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CHE COS’E’ LA LUCE

CHE COS’E’ LA LUCE. Perché vediamo gli oggetti Che cos’è la luce La propagazione della luce. PERCORSO STORICO DELLE IDEE SUL MECCANISMO DELLA VISIONE. Uomo : essere senziente…… Nel linguaggio moderno : fisiologia dei sensi.

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CHE COS’E’ LA LUCE

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  1. CHE COS’E’ LA LUCE • Perché vediamo gli oggetti • Che cos’è la luce • La propagazione della luce

  2. PERCORSO STORICO DELLE IDEE SUL • MECCANISMO DELLA VISIONE • Uomo: essere senziente…… • Nel linguaggio moderno : • fisiologia dei sensi.

  3. Il problema chiave dellafilosofia greco-romana: come l’uomo era a conoscenza del mondo esterno? I sensi: organi periferici, collegati tramite i nervi ad un organo centrale, il cervello, sede dell’anima o psiche. I segnali pervenuti ai sensi e inviati alla psiche per mezzo dei nervi sono elaborati e vengono rappresentati in modo caratteristico. Per esempio, se essi pervengono alle orecchie, sono suoni, se pervengono agli occhi, sono immagini. In altri termini, a quel tempo c’era la convinzione che il suono, il caldo, il freddo, la luce ed il colore, come pure il sapore e l’odore, fossero entità create dalla psiche per rappresentare i segnali del mondo esterno.

  4. l’odoratonon vi era il diretto contatto, ma si pensava che degli effluvi, staccandosi dai corpi sotto forma di vapori, andassero a stimolare il naso, sede dell’organo deputato all’olfatto. Impedendo, infatti, il flusso delle esalazioni, anche la sensazione cessava. L’udito, ci si affidava a vibrazioni meccaniche mute che si propagavano dal corpo vibrante attraverso l’aria circostante fino a giungere alle orecchie e quindi alla psiche, che elaborava gli urti ad essa pervenuti come suono. IL tatto, era il semplice contatto fra organo senziente e corpo esterno il responsabile della relativa sensazione; il gusto, il sapore era frutto del contatto che avveniva all’interno della bocca, dove erano preposti gli organi per dare la conseguente sensazione.

  5. Quando si cercò di studiare il funzionamento della visione non pochi furono i problemi che emersero, per la cui soluzione bisognò attendere una ventina di secoli, anche se in tutto questo tempo furono fatti molti studi di ottica sia a carattere sperimentale, sia matematico, sia fisiologico, nonché tecnico. Una cosa era fuori dubbio: la luce, ciò che ci permette di vedere quando non è buio, aveva carattere prettamente soggettivo, era una rappresentazione della psiche e veniva designata con il termine latino lux. L’ottica antica era decisamente un’ottica non obiettiva, non fisica, poiché si pensava che tutto ciò che si vede è un complesso di figure create dalla psiche con carattere soggettivo, che quindi poteva variare da persona a persona. A riprova di ciò si consideravano le illusioni ottiche.

