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NEUROPSICOLOGIA COGNITIVISTA Perch questo approccio Perch anche nella pratica clinica

COGNITIVISMO -centralit

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NEUROPSICOLOGIA COGNITIVISTA Perch questo approccio Perch anche nella pratica clinica

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Presentation Transcript


    1. NEUROPSICOLOGIA COGNITIVISTA Perché questo approccio? Perché anche nella pratica clinica?

    2. COGNITIVISMO -centralitŕ del concetto di “rappresentazione” -analogia col computer -deenfatizzazione contesto, fattori emotivi, storia, cultura -interdisciplinarietŕ -tradizione filosofica occidentale (da H. Gardner: “La nuova scienza della mente”)

    3. I problemi neuropsicologici, compresi quelli concernenti la diagnosi clinica, sono inseriti in una logica che riguarda l’elaborazione dell’ informazione Localizzare la lesione funzionale all’ interno di un modello teorico dell’ elaborazione di un determinato tipo di informazione

    4. Il tipo di modello cui si riferisce la neuropsicologia cognitiva si dice “computazionale” (Marr, 1982) Il livello desiderato nella diagnosi clinica č identificato come quello che si riferisce al danno delle componenti di un modello computazionale e alla loro mutua collocazione (“architettura funzionale”) nel sistema cognitivo

    5. Componenti dell’ Architettura Funzionale: Rappresentazioni = informazioni in un dato formato che deve essere specificato, insieme al contenuto Processi = che trasformano una classe di rappresentazioni in un’altra o attivano la classe di rappresentazioni successiva ATTENZIONE !!! Nella maggioranza dei casi clinici il danno č a molte componenti. Interesse per “sindromi pure”.

    6. PERCHE’ COGNITIVISMO E NEUROPSICOLOGIA? - i modelli funzionali possono essere lesionati concettualmente: gli effetti neuropsicologici possono essere confrontati con le predizioni del modello teorico (con mutuo beneficio) -non č ovvio come questo possa avvenire con altre teorie (e.g. la Gestalt) CONSEGUENZA: la neuropsicologia fa parte delle scienze cognitive SCOPO COMUNE: una teoria cognitiva (in cosa consiste esattamente un compito mentale?)

    7. E la localizzazione cerebrale? Il progresso avviene solo quando lo permette il livello di dettaglio raggiunto dalla teoria Al momento non c’č neppure metro di paragone tra descrizione anatomica e funzionale Posizione corrente analoga a quella di G Mendel Questo non vuole dire che i clinici debbano evitare il problema della localizzazione (un bravo clinico puň fare meglio della TAC)

    8. Obiezioni storiche alla neuropsicologia: 1) “il danno cerebrale puň produrre un declino globale di risorse”… “le osservazioni su cerebrolesi non dicono molto sulle funzioni normali” Ma! deficit molto selettivi

    9. 2) Il danno cerebrale puň colpire il sistema cognitivo in modo arbitrario. Ma!!! -Perché in modo piů arbitrario dello sperimentatore in laboratorio? -Questo non puň essere stabilito a priori: l’osservazione di anomalie č riconosciuto universalmente come un buon metodo nelle scienze osservative ( astronomia….)

    10. -I dati neuropsicologici vanno corroborati da dati raccolti su soggetti normali e viceversa -La neuropsicologia ha un valore euristico: le malattie neurologiche colpiscono senza riguardo per le aspettative dello sperimentatore -I ritrovati neuropsicologici sono spesso piů robusti dei ritrovati sui normali

    11. 3) Ci puň essere una riorganizzazione delle funzioni e nuove operazioni cognitive possono apparire dopo danno cerebrale (allora il valore della neuropsicologia sarebbe solo clinico) -E’ difficile che sorgano nuove funzioni improvvisamente dal nulla - La riorganizzazione funzionale enfatizza funzioni preesistenti

    12. PRINCIPIO DI FRAZIONAMENTO il danno cerebrale determina il deficit di una o piů unitŕ di elaborazione, lasciando le altre intatte segue da: -principio o assunzione di modularitŕ ne segue il: -principio o assunzione di trasparenza

    13. PRINCIPIO DI MODULARITA’ (1) qualunque calcolo (o sistema organico) complesso č costituito da un insieme di sottocomponenti, i “moduli”, che sono indipendenti tra loro per quanto č consentito dal compito (o dall’organismo) -Marr, 1982.

