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De Amore et Muliere Excursus in Latinis Litteris
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Catullo L’amore in Catullo Catullo e Lesbia antologia links indice
L’AMORE IN CATULLO indice
CATULLO E LESBIA A Roma Catulloconobbe la donna destinata a occupare il centro dei suoi pensieri e della sua produzione poetica, la chiamòLesbia, seguendo la moda dei Poetae novi che assegnavano uno pseudonimo alle donne cantate nelle loro poesie, un po’ per vezzo letterario, un po’ per metterle al riparo da malignità. La stessa scelta del nome rivela le radici del mondo poetico e letterario di Catullo: Lesbia è infatti il femminile dell’ aggettivo lesbius (“di Lesbo”) e si riferisce all’ isola che fu patria di Saffo, la grande poetessa greca a cui Catullo si ispirò molto spesso. >
LA POESIA D’ AMORE PER LESBIA Il centro ideale del Liber Catullanius è nel gruppo di poesie dedicate a Lesbia. Esse non sono riunite insieme, ma si leggono disseminate nella raccolta, e vengono accostate e ordinate dagli interpreti secondo la successione che sembra più probabile. Se ne ricava una complessa vicenda d’ amore, la storia di una passione esaltante e tormentosa, che non è narrata direttamente dal poeta, ma emerge dall’ espressione dei suoi più profondi e intimi sentimenti. E’ da rilevare la novità rivoluzionaria, nella letteratura romana, di un amore concepito e presentato come un’ esperienza fondamentale nella vita di un uomo. Ma questo amore non è soltanto desiderio fisico: è anche affetto tenero e profondo, e aspirazione a un’ unione totale dei corpi e delle anime. L’ amore di Catullo è, per di più, un amore che si pone all’ esterno degli schemi socialmente accettati,presentandosi come un amore proibito: Lesbia è infatti una matrona di alto rango, già sposata. < >
LA CENTRALITA’ DELL’AMORE Gioie, sofferenze, tradimenti, abbandoni, speranze scandiscono le vicende di questo amore che è vissuto da Catullo come l’esperienza capitale della propria vita, capace di riempirla a di darle un senso. All’amore e alla vita sentimentale Catullo trasferisce tutto il suo impegno, sottraendosi ai doveri e agli interessi propri del civis romano: resta estraneo alla politica e alle vicende della vita pubblica, limitandosi a manifestare un generico ma sprezzante disgusto per i nuovi protagonisti della scena politica, arroganti e corrotti. Il rapporto con Lesbia, nato come amore libero e basato sull’eros,tende a configurarsi, quale oggetto dell’impegno morale del poeta, come un tenace vincolo matrimoniale. < >
LA CONCEZIONE DELL’AMORE Con la sua poesia d’amore per Lesbia Catullo si collocava in aperto contrasto con la morale del tempo. Per primo affida ad un canzomiere la sua storia con una donna d’alto lignaggio, per di più già sposata. Per primo rovescia i rapporti convenzionali,accordando alla donna un ruolo di primo piano nella poesia, e ponendola così a un livello di dignità finora sconosciuta. Catullo sarà il maestro per la generazione degli elegiaci nel suo rifiuto del vir gravis della tradizione: d’ora in poi per i poeti d’amore sarà convenzionale rimpiazzare l’impegno politico, la superiorità dell’uomo sulla donna, l’invulnerabilità nei confronti della passione, con gli atteggiamenti del segno opposto. Con Catullo, insomma, si delinea un codice di comportamento destinato ad agire ben al di là della produzione letteraria e a divenire parte della mentalità comune > <