  6. MECCANISMO DELLA VISIONE • Le più diffuse teorie sul erano: • ·La teoria delle scorze • ·La teoria dei raggi visuali.

  7. LA TEORIA DELLE SCORZE Per la filosofia antica il senso della vista, come gli altri sensi, era fondato sul contatto che genera modificazione ed in tal senso Leucippo di Mileto ne era un significativo sostenitore. Infatti egli riteneva che ogni percezione è tattile e che i nostri sensi non sono altro che varietà di tatto; non potendo la nostra psiche uscire dal corpo per toccare i corpi esterni, saranno questi stessi o le loro emissioni a muoversi verso di essa. Ogni sensazione presupponeva quindi un contatto di un qualcosa con l'organo di senso, si era ben lontani dal considerare azioni a distanza. Il problema risiedeva nel trovare un adeguato meccanismo di contatto per la vista. A tale proposito si osservava che, a differenza degli altri sensi in cui ogni percezione è singola (o al più mediata), nella visione, nello stesso istante, si vede una miriade di corpi e colori con sorprendente dovizia di dettagli ed altrettanta precisione. Quindi “qualunque cosa vada dall’oggetto osservato all'osservatore, essa non può essere informe, ma deve portare con sé la forma ed il colore dell'oggetto, deve cioè essere simile all'oggetto, ma non l'oggetto stesso”. Fu ipotizzata allora l'esistenza delle scorze, specie di ombre che rivestono i corpi, le quali, staccandosi dai corpi, raggiungevano l’occhio, portando con sé ciò che la superficie dei corpi presentava all'occhio. Questa teoria aveva un vizio di fondo: l’impossibilità delle scorze dei corpi grandi di penetrare nella piccola pupilla, vizio che si cercò di risolvere, attribuendo alle scorze la proprietà di contrarsi man mano mentre si avvicinavano all'occhio, fino a diventare così piccole da entrare nella pupilla. Ci si chiedeva inoltre come l'occhio posto in posizioni diverse potesse vedere lo stesso oggetto: ciò implicava che le scorze partenti da una stessa posizione erano costrette a contrarsi in modo diverso a seconda dell’angolazione e della distanza dall'occhio. Altri problemi nascevano quando si considerava la distanza e le dimensioni del corpo emettitore delle scorze; infatti esse potevano anche fornire all’organo senziente (e quindi al cervello) informazioni circa il colore e la forma, ma non si spiegava in che maniera venivano trasmesse informazioni circa la distanza dell'oggetto e le sue dimensioni. Ancora più difficile era la spiegazione per quanto concerne la visione per mezzo di uno specchio. Qui ciò che si vedeva non era l’oggetto, ma la sua figura al di là, simmetrica dell'oggetto stesso. Anche se si fosse spiegato il fenomeno con le leggi della riflessione meccanica delle scorze, non si riusciva a spiegare come queste potessero assumere sembianze simmetriche rispetto al corpo che le aveva generate. Altre difficoltà nascevano quando si doveva spiegare perché il buio impediva la visione (e quindi l'emissione di scorze) o perché un corpo troppo vicino all'occhio appariva confuso.

  8. TEORIA DEI RAGGI VISUALI Non meno fantasiosa fu la teoria che vedeva come artefici della visione i cosiddetti raggi visuali. I suoi sostenitori erano molto numerosi con al seguito valenti e noti matematici. Questa teoria traeva spunto dalla constatazione che un cieco può rendersi conto della forma di un corpo anche senza toccarlo con le mani, ma semplicemente sondandolo con un bastone. E’ così che si teorizzò l’ipotesi che dall’occhio uscissero dei raggi simili a bastoni capaci di scrutare il mondo esterno e di fornire alla psiche gli elementi per il discernimento di forma e colore. Anche questa teoria si rivelò piena di difficoltà. Infatti non si riusciva a spiegare perché i raggi visuali non consentissero la visione al buio o la visione dei corpi molto vicini all'occhio, e perché, quando si riflettevano su uno specchio piano, facevano vedere le figure al di là dello specchio e non nella loro reale posizione. Inoltre ci si chiedeva come dei raggi emessi da un occhio potessero raggiungere corpi lontanissimi come quelli celesti.

