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La religione Egizia. Dove. Egitto Basso Egitto Alto Egitto Nubia. Quando. XX X - XXV sec. Antico periodo dinastico XXV - XX Regno Antico XVIII-XVI Regno Medio XVI – IX Nuovo Regno IX – I Ellenismo. Origini.
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Dove • Egitto • Basso Egitto • Alto Egitto • Nubia
Quando • XX X - XXV sec. • Antico periodo dinastico • XXV - XX • Regno Antico • XVIII-XVI • Regno Medio • XVI – IX • Nuovo Regno • IX – I • Ellenismo
Origini • Gli studiosi vi hanno individuato tre gruppi principali collegati ad altrettante città e sedi di culto: • Eliopoli (la “Città-del-Sole”), • Menfi (la capitale dei costruttori di piramidi), • Ermopoli (la “Città-di-Ermete”). • La cosmogonia Eliopolitana ha per protagonista il dio Sole (Râ), • la Menfitica il dio Terra (Ptah), • l‘Ermopolitana un gruppo di 8 dei • ripartita in 4 coppie (un dio e una dea per coppia) Altro elemento importante è quello della regalità sacra, ossia, il re (faraone) è importante quasi quanto ( in alcuni periodi di più) del Dio
Divinità • La caratteristica più importante delle divinità egizie è il diffuso zoomorfismo (forma animale) a ricordo forse di antichi culti totemici. Tra la fine della preistoria e l'inizio dell'età storica il panorama delle divinità offre già un quadro completo e ben individuato nelle singole località • Khnum, dio dalla testa d'ariete, con le compagne Satis e Anuki; • Horus dio-falco (figlio di Osiride ed Iside) • Nekhbet dea-avvoltoio; • Anubi, il curatore dei cadaveri, e Upuant, la guida dei morti, entrambi con aspetto canino; a • Toth, distributore della sapienza e dio della scrittura e della luna, con aspetto di babbuino o d'ibis; • Ptah, dio creatore, assieme alla sposa Sechmet e al figlio Nefertum;
Divinità • All'inizio dell'epoca storica, per il fenomeno del sincretismo, diverse divinità s'identificarono fra loro scambiandosi aspetto, attributi e funzioni oppure costituendosi in triadi a carattere familiare: • Si ebbero così la triade menfita formata da Ptah, Sechmet e Nefertum; • la tebana con Ammone, Mut e Khonso; • quella più diffusa e popolare di Osiride, Iside e Horus • Le divinità presiedevano (avevano influsso) in ogni attività umana
i luoghi di culto • Il tempio doveva essere la casa degna di un Dio e quindi possedere il massimo splendore, tempi famosi sono quello di Karnak e di Abu Simbel, solitamente vicino al tempio si trovavano delle sfingi e degliobelischi. • Le piramidi NON sono luoghi di culto ma sono le tombe dei faraoni, le 3 più grandi si trovano a Giza (Chefren, Cheope, Micerino) vicino alla Sfinge
Il culto • Le processioni funebri e quelle ai santuari erano le principali forme di culto. • Le divinità erano lontane per cui ci si indirizzava verso una divinità in particolare • I sacerdoti facevano spesso il culto senza il popolo • L’uomo egizio inoltre usava amuleti di varie dimensioni, spesso a forma di scarabeo
Le feste • Il calendario egizio si suddivideva in 12 mesi, ciascuno con il nome di una divinità, la cui festa si celebrava nel mese corrispondente. Durante la festa la statua veniva portata in processione • Le altre feste sono legate allo straripamento del Nilo • Vi erano feste regali: legate al faraone
Le persone sacre • Il faraone, era un vero e prorpio Dio in terra (figlio di Ra) e immortale • I sacerdoti erano i rappresentanti del faraone che dovevano soddisfare le esigenze quotidiane del faraone e degli dei. • Facevano spesso uso della divinazione
I testi sacri • La letteratura giunta sino a noi è molto vasta. Ci sono Inni,preghiere, salmi penitenziali. • Il testo più famoso è il Libro dei morti, formule che servivano per il morto nell’aldilà. • I testi delle piramidi avevano la funzione di assicurare l’immortalità.
