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Anno scolastico 2008-09 La prova nazionale di italiano nella Scuola Secondaria di I grado. Classe terza. Il buon nome di Dino Buzzati. Consigli per il domani ai giovani (e ai genitori ) di Dino Cacace. Il racconto di Buzzati.
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Anno scolastico 2008-09La prova nazionale di italiano nella Scuola Secondaria di I grado.Classe terza. Il buon nome di Dino Buzzati. Consigli per il domani ai giovani(e ai genitori) di Dino Cacace.
Il racconto di Buzzati. • Il racconto di Dino Buzzati era tratto e adattato da Le notti difficili (Mondadori, 1971). Testo relativamente lungoma trasparente: immaginifico e visionario, nella più alta tradizione dell’autore bellunese. • Dal punto di vista linguistico, il testo sollecitava e favoriva una forte cooperazione da parte del lettore: pur complesso sul piano lessicale, la storia – lineare ma avvincente - facilitava la comprensione (esempi di termini di presunta problematica comprensione: supino, ansimare, stupefazione…). Sul piano sintattico, era arioso e lineare.
Consigli per il domani. • Il secondo testo – di difficile collocazione sul piano tipologico – era un testo di agevole accesso dal punto di vista ‘enciclopedico’. Si prestava a facili eventuali inferenze e integrazioni. • Sul piano della organizzazione testuale si presentava in forma schematica; su quello della architettura in modo trasparente. • Sul piano lessicale presentava difficoltà che non si sono però rivelate insormontabili per gli studenti (termini o sintagmi presumibilmente problematici: concorrenza di interpreti, lingua madre, movimento studentesco, vivere di sola lingua...).
Struttura della prova. • Sui due test erano state predisposte 40 domande: 17 che intendevano misurare la comprensione globale e locale del testo; 5 la competenza lessicale; 7 la capacità di riconoscere l’organizzazione logica entro e oltre la frase; 1 gli aspetti retorici e formali; 1 l’ortografia e la punteggiatura; 9 fenomeni grammaticali di morfologia e sintassi. • Evito personali considerazioni sulla quantità, la qualità, la distribuzione delle domande: la prova è stata testata attraverso complicati e molto tecnici percorsi. Mi limito a osservare che una domanda sugli aspetti formali e retorici o sulla ortografia e punteggiatura misura la capacità di risposta a quella domanda, non certo la competenza ortografica nel suo complesso. In generale, a questa ‘relativizzazone dei risultati’, specie se riguardano abilità linguistiche, è bene essere disposti e preparati.
I risultati di una scuola del Bellunese. • Ho esaminato i risultati ottenuti dagli studenti di 4 classi di un Istituto Comprensivo del Bellunese. • La realtà della scuola è quella di un centro relativamente piccolo del Nord Est. E’ rappresentativa di tante simili comunità: è fatta di famiglie di piccola e media borghesia, e conosce recenti fenomeni di immigrazione. La scuola ospita inoltre studenti di una comunità di ragazzi con gravi problemi socio-familiari. • Una scuola ‘normale’, e quindi rappresentativa.
Sono ‘oggettivi’ i risultati della prova? • Nonostante lo scetticismo degli insegnanti, la diffidenza diffusa nei confronti delle prove e della loro capacità di restituire risultati affidabili, la freddezza o il disinteresse dell’opinione pubblica; le prove hanno dato esiti che avevano avuto riscontro nella realtà. ‘Oggettivi’. • In particolare, hanno confermato col linguaggio dei numeri quel che è di diffusa opinione: i diversi stili di insegnamento, gli interessi dei diversi insegnanti, l’importanza della composizione della classe, il peso della presenza di ‘eccellenze’ nei gruppi classe, ecc… • In una parola, che il linguaggio della quantità può e deve essere coniugato con quello della qualità. I numeri parlano con segni che possono e devono essere tradotti nelle parole. • Anche se è vero che in educazione il più non è traducibile.
Misurare e valutare. • E’ a dire che in educazione quel che più conta sfugge ai numeri, alla quantificazione, alla misurazione: Misurare e valutare è stato il titolo dell’ultimo Convegno GISCEL di Milano 2008. Se la ‘misurazone’ è affidata a Istituti specializzati, la valutazione è affidata alla sensibilità, alla cultura, al cuore e alla testa degli educatori. Genitori o insegnanti che siano. • Valutare ha nel suo etimo – nella sua anima cioè – valere che rimanda, per vari passaggi, a valorizzare.