  9. LA SCUOLA ARABA Per trovare una svolta circa le idee sul meccanismo della visione, bisogna giungere alla cosiddetta scuola araba con il suo maggiore esponente, il fisico noto in occidente col nome di Alhazen, il cui contributo è stato veramente geniale e fondamentale. Infatti con l’osservazione oggi nota come “persistenza delle immagini retinee”, inferse un colpo mortale alla teoria dei raggi visuali. Ecco il suo pensiero: “se la visione avviene attraverso l’emissione di raggi, l’immagine non dovrebbe persistere dopo la chiusura degli occhi; inoltre non si dovrebbe provare dolore nell’osservazione diretta del sole, perché l'occhio non emetterebbe i raggi, se la loro emissione fosse dolorosa. Al contrario, il comportamento reale richiede che vi sia un agente esterno che opera sull’occhio, agente che, quando è troppo forte, fa soffrire l’organo sensibile e vi lascia delle impressioni che perdurano.” Merito di Alhazen fu anche quello di aver modificato la teoria delle scorze con quella delle scorzettine,cioè delle piccole scorze emesse in tutte le direzioni da ciascun elemento di cui si compone un corpo comunque grande, scorze talmente piccole che, per entrare nell’occhio, non necessitano di alcuna contrazione lungo il loro percorso. Per la prima volta nella storia dell’ ottica, viene introdotta la scomposizione dell’oggetto osservato in parti elementari, ciascuna delle quali emette in tutte le direzioni. L’Alhazen, considerando tra le scorzettine emesse dal singolo elemento dell’oggetto quelle che incontrano la cornea, osservò che l’incidenza di ciascuna di esse su quest’ultima può essere normale o no. “Nel primo caso, la scorzettina procede in linea retta nell’interno del globo oculare ed è capace di provocare la visione. Nel secondo caso la scorzettina subisce rifrazione e perde la capacità di stimolare l’occhio. C’è quindi, per ogni elemento dell’oggetto, una sola scorzettina elementare percepita. Una volta penetrate nella pupilla, queste scorzettine privilegiate (una per ogni elemento dell’oggetto) possono ricostruire nell’occhio un insieme ordinato simile all’oggetto che le ha emesse.” Critico di se stesso, Alhazen constatò che le scorzettine elementari dopo l’incrocio nel centro del globo oculare venivano a disporsi in un ordine invertito. Non accettando questa idea, ritenne di modificarla ipotizzando che “il sensorio” (cioè la parte dell’occhio collegata al cervello) fosse disposto prima del centro globo oculare, così da non causare il capovolgimento. Siccome nello schema di occhio di cui si serviva, prima del centro vi era solo la prima superficie del cristallino, fu portato a concludere che questa, per quanto trasparente, era la superficie sensibile. La sensazione di dolore nella visione del sole lo portò a pensare che i raggi solari fossero dotati di un quid e che avessero la proprietà di far uscire le scorzettine dai corpi illuminati dal sole. Così, per la prima volta, si parla di un agente esterno capace di agire sull'occhio, provocando la visione, agente a cui si dà il nome di lumen. Nell'opera di Alhazen si trova l'idea che i raggi di lumen siano le traiettorie di piccolissimi corpuscoli materiali: si introduce qualcosa di simile a ciò che noi chiamiamo "luce", su cui viene fornita una prima teoria corpuscolare. L’Alhazen, per la prima volta nella storia dell’ottica, parla della camera oscura (1038), camera in cui un'immagine capovolta (rispetto all’oggetto) si forma sul muro opposto al foro attraverso cui passa la luce.

  10. l’opera di Alhazen giunse in Occidente attraverso la traduzione di un monaco polacco del XIII secolo, il Vitellione. Venne infatti introdotta la teoriadelle specie, una versione riveduta e corretta della teoria delle scorze. La correzione consisteva sostanzialmente nel fatto che le specie si staccavano dal corpo quando questo era colpito dal lumen e si muovevano lungo i raggi visuali emessi dall’osservatore, che agivano a mo’ di guida, portandole verso gli occhi. Per la loro contrazione era bastata la spiegazione dell’Alhazen.

  11. ·Leonardo da Vinciipotizzò che nella cavità oculare avviene un fenomeno simile a ciò che si ha nella camera oscura: la formazione di un'immagine capovolta. • Giovanni Keplerocon l’opera del 1604 “Paralipomena ad Vitellionem”. • ·I concetti contenuti in quest’opera costituiscono le basi dell’ottica secentesca. Il Keplero si propone di dare la chiave del meccanismo della visione, considerando “i corpi esterni costituiti da un complesso di punti ciascuno dei quali emette raggi in tutte le direzioni, raggi infiniti ed infinitamente estesi finché non incontrano un ostacolo. Quindi un punto isolato è come una stella che emette raggi in tutte le direzioni; se di fronte ad essa si trova un occhio, in esso penetreranno tutti i raggi che costituiscono un cono col vertice nella stella e con la base nella pupilla. Essi si rifrangono sia attraverso la cornea, sia attraverso le parti interne dell’occhio andando a formare un nuovo cono che ha per base la pupilla e per vertice un punto della retina”.