La vita dell’aldilà • Per gli egizi le persone sopravvivono dopo la morte in un altro modo, per preservare il corpo si fece largo uso • dell’imbalsamazione e successivamente • della mummificazione • Dopo la morte l’anima del defunto deve affrontare delle prove per poter entrare nell’aldilà, tra queste prove vi è la pesatura del cuore
Il bene e il male • La mitologia egiziana sottolineava la continua lotta tra il bene ed il male, • Il bene era considerata la cura della famiglia e svolgere il proprio compito nell’organizzazione sociale
Verifica • Dove • Egitto (basso, alto) e Nubia • Quando • XXV – IX secolo a.C. • Divinità • Tre gruppi principali, (città) Eliopoli, Ermopoli, Menfi • Una triade importante. (Osiride, Iside, Horus). • Zoomorfismo (antichi culti totemici) • La regalità Sacra. • Luoghi di culto • Tempio. Le piramidi sono tombe di faraoni • Culto e feste • Processioni funebri. Capodanno (straripamento del Nilo) • Persone sacre • Sacerdoti (divinazione ). Faraone (figlio di Horus e Dio) • Testi sacri • Libro dei morti, testi delle piramidi e dei templi • Aldilà • Imbalsamazione e mummificazione. Pesatura del cuore • Anima tripartita, KA, BA, AKH • Bene e male • Continua lotta tra il bene e il male
A: L’uomo e la morte • Gli egizi credevano che l’uomo fosse costituito di tre forze spirituali • KA: la forza creatrice • Carattere e personalità • BA: la forza primordiale dell’anima • Si distacca dal corpo ma poi vi ritorna • Akh : la forza vitale che si sviluppa dopo la morte
A: Mummificazione • È un trattamento di conservazione del cadavere, il termine deriva dal persiano mumia (bitume). • Gli egizi svuotavano il cadavere dai principali organi interni, conservati in vasi canopi) e dopo un processo di essicazione di 70 giorni, lo avvolgevano con bende intrise di resine vegetali. Infine era riposto all’interno di un sarcofago e conservato. • Si aveva questa cura perché si pensava che l’anima del defunto non lasciasse il corpo ma vi risiedesse anche dopo la morte.
A: le divinità 1 • Sorgevano frattanto i grandi sistemi teologici, fondati su divinità a carattere universale e raccolte in gruppi: • la Grande Enneade con il dio primordiale Aton, da cui sono generati Shu (l'aria) e Tefnut (l'umidità); da questi nascono Geb (la terra) e Nut (il cielo), che a loro volta generano Osiride, Iside, Seth e Nefti. • Secondo il sistema teologico di Ermopoli, da un originario caos acquatico sono generate quattro coppie di dei: i maschi-serpenti e le femmine-rane; dalla stessa acqua s'innalza un primo coacervo di terra, nido di un misterioso uovo, dal quale nasce il sole. • Di ben diverso valore speculativo è la teologia menfita, che dice il mondo opera della parola creatrice di Ptah. • Miti e leggende accompagnano l'evoluzione religiosa: di questi è tipico il ciclo di Osiride. Un altro ciclo si formò attorno a Râ, dio del sole, signore del mondo.
A: Mito di Osiride 1 • Il complesso mitico-rituale del dio Osiride emerge tra gli altri culti in vista dell'individuazione di una realtà religiosa panegiziana. Ciò è possibile perché in questo complesso si cala completamente la sacralità dell'istituto regale; in esso si risolvono le contraddizioni inerenti alla condizione umana e mortale del faraone, chiamata a esprimere un'idea divina e immortale che la trascende. • In altri termini: la vita del faraone che finisce con la sua morte è una “vicenda” che si svolge necessariamente sul piano della storia, mentre ciò che egli rappresenta (l'Egitto) deve essere un'entità sottratta al divenire storico, e quindi alla morte. C'è bisogno di un “superamento” della morte del faraone che assicuri continuità all'Egitto. Tale superamento, che in uno Stato moderno sarebbe ottenuto da una costituzione, nell'antico Egitto era ottenuto mediante il mito osirico.
A: Mito di Osiride 2 • I protagonisti del mito sono: Osiride, figlio del dio-terra Geb e della dea-cielo Nut (intesi come principi cosmogonici assoluti); la sua sorella-sposa Iside; il fratello antagonista Seth; il figlio Horus. • La vicenda mitica: Seth uccide Osiride e ne fa a pezzi il corpo; Iside ricompone il cadavere del marito e ha da lui un figlio, Horus; questi uccide Seth, vendicando il padre e sostituendolo sul piano della “vita”; Osiride continuerà a esistere ma sul piano della “morte”: diventerà il dio dei morti. In questo mito d'indubbie origini predeistiche (gli dei infatti dovrebbero essere immortali) si cala la sacralità del faraone “mortale” e “dio” a un tempo.