L’AMORE E IL POETA L’amore, che coinvolge totalmente il poeta fino a divenire il vero motivo della sua vita, finisce per caratterizzare il suo come un comportamento sine ratione. Ma la pur negativa caratterizzazione dei sintomi e delle manifestazioni dell’amore non è mai tale da intaccare la dignità del poeta innamorato L’AMORE E LA DONNA Posta in un ruolo centrale nella poesia, la donna amata subisce un inevitabile processo di idealizzazione: non solo si innalza al di sopra di tutte le altre per le sue doti intellettuali, ma viene collocata anche a un livello superumano di dignità, che fa di lei una puella divina.Le doti intellettuali di Lesbia sono conservate nella sua doctrina, che fa di lei una Saphica puella, capace di apprezzare I carmi di Saffo e I sottili rinvii allusivi di Catullo. Molta minor ricercatezza viene mostrata nella celebrazione della bellezza di Lesbia, definita solo per contrasto con la bruttezza di altre donne < >
UN AMORE COMPLESSO L’amore è per Catullo innanzi tutto un foedus, un patto inviolabile di reciproca stima e di attaccamento incondizionato. Ma Lesbia delude Catullo, non lo ricambia con la stessa intensità, anzi forse lo tradisce. E il poeta reagisce appellandosi a due valori cardinali dell’ideologia e dell’ordinamento sociale romano: la fides, che garantisce il patto stipulato vincolando moralmente i contraenti, e la pietas,virtù propria di chi assolve ai suoi doveri nei confronti degli altri e delle divinità. Egli cerca di fare di quella relazione irregolare un aeternum… sanctae foedus amicitiae (CARMEN CIX, v.6), nobilitandola con la tenerezza degli affetti familiari, ma l’offesa ripetuta del tradimento produce in lui una dolorosa dissociazione tra la componente sensuale (amare, la passione amorosa, fatta soprattutto di desiderio fisico) e quella affettiva (bene velle, un amore che include l’amicizia, la stima e la fiducia) < >
LE QUATTRO FASI Ricostruire attraverso i carmi le fasi dell’amore di Catullo per Lesbia non è certo cosa semplice; del resto l’intento di Catullo non era quello di offrirci in ordinata successione la cronaca della sua esperienza d’amore. Comunque, per opportunità d’analisi, ci proviamo ugualmente: - I. E’ la fase iniziale, quella dell’ “amore platonico”: Catullo è innamorato di Lesbia, donna inaccessibile e pura di sentimenti; - II. E’ il momento più felice per Catullo: l’ amata Lesbia condivide l’ amore e la passione cantate dal poeta; - III. Iniziano i problemi: Lesbia abbandona Catullo e questi cerca di convincersi a dimenticarla; - IV. Ormai tutto è finito: Catullo si rende conto di non essere in grado di cancellarne il ricordo. Sa che è rimasta la sola passione, mentre sono scomparsi i sentimenti d’amicizia e d’amore (il bene velle). <
CATULLO E LESBIA indice
LA POESIA D’AMORE PER LESBIA Il centro del liber catullianus ènel gruppo di poesie dedicate a Lesbia. Esse non sono riunite insieme ma si leggono disseminate nella raccolta , e vengono accostate e ordinate dagli interpreti che le dispongono secondo la successione, cronologica e logica , che sembra più probabile. Se ne ricava una complessa storia d ‘ amore , la vicenda di una passione esaltante e tormentosa ,che emerge dall‘ espressione dei più profondi e intimi sentimenti del poeta in carmi che suonano come i più intensamente lirici di tutta la poesia latina. Il romanzo d ‘ amore di Catullo e Lesbia fu molto passionale e tormentato , con momenti davvero travolgenti. Fu una sequela di liti , riconciliazioni , rotture , burrascose rappacificazione. L’inizio , per il giovane venuto dal nord, fu però idilliaco : per quella donna aristocratica, anche se libera e spregiudicata, Catullo ebbe una passione folle, delirante , da adolescente.Infatti, in un primo momento sembra addirittura non osare comporre versi per l ‘ amata, ma preferisce tradurre e rielaborare un‘ ode della poetessa greca Saffo.(CARME 51) >