  12. Padre Scheiner, un gesuita (1619), assunse che gli indici di rifrazione dell’umor acqueo e dell’umor vitreo erano quelli dell’acqua e del vetro, rispettivamente. Egli trovò, attraverso esperimenti fatti su occhi asportati ad animali, che l’immagine si formava invertita sulla retina. • ·Cartesio, nel 1637, intuì che l’accomodazione dell’occhio (di cui si parlerà nel capitolo seguente), che permette la visione dell’oggetto a varie distanze, avviene grazie ad una modificazione del cristallino. • ·Nel secolo XIX l’oftalmoscopia di Helmoltzpermise dirette osservazioni su soggetti viventi, e così si cominciò a capire nei dettagli come l’immagine si forma sulla retina.

  13. fotoni Che cos’è la luce? UN’ ONDA cioè energia che si propaga UN FLUSSO DI PARTICELLE MICROSCOPICHE emesse a ritmo continuo dalle sorgenti luminose TEORIA CORPUSCOLARE TEORIA ONDULATORIA

  14. vx vx vy vy aria vx acqua vy vx vy Doppia natura della luce: ONDULATORIA e CORPUSCOLARE Teoria corpuscolare (Newton 1643-1727): La luce è costituita da particelle piccolissime che, penetrando nell’occhio ad alta velocità, provocano la sensazione della visione La luce si propaga in linea retta Spiega la riflessione con la teoria degli urti elastici (conservazione della q.d.m.) Non è in grado di spiegare la rifrazione Newton ipotizzò una forza di attrazione da parte della superficie di separazione (impulso) sulla luce nel passaggio tra due mezzi a densità crescente (esempio aria-acqua) in modo da aumentare la vy avvicinando il raggio rifratto alla normale alla superficie Aumento della velocità della luce passando da un mezzo meno denso ad uno più denso Due secoli più tardi FOUCAULT dimostrò sperimentalmente il contrario !!

  15. Dagli studi di Foucault si fa strada la teoria ondulatoria Contributo di molti scienziati: Young, Huygens, Hooke, Fresnel che studiarono interferenza,riflessione e rifrazione, diffrazione Teoria ondulatoria Luce costituita da ONDE ELETTROMAGNETICHE: perturbazioni periodiche nel tempo e nello spazio del campo elettromagnetico Maxwell – 1860 Teoria dell’ELETTROMAGNETISMO Le onde elettromagnetiche si propagano nel vuoto con la stessa velocità della luce (3x108 m/s) Suggerendo che questo accordo non fosse casuale, Maxwell sostenne la natura ondulatoria della luce Il modello ondulatorio non spiega tutti i fenomeni Hertz 1887 - Effetto fotoelettrico – emissione di elettroni da elettrodi bombardati da fotoni, particelle di luce L’effetto fotoelettrico è spiegabile solo con la natura corpuscolare della luce!!! (Einstein 1905) Si fa strada di nuovo il modello corpuscolare Luce costituita da FOTONI,particelle di massa molto piccola presenti in gran numero in un fascio luminoso, ciascuna con un piccolo contenuto di energia La teoria quantistica mette d’accordo i due modelli spiegando alcuni fenomeni con il modello ondulatorio (interferenza e diffrazione) ed altri con quello corpuscolare (scambi energetici)

  16. lunghezza d’onda  ampiezza A distanza dalla sorgente

  17. Teoria ondulatoria La luce è una radiazione elettromagnetica caratterizzata da una lunghezza d’onda  ed una frequenza . Un’onda elettromagnetica è una perturbazione del campo elettromagnetico che si propaga in modo periodico nel tempo e nello spazio : lunghezza d’onda = distanza in metri tra due punti allo stesso valore del campo T: periodo = tempo in secondi che intercorre tra due istanti in cui il campo assume lo stesso valore : frequenza = T –1 : inverso del periodo: numero di cicli nell’unità di tempo (s-1 = Hz)  c =  / T =  Nel vuoto: c = 3 108 m/s.

