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DAL ROMANICO AL GOTICO Realizzato da: Iacobucci Aurora e Teccarelli Lorenzo
LA MINIATURA La miniatura veniva praticata quasi esclusivamente dai monaci e consisteva nel decorare in modo molto minuto i principali codici conservati nelle biblioteche dei conventi. Il termine deriva da minio, un ossido di piombo di colore rosso intenso, componente fondamentale per la preparazione degli inchiostri. Il principale supporto scrittorio è la pergamena. Il compito di comporre il testo in bella scrittura spettava al calligrafo, che lasciava libero lo spazio per le decorazioni miniate che venivano affidate al miniatore, il cui tracciava il disegno e poi ripassava i contorni delle figure con la penna d'oca intinta nell'inchiostro nero. All'interno di ogni grande monastero venivano allestiti gli scriptoria, luoghi dove i monaci si dedicavano all'arte del miniare.
LA TEMPERA SU TAVOLA Le tavole solitamente erano ottenute unendo più assi di legno e le forme più ricorrenti erano quella rettangolare, quella centinata, quella cuspidata e quella cruciforme. Su tutta la tavola si procedeva con l'incamottatura, consistente nello stendere una tela di lino per attenuare eventuali variazioni di volume del legno e poi su di essa veniva spalmata la preparazione in vari stati di colla e gesso. A questo punto si poteva procedere al disegno preparatorio, effettuato incidendo i contorni con uno stilo metallico. La pittura era a tempera, cioè con pigmenti a base minerale che venivano temperati, ossia sciolti in acqua con l'aggiunta di colla vegetale.
GLI AFFRESCHI E I MOSAICI L'affresco è una tecnica di pittura murale in cui i pigmenti, diluiti con acqua, vengono applicati sull'intonaco fresco a cui si incorporano sfruttando il processo chimico della carbonatazione della calce contenuta nell'intonaco. L'affresco è composto da strati di intonaco sovrapposti. Il mosaico è una tecnica decorativa con la quale viene riprodotto un determinato disegno per mezzo di frammenti detti tessere, di diversi materiali, come: pietre naturali, marmi, ceramica smaltata o paste vitree colorate.
LE CROCI DIPINTE Due sono le tipologie delle croci dipinte romaniche. La più antica è quella del cosiddetto "Cristo trionfante" e rappresenta Gesù con il corpo e la testa eretti, gli occhi spalancati e i piedi leggermente divaricati. La seconda tipologia è quella del "Cristo sofferente" in cui viene rappresentato morto, con il capo reclinato e gli occhi chiusi. Le croci dipinte presentano diverse parti: • Il tabellone è la parte verticale della croce, sulla quale poggia il corpo di Cristo; • Gli scomparti sono i due allargamenti laterali del tabellone; • I terminali sono i due allargamenti laterali dei bracci orizzontali della croce; • Il piedicroce è l'allargamento posto all'estremo inferiore; • La cimasa è l'allargamento posto all'estremo superiore.
CHRISTUS TRIUMPHANS È la più antica tra le croci dipinte, oggi conservata nella Cattedrale di Sarzana, in provincia di La Spezia ed è stata realizzata nel 1138 da Maestro Guglielmo. Gli occhi di Gesù sono spalancati, la testa è sollevata e il volto non fa trasparire alcuna emozione. Anche gli arti appaiono perfettamente rilassati e il corpo crocifisso, infatti, sembra sottrarsi anche alla legge di gravità. È interessante notare, infatti, che per la prima volta il Cristo compare nudo, con un semplice panno che gli cinge i fianchi in quanto fino ad allora era sempre stato rappresentato con addosso una lunga tunica.
NICOLA PISANO Di Nicola Pisano si hanno scarse notizie che ne porterebbero la nascita attorno al 1220/1225 e che ne suggeriscono la scomparsa tra il 1278 e il 1284. Le sue origini furono pugliesi e la sua attività si è svolta quasi interamente in Toscana, Bologna e Perugia. È certo però che si formò nell'ambito della cultura federiciana e, proprio per questo, il rapporto con il mondo classico fu in lui sempre una costante.