Lesbia , sicuramente lusingata dall’attenzione di Catullo, visse la vicenda come un’ avventura,una delle tante , mentre Catullo, perdutamente innamorato, diede tutto se stesso alla donna amata; anche nelle piccole cose, per consolarla di un leggero dolore, come in occasione della morte del suo passerotto (CARME 3) L’amore, così come la poesia, in questo momento felice è per Catullo lusus puro, naturale, spontaneo;il poeta, pur nell’ ebbrezza della felicità, non può scordare il fatto ineluttabile che la vita, così come il piacere, è destinata a durare poco.La constatazione lo riempie di sgomento e, quasi per allontanare il triste pensiero, Catullo si abbandona interamente all’ infinità di baci scambiati con Lesbia per ribadire il trionfo dell’ amore sulla morte (CARME 5) Nel mondo frequentato da Lesbia e da Catullo non mancavano certo le belle donne, e i giovani galanti, vanitosi e sfaccendati parlavano spesso dei pregi dell’ una, dei difetti dell’ altra. Ma il poeta veronese in questo momento vede solo l’ amata, la più desiderabile di tutte le donne.A questo proposito Catullo usa il termine formosa, che nella poesia neoterica sembra includere un’ idea di grazia ed eleganza, che poche possiedono.(CARME 86) > <
LESBIA: IL DUBBIO Presto sull’ amore felice cominciarono ad addensarsi le prime ombre;ci furono dissapori, anche profondi, fra i due amanti.Lesbia forse, dopo la morte del marito, incominciò ad essere stanca della relazione e strinse legami con altri ammiratori, che Catullo considerava “tradimenti”.Il poeta si scagliò con violenza contro gli amici che lo ingannavano, cercò disperatamente di convincersi che si trattasse di semplici momenti di stanchezza, di piccoli screzi tra innamorati.E’ la fase più contraddittoria della vita di Catullo: il poeta ondeggia fra momenti di depressione, in cui pensa realisticamente che tutto sia finito, e altri di speranza, nei quali Lesbia gli sembra ancora quella di un tempo. E’ un contrasto lacerante che produce versi intensissimi, capaci di esprimere in forme davvero “moderne” la psicologia interiore di un innamorato che si sente tradito:il contrasto fra la dolcezza del ricordo di un passato neppure troppo lontano e la disperata amarezza del presente.Catullo è intimamente ferito e vive il tumulto di sentimenti opposti, l’odio e l’amore.(CARME 85) Ma Lesbia è sempre più volubile e in un breve e rapido epigramma Catullo stigmatizza i capricci e i cambiamenti d’umore della donna e la richiama alla fedeltà. Affiora di nuovo lo scoraggiamento dell’innamorato, che vede l’amata allontanarsi ogni giorno di più.(CARME 70) < >
Lesbia incomincia addirittura a parlare male di Catullo nei “salotti” di Roma; egli si illude, cerca di convincersi che la donna sia sempre innamorata di lui, mentre fra i due ormai è tutto finito. Allora il dubbio angoscioso riemerge: il poeta cerca di analizzarlo in modo scientifico, ma non riesce ancora ad accettare l’ evidenza. (CARME 92) Ci furono comunque momenti felici anche in questa fase, quando Lesbia, forse dopo un litigio più violento del solito, tornava a giurargli tutto il suo amore promettendogli che non l’avrebbe più tradito. Il poeta è pronto a ricominciare tutto daccapo, a mettere una pietra sul passato; rimane però il dubbio che anche queste nuove promesse siano destinate a essere infrante come tutte le altre. Da qui una preghiera accorata agli dei, affinchè non vogliano turbare questa atmosfera di illusione, questo momento che appare troppo bello per essere vero: un Catullo ancora preda dell’ incertezza che pare abbandonarsi a un sentimento religioso. Le infedeltà di Lesbia, però, si fanno via via più frequenti e più dolorose; per l’ennesima volta il giovane le dichiara il suo amore sincero e profondo: il dubbio sta per diventare certezza ma egli la ama ancora. I tradimenti della donna hanno svuotato l’amore della sua essenza più nobile e preziosa; rimane la passione, ma il suo divampare affievolisce il bene velle: fra i due amanti non esiste più né intesa né concordia. E’ rimasto solo l’ardore dei sensi, continuamente alimentato dalla gelosia.(CARME 72) < >