  18. La velocità della luce La luce può propagarsi in un mezzo trasparente (aria, vetro, acqua) ma anche nel VUOTO. La sua velocità nel vuoto è c= 300 000 km / s La luce proveniente dal sole impiega circa 8 minuti per arrivare a noi. 150 milioni di km = 8 minuti-luce Sole Terra

  19. 10-6 nm 1 nm 1 cm 1 km Raggi g Raggi cosmici Raggi x Onde lunghe Onde corte UV IR Microonde UHF VHF FINESTRA OTTICA Radiazioni visibili 780 380 Violetto Blue Verde Giallo Arancio Rosso nm SPETTRO ELETTROMAGNETICO Al variare della lunghezza d’onda si considerano le varie tipologie di onde elettromagnetiche che, conservando le medesime caratteristiche, si differenziano per gli effetti che producono Le onde visibili occupano un piccolissimo intervallo di lunghezze d’onda (FINESTRA OTTICA) compreso tra 380 e 780 nm all’interno del quale si distinguono le varie componenti cromatiche della luce. Il prevalere di una o più componenti cromatiche sulle altre attribuisce alla luce una particolare TONALITA’ CROMATICA Una miscela omogenea di tutte le componenti cromatiche (spettro uniforme) produce una LUCE BIANCA La luce bianca èd detta ACROMATICA

  20. Un prisma è un oggetto in grado di disperdere la luce bianca nelle sue componenti monocromatiche Con il “cerchio di Newton” è possibile “miscelare” le componenti monocromatiche ed ottenere la loro somma, il bianco rotazione

  21. Perché vediamo gli oggetti?

  22. Perché vediamo gli oggetti? Noi vediamo gli oggetti perché da essi partono radiazioni luminose che giungono al nostro occhio Una SORGENTE LUMINOSA emette luce propria, mentre gli OGGETTI ILLUMINATI diffondono in tutte le direzioni la luce da cui vengono investiti.

  23. fotoni Che cos’è la luce? UN FLUSSO DI PARTICELLE MICROSCOPICHE emesse a ritmo continuo dalle sorgenti luminose TEORIA CORPUSCOLARE

  24. IL DUALISMO ONDA-CORPUSCOLO Alcuni fenomeni fisici possono essere spiegati assumendo che la luce sia costituita da onde (es. interferenza); tuttavia, altri fenomeni (es. effetto fotoelettrico) vengono spiegati accettando che la luce sia costituita da particelle discrete (i FOTONI), ciascuno dotato di una energia E correlata alla frequenza della radiazione. relazione di Einstein del 1905: E = hn Costante di Planck Nel 1924 Louis de Broglie ipotizzò che TUTTA la materia avesse proprietà ondulatorie: ad un corpo con quantità di moto p veniva infatti associata un'onda di lunghezza d'onda λ. Tre anni dopo i fisici Davisson e Germer confermarono le previsioni della formula di De Broglie sparando un fascio di elettroni (che erano sempre stati assimilati a particelle) contro un reticolo cristallino e osservando le figure d'interferenza previsti.

  25. LA LUCE E LA MATERIA DE DE DE Energia ceduta Un atomo o una molecola possono assumere radiazione solo in maniera “discreta”: ad es. un atomo, per fare un salto energetico e passare ad uno “stato eccitato”, può assumere solo un preciso DE a cui corrisponde una radiazione con una precisa frequenza (DE = hn). Si parla di “quantizzazione dell’energia”. Radiazione, E = hn Un atomo di idrogeno secondo Bohr (questo modello è stato superato, ma è ancora utile)

  26. Riportiamo qui un esempio di spettro continuo nel visibile (luce) spettro di emissione discreto dell'idrogeno atomico eccitato da scarica elettrica spettro solare di assorbimentodiscreto con varie righe da vari atomi Per questa ragione gli spettri di assorbimento e di emissione atomici sono “a righe”: in un atomo ci possono essere più salti energetici, ma ad ogni salto è associata una precisa radiazione, con una precisa frequenza (e lunghezza d’onda)