Interrogare i numeri. • Do qualche dato, significativo in sé e a conforto: la classe 01 dà buoni risultati nella prova di comprensione locale e globale sia se confrontati con quelli di altre classi della medesima scuola sia se messi a confronto con quelli della media nazionale: 85 contro 78 (tutti gli analitici sono superiori agli analitici nazionali). In ogni caso, più che i singoli numeri, parla nelle tabelle INVALSI il quadro dei percentili. Qui, decisamente spostati a destra: da L4 a L6). • La stessa classe dà, relativamente alla grammatica, risultati decisamente inferiori sia nei confronti delle altre classi della stessa scuola sia nei confronti dei dati (analitici) nazionali. Qui il quadro dei percentili risulta sposato a sinistra, da L4 a L2. • I numeri sono equivoci e si fanno interrogare. E possono far fare le letture più diverse. Quella più facile e intuitiva fa dire che la grammatica sulla quale sono stati interrogati gli studenti forse all’insegnante non era gradita. In ogni caso, da lui poco praticata.
Le domande critiche. • Le domande più critiche relativamente alla comprensione locale e globale del testo sono risultate, nelle 4 classi della scuola, la A12, la A15, la B6, la B10, la B12. • La prima chiedeva a che cosa fosse dovuta la morte di Fossadoro; la seconda quale fosse la durata della vicenda; la terza quale fosse il metodo migliore per imparare le lingue straniere; la quarta come si potesse affrontare la ‘minaccia della disoccupazione tecnologica’; l’ultima, quale fosse il tema di base del testo. • Domande con percentili bassi o medio bassi, ritenute sul campione facili o relativamente facili.
Le medie e i percentili. • Relativamente alla competenza lessicale le quattro classi della scuola sono risultate lievemente superiori alla media nazionale (sempre guardando agli analitici). • Medesimi i risultati relativamente alla organizzazione logica entro e oltre la frase. Le domande più problematiche la A4, la B2, la B7. La prima chiedeva del valore della frase ‘anzi sostenuto’; la seconda di scegliere un connettivo interfrasale idoneo; la terza del valore di infatti quale indicatore di frase nel testo. • Delle tre solo la B2 ha un percentile molto alto. • C’è da dire che i risultati che dicono medie sono da prendere con mille precauzioni: un conto è naturalmente se la media esce da risultati molto distanti; altro conto è se i risultati sono tutti vicini, in ‘zone’ centrali.
La grammatica. • Le domande di grammatica che si sono rivelate difficili per gli studenti di cui si parla sono state la C2, la C4, la C6, la C8. • La prima chiedeva di considerare una serie di quattro pronomi indefiniti e di escludere quello ‘estraneo’; la seconda di riconoscere un congiuntivo imperfetto; la terza di riconoscere una frase complessa; la quarta di sostituire un connnettivo frasale. • Vista la qualità delle domande, considerati i risultati ottenuti dalla classe, dalla suola, dagli studenti a livello nazionale, viene da dire (ma è un giudizio personale) che in questo ambito dell’educazione linguistica sono da ripensare oggetti, contenuti, metodi.
I numeri sono affidabili? • Ma è proprio vero che i numeri non sono equivoci? • Guardandoli dall’interno viene da dire che essi hanno bisogno di essere letti e interpretati dentro un contesto, e alla luce di tante variabili incontrollabili. I numeri ‘sicuri’ sono quelli statistici: ma i numeri statistici sono variamente interpretabili. • La difficoltà di una risposta viene da un numero infinito di variabili: ad esempio, dalla scarsa chiarezza della domanda (chiarezza linguistica o tematica o di focalizzazione), dai conti sbagliati circa l’enciclopedia dello studente, da fattori ambientali (soggettivi o di contesto). • E’ pur vero che il lavoro preparatorio dell’Istituto sul campione nazionale dà affidamento, e che alla fine i risultati sono ‘veritieri’: aiutano la scuola e gli insegnanti a leggere la loro realtà, a fare il punto alla situazione, a riprogettare percorsi e curricoli su singoli e specifici punti.
L’INVALSI nella storia e nell’immaginario degli insegnanti. • La scarsa cultura della valutazione in Italia ha fatto vivere l’esperienza di queste prove in modo scomposto e disordinato. Le prove sono state vissute in questi ultimi anni • come un attentato alla libertà di insegnamento • come una violazione della autonomia delle scuole • come un atto episodico e in qualche modo estraneo alla quotidianità dell’insegnamento • con diffidenza e scetticismo circa la bontà e l’utilità dell’operazione • con atteggiamenti critici pregiudiziali e spesso gratuiti, sia da parte degli insegnanti che degli esperti di valutazione che degli studiosi di problemi educativi • con insofferenza e sfiducia nei confronti di una amministrazione – centrale e periferica - rivelatasi spesso incapace e inefficiente sul piano organizzativo.
