità di analisi in situ.

  25. Joaqin Sorolla, “Portrait of Two Children” Uno studio comparato condotto sugli spettri di emissione ottenuti da EDXRF di alcune opere del pittore Joaqin Sorolla paragonati ad un database contenente gli spettri e la composizione di più di 50 opere unanimemente considerate dagli storici dell’arte come originali. Tale studio comparativo haportato a definire come non originale il dipinto “Portrait of Two Children”, a causa dell’altapresenza di zinco nello spettro, essendo lo zinco un elemento mai trovato prima come dominantenelle opere catalogate di Sorolla.

  26. Restauro della statua bronzea del Perseo di Benvenuto Cellini realizzata presso gli Uffizi in Firenze durante il 1998.

  27. Spettro di fluorescenza corrispondente al gomito destro della statua utilizzando un generatore X equipaggiato con un anodo di tungsteno ed operato alla tensione di 35 kV. Lo spettro di fluorescenza permette di ottenere direttamente la composizione della lega bronzea che risulta in questo punto essere composta da rame (Cu), stagno Sn (~3.6%), piombo Pb (~6%), antimonio Sb (~1%), ferro Fe (<1%) ed argento Ag (<1%). La composizione della lega cambia leggermente in altri punti della statua. La variazione della lega bronzea indica i punti in cui sono stati fatti interventi successivi rispetto alla fusione originaria.

  28. La fluorescenza X può essere utilizzata anche per studiare quantitativamente lo stato della patina verde che ricopre la statua. La patina crea un ulteriore strato superficiale di materiale. In Fig. sono comparati gli spettri X ottenuti in punti diversi della statua dove lo spessore della patina superficiale è diversa. Notiamo che la resa degli X da 25 keV dovuti alle transizioni Ka dello stagno (Sn) è praticamente uguale nei due spettri. Al contrario, gli X dovuti al rame (Cu) sono molto meno energetici (8-9 keV) e quindi sono molto più fortemente assorbiti a causa della presenza della patina. Guardando al rapporto delle rese X di due elementi diversi (come Sn e Cu in questo caso) è possibile ottenere una misura dello spessore della patina nei diversi punti in cui vengono eseguite la misure.

  29. Composizione incompatibile con l’età dichiarata– Busti di Papa Paolo III Farnese -XRF • Serie di sette piccoli busti in bronzo riproducenti il Papa Paolo III Farnese, appartenenti alla National Gallery di Washington. I busti sono attribuiti all’artista Guglielmo della Porta, contemporaneo di Benvenuto Cellini (XVI secolo) e sono stati forgiati con la tecnica della fusione a cera persa, in linea con la tradizione storica del Rinascimento. • Tuttavia non esiste alcuna documentazione sui busti precedente agli anni ’30 • La loro autenticità è stata quindi verificata mediante spettroscopia XRF per determinare se la composizione del bronzo fosse compatibile con l’attribuzione temporale.

  30. Composizione incompatibile con l’età dichiarata– Busti di Papa Paolo III Farnese -XRF • L’analisi è stata effettuatasenza prelevare campioni, irraggiando direttamente i busti e raccogliendo il segnale in fluorescenza X. • Sorprendentemente, l’analisi elementare ha mostrato che i busti non sono in bronzo bensì in ottone! • I risultati sui sette oggetti sono infatti i seguenti: • rame 60-73%, • zinco 23-36%, • piombo 2-3% e • stagno soltanto 1%. • Inoltre il contenuto di zinco è insolitamente elevatoper ottoni prodotti in Europa in epoca rinascimentale: esso infatti dovrebbe essere nell’intervallo 22-28%. • Infine le impurezze di altri elementi sono molto basse, a riprova del’impiego di materie prime molto raffinate. • I busti potrebbero risalire al XIX o XX secolo.

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