  27. Gli spettri di assorbimento costituiscono uno strumento decisivo per comprendere la composizione delle stelle. La radiazione ad alta energia e a spettro continuo prodotta dal nucleo delle stelle in cui avviene la fusione nucleare passa attraverso l'atmosfera della stella costituita da gas rarefatto freddo (rispetto al materiale sottostante). Gli atomi dell'atmosfera stellare vengono così eccitati e producono spettri di assorbimento. Siccome ogni specie atomica (e molecolare) ha una propria unica sequenza di righe di emissione (che ne sostituiscono una sorta di "impronta digitale"), osservando uno spettro di assorbimento siamo in grado di "decifrare" la composizione dell'atmosfera stellare.  Da ora in avanti considereremo uno “spettro” di assorbimento o di emissione come un grafico che riporta l’intensità della radiazione (assorbita o emessa) in funzione della sua frequenza (o della sua lunghezza d’onda)

  28. IL COLORE DEGLI OGGETTI Le differenti lunghezze d'onda vengono interpretate dal cervello come colori, che vanno dal rosso delle lunghezze d'onda più ampie (minore frequenza), al violetto delle lunghezze d'onda più brevi (maggiore frequenza). Le frequenze comprese tra questi due estremi vengono percepite come arancio, giallo, verde, blu e indaco. Le frequenze immediatamente al di fuori di questo spettro percettibile dall'occhio umano vengono chiamate ultravioletto (UV), per le alte frequenze, e infrarosso (IR) per le basse. Anche se gli esseri umani non possono vedere l'infrarosso, esso viene percepito dai recettori della pelle come calore. Alcuni animali, come le api, riescono a vedere gli ultravioletti; altri invece riescono a vedere gli infrarossi. In effetti un oggetto ci appare del colore associato alla mescolanza delle radiazioni che esso non assorbe, e quindi riflette.

  29. Tartrazina (gialla) Indigotina (blu) A questo punto ci si può chiedere perché una sostanza assorba proprio in corrispondenza di certe lunghezze d’onda piuttosto che di altre. La risposta a questa domanda prevede che si conosca la struttura delle molecole che costituiscono tale sostanza, ed in pratica la natura dei legami da cui sono tenute assieme. Infatti se si conosce la struttura di una molecola, applicando la meccanica quantistica, si può risalire al suo diagramma energetico, e conoscere così le distanze di energia che intercorrono tra uno stato ed un altro. A ciascun salto energetico corrisponderà una particolare frequenza della radiazione assorbita, e indirettamente ogni salto energetico che coinvolga la radiazione visibile, determinerà il colore che noi osserveremo per una data sostanza.

  30. Spettro di assorbimento della clorofilla a A Lunghezza d’onda (nm) Un grafico che riportil’asorbimento di onde elettromagnetiche in funzione della lunghezza d’onda della radiazione incidente, viene detto SPETTRO DI ASSORBIMENTO. Nel caso di un atomo, lo spettro di assorbimento è costituito da righe, mentre per una molecola (sistema più complesso), è costituito da bande Esempio: Clorofilla a

  31. COLORE. Percezione sensoriale dovuta a radiazioni elettromagnetiche in grado di stimolare la retina dell'occhio. Tali radiazioni appartengono alla cosiddetta banda del visibile: radiazione luminosa, o luce, è appunto l'insieme delle radiazioni monocromatiche (cioè di una data lunghezza d'onda) in grado di produrre questo stimolo. Ciascuna radiazione monocromatica comporta la visione di un determinato colore; combinazioni di radiazioni diverse fanno vedere colori diversi e tale rappresentazione psichica varia a seconda degli individui e delle situazioni. SPETTRO. L'insieme delle radiazioni monocromatiche presenti in una luce policromatica; anche la striscia luminosa, colorata, che si ottiene raccogliendo su uno schermo le radiazioni in cui è stata scomposta una luce policromatica || Spettro visibile è l'insieme delle radiazioni elettromagnetiche che producono sensazioni luminose. SPETTROSCOPIA.Ramo della fisica che si occupa della produzione e dell'analisi dello spettro delle radiazioni elettromagnetiche e in particolare di quello della luce.