    14. PRINCIPIO DI MODULARITA’ (2) -vantaggi evolutivi (es. giraffa, hifi, Nikon, mobili scandinavi) -diverse conseguenze a seconda della teoria

    15. PRINCIPIO DI MODULARITA’ (3) Differenti teorie, usate piů o meno esplicitamente: -Fodor (1983) -Shallice (1988) -Semenza, Bisiacchi & Rosenthal (1988) -Moscovitch & Umilta’ (1989)

    16. Principio di modularitŕ (4) per Fodor (1983) i moduli sono: -innati, veloci, specifici per modalitŕ, obbligatori, sostenuti da materia neuronale, soggetti a sviluppo specifico, autonomi e “incapsulati” dal punto di vista informazionale

    17. Principio di modularitŕ (5) Fodor sostiene che la porzione “centrale” del sistema cognitivo non č organizzata in maniera modulare e, perciň, non puň essere studiata. In questa concezione c’č poco spazio per la neuropsicologia

    18. Principio di modularitŕ (6) Per Shallice (1988) i moduli sono equivalenti a sistemi “dissociabili” Questa concezione lascia piů spazio alla neuropsicologia

    19. Principio di modularitŕ (7) Per Semenza, Bisiacchi e Rosenthal (1988) l’assunzione di modularitŕ č un’utile presa di posizione metodologica, indipendente dalla convinzione che il sistema sia o meno costruito in modo modulare

    20. Principio di modularitŕ (8) per Moscovitch & Umiltŕ (1989): vi sarebbero moduli di 1°, 2° e 3° tipo, partendo da moduli fodoriani per arrivare a moduli complessi (es riconoscimento, in ordine di complessitŕ, di “volti”, oggetti”, “materiale scritto”)

    21. Principio di modularitŕ (9) Il modello di Moscovitch & Umiltŕ -“riscatta” alla neuropsicologia molte funzioni -come si dimostra un modulo? se una funzione č conservata a dispetto di un decadimento generalizzato

    22. PRINCIPIO DI TRASPARENZA O SOTTRAZIONE due formulazioni, spesso tacite

    23. Principio di trasparenza (1) formulazione “forte”, errata: esiste una relazione trasparente tra un deficit osservato e una componente del processo di elaborazione dell’ informazione che viene sottratta dal danno cerebrale. Un deficit selettivo č dimostrazione che la componente esiste. Paradosso: č trasparente quel che č perso!

    24. Principio di trasparenza (2) formulazione “debole”: Il danno cerebrale permette di osservare meglio il lavoro di processi d’elaborazione dell’informazione che sono “opachi” nella performance di un cervello intatto.

    25. Principio di trasparenza (3) -con la formulazione “debole” scompare il paradosso: quel che č reso trasparente č quello che č rimasto. -conseguenze: a) i sintomi sono meglio compresi in termini di ciň che il paziente fa piuttosto che di ciň che il paziente non fa; b) l’analisi degli errori diviene fondamentale; c) qualunque cosa faccia il paziente puň essere visto come un modo per superare il deficit.