Eppure… • L’operazione col passare degli anni dovrebbe in positivo contribuire (hoc est in votis) a • far sì che i docenti si sentano - oltre che insegnanti – un po’ più funzionari di uno Stato al quale rendere conto (vd l’esperienza francese); aiuta il fatto che la prova è stata data ad alunni di terza media, a fine ciclo cioè • far sì che i singoli docenti si sentano soggetti attivi di un comune progetto nazionale (oggi l’INVALSI è il solo soggetto in grado di dare un senso unitario allo sforzo comune di tante scuole autonome sparse sul territorio) • spingere gli insegnanti a guardare dentro le abilità linguistiche che educano con spirito analitico, scientifico, a scomporle e a ricomporle • far guardare un processo di apprendimento nelle sue tante e complesse variabili, a scomporlo e a ricomporlo per tenerlo sotto attento controllo • prendere coscienza della misurabilità degli apprendimenti e del valore strumentale dei risultati • sentire gli esiti di queste rilevazioni-misurazioni non come valutazioni dell’efficacia del soggettivo operare insegnando ma come occasione di crescita professionale • sentire l’INVALSI nella sua funzione di indirizzo e di sollecitazione.
La duplice funzione dell’operazione dell’INVALSI: passiva... • L’INVALSI propone le prove e restituisce i risultati alle singole scuole che sono quindi in una posizione ‘passiva’. • La complessa operazione dell’Istituto viene generalmente vissuta con qualche indifferenza e superficialità. Le scuole prendono atto e si confrontano con circospezione; gli insegnanti a loro volta misurano, in maniera spesso epidermica, l’efficacia del loro lavoro mettendo a confronto successi e insuccessi con i colleghi di classi parallele. • Eppure, come si è visto, i risultati – se ben letti e naturalmente relativizzati – sono affidabili. La loro funzione è quella di mettere in moto atteggiamenti critici, di revisione e di aggiustamento dei singoli progetti, e di rifocalizzazione degli interventi. • E quindi, di crescita personale e professionale. E occasione di riflessione a livello di singoli Istituti.
… e attiva. Le possibili ricadute. • Ma l’operazione può (e deve) avere riflessi positivi se guardata attentamente dall’interno. E quindi promuovere attività che non possono limitarsi a semplici esercizi di allenamento in vista del test. • La predisposizione delle prove suppone complesse operazioni che possono essere efficacemente riprodotte. • Insegnare a interrogare i testi, a formulare efficaci domande, a focalizzare un tema, a isolare un fenomeno, a distinguere i diversi piani della lingua possono avere positive ricadute nelle attività quotidiane della suola. • Solo così le prove INVALSI evitano di essere per le scuole un episodio o un incidente.
Due esempi. Interrogare i testi. • Non tutti i testi si fanno proficuamente interrogare. In particolare, la scelta del testo letterario risulta particolarmente complessa: la qualità ‘letteraria del testo’ è direttamente proporzionale alla qualità delle domande che suscita. Non tanto dal punto di vista ‘enciclopedico’ quanto dal punto di vista linguistico (connotazione della lingua, non detti, sottintesi, giochi di parole, costruzioni sintattiche, architettura del testo, scelta del lessico, …). Ci sono testi che – interrogati – non rispondono e restano muti. • La ricchezza e la bontà delle domande che un testo suscita è la riprova del suo valore e della sua ricchezza. • Il valore letterario di un testo non si svela per illuminazione divina.
Insegnare a fare domande. • Sviluppare la competenza interrogativa è un obiettivo che Weinrich pone come primario alla scuola. Preoccupata invece di far dare risposte. • Una buona domanda suppone: • una chiara focalizzazione del tema • una puntuale definizione del campo e dell’oggetto che si vuole indagare • una precisa definizione dei piani di lingua che si vogliono valutare • una formulazione linguistica inequivoca e trasparente • un umile decentramento. • Weinrich insegna che la qualità delle risposte dipende dalla qualità delle domande. Fare buone domande è molto più dfficile che dare semplici risposte.
Abilità e sottoabilità. • Leggere e capire un testo è abilità estremamente complessa e articolata. E’ sufficiente leggere nelle Indicazioni per il curricolo (p. 56) il capitolo Obiettivi di apprendimento al temine della classe terza: Leggere per avere l’idea di quante cose è fatta questa abilità. • Se si riflette su tale complessità risulta evidente il poco che le prove misurano e il tanto che è dentro quel poco. • Dalla parte dell’insegnante di italiano la sfida sta nell’avere sempre presente il tutto e le parti, e nel tenere insieme nell’uno ciò che si scompone nel tutto. Quella della ‘dispersiva analiticità’ può essere oggi una pericolosa tentazione.