LESBIA: LA DELUSIONE Siamo ormai giunti all’ultima fase della parabola sentimentale di Catullo. Anche se il suo io si rifiuta di riconoscerlo, tutto è finito. Il suo stato d’animo, inquieto e pieno di contraddizioni, lo porta ad assumere prese di posizione molto nette; egli si propone (e qui il poeta suscita tenerezza, nella sua disarmante sincerità) di rispondere all’indifferenza di Lesbia con l’indifferenza, continuando a ripetere a sé stesso, come a volersene convincere, il suo ostinato proposito, pur essendo consapevole che non riuscirà a mantenerlo.(CARME 8) L’amore di un tempo lascia il campo al più crudo disprezzo: le infedeltà, i continui tradimenti di Lesbia hanno passato il segno. E il poeta, perso ogni ritegno- così come la donna ha perso ogni pudore-, le lancia invettive feroci, taglienti, ironiche e oscene. Catullo cercò di uscire da questa situazione per lui intollerabile, che lo tormentava e gli faceva perdere sonno e salute. < >
Nel momento culminante del suo intimo dissidio (57 a.C.) Catullo lasciò Roma per recarsi in Oriente; nell’ebbrezza del viaggio,nella lontananza Lesbia sembrava per sempre dimenticata, il poeta appare tornato alla gioia di vivere e alla spensieratezza della sua gioventù. Il ritorno, dopo il naturale moto di allegria di chi rivede la propria terra, gli portò nuovi dolori. A quanto pare, due suoi amici avevano approfittato della sua assenza per allontanarlo ancor più da Lesbia; ora che egli è tornato, subdolamente si atteggiano a piaceri. Catullo scrive contro di loro un’invettiva per bollarne la perfidia; il carme però, quasi impercettibilmente, abbandona l’ironia iniziale e finisce per trasformarsi in un addio definitivo al suo amore. Anche il momento di gelosia e l’insulto lasciano spazio al rimpianto per la felicità perduta, con una delicata similitudine ispirata alla lirica greca che conferisce alla chiusa un tono intimo ed elegiaco assolutamente diverso da quello iniziale (CARME 11). C’è chi pensa che a Roma Catullo si riconciliò con Lesbia, ma se realmente vi fu una riconciliazione, questa dovette essere molto fugace.A questo punto, ripercorrendo amaramente tutte le sue illusioni, tutte le sue delusioni il poeta si rivolge agli dei, chiedendo loro una ricompensa per avere sempre agito con lealtà. Catullo esprime se stesso con sincerità, in un carme che riassume l’ intimo travaglio dell anima catulliana, in una sorta di testamento spirituale definitivo.(CARME 76) <
ANTOLOGIA indice
Quale Carme vuoi leggere? LXX LI VIII LXXXVI XCII LXXXV III V LXXII
CARMEN LI Ille mi par esse deo videbitur, Ille, si fas est, superare divos, qui sedens adversus identidem te spectat et audit dulce ridentem, misero quod omnis eripit sensus mihi; nam simul te, Lesbia, aspexi, nihil est super mi (vocis in ore) lingua sed torpet, tenuis sub artus flamma demanat, sonitu suopte tintinant aures, gemina teguntur lumina nocte. torna all’ excursus