  32. Determinato da fattori oggettivi: Intensità della radiazione incidente nell’occhio e soggettivi: Sensibilità dell’occhio alle radiazioni visibili CAPACITA’ VISIVE La radiazione visiva incide sulla CORNEA (membrana trasparente) La lente elastica retrostante (CRISTALLINO) modifica il raggio di curvatura mettendo a fuoco l’immagine Le radiazioni incidenti sulla cornea vengono rifratte verso la RETINA dove si trovano i fotoricettori concentrati nella FOVEA FENOMENO DELLA VISIONE Sulla retina si produce una immagine rovesciata che viene inviata al cervello dove viene raddrizzata

  33. I fotoricettori sono CONI e BASTONCELLI, 126 x 106cellule nervose sensibili alla luce I BASTONCELLI (120 x 106)più numerosi e più sensibili Responsabili della visione notturna (SCOTOPICA) caratterizzata da valori molto bassi dell’energia luminosa I CONI (6 x 106) molto meno numerosi e meno sensibili Responsabili della visione diurna (FOTOPICA) caratterizzata da valori molto più elevati dell’energia luminosa La percezione dei colori è possibile solo con la visione FOTOPICA I CONI sono di tre tipi: ROSSI, VERDI, BLUE (colori fondamentali) Ciascuna tipologia contiene fotopigmenti sensibili a diverse lunghezze d’onda La ricezione dell’immagine da parte di coni e bastoncelli avviene per scomposizione chimica in conseguenza della quale impulsi nervosi vengono inviati al cervello I centri encefalici preposti decodificano il messaggio ricevuto interpretandolo e raddrizzando l’immagine L’occhio umano è sensibile alla potenza radiante entrante e non all’energia come una pellicola fotografica Un fascio luminoso entrante su una pellicola la impressiona in funzione dell’apertura dell’obiettivo e del tempo di esposizione (energia) al contrario l’occhio rimane costantemente allo stesso grado di sensibilità che ha all’istante iniziale della percezione visiva

  34. La propagazione della luce: le ombre

  35. Sorgente puntiforme cono d’ombra La propagazione della luce: le ombre La luce si propaga in linea retta oggetto opaco ombra

  36. Sorgente puntiforme cono d’ombra penombra C Sorgente estesa ombra P La propagazione della luce: le ombre La luce si propaga in linea retta oggetto opaco ombra

  37. Sorgente puntiforme ombra oggetto opaco cono d’ombra eclisse parziale eclisse totale SOLE LUNA TERRA La propagazione della luce: le ombre La luce si propaga in linea retta

  38. Le proprietà della luce Cosa avviene quando la luce colpisce un oggetto?

  39. Le proprietà della luce Cosa avviene quando la luce colpisce un oggetto? … può essere riflessa … … trasmessa … … assorbita e poi riemessa …

  40. Le leggi della riflessione i raggio incidente Superficie riflettente liscia (specchio)

  41. r1 i Le leggi della riflessione i=r1 raggio incidente raggio riflesso Superficie riflettente liscia (specchio) 1a legge: il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale alla superficie riflettente giacciono nello stesso piano 2a legge: l’angolo di incidenza è uguale all’angolo di riflessione i=r1

  42. Superficie scabra r1 i Le leggi della riflessione i=r1 raggio incidente raggio riflesso Superficie riflettente liscia (specchio) 1a legge: il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale alla superficie riflettente giacciono nello stesso piano 2a legge: l’angolo di incidenza è uguale all’angolo di riflessione i=r1

  43. oggetto Riflessione su uno specchio piano

  44. P C oggetto Riflessione su uno specchio piano

  45. Riflessione su uno specchio piano P C oggetto

  46. Riflessione su uno specchio piano L’immagine è VIRTUALE, delle stesse dimensioni dell’originale, DRITTA, ma NON E’ SOVRAPPONIBILE ALL’ORIGINALE P P’ C C’ oggetto immagine

  47. Riflessione su uno specchio concavo P C oggetto

  48. Riflessione su uno specchio concavo P C oggetto

  49. Riflessione su uno specchio concavo L’immagine è REALE, rimpicciolita e CAPOVOLTA P C’ P’ C immagine oggetto

  50. oggetto Riflessione su uno specchio convesso

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