    26. Principio di trasparenza (4) Caramazza (1991): La relazione tra le prestazione disturbata e la normale capacitŕ cognitiva diviene trasparente fintanto che le modifiche intervenute nel sistema cognitivo normale sono comprensibili in base ad una teoria esplicitata

    27. La variabilitŕ interindividuale - I dati di gruppo consentono di controllare meglio questo problema, ma i casi singoli consentono osservazioni piů interessanti -gli effetti dovuti alle differenze individuali sono di solito piů contenute rispetto a quelle introdotte dal danno cerebrale

    28. La strategia del paziente -spesso il paziente usa le capacitŕ che gli rimangono per compensare al deficit (es pragmatica per deficit grammaticali) -la compensazione puň essere piů o meno conscia, +- efficace, richiedere +- sforzo e risorse, puň anche portare fuori strada… -la compensazione non č sempre una complicazione per chi interpreta il fenomeno: puň, infatti, rendere piů evidenti certi meccanismi

    29. Il livello di difficoltŕ del compito -Una dissociazione singola tra due compiti (uno conservato e l’altro deficitario) puň semplicemente riflettere il fatto che uno dei due compiti, pur basandosi sulla stessa capacitŕ, č intrinsecamente piů difficile dell’altro -Se si vuole dimostrare che i due compiti si basano su capacitŕ indipendenti bisogna cercare la dissociazione complementare

    30. DISSOCIAZIONI “CLASSICHE” Dissociazione semplice = ( compito X+, compitoY-) Dissociazione doppia = Paziente A: compito X+,compito Y- Paziente B: compito X-, compito Y+

    31. Dissociazioni non classiche (quando nessuno dei compiti č intatto) Semplice= X meglio di Y Doppia non valida = in A: X meglio di Y in B: Y meglio di X Doppia valida (crociata)= X in A meglio di X in B Y in B meglio di X in A

    32. ASSOCIAZIONI (1) -Valide per inferenze quanto dissociazioni MA: -Cattivi esempi sono le associazioni “deboli” determinate da contiguitŕ anatomica in cui le componenti si possono trovare dissociate tra loro, facendo perdere significato all’ associazione (es S. di Gertsman)

    33. Associazioni (2) -possono in molti casi rimanere valide se c’č una teoria che spiega in altro modo l’eventuale dissociazione tra le componenti -alcune associazioni deboli possono avere comunque un valore indicativo (afasia di Broca, dislessia profonda)

    34. I compiti doppi. Analogie con le doppie dissociazioni -Un soggetto č sottoposto ad un compito “primario” mentre, allo stesso tempo, deve compierne un altro “secondario” -Il prerequisito per poter eseguire i due compiti simultaneamente č che questi siano basati su sistemi funzionalmente indipendenti -Se i due compiti occupano la stessa parte del sistema ci si aspetta un decremento di prestazione

    35. Studi di caso singolo - non enfatizzano la prestazione media: consentono di discriminare effetti interessanti -dispensano dal problema di avere gruppi omogenei (si ricordi che la varianza all’interno di un gruppo di pazienti č molto maggiore che in un gruppo di normali -prendono meno tempo, richiedono minor aiuto

    36. Studi di gruppo -piů facilmente replicabili -meno proni a fornire risultati disorientanti a causa dell strategia del paziente -richiedono meno items, il che ha due vantaggi: a)si possono indagare domini in cui gli stimoli siano limitati; b)minimizza la possibilitŕ che il paziente elabori una strategia durante la somministrazione -ci sono problemi che possono essere risolti solo con studi di gruppo

    37. Ragioni per prendere in considerazione anche sistemi non modulari -la modularitŕ č un’ipotesi di lavoro -la organizzazione modulare puň coesistere con una organizzazione non modulare -modularismo e connessionismo potrebbero descrivere livelli diversi (e.g. “Cosa accade dentro i moduli?”; l’interazione tra sinapsi č meglio mimata da modelli connessionisti)

    38. Possibili tipi di organizzazione neurale Qualunque combinazione tra le seguenti: A) neuroni ammassati o sparsi B) funzioni isolate o in comune B)molti o pochi neuroni L’organizzazione modulare puň essere meglio studiata se: molti neuroni, ammassati, si dedicano a una singola operazione

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