CARMEIII Lugete , o Veneres Cupidinesque , et quantun est hominum venustiorum: passer mortuus est meae puellae , passer , deliciae meae puellae , quem plus illa oculis suis amabat. Nam mellitus erat suamque norat ipsam tam bene quam puella matrem , nec sese a gremio illius movebat , sed circumsiliens modo huc modo illuc ad sola dominam usque pipiabat; qui nunc it per iter tenebricosum illud , unde negant redire quemquam. At vobis male sit , malae tenebrae Orci , quae omnia bella devoratis: tam bellum mihi passerem abstulistis. O factum male! O miselle passer! Tua nunc opera meae puellae flendo turgiduli rubent ocelli. Piangete , Amori e Veneri , e con voi pianga nel mondo ogni gentil persona! Il passero morì della mia bella , ch’ella avea caro più degli occhi suoi; ché dolce egli era e ben la conosceva come una bimba mamma sua conosce , né dal suo grembo si toglieva mai , ed anzi , saltellandovi d’intorno , alla padrona sua pur pigolava. E or sen va per i sentier bui donde ci è tolto di tornar mai più. Voi ,maledette tenebre dell’ Orco , che divorate ogni leggiadra cosa , che mi rapiste un passero sì bello! Oh passerotto misero! Oh sventura! Per te i dolci occhi della mia diletta or son rossi e gonfi un po’ di pianto. torna all’ excursus
CARMEN V Vivamus, mea Lesbia, atque amemus, rumoresque senum severiorum omnes unius aestimemus assis. Soles occidere et redire possunt, nobis cum semel occidit brevis lux, nox est perpetua una dormienda. Da mi basia mille, deinde centum, dein mille altera, dein secunda centum, deinde usque altera mille, deinde centum. Dein, cum milia multa fecerimus, conturbabimus illa, ne sciamus, aut ne quis malus invidere possit, cum tantum sciat esse basiorum. torna all’ excursus
CARMEN LXXXVI Quintia formosa est multis, mihi candida, longa, recta est. Haec ego sic singula confiteor, totum illud “formosa” nego: nam nulla venustas, nulla in tam magno est corpore mica salis. Lesbia formosa est, quae cum pulcerrima tota est, tum omnibus una omnis subripuit veneres. Quinzia per molti è bella; per me, fresca, slanciata, elegante. D’accordo su tali pregi, ma compiutamente bella, no:niente di grazia, in quel gran corpo, non un pizzico d’estro. Lesbia è bella, perché perfetta essendo tutta in sè sola la femminilità racchiude. torna all’ excursus
CARMEN LXXXV Odi et amo, quare id faciam, fortasse requiris. nescio, sed fieri sentio et excrucior. Odio e amo. Mi chiedi come si può. Lo sa il mio cuor crocifisso. Io non lo so. torna all’ excursus
CARMEN LXX Nulli se dicit mulier mea numere malle quam mihi, non si se Iupiter ipse petat. dicit: sed mulier cupido quod dicit amanti, in vento et rapida scribere oportet aqua. Se non tua, di nessuno, dice la mia donna, di nessuno, nemmeno di Dio. Dice: ma ciò che donna giura all’amante scrivilo nel vento, affidalo all’acqua errante. torna all’ excursus
CARMEN XCII Lesbia mi dicit semper male nec tacet umquam de me: Lesbia me dispeream nisi amat. quo signo? quia sunt totidem mea: deprecor illam assidue, verum dispeream nisi amo. Lesbia sparla di me, sempre, e mai non tace: ch’io muoia, Lesbia mi ama. Perché? Faccio anch’io così: la insulto sempre, ma ch’io muoia se non l’amo. torna all’ excursus
CARMEN LXXII Dicebas quondam solum te nosse Catullum, Lesbia, nec prae me velle tenere Iovem. dilexi tum te non tantum, ut vulgus amicam, sed pater ut gnatos diligit et generos, nunc te cognovi: quare etsi impensius uror, multo mi tamen es vilior et levior. “qui potis est?”, inquis, quod amantem iniuria talis cogit amare magis, sed bene velle minus. Allora andavi dicendo che solo avevi avuto Catullo, Lesbia, neppure Giove volevi al posto mio. E ti amai non come s’ama la solita amichetta, ma come il padre i figli e i generi ama. Adesso so chi sei: e pure se la voglia aumenta, sempre di più mi diventi indifferente, flebile. Come si può? Tu chiedi. Ecco, il tradimento eccita l’amante alla passione, mi spegne il voler bene. torna all’excursus