A: Mito di Osiride 3 • Non si tratta dell'identificazione meccanica del faraone con Osiride, ma della fondazione dei valori della regalità mediante una “vicenda” mitica che la sottrae alla storia, liberandola della “vicenda” storica determinata dalla vita e morte di ogni singolo faraone. Soltanto alla sua morte il faraone veniva “osirizzato”, ossia, mediante un rito, identificato con Osiride; il suo successore, invece, assumeva il titolo di Horus. Iside in questo contesto è presente per il suo nome significativo: vuol dire “trono”. Quanto a Seth, la sua posizione è ambigua: sta probabilmente a rappresentare la “deperibilità” del faraone (e dunque la sua parte “cattiva”, non divina), su cui tuttavia Horus (ossia lo stesso faraone vivente) ha la meglio; ma è da notare che qualche re della II dinastia si fa chiamare Seth invece di Horus, il che sottrae Seth a un giudizio etico (il “nemico malvagio”) e lo riduce al ruolo di antagonista necessario allo sviluppo della vicenda mitica in cui deve calarsi la vicenda regale della morte e della successione al trono. ”.
A: Mito di Osiride 4 • Da notare infine che, oltre all'identificazione della regalità con il complesso osirico, si ha anche l'inverso, ossia l'identificazione di Osiride con la regalità: il dio nel mito era immaginato come un re dell'Egitto (il primo re) e, dopo morto, come il re dei morti. • Rispetto a quel punto di partenza, per la comprensione della forma religiosa egiziana, che ci è parso essere l'istituto regale, Osiride dunque diventa necessario a differenza degli altri che sono soltanto contingenti. Se teoricamente il faraone può sostituire tutti gli dei settoriali o locali, altrettanto avviene per Osiride: se il faraone può sostituire un dio-sole e un dio-terra, Osiride si sostituisce, con il sistema delle “teocrasie”, nel campo d'azione del dio-sole Râ (formula: Amon-Râ-Osiride) e del dio-terra Ptah (formula: Ptah-Sokaris-Osiride). Il dio Toth di Ermopoli cede a Osiride il carattere di “incivilitore” o “fondatore della civiltà”, per ridursi a suo “scriba”. • E si potrebbe continuare così, ma in sostanza Osiride, come il faraone, è l'Egitto stesso: la morte del dio è equiparata all'inondazione del Nilo; il rito che la evocava aveva luogo nell'ultimo mese della stagione dell'Inondazione; e nel primo giorno della stagione dell'Emersione, quando il suolo egiziano fecondato dal Nilo risorgeva a nuova vita, si erigeva la colonna djed (nella scrittura ideografica significante “stabilità”), che poteva essere intesa come la “colonna vertebrale di Osiride”.
A:Mito di Osiride 5 • Quanto sopravvisse alla fine dell'Egitto dopo la sua ellenizzazione e la conquista romana fu proprio il complesso osirico; ma indice della nuova situazione fu lo spostamento di importanza da Osiride a Iside, alla quale dea s'intitolarono i “misteri” (isiaci) sorti sul modello greco dei “misteri eleusini”. • Il “superamento della morte” che Osiride prospettava al faraone si risolveva, a livello della gente comune, nella credenza in una vita oltretombale che non trova riscontro in alcuna delle antiche culture mesopotamiche e mediterranee. • Le idee egiziane sull'oltretomba muovono dal riconoscimento di una parte indeperibile dell'uomo (le due “anime”: il ka, “forza vitale” che viene trasferita nell'immagine funeraria, e il ba, una specie di “doppio” che con la morte si libera dal corpo per la nuova vita), ma soprattutto si fondano sull'acquisizione al diritto di una vita oltretombale mediante una vita adeguata all'ordine costituito, un “ordine cosmico” personificato dalla dea Maat, il cui nome significa “verità” o “giustizia” (è un concetto intraducibile); in altri termini mediante la perfetta subordinazione al faraone che di quell'ordine è promotore e garante. • Chi muore si presenta al giudizio di Osiride che commisura il suo cuore a Maat, mediante l'immagine di una pesa: se risulterà “giusto” sarà salvo, se “ingiusto” morrà una seconda volta e definitivamente. In Osiride, dunque, si risolve il problema della morte, non soltanto come superamento della contraddizione insita nell'istituto regale, ma anche della contraddizione insita nella condizione umana. Tutto ciò, ovviamente, nei limiti della condizione “egiziana”, perché essere Egizi significò in vita venire rappresentati da un faraone, e dopo la morte da Osiride