PULPITO DEL BATTISTERO DI PISA Nel 1260 Nicola firma il Pulpito del Battistero di Pisa. L'opera ha un inedita forma esagonale ed è sorretta da sei colonne di granito rosso poggianti alternativamente sul pavimento e su tre leoni stilofori. Al di sopra dei ricchi capitelli, sono gettati degli archi a tutto sesto trilobati dei pilastrini tristili di granito separano le cinque grandi lastre marmoree con i rilievi che costituiscono le facce istoriate del parapetto del pulpito. Nelle lastre sono rappresentati i seguenti episodi della storia sacra: la Natività, l'Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tempio, la Crocifissione e Giudizio Universale.
GIOVANNI PISANO Giovanni è il figlio di Nicola Pisano. Dopo la collaborazione con il padre di lui si hanno notizie solo a partire dal 1278. Dal 1285 al 1287 è attivo a Siena alla facciata del Duomo di cui, è capomastro, mentre dal 1298 al 1301 lavora al Pulpito di Sant'Andrea a Pistoia. Tra il 1302 e il 1310 si occupa del Pulpito della Cattedrale di Pisa.
PULPITO DI SANT'ANDREA A PISTOIA La forma esagonale del Pulpito di Sant'Andrea a Pistoia ricorda l'opera pisana di Nicola di circa 40 anni prima. Ma delle sei colonnine perimetrali due sono sorrette da leoni stilofori, una da un uomo ricurvo e le altre tre poggiano direttamente a terra sulle loro basi. Un leone alato, un'aquila e un grifone simboleggiano rispettivamente Cristo, la sua Ascensione al Cielo dopo la Resurrezione e il suo Ritorno alla fine dei tempi. Inoltre, contrariamente alle imponenti figure di Nicola, le cinque formelle pistoiesi sono dense di personaggi dalle proporzioni minute i cui corpi sono per gran parte a tutto tondo.
CROCIFISSO DI SAN DOMENICO AD AREZZO Il crocifisso della chiesa di San Domenico ad Arezzo è la prima opera attribuita a Cimabue con certezza. Si tratta di una croce dipinta di notevoli dimensioni che costituisce una straordinaria novità nella tradizione del patetismo. Il corpo del Cristo, infatti, non pende dalla croce ma sembra quasi volersene distaccare nell'ultimo, doloroso sussulto dell'agonia. La complessa geometria della croce in pioppo, gli occhi a "S", il ventre schematicamente tripartito, la preziosità delle dorature del perizoma sono altrettanti indizi di come molte caratteristiche della cultura figurativa romanico-bizantina siano ancora ben presenti e radicate.
MAESTÀ DEL LOUVRE La grande tavola cuspidata, oggi custodita al Museo del Louvre, rappresenta una Maestà, cioè una Madonna con il Bambino seduta in trono e contornata da angeli. È stata realizzata verso il 1280 per la chiesa pisana di San Francesco. La Vergine ha dimensioni colossali in quanto, nonostante sia seduta, è alta quasi il doppio degli angeli. Il trono monumentale, in legno intagliato, è rappresentato in una innaturale prospettiva latero-frontale, in tal modo riempie di se gran parte della tavola. I colori sono pacati e quasi spenti su fondo oro, con una forte predominanza dei bruni e le sole eccezioni del manto azzurro di Maria, del grigio ferroso dei mantelli di Gesù e dei due angeli in basso, del rosso cupo del lembo di cuscino che appare sul sedile del trono
MADONNA DI SANTA TRINITA La grande tavola, databile intorno al 1288/1292, rappresenta una monumentale Madonna in trono con il Bambino, contornata da otto angeli e quattro profeti. Al centro, sono rappresentati Abramo e Davide, con la corona regale. Geremia e Isaia si affiancano invece a due aperture centinate alla base inferiore del trono. I corpi dei personaggi sono dipinti in modo che i complicati panneggi delle loro vesti contribuiscano a sottolinearne ulteriormente la solida fisicità. Il volto della Vergine spezza la fissità espressiva imposta da quella serie di rigide regole rappresentative che costituivano anche il metro di giudizio circa l'affidabilità e la bravura di ciascun artista. Cimabue, infatti, conferisce ai lineamenti di Maria dei tagli decisi attraverso i quali, però, traspare l'accenno di un sorriso soave e umanissimo.