CARMEN VIII Miser Catulle, desinas ineptire, et quod vides perisse, perditum ducas. fulsere quondamcandidi tibi soles, cum ventitabas, quo puella ducebat amata nobis, quantum amabitur nulla! ibi illa multa cum iocosa fiebant, quae tu volebas nec puella nolebat, fulsere vere candidi tibi soles. nunc iam illa non vult: tu quoque, impote nec, quae fugit, sectare nec miser vive, sed obstinata mente perfer, obdura. vale puella. Iam Catullus obdurat nec te requiret nec rogabit invitam. at tu dolebis, cum rogaberis nulla: scelesta, vae te! quae tibi manet vita? quis nunc te adibit? cui videberis bella? quem nunc amabis? cuius esse diceris? quem basiabis? cui labellamordebis? at tu, Catulle, destinatus obdura. torna all’ excursus
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CATULLO Della vita di Caio Catullo possediamo notizie molto scarse e frammentarie: sappiamo che nacque a Verona, nella Gallia Cisalpina nell’ 84 a.C., e dalla città natale, dove ricevette una raffinata istruzione di latino e greco, si trasferì presto nella capitale dove, anche grazie all’ aiuto dell’ amico e conterraneo Cornelio Nepote, entrò in contatto con gli ambienti intellettuali più vivaci e irrequieti. Fece parte con alcuni amici del gruppo dei Poetae novi che cercò di trasferire a Roma un nuovo modello di poesia e un nuovo tipo di poeta, che dell’ arte faceva il fine stesso della vita, dedicandosi ad essa con una dedizione totale ed esclusiva. Della sua vita a Roma sappiamo solo quanto affiora dalla sua stessa opera. Si intravede il gusto per una vita un po’ scapigliata e ribelle, l’amore per le liete brigate di amici e il fastidio per la vita politica da cui si tenne sempre lontano. Morì alla giovane età di 30 anni, nel 54 a.C. < >
Di Catullo ci è giunta una raccolta di 116 poesie: il Liber Catullianus, forse un’ antologia di liriche provenienti da più raccolte e diverse per argomento e per ispirazione. Importanti sono le poesie d’ amore e di occasione, che Catullo chiama nugae (cioè “inezie”, “cose da poco”), in cui si passa dall’ amore per Lesbia alla vita spensierata con gli amici, dalla polemica letteraria all’ invettiva feroce e volgare;ampio spazio è riservato anche a componimenti molto più complessi ed elaborati, di carattere mitologico (i Carmina Docta ). <
Chi fu la donna amata e cantata da Catullo in versi pieni di passione, di sdegno e di dolore? Quella donna, seguendo l’ opinione più comune, fu Clodia, figlia di Appio Claudio Pulcro , nobile patrizio romano, che andò in sposa a Metello Celere, console verso gli ultimi tempi della Repubblica. Donna di varia cultura, appassionata per tutto ciò che avesse un qualcosa di greco, doveva possedere ottime qualità di attrazione e di perdizione, dalle quali lo stesso M. Tullio Cicerone rimase stregato. Ma il grande oratore imparò ben presto ad odiarla, quando seppe che seguendo l’ esempio del fratello s’ era fatta plebea per desiderio di popolarità cambiando in Clodia il vero suo nome gentilizio di Claudia. Pare dunque umano e quasi naturale che Catullo, giovane d’ anni, scapolo, ricco, colto e incline all’ amore, rimanesse catturato dal folle amore per la donna, allora non più giovanissima. LESBIA: STORIA DI UNA DONNA <
LA DONNA DI ROMA In età infantile bambini e bambine crescevano insieme condividendo giochi e studi, almeno fino alla “scuola elementare”, dove si imparava a leggere, scrivere, calcolare e stenografare. Al termine dei primi studi, le signorine di buona famiglia continuavano privatamente a istruirsi sotto la guida di praeceptores che le addestravano nella conoscenza della letteratura latina e greca; contemporaneamente imparavano a suonare la cetra, a cantare, a danzare. Questa complessa educazione intellettuale non distoglieva le donne dall’ occuparsi dei lavori femminili, tra cui sorvegliare e guidare le schiave, anche nei lavori più fini come il ricamo, per il quale nutrivano grande amore. < >