Programmi o nuovi impianti? • Cosa resta da fare oggi all’insegnante di italiano, posto che • lo spirito dei cosiddetti Programmi è stato smantellato (vd ad esempio il progetto Brocca) • sono state fatte scivolare via nel silenzio le proposte della Commissione De Mauro del 2001 • sono state messe nel dmenticatoio le Indicazioni del Ministro Fioroni, dopo la parentesi Bertagna-Moratti • è stata fatta terra bruciata intorno all’idea stessa di un documento che dia la direzione e il senso di una ‘missione’ o di un progetto unitario • sta per passare ‘l’idea’ (strumentale e ingannatoria) della priorità dell’impianto e del riordino strutturale, • se non affidarsi al cosiddetto curricolo nascosto-fai da te? • Risorsa preziosa peraltro, fatta della memoria, del senso civico, dell’etica, del buon senso, dell’inventività e della creatività dei singoli insegnanti. Uno dei più preziosi patrimoni di questo paese sono i suoi insegnanti.
La responsabilità dell’INVALSI oggi. • Se l’INVALSI è oggi il solo soggetto riconoscibile come soggetto portatore di un progetto nazionale e il solo capace di dare il senso della partecipazione a una missione civica e culturale unitaria, sull’INVALSI ricadono responsabilità di proposta, di indirizzo, di sollecitazione. • Agli insegnanti la responsabilità di costruire un curricolo che ha il suo unico punto di appoggio nelle ultime Indicazioni rimaste in piedi – quelle Fioroni per intenderci - minimizzandone i limiti ed esaltandone la ricchezza.
Limiti e positività delle prove INVALSI. • Il limite delle prove INVALSI è di misurare analiticamente ‘un/il poco’ (ma questo è nella loro natura); il più rimane immisurato. La scrittura, ad esempio, rimane fuori; le abilità del parlare e dell’ascoltare non vengono considerate. • Ma solo se viste kantianamente nei loro limiti esse possono svolgere la loro fondamentale funzione e rappresentare un punto di ri-partenza per gli insegnanti e per la scuola italiana.
Una nuova paideia. • Il curricolo nascosto di ogni insegnante è fatto innanzitutto di memoria. E’ la stessa memoria che corre silenziosamente nei tanti documenti prodotti in questi ultimi decenni: rimanda ancora al ’79, all’85, al ’91. • Memoria rinnovata in ogni caso: oggi la formazione dell’uomo e del cittadino è educazione all’esercizio della cittadinanza attiva che suppone sul piano linguistico: • Capacità di dialogo e di confronto: ha il suo fondamento ancora nell’educazione e nell’esercizio attivo delle quattro abilità • Sviluppo continuo dell’educazione linguistica, dalla lingua al linguaggio: la pratica delle nuove tecnologie è vuota se non ha qui i suoi presupposti • Cultura della parola intesa come rispetto, conoscenza, pratica consapevole del logos. E’ logos anche la lingua ‘telefoninica’ • Consapevolezza che la lingua è il luogo più ricco e fecondo per l’interrogazione del mondo • Capacità di interrogare la lingua: la riflessione linguistica è il massimo potenziale per l’intelligenza.
Il particolare nel generale. • Se in questo quadro generale è facile ritrovarsi, se si entra nel particolare (come le prove hanno insegnato) i problemi si complicano. • Se si declina ad esempio il leggere e capire in terza media (ma anche prima, naturalmente) questa competenza suppone • Competenza semantico-lessicale • Capacità di riconoscere le relazioni logiche entro e oltre la frase, e la loro realizzazione linguistica nel testo • Capacità di individuare informazioni nel testo • Capacità di fare inferenze • Capacità di riconoscere le categorie grammaticali • Capacità di riconoscere ‘le furbizie’ retorico-formali della lingua • Capacità di riconoscere natura e funzione dei segni di punteggiatura.
Il particolare del particolare. • Ognuna di queste competenze suppone ulteriori e più specifiche competenze. La competenza semantico- lessicale suppone a sua volta • Capacità di capire il senso e il significato di un termine • Capacità di risalire col contesto al significato di un termine poco noto • Capacità di consultare un dizionario • Capacità di risalire al significato primo di una parola e di entrare nella sua storia • Capacità di scomporre un termine complesso nelle sue componenti prime • Capacità di cogliere la connotazione di una parola • ….
In un nuovo contesto. • L’esercizio di queste abilità linguistiche sarebbe vano se non si sviluppasse, come raccomandano le ultime Indicazioni, in un ambiente di apprendimento che • Valorizzi l’esperienza e la conoscenza degli studenti (maxima debetur puero reverentia) • Educhi al rispetto attivo e passivo del diverso • Favorisca l’esplorazione e la scoperta • Incoraggi l’apprendimento collaborativo • Promuova consapevolezza del proprio modo di apprendere.
Una battuta finale. • Tutto questo è fare un salto all’indietro? • A volte, e in certi momenti, sono necessari anche i salti all’indietro.