L’ uso di dar marito alle figlie quando erano ancora giovanissime imponeva alle giovani donne una vita ritirata una volta divenute adulte. Nella buona società romana il flirt, così come lo intendiamo noi, doveva essere rarissimo; tra l’ altro ne mancava l’ occasione: l’ unione dei giovani dipendeva quasi esclusivamente dai loro padri. Con il matrimonio, invece la donna romana acquistava una relativa libertà di vita e di movimento. Le matrone romane godevano della fiducia dei loro mariti, e nessuno le costringeva a un regime di clausura: uscivano, si scambiavano visite, andavano in giro per i negozi a fare spese. La sera accompagnavano i loro mariti al banchetto e rincasavano tardi. <
Orazio Biografia L’amore e Pirra La tematica amorosa indice
L’amore e Pirra Nelle Odi erotiche e simposiache più puntuali si fanno le allusioni a testi di Alceo e Anacreonte, sviluppati però con sensibilità oraziana.Invano cercheremmo in Orazio una nota troppo appassionata, un coinvolgimento “totale”:Pirra,Glicera, Lidia,Lice, Leuconoe sono nomi femminili greci, che certamente lasciano intravedere esperienze personali, ma sempre accuratamente filtrate attraverso la letteratura.Orazio non racconta tanto i suoi amori, ma piuttosto canta l’amore in sé, e rappresenta, talvolta con ironico distacco, le situazioni tipiche delle vicende amorose, in componimenti ricchi di grazia e di finezza, nei quali è sempre difficile separare il vissuto dall’esperienza letteraria. Pirra In un atmosfera raffinata, tra profumi esotici e petali di rosa, Orazio contempla Pirra, splendente nella sua ricercata semplicità:sino a ieri era lui a goderne i favori, mentre adesso accanto a lei c’è un nuovo amante, un ragazzo che ancora non conosce le insidie dell’amore e che pertanto è destinato a soffrire.Lui, Orazio, si sente ormai in salvo, come il marinaio che è scampato al naufragio.(1,5)
Chi è il ragazzo snello che in nembo di rose e fra mille profumi ti tiene stretta, Pirra, nel dolce tuo antro? Per chi annodi i tuoi capelli biondi con ricercata semplicità? Ahimè, quante volte piangerà le promesse mancate e gli dei avversi; quante volte osserverà stupefatto inasprirsi il mare sotto neri venti! Egli ora gode del tuo splendore, e crede alle tue parole, egli ora spera d’averti sempre per sé , sempre pronta ad amarlo, e non conosce il vento ingannatore. Infelice chi rimane abbagliato e che non ha esperienza di te! Sulla parete del tempio c’è un quadro votivo: dice che io ho dedicato le mie vesti ancora bagnate al dio signore del mare. 1, 5 Quis multa gracilis te puer in rosa perfusus liquidis urget odoribus grato, Pyrrha, sub antro? Cui flavam religas comam, simplex munditiis? mutatosque deos flebit et aspera nigris aequora ventis emirabitur insolens, qui nunc te fruitur credulus aurea, qui semper vacuam, semper sperat, nescius aurae fallacis! Miseri, quibus intemtata nites. Me tabula sacer votiva paries indicat uvida suspendisse potenti vestimenta maris deo. Heu quotiens fidem amabilem <
ORAZIO Quinto Orazio Flacco nacque a Venosa nel 65 a.C. Suo padre era un liberto, venuto a Roma per esercitarvi il mestiere di esattore delle aste pubbliche, ufficio redditizio. Il poeta era dunque di umili origini, ma di condizione economica non disagiata. Infatti poté seguire un regolare corso di studi, prima a Roma, quindi ad Atene dove frequentò le scuole di filosofia. Dalla tranquillità degli studi lo distolse totalmente la guerra civile che oppose i cesaricidi Bruto e Cassio ad Antonio e Ottaviano: Orazio si arruolò nell’esercito di Bruto e partecipò alla battaglia di Filippi col grado di tribuno militare.La svolta decisiva della sua vita avvenne nell’anno 38 a.C., quando aveva già iniziato la sua attività letteraria: in quell’anno Virgilio e Vario lo presentarono a Mecenate che, dopo nove mesi di attesa, lo ammise nel suo circolo. Da allora l’esistenza di Orazio si svolse senza scosse, tutta dedita alla letteratura, agli studi e alla frequentazione di una ristretta cerchia di amici. Prima del 30 a.C. Mecenate gli fece il dono di una villa e di un podere in Sabina, dove il poeta amava vivere, lontano dagli impegni e dai disagi della vita cittadina, che gli appariva faticosa e dispersiva. A Mecenate fu legato da un’amicizia intima e affettuosa: a lui dedicò quasi tutte le sue opere. >
Anche Orazio, come Virgilio, diede il suo contributo alla propaganda augustea componendo carmi celebrativi e politicamente impegnati, fra cui spiccano le cosiddette odi romane. Nel 17 a.C. fu incaricato da Augusto della composizione di un inno agli dei protettori di Roma : è il Carmen saeculare. Qualche anno più tardi su sollecitazione dello stesso Augusto, Orazio gli indirizzò un’epistola poetica, d’argomento letterario. La cronologia delle opere si ricava da indizi interni alle opere stesse. Negli anni dal 41 al 30 furono composti, parallelamente, i due libri delle Satire e gli epòdi. Orazio passò poi alla poesia lirica, pubblicando nel 23 a.C. tre libri di odi (Carmina), scritti fra il 30 e l’anno della pubblicazione. Più tardi il poeta aggiunse ai precedenti un quarto libro di odi, pubblicato verso il 13 a .C. Nel frattempo egli si era dedicato alla composizione delle Epistole: il primo libro fu scritto dal 23 al 20 e fu pubblicato in quest’ultimo anno. Il secondo libro è costituito da due sole, ampie epistole, entrambe di argomento letterario, che risultano scritte negli anni dal 19 al 13 a.C. Controversa è la datazione della epistola ai Pisoni, chiamata successivamente Ars poetica, il componimento oraziano più ampio, che alcuni studiosi fanno risalire al 20 a.C., altri al 15, altri posticipano a dopo il 13. Negli ultimi anni la produzione letteraria di Orazio andò progressivamente diminuendo fino a cessare del tutto. Egli morì nell’8 a.C., a due mesi di distanza dalla scomparsa di Mecenate. <
LA TEMATICA AMOROSA Il filone erotico delle Odi oraziane mostra, oltre a manifeste riprese di autori greci anche evidenti punti di contatto con la poesia d’amore contemporanea, rappresentata in primo luogo da Tibullo e da Properzio. Sia l’elegia sia il nostro autore ricorrono infatti a motivi e luoghi comuni simili, come la rissa amorosa fra gli amanti, con relativi lividi, come idea della militia amoris e del servitium amoris, o anche, più in particolare come la convenzione del paraklausithyron, il canto dell’innamorato respinto dalla donna e chiuso fuori della casa. Proprio quest’ultimo topos può divenire un interessante termine di controllo. In Carmina, I,25 esso compare in relazione con la figura di una donna che, invecchiando, non è più assediata da una folla di amanti; in III,7 un giovane corteggia una fanciulla cui l’autore raccomanda di essere inflessibile e di tenere chiusa la porta. Mentre però l’elegiaco si serve della situazione per accentuare il tono patetico e sentimentale del lamento dell’innamorato respinto, Orazio sfrutta invece le medesime circostanze per investire di lieve ironia sia la propria condizione sia la durezza della donna. Del resto l’atteggiamento assunto da Orazio nelle poesie amorose non è univoco: talora egli si presenta come un osservatore esterno, talora ostenta invece un coinvolgimento diretto. La sua lirica erotica è dunque posta sotto il segno della varietà e della discontinuità:i carmi appartenenti a questo filone non tendono a convergere in modo più o meno coerente in un’unica vicenda amorosa, ma restano isolati in una costellazione di circostanze e occasioni disparate. >